sabato 31 dicembre 2011

Elenchi: 2011

Anno non facile, ma anche anno della rinascita. Delusioni e traslochi. Pacchi chiusi in un deposito, una vita intera impacchettata, lasciata, abbandonata per rinascere di nuovo. Paura e forza di andare avanti, di mettere un punto. Toccare il fondo per poi risalire a grandi falcate, a grandi bracciate, come in mare aperto, quando nuoti per salvarti, per tornare a toccare terra con i piedi e sentire la sabbia che si muove li sotto. Anno della consapevolezza o meglio delle consapevolezze. Anno del disordine mentale, ma anche dell'ordine, della razionalizzazione, della comprensione di me stessa e degli altri. Mani che ti hanno preso e guidato, voci che ti hanno aiutato, porte a cui bussare, anche se forse non eri gradita in quel momento. Confessioni sfacciate da fare, in piedi, pensando che nella vita è sempre meglio dire la verità, essere sinceri. Indipendenza e dipendenza, ma sempre di più verso il grande salto. Cento progetti da realizzare, la valigia sempre pronta, perché la precarietà è un mestiere, il tuo. Sguardi che valgono oro, di quelli che ne basta uno per capire e capirsi. Silenzi profondi, pieni di rumori, alcuni scomodi, fastidiosi, violenti, altri pieni di pace, di gioia, di condivisione.
Non ti fermare, sei andata avanti anche nel 2011. Hai provato a crederci di nuovo, ti sei data una chance, ti sei detta "ce la posso fare" e oggi sai che ce l'hai fatta. Hai trovato la tua strada, ma ne hai intraviste altre in cui camminare o meglio correre. Questo è il punto: ora sei pronta per correre, non più per camminare. Hai un anno davanti a te, per preparare un nuovo elenco. Sarà pieno di amore, affetto, consapevolezza, conoscenza di te...e di mani che ti prendono e ti guidano per le strade della vita. 

venerdì 23 dicembre 2011

Ricordi: fuori dalla finestra

Guardi fuori e vedi le casette di panpepato. Si', sono proprio loro, quelle della favola di Hansel e Gretel. Hanno colori tenui, forme geometriche perfette, mancano solo i tetti di paglia. Te la ricordi quella favola, te la raccontava tua madre da piccola. Ti ricordi perfettamente quel libro, grande, pesante, con la copertina rossa, con quella favola scritta dentro. Ti ricordi che guardavi le figure impaurita, guardavi l'ossicino che Hansel porgeva alla strega e rabbrividivi. Ogni volta che torni a casa, rivivi un po' la tua infanzia. Rivedi te stessa, ritrovi gli odori, scacci via gli incubi. Questo Natale ti senti più forte, sai che il passato è passato e c'è posto solo per il presente e il futuro. E poi quando guardi lei rivedi te. Ti rivedi mentre gioca con le bambole, le stesse mosse, la stessa vocina sottile, quasi un sussurro mentre le fa parlare fra di loro. Rivedi e risenti i tuoi pensieri di bambina, sai che anche lei l'ha capito. Ha capito che tu le sei molto vicina, che condividete la stessa vita, lo stesso mondo interiore. La guardi e la lasci giocare, non vai a disturbare, perchè ti ricordi che a te dava fastidio essere disturbata. Sai che tra te e lei c'è un non detto, una comprensione che va al di là delle parole. Lei si sente bene con te, si sente sicura, sa che tu sai, tu le fai capire che capisci quello che si porta dentro, che va rispettato, che è qualcosa di sacrosanto. Le parli come ad un adulto, non c'è bisogno di sotterfugi. Le racconti le tue esperienze come se fosse una favola, addolcisci i toni, ma le lasci lo spazio per sognare. Perchè sognare è importante, ti dà la forza di andare avanti. E lei ti guarda e ti dice: raccontamelo ancora, raccontami di quando hai visto il celebre Groviera a London Bridge. Tu riparti, racconti di nuovo, aggiungi particolari e sogni un po' con lei, imiti il passo veloce del topo che di romantico non aveva niente e ti perdi anche tu. Poi guardi fuori e vedi le case rosa, gialle e panna...e pensi ad Hansel e Gretel, sempre li', nel libro rosso, nel libro della vita, della tua vita. Con un'evoluzione: perchè la vita è movimento, non ci si ferma mai, si va avanti...e il meglio, lo sai, deve ancora venire.

giovedì 22 dicembre 2011

I wish you were pretty, I wish you were brave

Ti ho guardato a lungo, ho sentito i tuoi discorsi un po' strampalati, ho visto il tuo viso, pallido, con i tuoi occhi, due perle blu. Ho visto come sei fragile, piccola, assolutamente esposta a ogni tipo di affronto. Non hai protezione, non hai vie di uscita, puoi solo sperare che gli altri siano gentili e buoni con te. Alla tua età è normale essere così, è quasi un diritto, un dovere forse. Mi si è stretto il cuore a vederti così vulnerabile. Mi hai ricordato me stessa, ho pensato che anche io ero come te e che più passa il tempo e più divento dura, forte, irraggiungibile, intoccabile direi. So che saprai cambiare e rafforzarti anche tu, io ci sarò sempre per te, proprio perchè ho capito che siamo molto simili, con la nostra sensibilità estrema e la voglia imperterrita di dare e amare. I wish you were pretty, I wish you were brave.  

venerdì 16 dicembre 2011

A long December

Come ogni dicembre, torna il freddo, torna la neve, torna il Natale e la valigia da preparare. Questa volta in quella valigia metti cinque mesi di vita, della tua nuova vita. Ridi a pensarci, ridi a pensare a questa vita che ti sembra la sceneggiatura di un film, con i suoi colpi di scena e i suoi momenti di ilarità. Ripensi alla fatica dei primi giorni, allo stordimento che provavi perché tutto era nuovo, troppo nuovo e sconosciuto. Ripensi a quella mano che ti ha guidato e ti ha aiutato ad adattarti ed accettare. Ripensi agli incontri che hai fatto in questi mesi, all'amaro che hai sentito nella tua bocca, mescolato al sapore dolce delle nuove esperienze, dei battiti del tuo cuore.
Questa é un'esperienza di vita, di crescita, di conoscenza di te stessa e della tua anima. Questa é un'esperienza che ti ha cambiato e ti cambierà, che ti sta facendo capire che anche se non dura fa lo stesso, ti incita a vivere il momento, a lasciare da parte i pensieri, a perdersi a guardare il cielo, a camminare ore e soprattutto a godersi il momento presente, sic et nunc.
A long December, recita quella canzone. Il tuo invece é un dicembre corto, di corse, per chiudere tutto e prepararti a tornare a casa. Dicembre é il mese in cui tiri le somme di questo anno e della tua vita. E' il mese in cui ricominci a ridere, da sola, di te stessa. E' il mese in cui hai capito, che comunque vada, ne é valsa la pena, é valsa la pena di provare, di cambiare, di lasciare, di vivere.

lunedì 12 dicembre 2011

Elenchi: vorrei...

Make you change, decelebralizzare un po' la tua vita. Tempo per te, da spendere da sola, a leggere il tuo libro a letto per ore, perdendoti nei personaggi, vedendoli materializzarsi davanti a te, a camminare nel buio, senza vento, se possibile col Tamigi accanto o all'alba fra le case bianche di Pimlico. Addormentarsi sul divano, come facevi un tempo, persa fra i sogni e i pensieri. Perderti negli occhi, in quegli occhi e vedere che anche loro si perdono nei tuoi. Smettere di preparare valigie, ma trovare un posto, rimanerci il resto della vita, portare la tua vita li' dentro, i tuoi affetti, le tue gioie, i tuoi ricordi e i tuoi sogni. Accettare l'ennesima sfida, senza rendersi conto che ti stai trasformando ancora una volta in Don Chiquotte, perché non si lotta contro i mulini a vento. Passare la giornata sul tuo divano, a guardare il cielo fuori, i suoi colori, le sue nuvole, bianche immacolate, e scrivere. Svegliarti a Las Vegas, come nella canzone, senza neanche sapere perché ci sei capitata, ma ridere a crepapelle per lo stupore. Avere la macchina del tempo e tornare indietro per rivivere alcuni momenti di pure bonheur, anche se sai, che altri ne arriveranno. Vivere ogni giorno fino in fondo, non vedere i giorni passare, ma sentirli sulla tua pelle, uno dopo l'altro. Etc. Etc.

domenica 11 dicembre 2011

And I had some many crashes that I coouldn't feel at all

Fa freddo stasera, ma nascondi il viso nella sciarpa e passa. Cammini, ti sei messa le cuffie e vai avanti, verso casa. Ascolti quelle canzoni, quelle che ascolti da anni. Le conosci a memoria, come quel discorso che stai preparando da mesi e che ogni tanto ti ripeti, per darti coraggio, per trovare la forza di farlo, senza paura, senza recriminazioni, ma solo sincerità, solo te stessa e i tuoi sentimenti, le tue sensazioni, il tuo affetto e la tua sofferenza di questi anni. Vuoi cacciarla via quella sofferenza, vuoi lasciare spazio solo all'affetto, é per quello che continui a ripeterti quel discorso in testa. Ci sono dei momenti in cui ti immagini anche di sederti davanti a lui e iniziarlo quel discorso. Ti immagini il suo sguardo, uguale, identico al tuo, i suoi occhi grandi, come i tuoi. Sai che all'inizio sarà stupito, forse intimidito. Forse, se la malattia ha fatto già il suo corso, non capirà. Ma a te non importa, tu hai bisogno di parlare, di dire ti voglio molto bene, ti perdono sai, non importa ora, mi hai comunque dato tanto, non mi puoi ferire più ora, ma anche se potessi, promettimi che non lo farai più e dimmi che mi vuoi bene anche tu, che non sono il frutto di uno sbaglio, di una necessità di normalità, di un gioco perverso che serve a mascherare qualcosa. Dimmi tutto questo, prendimi fra le tue braccia, ti prometto che non ti allontanero' come ho fatto in questi anni, forse saro' proprio io a stringerti per dirti ora puoi andare tranquillo, ora puoi essere una persona diversa, ora puoi essere solo e semplicemente te stesso. Ci hai impiegato anni a capire di poter parlare, di poterti guardare negli occhi, di poter smettere di non guardarmi allo specchio per non vedere come ti assomiglio. Ma qualcosa é cambiato, qualcosa si é spezzato dentro di me, ho sciolto le catene...sono pronta, sono davanti a te, sono forte, per me e per te, ora posso prenderti per mano io e portarti a camminare, posso guidarti io. Ora sono quella che voglio io e non quella che volevo piacesse a te. Eccomi, spalanca le tue braccia, grandi, aperte. Spalancale per me e stringile intorno alle mie spalle. Non aspetto altro.   

sabato 10 dicembre 2011

Un vecchio errore

Hai salutato la tua amica e hai ripensato. Li hai contati, li hai ricordati. Uno per uno, anche quelli che sono durati tanto quanto un respiro. Hai ripensato a come é stata dura, sempre. E' stato duro dimenticare, andare avanti, fare finta di niente, dimenticare i sorrisi, la dolcezza dei baci, la morbidezza delle carezze, il profumo della pelle. Hai ricordato che é stato più difficile lasciare che essere lasciata. Ti sei ricordata i discorsi che ti sei preparata, i dubbi e poi quel momento in cui hai capito, chiaramente, che non volevi più vivere cosi', che volevi altro.
Le tue storie sono sempre finite molto prima di quando hai parlato, hai bisogno di tempo per accettare, per digerire la sconfitta, per digerire che ancora una volta ti sei sbagliata, hai idealizzato, sognato. Ti ricordi perfettamente quei momenti di presa di coscienza, ti ricordi di te seduta sul tuo divano giallo, nella casa-soffitta, ti ricordi di te seduta sul tuo letto, ti ricordi di te che cammini per strada e ancora di te seduta al tavolo della cucina. Ti ricordi che in quei contesti non ci sono stati melodrammi, né lacrime, ma solo tristezza. Quando finisce una storia ti muore qualcosa dentro. Muoiono speranze, sogni, aspettative. Ti resta il vuoto dentro, un buco nell'armadio dell'anima, che vorresti riempire subito per dimenticare. Dopo anni, quei buchi sono ancora li'. Li senti, li puoi anche toccare con le tue mani, sentirne la profondità, la sensazione di vuoto. Forse quando arriverà quello giusto li riempirà tutti, levigherà tutte le ferite, non lascerà spazio per nessuna tristezza o rimpianto. Forse succederà.

venerdì 9 dicembre 2011

Il cuore all'impazzata

Faceva freddo mentre tornavi a casa dal lavoro, ma stavi benissimo. Hai camminato, hai contato i passi, hai guardato il cielo, nero, la luna, grande e bianca, hai contato i battiti del tuo cuore. Hai pensato alla serata di ieri, al sorriso sulla tua bocca, alle risate, al ritrovare amici lontani ma vicini, che riscopri dopo il distacco. Hai ripensato al tuo pranzo, a quegli occhi veloci e furbi che ti sei trovata davanti, a come ti sei trovata a parlare di calcio, tu che di calcio non ne capisci niente, figurati in inglese. Hai pensato che quel pranzo ti é piaciuto perché non c'erano pretese, ma solo voglia di chiaccherare e di conoscere l'altro. Nessuno ci provava con nessuno, si condividevano solo esperienze. Nel freddo del ritorno, pensavi ai tuoi guanti chiusi in un pacco a Forest e non te ne fregava niente, perché eri felice cosi', stanca, con le mani gelate e il cuore pieno. Camminavi e ripensavi a quel sorriso, a quello sguardo che ti piace tanto, a quella barba incolta che inizia a spuntare e ti sentivi bene. Ti sentivi bene, li' sola, per strada, nel freddo, perché ti sentivi piena della tua vita, dell'amore dato e ricevuto, delle chance che la vita di dà, perché non ti abbandona mai, perché c'é sempre una seconda volta, una seconda opzione.
Con tutto questo, il cuore che batte all'impazzata, ti sei seduta sulla poltrona a fare due chiacchere, e sorridevi, sorridevi a te stessa, alla tua vita, alle tue credenze, alle tue passioni. Perché il bello della tua vita, é che ti senti vivere. Ti senti battere il cuore, ti senti di accettare la sfida. Ti senti finalmente semplicemente bene.

giovedì 8 dicembre 2011

Devoir de rêver

C'é un dovere, non scritto, ma che io ritengo obbligatorio. E' il dovere di sognare, di avere sogni da realizzare, per i quali lottare quotidianamente. Sono sogni personali e non, che riguardano me stessa e il mondo, sono desideri che vorrei realizzare, come avere un mondo più giusto, con meno ingiustizie, come essere per primi il vettore del cambiamento. Quando ero piccola, mia madre mi ha sempre incitato a sognare, a sperare. Mi diceva "sogna, perché i sogni si realizzano". Me lo diceva proprio lei che nella vita non ha avuto modo di sognare e di realizzare se non parzialmente.
E poi ci sono i miei sogni segreti, quelli a momenti impossibili. Me li tengo stretti questi sogni segreti, come mi terrei stretta quelle due braccia se potessi, per proteggermi dalla vita, per proteggere te e coccolarti. La realtà é diversa, la realtà é spesso dura, a volte crudele. Ma i sogni restano, come un'isola in cui rifugiarsi, come un posto in cui lasciar riposare il cuore e la mente. Perché sognare non é un'opzione, ma un dovere, per trovare la forza di andare avanti.  

martedì 6 dicembre 2011

Somebody to love

Una data da non dimenticare, da segnare nella tua lavagna del cuore col gesso colorato. Un'emozione forte, la conferma di un sentimento, che provi, che ti dà forza, che ti aiuta ad andare avanti e a crescere. La sorpresa, perfetta, che ti ha lasciato senza parole per la gioia, per lo stupore, per la condivisione di una passione, di un pezzo di vita, la tua. E poi la musica, le parole, i ricordi, la voglia di prenderti per mano, di trasmetterti il mio stato mentale e emotivo di pure bonheur.
Grazie per la sorpresa, grazie per avermi lasciato senza parole, grazie per questi mesi, iniziati con un tramonto e un cielo che non scordero' mai, grazie per avermi accompagnato e continuare a portarmi per mano per le strade delle nostre vite.

Let me hold the crown

Hai passato un weekend di corsa, a rivedere persone care, a scambiare frasi piene di significato e sguardi. Hai abbracciato persone a cui tieni, hai stretto a lungo chi era triste fra le tue braccia ripetendo che non dimentichi mai quanto vale, perché ha un tesoro dentro. Hai passato un'ora sola sveglia, più o meno cosciente. E cosa hai fatto? ti sei seduta alla Maison du Peuple, col tuo bicchierone brulant di thé, trasparente, e hai scritto, hai messo nero su bianco le tue sensazioni, i tuoi pensieri. Il cielo grigio ti ha aiutato, ti ha sollevato, ti ha dato una sensazione di sicurezza. Ti sei sentita coperta, coccolata. La sera prima sei passata davanti alla tua vecchia casa e hai visto chi ti ha rubato la vita per un lunghissimo anno. L'hai rivista da fuori quella vita, ti sei fermata a guardarla come se stessi guardando un film già visto e non ti é piaciuta. Sei rimasta li' pochi minuti, ma ti sono bastati per capire, per dire mai più, mai più accettare, mai più sentirsi cosi' debole da non riuscire a muoversi, mai più scordare, dimenticare i tuoi obiettivi e la tua felicità.
Tornata a Londra ti sei sentita fortunata, hai capito che ce l'hai fatta ad andare avanti, a chiudere facendo pace con il cambiamento. Hai visto che c'é ancora tanto, tantissimo da fare, ma non hai avuto paura della sfida. Ti sei seduta sul divano, hai preso il tuo quaderno, hai guardato fuori e hai scritto. Stranamente, il cielo nero, nuvoloso, ti ha fatto sentire ancora una volta bene, come quella mattina brussellese. Ti sei sentita coperta, protetta. Insomma, ti sei sentita a casa.

martedì 29 novembre 2011

The noir n.25

Ti senti triste. Lo sai, non lo neghi a te stessa, ma non vuoi sottolinearlo, evidenziarlo, metterlo in risalto. Vuoi lasciare la tristezza da parte, la vuoi buttare via, cancellarla. Le cause di quella tristezza sono tante, alcune vengono da lontano e sono difficili da smantellare, altre sono recenti, ma altrettanto pesanti. Ma non ti soffermi sulle cause, vuoi fare finta di niente, vuoi che il tuo sorriso di circostanza diventi vero. Vuoi essere forte, vuoi diventare una roccia e non farti turbare più da niente e da nessuno. Cerchi e ti inventi tutti i motivi possibili per essere felice, per far pensare che lo sei e sei brava a fingere con chi non ti conosce, bravissima. Ora vorresti diventarlo anche con chi ti conosce, con chi sa guardarti e capire, vorresti fingere a te stessa, illudere te stessa come sai fare a perfezione e credere che stai bene, benissimo.

E si, stai bene, non stai male, stai bene perché vuoi andare avanti, vuoi cambiare, vuoi vedere un miglioramento. Lo vuoi produrre tu il miglioramento, senza andare a cercarlo. Ti senti lo stomaco chiuso, che brucia, sai che avresti dovuto bere di meno, ma ogni tanto te lo puoi concedere uno sgarro. Ogni tanto quello ti aiuta a cambiare te stessa, a farti credere in quel cambiamento.

Guardi la tua tazza di thé, nero, nerissimo, n. 25 c'é scritto sulla scatola, ne assapori il gusto, che é quello della tua vita, della tua forza, del tuo cambiamento. E mentre bevi e rifletti, pensi che tu non vuoi viaggiare in prima classe col posto finestrino. Tu vuoi essere il treno. Il tuo.

Wearing a gear

Ti svegli e ti senti le ossa rotte. Ti fanno male, come se ti avessero picchiato. Eppure ti alzi, fai finta di niente. Ti guardi allo specchio con un occhio solo, perché vuoi fare presto, perché hai sonno, perché ti sei appena svegliata. Mentre ti prepari ti ripeti la solita frase, quella che ti dice che la vita é una lotta, lascia da parte i sentimentalismi, preparati ad affrontarla. Ti ricordi che sei forte, a volte fortissima, che anche oggi puoi dare il meglio. Cerchi di darti un'aria professionale e esci, pronta a mangiare la strada e non solo, pronta ad aggredire prima di essere aggredita, pronta a farti valere, pronta a cercare di capire. Hai bisogno di un lavoro che ti motivi, che ti faccia sentire di avere un obiettivo. Hai bisogno di sentirti utile, di fare qualcosa per cambiare il mondo, per renderlo piú giusto, piú umano.

Oggi hai saputo mettere la maschera, hai saputo dare il meglio di te, pur restando sempre te stessa. Hai detto quello che pensavi, sei stata scettica, hai criticato, non hai solo annuito. Perché hai capito che é giusto avere un approccio diverso, é giusto non dire sempre si. Stasera vai a casa con questa vittoria in tasca, che ti fa sentire meno amara questa pillola che ingoi quotidianamente.

Un giorno, sarai una persona diversa. Non sarai piú sensibile. Avrai lavorato cosí tanto su te stessa da saper essere sempre neutrale, né felice né infelice. Eppure quando ci pensi, ti dispiace, perché sai che quella persona non sei tu. Ma per vivere meglio, sarebbe piú semplice. basterebbe dimenticare i sorrisi e lasciare seccare le lacrime. Quelli li potresti riservare per una persona speciale, per delle persone speciali. Per quelle che sono parte della tua vita. Della tua vita reale.

domenica 27 novembre 2011

Scappare

Non sei in grado di scrivere. Senti un peso che non ti fa scrivere. Sai che é solo colpa tua, hai ceduto, al momento sbagliato, con l'unica persona vera che hai incontrato qui. Ti senti impotente, ti senti di nuovo stanca, stanchissima, con la solita voglia di scappare. Ti senti alla frutta, ti chiedi il perché, rifletti e ripensi a questi anni, alle tue lotte, spesso contro i mulini a vento. Ripensi alla tua sensibilità, a volte, eccessiva, che ti danneggia, ti indebolisce. Vorresti chiedere scusa, ma sai che le parole possono non valere, possono essere vuote, prive di significato. Vorresti fare la tua solita valigia, quella sporca e un po' a pezzi, andare in aeroporto e partire o meglio scappare. Vorresti andare, chiudere, vorresti fuggire per sempre, non lasciare traccia di te, come se non fossi esistita mai. Ma quella da cui vuoi scappare sei tu, perché a volte non ti capisci, perché non capisci i tuoi comportamenti, perché ti senti sbagliata.

Oggi non hai voglia di metterti la maschera. Oggi vuoi essere te stessa. Vai a prendere quella valigia allora, molla tutto, scappa. Tanto é l'unica cosa che sai fare bene.

venerdì 25 novembre 2011

La scatola dei ricordi

Mi é tornata in mente quella foto, scattata tanti anni fa. Ci siamo io e te, con lo sfondo delle Dolomiti. Me lo ricordo ancora quel giorno, mi avevi portato al Col Rodella, mi ricordo la mia emozione, di stare con te, mano nella mano, di condividere la tua passione con te. Ci siamo io e te su quella foto: io uno scricciolo, magrissima, con gli occhiali più grandi della faccia, l'espressione timida, che mi sono tenuta addosso per anni, il cappello da Lucy May sulla testa, per nascondermi dal mondo, io che per la vergogna non riuscivo neanche a guardare l'obiettivo. Tu giovane, giovanissimo, come non ti ho quasi visto mai, come non ti ricordo, ai miei occhi bello, bellissimo. Mi abbracci, mi stringi da dietro, dolce, pieno di attenzioni. E' la nostra foto più bella, é la foto di un momento che voglio ricordare, in cui tu eri ancora il mio grande amore e non mi avevi deluso, in cui tu sembravi il migliore papà del mondo. Mi ricordo benissimo quella giornata, mi ricordo che tante cose mi facevano paura, gli strapiombi, le montagne enormi, le aquile in cielo. Ma mi ricordo anche la tua mano che mi stringeva forte, la tua voce che mi raccontava quelle cime che avevi scalato, i temporali che ti avevano sorpreso e spaventato. Mi raccontavi la tua giovinezza, la tua vita, mi raccontavi di te, di quello che eri realmente. Non c'erano bugie, non c'erano menzogne, non c'erano colpi bassi. C'eravamo solo io e te li' su quella montagna.

La prossima volta che vengo a casa, la tua come dici tu, la porto con me quella foto, per guardarla, per ricordare solo il bene e lasciare da parte il male. Perché quello che conta sono quei brevi, brevissimi momenti, preziosi, da conservare per sempre nella scatola dei ricordi, nella scatola della vita. La nostra.

lunedì 21 novembre 2011

Valori in calata

Chissà come si chiama questa sensazione perenne, questo fastidio che ti senti dentro, questa malinconia mescolata a rabbia, che ti prende, ti si attorciglia addosso e non ti molla. Ti svegli e la senti li' sulla tua pelle, cammini per strada e la senti sulle tue spalle, al lavoro ti assale e saresti capace di picchiare, di lottare fisicamente per far cambiare le cose, il mondo. Si placa solo a momenti, ma poi torna sempre. Forse é la presa di coscienza, forse é la consapevolezza che quello che vuoi non lo potrai avere, un mondo migliore non esiste, cosi' come non avrai un collega più delicato e simpatico, una persona come vuoi tu con cui condividere il cammino, un'amica vera. Forse tutto questo l'hai avuto in passato, o ti sei illusa di averlo. Ora hai solo aperto gli occhi, hai visto la realtà per quella che é. Ora ti puoi preparare, mettere il tuo vestito migliore, e come ogni giorno, recitare la tua parte. Fallo senza pensare, senza rimanerci male, fallo cosi', tanto per fare. Perché non ne vale la pena...

Perdere tempo

Perdere tempo. Guardare i secondi, i minuti, le ore e i giorni passare rimanendo seduti, senza poter agire. Rimanere passivi, accettare l'inaccettabile, sentire chiaramente il sapore dell'amaro in bocca e deglutire. Contare gli sbagli e continuare a sbagliare. Ascoltare blaterare qualcuno e non reagire, ma dire semplicemente "va bene", per tagliare corto, per conservarsi i propri sogni, i propri ideali. Provare sentimenti che razionalmente non andrebbero provati, perché hanno conseguenze che conosci bene e che sai possono fare male. Vivere una serata di pura felicità e il giorno dopo rendersi conto che la realtà é un'altra, é dura, scomoda, sgradevole. Avere ideali e sogni, mescolati, mischiati e ogni giorno nasconderli in un cassetto per andare avanti, per poi andarli a ripescare la sera, quando sei sola e tiri le somme della tua frustrazione. Vivere un giorno da leone e cinquanta da conoglio, quando tu poi coniglio non lo sei, ma solo perché gli altri hanno indossato la maschera da leone e hanno messo addosso a te quella da coniglio. Sentirsi stanca, stanchissima, travisare tutto e tutti per la delusione. Perdere tempo é questo. Perdere tempo é una svista, un momento di disattenzione, é cedere e credere nel cambiamento, nella possibilità di vedere realizzati i propri sogni. Perdere tempo é una malattia, é un disagio, soprattutto per chi come me considera il tempo denaro. E allora fermalo il tempo, togliti la maschera, mostra che sei un leone. Te li mangeresti tutti in un boccone...senza pensarci su due volte!

sabato 19 novembre 2011

Una vecchia amica

Hai ricominciato a non dormire. E' tornata l'insonnia, come una vecchia amica che viene a farti visita e tu l'aspettavi. Ha bussato alla tua porta e si é accomodata dentro di te, come fa sempre. E cosi' ti sei svegliata prima dell'alba, hai ricominciato a sentirti stanca, stanchissima, le palpebre pesanti, il cervello sconnesso. Ti sei vestita e sei uscita a camminare. Faceva freddo, perché tu avevi ancora il calore del letto addosso, sentivi l'umidità che pungeva il tuo viso, ma camminavi fra le case bianche, perfette, quasi irreali. Hai camminato sola, a lungo. Hai scoperto un po' il tuo quartiere, hai cercato di fare pensieri stupidi, per distrarre il cervello. Hai visto il cielo schiarirsi lentamente, hai visto il sole fare capolino, hai ascoltato il silenzio di una grande città. Non avevi voglia di tornare a casa, avresti camminato per ore, eppure hai dovuto cedere, sei dovuta tornare in quella che tu definisci uno pseudorifugio, non sei potuta scomparire come ti sarebbe piaciuto. Ti sei seduta sul divano e hai imparato a memoria la parte da recitare oggi, anche oggi, come tutti i giorni. Parce que ça c'est la vie.

venerdì 18 novembre 2011

Se in vino veritas...

Stasera devi ringraziare quella bottiglia di vino. Te la sei bevuta lentamente, ti ha alleggerito il peso che ti sentivi sulle spalle e sul cuore, ti ha fatto sorridere. Non ti sei ubriacata ma hai perso per un po' il controllo sui tuoi pensieri, hai semplicemente smesso di pensare per qualche ora. Stasera hai parlato poco, hai mantenuto il tuo solito sorriso di circostanza, ma niente di più. Ti sei un po' maledetta, perché eri felice, perché stavi meglio, perché ti sentivi finalmente leggera. Oggi la leggerezza é scomparsa, sai che tornerà ma sai anche che ci dovrai lavorare, dovrai ritornare a scavare e fare ordine in te stessa, fra le tue emozioni, i tuoi ricordi, i tuoi sentimenti e i tuoi pensieri. Oggi ti sei sentita fragile, come quando subivi e facevi finta di niente e mentivi anche a te stessa. Oggi avresti mollato tutto e tutti, oggi hai cercato vagamente un supporto, ma hai capito che dovevi stare da sola, che non puoi sempre cercare un aiuto e devi fare il mènage chez toi. Oggi avresti voluto essere un'attrice e essere brillante anche con chi capisce tutto e non ci sei riuscita. Domani cercherai di essere più brava, di mentire meglio, di tornare a essere quella che é quasi perfetta.

Con lo stomaco che brucia per il vino, ti ripeti che la vita é ingiusta, ma sai che non ci puoi fare niente. Incassi il colpo e a testa bassa ti bevi la tua camomilla di fine serata. Chissà che oltre a far passare la nausea, ti tolga anche il cuore, il cervello, tutti quegli organi che ti fanno avere delle emozioni, dei sentimenti. Allora si che staresti bene, staresti benissimo.

L'opzione B

E' sempre la stessa storia. Loro complicano, tu devi trovare la soluzione. Loro ti fanno sentire a pezzi, tu devi andare avanti perché sei sola, perché hai solo te e le tue gambe. Loro hanno giocato con la loro vita e ti hanno fatto partecipare ad un gioco al quale non hai mai chiesto di partecipare. Loro, sempre e solo loro. E se per una volta fossi stata tu a scegliere deliberatamente di incolpare qualcuno per sentirti meglio, per sentirti meno diversa dagli altri, per non provare quella solita vergogna che ti dà tanto fastidio? Forse ragionando cosi' ti sentiresti meglio, ti prenderesti le tue colpe, quelle che ti meriti e non, sarebbe forse più facile arrabbiarsi e detestare te stessa e non qualcun'altro. O forse dovresti solo smettere di cercare colpevoli, guardare la realtà con una maggiore razionalità, lasciare da parte l'impeto e le emozioni. Non é il momento di scappare, forse é solo quello di accettare, di chiarire e di fare luce. Prendi il tuo tempo, ma pensaci...non hai una vita davanti per agire.

Ricaricare le batterie

C'é una soluzione chiara in questa città per salvarsi: guardare il cielo o andare a camminare sul Tamigi. Il cielo puo' essere blu, pulito, senza nuvole, con la luce del sole che ti ferisce gli occhi. Ti senti bene, quando alzi gli occhi al cielo. Anche a Bruxelles lo facevi, ti fermavi e tiravi su lo sguardo, ma vedevi solo nuvole e grigiore. Quante volte in questi mesi hai tirato su gli occhi e ti sei detta "forse non é poi cosi' male, forse ce la posso fare, forse devo credere un po' più in me stessa, forse devo capire che sono umana, posso sbagliare".


E poi ci sono le solite passeggiate sul Tamigi. Le fai normalmente da sola, cammini per ore, guardi l'acqua, e ieri, per una volta, stranamente, non hai avuto paura, non ti sei sentita debole, ma parte di un sistema, di quel sistema. Nei momenti più duri hai pensato che ti sarebbe piaciuto non stare a terra, ma sprofondare li' dentro, scomparire. Ma sapevi che era solo un'illusione, un momento di debolezza.


Ora sei andata avanti, ora ti senti meno stanca, più forte. Ma continui sempre a guardare in alto per ricaricarti, per perderti in quei colori, in quella vastità. E ricarichi le batterie.

giovedì 17 novembre 2011

Due mani

Ho letto e le ho sentite arrivare. Le ho sentite pesanti, cariche, pronte a scendere. Le ho rispinte con tutte le mie forze, cosi' come sono brava a fare. Ho saputo fingere benissimo, scherzare con il collega, fare la brillante e la divertente con l'amica. E poi, quando sono stata finalmente sola, ho camminato verso casa e loro sono scese sul mio viso, silenziose e tristi. Ho pianto per te, come sempre. Ho quasi l'impressione che io abbia sempre e solo pianto per te. Ho pianto perché ho scoperto che quel tremore che avevo notato nelle tue mani é una realtà, non un effetto ottico. Ho pianto perché non sei più tu, nel bene e nel male. Ho pianto per la tua cattiveria, con la quale mi hai colpito per anni. Ho pianto per tutto quello che hai fatto per me, per avermi dato una vita agiata e per avermi tramandato grandi ideali e grandi speranze. Ho pianto perché continuo a pensare che non sia giusto aver perso questa occasione, l'occasione unica di averti e riconoscerti come padre e di essere io figlia, amata e stimata. Ho pianto perché ho pensato alla tua vita, misera, triste, piena di menzogne. Ho pianto perché mi sei mancato, perché se potessi vorrei tornare indietro, vorrei tornare a quelle passeggiate che facevamo tanti anni fa, io e te, soli, mano nella mano. Ho pianto perché sei sempre stato il mio modello, il mio faro, il genitore con la lettera maiuscola, un uomo di successo, bello, forte, intelligente, da ammirare e idealizzare. Ho sempre voluto diventare come te, fare quello che hai fatto tu, arrivare lontano come hai fatto tu, io che sono la peggiore delle Elettra. Ho pianto perché non riesco a perdonarti come ha fatto l'altra figlia, io che per anni ho pensato di averti tutto per me, di avere l'esclusiva nel tuo cuore. E alla fine ho capito che ho pianto perché non le posso tenere io quelle mani che tremano, non ti posso accompagnare io, non ti posso guardare in faccia, non ti posso dire "non ti preoccupare, andrà tutto bene", non posso pensare che sei stato eccezionale. Posso solo aspettare, aumentare la distanza, continuare a non a parlarti, a non guardarti e distruggerti, posso solo continuare a distruggere lentamente e smantellare la tua presenza nel mio cuore, nella mia anima.

Quello sguardo

Non te l'ho mai detto, forse non te lo diro' mai. Ma c'é un'espressione che ogni tanto appare sul tuo viso che mi fa impazzire. E' uno sguardo, é un sorriso accennato sulle labbra, é un momento in cui cerchi di comunicare qualcosa. Ti capita spesso quando non siamo soli, quando siamo in pubblico, é un segnale che mi lanci. Il tuo viso si distende, si rilassa, si illumina. Ti vorrei solo dire "guardami spesso cosi'", perché quello sguardo mi dà sicurezza, mi fa sentire bene.

mercoledì 16 novembre 2011

Le mie strade

Tristi, disordinate e con uno strano odore, quello che avrei scoperto essere sangue, che sentivo anche se ero troppo piccola per capire. Grandi, caotiche, trafficate, ma che danno su un parco, nel quale ho corso e giocato, con la mia bicicletta piccola e rosa. Vuote, spoglie, desolate, da percorrere per portare a passeggio il cane, nei pomeriggi annoiati della mia esistenza. Ancora una volta grandi e trafficate, di quelle che ti svegliano mentre dormi di notte per il rumore, ma piene di vita. Piene di risate, di studenti, di baci scambiati perché é l'eta in cui si fanno certe cose, di promesse mai mantenute e che aspetto ancora essere realizzate. Sporche, sporchissime, pericolose, piene di scene di povertà e degrado, con i sanpietrini irregolari in cui inciampavo in continuazione, mentre tu mi salvavi con la tua mano, forte, grande e sicura e mi riempivi del tuo amore. Con i portici, l'odore particolare di quella che per me era una grande città, il sorriso e la preoccupazione per il futuro sul viso, ma anche gli ultimi attimi di vita spensierata, tra una corsa e l'altra per andare a lezione e a prendere il treno. Silenziose, quasi vuote, piene di nazionalità differenti, di commenti inopportuni, ma anche di voglia di cambiare, di momenti di solitudine, cercata e voluta, di momenti di sconforto e di scontro con la realtà che puo' essere brutale, ma anche di libertà, di forza per andare avanti e accettare la vita con le sue sfide. Statiche, quasi finte, vuote o piene di gente che corre sempre e che con il calare del sole svanisce, evapora. Le strade della solitudine, ancora una volta, di quella che cerco per pensare e capire me stessa, gli altri, le regole della vita. Queste sono le mie strade, le strade su cui ho camminato, le strade sulle quali sono cresciuta. Sono le strade della mia esistenza. E altre ancora si aggiungeranno al lungo elenco, per arricchirmi, per non annoiarmi mai, per insegnarmi che la vita é una sfida, non ti sedere mai, devi sempre essere pronta, con la tua valigia, a partire, a provare, a credere, a sbagliare e ad amare ancora e ancora.

Intimacy

Quanto tempo ci vuole per conoscere una persona? quanti anni, mesi, giorni, ore? Quanti sorrisi e parole bisogna scambiarsi? Forse basta poco, pochissimo, per trovare la sintonia, per trovare l'intimità, la condivisione. Forse basta solo seguire il proprio cuore, lasciando da parte il cervello, basta fidarsi, appoggiarsi su una spalla amica, lasciare da parte la razionalità, che hai sempre fatto finta di avere, ma non hai mai avuto in vita tua. Conosci una persona quando basta uno sguardo per fargli capire, quando le parole diventano importanti ma non necessarie, quando non ti vergogni più a fargli vedere i tuoi sbagli e le tue esitazioni, quando ti puoi addormentare sul suo braccio mentre guardi un film, quando sai che hai qualcosa da perdere, qualcosa di grande, ma sai anche che hai tanto da condividere e da ricevere. Dans la vie il faut faire des bêtises, mais ça n'est pas une bêtise. ça c'est le bonheur, peut-être de courte durée, mais quand même le bonheur, qui t'aide chaque jour à remonter la penche.

lunedì 14 novembre 2011

Wonderwall

E' tardi, tardissimo, ma te ne freghi, vuoi restare al caldo, sotto le coperte. Vuoi goderti quel momento, vuoi ricordarti quella sensazione. Se uscirai dal letto, purtroppo passerà, svanirà. Li', sotto le coperte, non pensi neanche, ti gusti il momento, quel momento, risenti quel sapore, risenti la dolcezza. Capisci che la priorità della tua vita sei tu, il tuo benessere, il tuo stare bene. E ci sono giorni, momenti, attimi che ti fanno capire che stai bene, che hai trovato quello che cercavi, hai trovato te stessa, hai capito come stare con te, i tuoi difetti e i tuoi pregi.

Ora pero' scendi da quel letto, la vita va pur sempre affrontata. E tu sei pronta per farlo.

sabato 12 novembre 2011

Giorni facili

Melange di lingue diverse, emozioni, incontri, sorrisi. Camminate e corse, orologi che vorresti fermare, ma non puoi, solo perché stai bene e vuoi prolungare, allungare, dilatare quel momento. Sentire di potercela fare, capire che forse ce l'hai fatta, hai accettato la tua nuova vita, hai accettato quella scelta che non é stata proprio una scelta, ma quasi un'imposizione, una via di uscita cercata per mesi e che improvvisamente ti si é palesata davanti agli occhi. Pensare che questi mesi sono stati duri ma intensi, forti, ti hanno fatta crescere, ti hanno trasformata. Camminare ancora una volta nel buio, ma non sola, in compagnia e sentire che non sarai più sola, perché hai costruito tanto in questi anni, ti sei costruita una vita tutta tua, tu che per anni sei stata chiusa in un mutismo di circostanza. Preparare una nuova valigia, per fare un salto brevissimo nella tua vita di prima, per salutarla da lontano. Quello che hai vissuto, i tuoi affetti sono vicino a te, te li porti dietro, lo farai per sempre. Per ora, cerca di prolungare questa felicità. Una cosa é certa: non si puo' dormire dopo giorni cosi'.

Elenchi: i posti che amo di più in questa città

Embankement, il suo ponte, il Tamigi, specialmente di notte, nero, calmo, ancora una volta accogliente, la vista che si perde fra le luci e i grattacieli della City, quello che tu, un po' artista, hai ribattezzato il cimitero degli skateboards, la sensazione di pace che provo quando cammino da quelle parti.


La strada che mi porta alla Royal Albert Hall, le case con i mattoni rossi, la musica di un pianoforte che si sente davanti al conservatorio, i giovani artisti, con i loro strumenti musicali sulle spalle o abbandonati sul marciapiede, loro, con i capelli arruffati e la sigaretta in bocca, che bruciano di gioventu', sogni e speranze. E io, che mentre cammino quasi correndo perché sono in ritardo, bruciando anche io di sogni, speranze e progetti mentre penso "Quelle chance que j'ai d'être ici".


London Bridge, per quella serata che nonostante tutto quello che é successo e succederà, resterà in me, come un momento di pure bonheur e me l'hai regalato tu. Il tramonto che abbiamo visto, quando era ancora estate, complice di quel momento di felicità, il tuo sguardo, il tuo sorriso, la mia capacità di esitare e di lasciarmi andare, gli inglesi cosi' eleganti e belli, come dei figurini. Je ne regrette qu'une chose: che sia durata poco quella serata, che il sole sia tramontato. Avrei voluto che durasse una vita intera.


Alderney Street, di notte, quando torno da casa tua, quando é buia, anzi totalmente nera e faccio fatica a distinguere la strada, vuota, riscaldata dalla luce delle case, bianche, ordinate e pulite. Delle volte cammino piano, pianissimo, solo per godermi quel momento, la mia solitudine dopo aver passato un po' di tempo a ridere e scherzare, per ripensare a come sono stata bene, a come mi sono sentita a mio agio.

Would you change?

Ci sono dei giorni che sono grazia ricevuta. Penso che siano dei regali che ricevo, per farmi andare avanti, per credere che un cambiamento, un miglioramento ci possa essere. Cosi' mi ritrovo in uno stato di benessere, di felicità, di serenità. Riesco anche ad apprezzare questa vita, questa città, confusionaria ma affascinante, le perdite che ho subito a favore di quanto ho trovato e acquisito.

Sono i rapporti che sto costruendo qui che mi fanno stare bene, non sono rapporti facili, questa città allontana le persone, non le avvicina, ma sono stata fortunata. Ho trovato persone che hanno saputo capire e ascoltare, ho trovato un'amica con cui ridere a crepapelle e che mi segue nei miei deliri mentali mentre io seguo lei nei suoi, ho trovato chi sa ascoltare per ore, ho trovato chi sa capire quando non va e quando va, ho trovato chi mi ha conosciuto anni fa e che oggi davanti ad una tazza di thé mi esorta ad andare avanti, a vedere gli effetti positivi del cambiamento.

Cosa rimane? la paura, quella c'é sempre, insieme all'insicurezza. Una certezza c'é pero': la questione non é "would you change?", ma "make you change", senza punti interrogativi. E' un imperativo, é la realtà, é l'uscita di emergenza. Il faut l'empreunter maintenant, il n'y a pas de place pour l'hésitation.

mercoledì 9 novembre 2011

Enfrentar la realidad

Una sensazione di fastidio, forte, intensa, che ti dà la nausea, ti fa girare la testa. Un fastidio strano, dovuto a cosa sai ma che non vuoi ammettere. Senti i nervi li', a fior di pelle. Senti che non hai voglia di ascoltare né di comprendere. Senti che vorresti essere lontano, vorresti essere irraggiungibile. Vorresti poter mancare a qualcuno, a qualcosa, e non ne sei neanche sicura. Vorresti essere essenziale e sai che nessuno lo é. Allora provi a scaricare la tensione, stacchi il cervello, cammini per due ore nel buio, guardando solo le foglie che calpesti, con la testa spenta. In quel modo stai meglio, ti plachi, per un po', riesci a mettere da parte il fastidio, quel fastidio. Cosa non ti piace? il tuo passato. Vorresti cosi' tanto scaricarlo da qualche parte, ne faresti un fagotto da buttare via, nel fiume, lo vedresti affondare e ti sentiresti meglio. La tua precarietà: tu hai bisogno di certezze e ora la certezza sei solo tu, puoi contare solo su te stessa e forse non ti fidi di te stessa. I tuoi progetti: li vedi, li senti non realizzabili, forse troppo ambiziosi. Il senso della tua vita: l'hai perso, non sai dove l'hai messo. La tua rabbia: contenerla non é facile, se potessi lasceresti da parte le convenzioni sociali, feriresti con le tue parole, cosi' come ti senti ferita tu.

Ti rendi conto che ancora una volta devi lavorare su te stessa, devi accettare i compromessi, devi evitare di ferire i sentimenti, devi aspettare o capire. Ma non ne hai voglia. Per niente.

martedì 8 novembre 2011

Elenchi: cosa mi fa stare bene

Camminare, per ore, sentire il rumore dei miei passi. Osare, non trattenersi e scrivere, a qualsiasi ora del giorno, seguendo le voglie e l'istinto. Prendermi due ore per me, per il mio benessere e fermarsi a guardare l'acqua, nera, scura, ma allo stesso tempo rassicurante. Perdermi per le strade di una città che inizio a conoscere. Il libro, quello che sto leggendo, che parla anche un po' di me, delle mie paure e della mia forza di andare avanti. Tu, eh si, proprio tu, anche se forse é meglio tenermelo per me. Le mail degli amici lontani e l'idea del ritorno, anche se breve e temporaneo. I miei vestiti, le mie scarpe, che entrano finalmente nell'armadio, col loro solito disordine. L'odore del bucato, tutto nuovo, molto inglese. Il mio piatto preferito, cucinato nonostante la stanchezza. I piccoli segnali quotidiani, di speranza.

lunedì 7 novembre 2011

To burden your soul for what you think

Svegliarsi e non capire niente, guardare fuori e vedere che albeggia, mentre maledici di esserti svegliata troppo presto ancora una volta. Stare a letto, nella speranza di addormentarsi e poi alla fine cedere alla lotta che fai con te stessa per dormire, prendere il libro che stai leggendo e pensare "almeno leggo un po'", anche se vorresti solo dormire. Pensare a quelle due braccia che ti servirebbero che dormire, che non sono lontane, ma ti sembra che siano sulla luna. Dirsi che nella vita quello che conta é l'indipendenza e che non puoi dipendere da due braccia, la devi a te stessa questa lotta per la libertà. Scendere in cucina a farsi un thé, sentirsi di un umore pessimo, pensare di non poter affrontare ancora una volta la solita giornata, le solite facce, la solita lotta, ma capire che non puoi fare altrimenti. Fare tardi a proposito, per allontanare il momento, la cortesia dovuta, l'educazione richiesta, da te, tu che se potessi faresti solo una cosa, prenderesti la valigia, per sempre, perché scappare é quello che sai fare meglio. Tu passi la vita a scappare, riempi la tua valigia di pesi, di quello da cui scappi, rapporti incrinati, passato pesante, vecchi amori che non erano neanche amori, rapporti inconcludenti, tempo ed energie perse, occhi e sguardi di chi ha contato e conterà per sempre e scappi via. Ogni volta ti dici che la prossima andrai più lontano, cosi' starai meglio, cosi' non ci sarà modo di pensare.

Ma alla fine, sei sempre seduta su quel divano; non ti muovi. Fai tardi al lavoro, ma non ti muovi. Sai che devi pensare di meno, ma non ti muovi. C'é solo una cosa che fai, sempre: ti nascondi la verità, you burden your soul for what you think.

La gioia più grande

Scrivo due volte nella stessa giornata e lo faccio sempre per te. Oggi ho saputo che sei diventato padre. Ma non ho fatto niente, come una scema e un'egoista, ho guardato quello status e non ho neanche cliccato sul pulsante mi piace. Sono solo rimasta senza parole, basita, guardavo quanto hai scritto, ho pensato a te, alla tua gioia, alla fortuna di quel bambino, che puo' avere un padre come te. E poi stasera mi hai scritto tu, mi hai chiamato col mio nome per intero, come per mettere una distanza, quella che ho messo io in questi ultimi mesi. Leggendo quel messaggio mi sono finalmente sentita felice per te e anche per me, che finalmente ho accettato la tua gioia, che ho saputo sentirmi emozionata per questa notizia, per questa condivisione. Sei stato per anni un punto di riferimento, quello da chiamare di notte. Ora tutto é cambiato, ora vorrei solo abbracciarti forte, dirti che ti penso e ti pensero', che ti vorro' sempre un bene dell'anima, ma non più nello stesso modo.

Sai cosa, caro amico? Mi piacerebbe un giorno, quando il destino lo vorrà, sedermi allo stesso tavolo con te, forse per un caffé, come abbiamo fatto negli ultimi anni, ma non prima di prendere il solito aereo. Mi piacerebbe avere tempo, per parlare, per conoscere quello che sei diventato, per ammirare il padre che sarai. Mi piacerebbe che tu mi guardassi negli occhi come hai sempre fatto e vedessi una donna felice, serena, che non ha bisogno di fuggire da te o da nessun altro. Ci arriveremo, prima o poi, ne sono sicura. Ma ora non ci pensiamo, ora concentriamoci sulla gioia dell'essere papà. Tu, proprio tu, papà!

Aeroporti, scelte e notizie

Ieri ti ho pensato, come mi succede sempre quando sono in giro per aeroporti. Non so il perché, ma nella mia testa il tuo nome rima con aeroporto, con partenza, con saluti, con arrivederci. Ti avrei anche voluto scrivere un messaggio, dirti solo che nonostante tutto un pensiero per te c'é sempre, soprattutto ora. Oggi scopro per caso, come sempre nel nostro rapporto, che c'é una grande novità, quella che definirei la novità. Non posso scriverti, lo sai, non lo voglio più fare. Sono un po' codarda in questo, ma come ti ho detto tante volte, mi devo proteggere. Ti vorrei solo dire che so che sarai bravissimo, come sai esserlo tu. Sarai dolce e premuroso, saprai ascoltare e guardare dentro. Saprai esserci sempre. Io ti pensero', ma non ci saro'. Io questa volta non ce la posso fare. Piuttosto conservero' quello che abbiamo costruito insieme, tutto quello che mi hai dato in questi anni, ma saro' assente. Non ci restare male, cerca di capire.

Forse tra qualche anno, tra un aereo e l'altro, in un aeroporto ti chiamero'. Tu sarai libero allora di scegliere, come io ho fatto ora e io capiro' quella che sarà la tua scelta.

sabato 5 novembre 2011

L'arrivederci più difficile

Ci siamo salutate tante volte, ci siamo dette tanti arrivederci. Stasera é stato il più pesante, il più duro. Le tue lacrime sono arrivate quando le mie erano già li', chiuse dentro i miei occhi, costrette da me a non uscire. Stasera ho visto gli anni che passano sul tuo viso, ho visto la tua tristezza, la tua solitudine, il peso della tua scelta. Ho capito subito il perché di quelle lacrime, é bastato guardarti negli occhi per capire, mentre lottavo per trattenere le mie. Stasera ho capito che mi hai persa tanti anni fa, che ti sono quasi sfuggita dalle mani, quando ero ancora troppo piccola. Mi hai lasciata andare per farmi crescere, per salvarmi, per permettermi di diventare quella che sono oggi, ma tutto questo é costato tanto, tantissimo. Mi dispiace, avrei voluto avere più tempo per te, avrei voluto saper accettare la tua scelta e non sentirmi esclusa. Ora non posso tornare indietro, ora sono lontana, lontanissima. Gli anni sono passati, le lacrime si sono cristalizzate, non escono più. Ora sono una donna, una donna che non conosci e il tempo di conoscerci non c'é più. Io sono sempre di corsa, tu anche, tu ora hai le tue priorità. Per consolarti ti vorrei solo dire che sei sempre il mio modello di madre. Se mai avro' un figlio, saro' come te. Avro' il tuo profumo, buono, dolce, rassicurante. Avro' le tue mani, con le dita storte, incrinate dalla vita e dalla fatica, segno di una lotta continua e perenne, come quella che tu hai fatto per anni. Preparero' quel thé come solo tu lo sai fare, dolce al punto giusto, le tue merende, la tua crostata, la colazione al mattino presto. Non ti preoccupare, tutto questo me lo portero' sempre con me, non lo dimentichero' mai. Perché temo che sia l'unica cosa che ci resta, il tempo va sempre troppo veloce, i chilometri si accumulano, le ferite stentano a rimarginarsi o non le vogliamo fare rimarginare. Ma il bene, l'amore, resta, nonostante tutto. Arrivederci, ancora una volta, cara mamma, non ti preoccupare, tornero' e spero di ritrovarti su quel divano, con il sorriso sulla bocca pero' e la felicità nel cuore.

venerdì 4 novembre 2011

Since I was gone

C'é silenzio e silenzio. Ce n'é uno che amo, quello delle mie notti o delle mie mattine insonni. C'é quello di quando torno tardi da sola, per strada, quando sento solo il rumore dei miei passi sul marciapiede. C'é quello di quando non ho niente da dire e resto li' seduta a guardare il cielo, a pensare. C'é quello che c'é ogni tanto, mi capita a volte di essere in compagnia di qualcuno e di stare zitta, di non dire niente, solo di sentire il mio respiro e quello dell'altro. Sono silenzi accettabili, a tratti rassicuranti. Sono pieni di parole, trasmettono sentimenti. E poi c'é quel silenzio che ogni tanto sento, pesante, pieno di recriminazioni, di pensieri pesanti, a tratti pesantissimi. Quel silenzio mi distrugge, mi correde piano piano, si insinua e fa il suo lavoro, agisce, scava un buco nero nella mia anima. Non lo sento sempre, mi capita raramente. Ma so che c'é, che é li', in agguato, aspetta di sferrare il suo colpo, inesorobile, preciso, senza sbavature. Cosa fare? scacciarlo, nasconderlo, non ascoltarlo, negarlo. Vediamo se ci riesco.

Le superdonne

Le superdonne sono quelle che fanno tutto e di tutto, sono quelle che lavorano, gestiscono una famiglia e sanno ascoltarti per ore. Le riconosci facilmente, sono stanche, a volte a pezzi, ma vanno avanti, sanno anche camminare su una gamba sola. Hanno passato e passano la loro vita a lottare, non si sa bene contro chi o contro cosa, ma hanno sulla loro pelle le cicatrici del passato e le ferite del presente. Hanno gli occhi spenti di chi ha creduto ed é stato deluso, ma non per questo demordono, anzi, sono ancora piene di coraggio e forza. A momenti si abbattano, sentono di non potercela fare, ma poi si rialzano sempre e vanno avanti, perché c'é sempre qualcuno da proteggere e rassicurare. Sono nata e cresciuta da superdonne. E' un destino, ma anche una sfortuna allo stesso tempo. Le guardo, le mie superdonne, sono quasi a brandelli, ma vanno avanti. Qualcuna ha smesso di lottare, qualcuna non ne ha più la forza perché la vita e le delusioni l'hanno consumata. Un'altra si consuma lentamente. Cosa fare? come fare? una sola soluzione forse, creare la repubblica delle donne. Un'utopia, come sempre. O forse semplicemente essere egoista e non diventare una superdonna. L'egoismo, ecco la parola chiave.

mercoledì 2 novembre 2011

A casa

Gioire delle piccole cose, perché sei riuscita a dormire ancora una notte intera. Gioire perché senti che le rughe nascenti sono decrescenti. Gioire perché vedi che le occhiaie stanno sparendo, lentamente. Sapere che devi tornare, che la tua vita é altrove ed accettarlo. Stare in silenzio, perché di parole ne hai dette tante e sono servite a poco e poi sai che non si puo' cambiare niente, che il tempo é andato, c'é solo da aspettare e accettare. Pensare pero' che il tempo va sempre troppo veloce e che tu alla fine non gli stai dietro. Fare i tuoi soliti buoni propositi, andare a correre, non sbagliare più, imparare a dire no a chi se lo merita, sapendo già che sarà una lotta metterli in pratica. Riempire il silenzio di pensieri, come sai fare benissimo, come fai da anni, anche se sai che pensare troppo fa male, non te lo devono dire, lo sai da sola. Riascoltare quella canzone che tu mi cantavi sempre e pensare che si addice proprio a te, alla tua solitudine, alla tua follia mal celata. Sapere che anche su di te non avro' mai una risposta alle mie domande, ai miei perché. Forse é meglio cosi', forse c'é solo da fare quello che sto facendo in qesti giorni: sdraiarmi, mandare i pensieri a farsi benedire e dormire, in pace.

martedì 1 novembre 2011

Difficoltà e accettazione

Per scrivere bisogna avere il cuore in uno stato particolare. Bisogna avere emozioni, sentimenti, non apatia. Bisogna sentirsi vivere, non sopravvivere. Bisogna avere la forza di confrontarsi con se stessi, di mettersi allo specchio, senza negare la verità, anche se fa male.

Ora non posso fare niente di questo. La mia reazione nel tornare a casa é quella dell'isolamento dalla scrittura. Non sono in grado di farlo, di confrontarmi con me stessa e con la realtà. E' come se avessi messo la mia vita e il mio cuore in sospeso, in silenzio, nello scantinato. La stanchezza mi ha pervaso, mi ha catturato, ha preso i miei pensieri e li ha portati via. Forse c'é anche la delusione, la speranza delusa che qualcosa possa cambiare quando in realtà niente cambia e tutto é uguale. Cambiare: difficile. Cambiare gli altri: impossibile.

C'é solo una soluzione, andare come sempre avanti, non girarsi, non lamentarsi, accettare. Non possiamo essere amati da tutti, non possiamo sempre ottenere quello che vogliamo. Il silenzio non deve essere percepito come distacco, ma come accettazione e comprensione. Il difficile sta proprio in questo.

giovedì 27 ottobre 2011

Bye bye temporaneo

Sollievo perché é temporaneamente finita. Sollievo a pensare al buio della stanza in cui dormirai, senza neanche un filo di luce. Sollievo perché ci vuole un attimo di tregua, una pausa dallo stress e dalle emozioni. Ansia solita da valigia e viaggio, in un paese sconosciuto o quasi. Ultime corse perché ti dimentichi sempre qualcosa di essenziale da portarti dietro. Lavatrici e centrifughe express, elenchi mentali di cose da non portare che poi finisci per mettere in valigia. Tre mesi e qualcosa di lontananza, distanza, esilio, stavolta non cercato. Voglia di salutare chi conta, di dire arrivederci, di stringere in un abbraccio chi ti ha accompagnato in questi mesi. E un'idea fissa anzi mille idee fisse: riposare, staccare la presa, finalmente dormire, fare chiarezza nel cuore e nel cervello, dimenticare il brutto, ricordare il bello. Non sono stati male questi tre mesi. Sono stati duri, questo si'. Ma mi hanno dato tanto, mi hanno riportato alla vita. Grazie a chi ha saputo capire i miei silenzi, le mie assenze, il mio disordine mentale e fisico. Ricordati pero' che tra una settimana torni ad essere un'isolana!

mercoledì 26 ottobre 2011

La valigia del ritorno

E' arrivato il tempo di rifare la valigia, di tornare a riempirla, di speranze come sempre, di condivisione e di tre mesi passati che valgono come tre anni. Come sempre c'é l'agitazione, quella che definirei l'ansia da ritorno. Ci sono tante cose da condividere, c'é la paura del tempo che passa sempre troppo velocemente, c'é il timore dei fantasmi del passato, che possono assalirmi, contro i quali devo preparare un piano segreto, per tenerli lontani. Se potessi scegliere ti chiederei di partire, di non restare a casa, ma di prendere Anna e venire via con me. Ti chiederei di fare un viaggio, in macchina, insieme. Come quando partivamo io e te, sulla Cisa, con le risate e le chiacchere come compagne di viaggio. Sarebbe più semplice per me, non dovrei affrontare la realtà, quella che non mi piace. Potremmo passare il tempo come piace a noi, senza obblighi morali. Potremmo fingere, dimenticare, non dover scendere a compromessi. Sarebbe più facile, lo sappiamo entrambe. Ma entrambe andiamo avanti e ci prepariamo a guardare la realtà per quella che é, tra una botta d'allegria e l'altra. Da quanti anni siamo cosi', sorella? da quanti anni ci rifugiamo nel nostro rapporto per costruirci delle certezze, per costruirci la nostra famiglia, per cercare sicurezza, noi che siamo cresciute nell'insicurezza? Da quanti anni sappiamo che possiamo contare solo sulle nostre forze? Da quanti anni siamo stanche, sfinite, perché siamo cresciute prima del tempo e le responsabilità ci hanno piegato le spalle, senza pero' spezzarci? Questi interrogativi li metto stasera in valigia, mentre aspetto il nostro viaggio, quello della spensieratezza. Ma qualcosa mi dice che quando finalmente lo faremo, sarà Anna a guidare. Io e te saremo troppo vecchie per farlo, ma saremo sicuramente libere, da tutti i pesi che ci trasciniamo. Sarà il viaggio del benessere, della condivisione della felicità. La valigia allora sarà leggera, leggerissima. Ne sono sicura.


"Grazie per il tempo pieno, grazie per la te più vera, grazie per i denti stretti, i difetti, per le botte di allegria, per la nostra fantasia".

martedì 25 ottobre 2011

Desideri, corse e cadute

Stamattina é tornata la pioggia. Mi ha sorpreso, pensavo di poter vivere senza di lei, presa a contemplare il cielo blu e le poche nuvole bianche. Ho sentito la violenza del vento contro i vetri e ho visto le nuvole, scure, minacciose, immobili nel cielo. Mi sono sentita stanca, stanchissima, alla frutta. Ho cercato un motivo per andare avanti, come devo fare quotidianamente. Ho pensato che sarebbe più semplice tornare a letto, fare finta di non essere qui, di non avere un lavoro. Non voglio risolvere problemi impossibili, scadenze improbabili, lamentele e desideri personali. Non voglio fingermi competente, non voglio fingermi interessata: io vorrei qualcosa di diverso, vorrei cambiare il mondo, vorrei la giustizia in terra. La mia utopia si scontra quotidianemente con la realtà, io cammino sette metri da terra e ogni tanto cado e mi faccio male. Sento il dolore fisico, quello della caduta, sento la stanchezza di questa lotta personale che porto avanti da anni, forse da sempre, sento la mancanza di una spalla su cui appoggiarmi e riposarmi. Per dormire ho bisogno di qualcuno che mi faccia dormire, che mi accarezzi la testa mentre prendo sonno. Per andare avanti, ho bisogno di una mano che mi afferri e con forza e dolcezza mi accompagni. Per sopravvivere, ho bisogno di una guida, di un punto di riferimento. Ma oggi, come tutti gli altri giorni, posso solo andare avanti da sola. Il faut s'assumer, ma fille, direbbero i francesi. Eh si, il faut s'assumer, rispondo io. Ma é difficile, é dura andare avanti quando ti senti zoppicare, quando ti fanno male tutte le ossa, quando non vedi la causa e il perché di tutto questo. Ancora una volta, non c'é tempo per pensare. Sei in ritardo, un'altra giornata é già iniziata. Il tempo corre, tu gli corri dietro, come quando il tuo treno parte, proprio mentre tu hai appena salito l'ultimo gradino delle scale. Sai che correre dietro al treno é inutile, eppure il tuo spirito di sopravvivenza ti fa correre verso quel treno che si allontana e che non prenderai mai. Aspetta, ad un certo punto ti stancherai di correre sul binario. O salirai sul treno o andrai a prenderti un thé da qualche parte, per guardare i treni passare, veloci, determinati, con una meta. Quella tu non cel 'hai, ma forse non te ne importerà niente a quel punto. Preferirai solo guardare e riposare, in silenzio, senza battiti del tuo cuore. Anche lui, il tuo cuore, avrà finalemente capito quali sono le regole da seguire.

lunedì 24 ottobre 2011

Tornare a casa

Prepararsi a tornare a casa, iniziare a pianificare, a pensare a cosa fare, alla gioia del ritorno. Risentire quell'odore di casa, particolare, che non ti sei scordata, che ti accoglie appena arrivata. Risentire di nuovo il buono profumo di bimbo, ritrovarsi le sue mani piccole sul tuo viso, mentre ti accarezza e ti parla nel suo linguaggio incomprensibile. Aspettarsi lunghe chiaccherate, accompagnate da tisane e cioccolate calde, confessioni e rivelazioni. Pezzi di vita condivisa, costruita un po' insieme, un po' in solitudine, in due vite parallele, ma lontane. Cercare di accettare il solito compromesso, quello che ti sfianca e ti snerva, ma che non ti lascia scelta. Sedersi a tavola, evitare certi discorsi, pensare che devi solo aspettare, andare avanti, cercando di fingerti sorda. Ma soprattutto concedersi una pausa da questa vita di corse, di sveglie antelucane, di sfide perenni, entusiasmanti, stancanti. Appoggiarsi su quelle spalle, ora piccole e curve, che ti hanno abbracciata e cullata per anni, sentire la stessa sensazione di quando da piccola dopo un incubo ti andavi a rifugiare accanto a quelle spalle, perché solo il calore e quel profumo ti rassicuravano. Guardare a lungo quelle mani, quelle che non ti asciughi mai e che hanno le dita tutte storte, guardarle e vedere che le mie assomigliano sempre più alle tue, quasi a lasciarmi un ricordo vivo, presente, da portare via con me. Se chiudi gli occhi questo viaggio lo puoi anticipare. Sai sentire la sensazione delle ruote dell'aereo sull'asfalto, quel colpo al cuore che senti sempre, quando capisci che anche se per poco sei tornata, l'umidità che ti assale, Bologna rossa, disordinata, che ti fa sempre battere il cuore, che ti ricorda l'università, il rumore dei tuoi sandali sotto i portici, quando ci sono quaranta gradi all'ombra. E poi la stazione centrale, ancora una volta il suo odore unico, il suo caos, la stanchezza. I paesaggi che vedi dal treno li conosci a memoria, li hai visti e rivisti, negli anni dell'università, quelli della spensieratezza. Di colpo sei arrivata, rivedi quel sorriso unico, che ti porti dietro, lo abbracci quel sorriso e cosi' ti senti a casa, ti senti arrivata, anche se la tua valigia non ti abbandona mai. Ti segue sempre, come Ulisse, a ricordarti che anche il tuo viaggio non é finito. Ma per ora respiri, ti impregni di casa, di ricordi, di emozioni. Ti impregni di affetto, lasci da parte il risentimento. Ci sarà tempo per quello, per digerirlo e congedarlo.

domenica 23 ottobre 2011

Elenchi da domeniche felici

Cielo trasparente. Un bus, un libro e un paesaggio da guardare. Lunghe chiaccherate con amiche che non sapevi che lo potessero essere. Comprensione di fronte ad un disagio annunciato e confessato quindici anni dopo. Vestiti vintage e pazzie. Musei sconosciuti scoperti. Piacevoli ore del thé, sul divano. Corse e ritardi nella metro. Risate e chiaccherate col passato. Stanchezza ma cuore leggero. Da ripetere, sicuramente.

Decostruzione e ricostruzione

Basta poco per cercare di mandare giù il rospo, almeno in apparenza. Basta una giornata di sole, un'altra, che ti sorprende perché tu eri abituata alle nuvole e al cielo grigio. Basta una tazza di thé, caldo, confortante, un divano su cui stendersi perché ti senti esausta, anche se un po' hai dormito. Basta un libro per evadere, per non pensare troppo e male, per immedesimarsi nella vita di qualcun'altro e nella sua storia. E il gioco é fatto, anche se le palpebre pesano per le ore di sonno perso e i pensieri, in questi momenti pensi o meglio speri che il peggio sia passato. Ieri sera hai camminato a lungo, sola, in un quartiere sconosciuto, non hai guardato nessuno in faccia, sei andata dritta verso il tuo destino. Ti sentivi sicura, intoccabile, forte. Forte dell'essere venuta qui, dell'aver accettato questa nuova sfida. Hai perso molte cose, lo sai, ma ne hai guadagnate altre. Hai guadagnato consapevolezza, ti sei decostruita per ricostruirti di nuovo, un passo dopo l'altro. Il processo é lungo, devi avere pazienza, ma vedi già i primi risultati, il sollievo che inizi lentamente a provare. Non sei un'altra da quella che eri. Sei la stessa, ma con uno strato di esperienza in più, che ti copre la pelle, per fortificarti un altro po'. Ti mancano tante cose, ma questa mancanza non é desiderio di tornare indietro, ma voglia di apprezzare quanto la vita ti ha dato e quanto hai costruito. C'é sempre una soluzione, una via di uscita, una scialuppa di salvataggio. L'hai vista, hai iniziato a camminare verso lo stare bene, lentamente, ma con perseveranza. Ci stai arrivando, datti tempo, abbi pazienza. E' quasi fatta o almeno credici!

sabato 22 ottobre 2011

Ne t'inquiète pas pour toi

Voglia di indipendenza, di non dipendere da niente e da nessuno. Necessità impellente di tirare fuori le palle, di essere forte, come hai già dimostrato di saperlo essere. Bisogno di tornare per un po' a casa, di sedersi in quella cucina calda, di giocare con la Bimbie, insegnarle i giochi della tua infanzia, quelli che creavi nella tua testa. Volontà di tornare sulla terra ferma, perché vivere su un'isola ti fa sentire a volte instabile, ti fa venire il mal di mare, ti fa girare la testa. Incertezze che diventano certezze, desideri che si trasformano in azioni. Cielo blu, sereno, che ti conforta e ti aiuta ad andare avanti, a non voltarti indietro. Accettazione della propria stanchezza, delle ore di sonno perse e irrecuperabili, stress e ansia da prestazione personale e lavorativa da smaltire. Un obiettivo, te stessa, stavolta devi giocare la carta dell'egoista, lasciando da parte la Croce Rossa e le crocerossine.

Non ti pentire, non ti girare, il ne faut jamais regretter rien de rien. Dimentica, hai troppi ricordi in testa per poter fare spazio ai nuovi, alle nuove emozioni. Lascia da parte chi non é pronto, non lo sarà mai, ma sii pronta tu, sviluppa una coscienza di te, di quello che realmente vuoi e non vuoi. Per una volta accetta il silenzio degli altri, non lo sovrastare con la tua voce. Impara a dire no a chi ti sta vicino, a dare tempo a te stessa e al tuo cuore. Realizza i tuoi obiettivi, senza contare su nessuno, gli altri un giono ci sono, l'altrono, lo dici sempre che la chiave della vita é l'indipendenza. Prendi il coraggio a due mani e salta, metaforicamente e realmente, vai lontano, di risorse ne hai. Quando ti senti stanca e senza forze, rileggi questo post e vai avanti, sempre. Domani sarà sempre un giorno migliore.

venerdì 21 ottobre 2011

Shake me all night long

Camminare per ore, fino a consumare le scarpe. Ascoltare chi ti parla, cercare di concentrarsi, mentre ti dici "peccato pero'". Scoprire nuovi angoli di Londra, mentre cerchi qualcosa di vecchio e conosciuto. Guardare per ore il Tamigi, sentirne l'umidità mentre stai appoggiata ad un muretto, vederlo grande, accogliente, avvolgente. Tornare a casa tardi, stanca, un po' a pezzi, ma finalmente sobria, senza neanche una goccia di alcool in corpo, tanto lo sballo ce l'hai da sola nella tua testa o forse non c'é più niente per cui sballarsi o da negare o da dimenticare. Sentire la tristezza che bussa alla porta e non aprire, perché fingi di non essere in casa, anche se lei insiste per entrare e invaderti l'anima e la vita. Sapere di essere un po' alla frutta, ma decidere di ricominciare dall'antipasto, perché nella vita nessuno ti nega mai di ripassare dal via, come a monopoli. Fumarsi una sigaretta solo per scaricare la tensione, sentire il sapore che brucia in bocca e provare a rilassarsi. Non avere il tempo materiale per te stessa, per prenderti cura di te e del tuo benessere, per telefonare e fare gli auguri. Andare a ballare, scatenarsi, fregarsene di tutto e di tutti, un po' come se fossi nel salotto a casa tua. Respirare, si proprio respirare e andare a letto perché finalmente vuoi dormire, vuoi rilassarti, vuoi smettere di pensare, vuoi la tua pace e il tuo tempo. E chi se ne frega del disordine mentale e fisico!

Pollyanna non puo' andare a farsi fottere

Mi manca il salire su un tram e non sapere dove stai andando, ma sentirsi comunque sicura, perché hai quella città in tasca. Mi manca il solito "Bonjour, Bonne Journée, Bonne Merde" quotidiano, col sorriso sulla bocca. Mi manca il cinema di domenica mattina, dove c'eravamo solo io e te, come due vecchie che non hanno niente da fare. Mi mancano i nostri gelati da Capoue e le nostre passeggiate sugli stagni. Mi manca la libertà di uscire, girare, perdermi, ritrovandomi sempre. Mi mancano le mie pause midi da Filigrane, a leggere tutti i titoli dei libri, a guardare le guide delle città che vorrei visitare. Mi manca la luce del mio appartamento, la vista su Place Blyckaert, il passare le ore a guardare fuori. Mi mancano la mia cucina, i miei utensili, la mia fantasia e la gioia della condivisione. Mi manca la mia solitudine piena di amici. mi mancano le nostre telefonate e risate quotidiane. Mi mancano le pacche sulle spalle e il caffé alle dieci nella ribattezzata "Salle des fêtes". Mi manca il mio sonno, il mio addormentarmi ovunque, spesso sul mio divano. Mi mancano i mobili che ho messo insieme grazie agli amici che se sono andati e che mi hanno lasciato un ricordo. Mi mancano le foto, quelle che mi porto dietro per ricordarmi che ho un passato, che puo' essere bello. Mi mancano le mie collane di plastica, da abbinare quotidianamente, segno del mio essere un po' fofolle. Mi mancano i miei vestiti sul letto, quando li scelgo al mattino, le mie centinaia di scarpe ovunque. Mi manca la disponibilità di chi conta nella mia vita.

Tutto questo é andato, non lo faro' tornare. Ma come si dice, il faut mordre sur sa chique, andare avanti dimenticare. Bisogna fare il solito giochino che ho fatto per anni, quello di Pollyanna, quello dello stimare le cose che ho ora nel presente. Bisogna vivere e circoscrivere il momento presente, la tristezza passerà, l'amaro e il retrogusto anche. Sono prove della vita, anzi, questa non é niente rispetto ad altri problemi. Ho costruito una vita cosi', devo andare avanti. Il problema é crederci, ancora una volta.

giovedì 20 ottobre 2011

Confronti

Cieli: nebbiosi da non vedere la casa davanti, da sentire l'umidità che ti entra nelle ossa; nuvolosi, da non riuscire a distinguere l'estate dall'inverno, ma allo stesso tempo rassicuranti, come una coperta dove nascondersi dal freddo; blu, quasi trasparenti, quasi a tranquilizzarti a farti sentire serena, con qualche nuvola ad indicare che la perfezione non esiste.

Marciapiedi: grandi e spaziosi, nei quali pero' non c'é mai abbastanza posto, come se non ci fosse posto per te li', in quel momento, a quell'ora; disuguali, da inciamparci in continuazione, nella vita e nella testa, per sentirsi poi dire "ma tu hai mai imparato a camminare?"; lisci, uniformi, monotoni, fatti per pensare sempre alle stesse cose, mentre cammini, fingendo a te stessa di correre verso qualcosa.

Gente: arrogante e altezzosa, da evitare; ubriaconi ed eurocrati seduti allo stesso tavolo, per farci credere che l'Europa esiste; svitati e isterici, di corsa, alla ricerca del loro presunto Graal.

Rapporti umani: un disastro, a parte poche e minime eccezioni; amori e disamori, amicizie perenni e instantanee, delusioni e rammarichi, ma anche grandi passioni; rapporti mordi e fuggi, oggi ti vedo, domani non so, aspettative e poche certezze, a parte il tentativo di imparare a stare da soli.

Amori: inesistenti o quasi, per lo più celebrali; reali e concreti, a volte duri, durissimi, da sfiancare, da sfondare tutto per poi dover ricostruire me stessa da zero; assenti, non pervenuti, da pervenire, volere ma non potere.

Io: giovanissima e timidissima, impacciata e incapace di emergere e di esprimermi; in fieri, alla scoperta di me stessa e del mondo; in crisi, temporanea, pronta a ritornare in campo.

mercoledì 19 ottobre 2011

Tornare a Londra

Tornare a Londra significa ricominciare a incontrare ogni notte l'insonnia. Significa svegliarsi alle cinque, scendere in cucina a farsi un thé, sedersi sul solito divano a guardare fuori, anche se ora il cielo é nero, scuro, impenetrabile e senti il freddo nelle ossa. Significa anche sentire la nostalgia di casa, sentire la necessità di sedersi in cucina con una tazza di cioccolata calda a ridere e scherzare, per non pensare ad altro, intervallando le risate con qualche sospiro. Significa continuare a digerire questi mesi, lentamente, ma con la volontà netta di andare avanti e stare bene, prima di tutto con te stessa e la tua solitudine. Perché io conoscero' anche tanta gente, ma amo stare sola, camminare da sola, sedermi a pensare da sola, perché il mio cervello non si ferma mai, non smette mai di cercare, analizzare, porsi delle domande. Tornare a Londra significa avere voglia di tornare a cucinare, di fare una torta per sentire l'odore buono che il forno sprigiona, di comprarsi una teglia nuova perché le tue sono altrove, lontane, bloccate in una vita passata e da dimenticare per andare avanti. Tornare a Londra dopo solo quattro giorni per riaffermare che devi cambiare, non devi più lasciarti fare, devi affermare te stessa, la tua personalità, le tue scelte. Tornare a Londra significa anche cercare di tornare a dormire, lasciare i pensieri da parte, insieme ai battiti sconclusionati del tuo cuore, che tanto non capisce mai niente e va sempre nella direzione più sbagliata e più complicata. Tornare a Londra significa accettare gli altri per quello che sono, lasciare da parte le incomprensioni e camminare, prima di tutto da sola, per le strade di questa città, col sorriso sulla bocca. Perché questa é la mia vita, questa sono io, questa é come dico sempre, la mia chance per fare il grande salto. Quello dell'età adulta.

Silenzio

Oggi ti ho pensato tanto, tantissimo. Non so perché, normalmente ti evito anche nei miei pensieri. Forse perché fra pochi giorni compi gli anni, prova reale e tangibile che stai invecchiando. Mentri tu invecchi, io mi rassicuro, mi sento vicina alla fine di questo rapporto, inesistente, finto, lacerato. Sai, io e te non ci siamo mai parlati molto, il silenzio fra di noi é sempre stato presente nel nostro rapporto, fin da quando andavamo a camminare d'inverno da soli, di domenica pomeriggio, quando io ero ancora troppo piccola per parlare e per non perdonare. Non ci siamo mai parlati, ma ci siamo pero' forse voluti bene. Io si, te lo posso giurare, ti ho voluto un bene puro, assoluto. Per anni, ho cercato solo di stupirti, di renderti fiero di me, di mostrarti che stavo seguendo le tue orme. I bei voti servivano a quello, sai, ad attirare la tua attenzione, a sentirmi stimata da te, a farmi accettare tutto quello che mi dicevi e che mi bruciava. Ma tu sei andato avanti, hai superato ogni limite, hai continuato il tuo gioco. Io mi sono stancata, mi sono stancata di sentirmi dire quello che non ero, di vergognarmi per le tue colpe e i tuoi peccati, di dover sempre fare finta di niente, di aver paura e di scappare. Mi sono stancata cosi' tanto che ti ho escluso, ti ho cacciato, ti ho nascosto nell'armadio insieme ai vestiti che non metto più. Eppure sei sempre li', ogni volta che mi guardo allo specchio, ogni volta che dubito di me, ogni volta che sbaglio. Sei li' a ricordarmi quello che non mi hai dato, questa grande chance che abbiamo perso entrambi. Abbiamo perso affetto, complicità, condivisione. Hai perso l'occasione di vedere realmente chi sono e chi sono diventata, come mi sono ricostruita nonostante la tua lenta ma costante decostruzione. Abbiamo guadagnato chilometri fisici e metaforici di distanza, musi lunghi, ferite solo a tratti rimarginate, disillusioni e frustazioni. Prima della fine di questa sceneggiata che stiamo recitando da qualche anno, io e te, ti vorrei chiedere il perché di tutto questo. Vorrei sapere cosa ti ha spinto a comportarti cosi'. Ascolterei le tue spiegazioni, sai, forse le potrei anche capire. E poi vorrei che mi chiedessi perdono, più per le parole che mi hai detto che per altro. Vorrei che mi dicessi: "scusami, sono umano, ho sbagliato". Io tornerei a vivere, noi cominceremo a parlare. Ma questo forse non é per questa vita.

martedì 18 ottobre 2011

Quattro giorni

Quattro giorni andati, impacchettati, vissuti. Quattro giorni senza un pensiero, a parte uno, sempre fisso. Quattro giorni a cercare di riposarsi, con la stanchezza che non ti lascia anche se dormi tredici ore in una sola notte. Quattro giorni di isolamento, cercato, non voluto, non si capisce. Quattro giorni per fare il punto, senza sapere di cosa vuoi fare il punto. Quattro giorni per tornare a casa, se si puo' chiamare cosi' e capire che non hai capito niente e che forse hai fatto un errore di messa a fuoco, l'ennesimo. Quattro giorni col dubbio che forse sarebbe stato meglio andare a Bruxelles e salvare qualcosa che non sai come definire, a sostenere qualcuno che vuoi disperatamente aiutare e non sai se vuole essere aiutato. Quattro giorni a guardare distese d'erba e mare, a farsi schiaffeggiare dal vento, che ti accarezza rispetto ai veri schiaffi che ti sei già presa. Quattro giorni a riprendersi dopo aver visto una foto di qualcuno che non vuoi più vedere, a ripetersi gli sbagli fatti e da fare, a dirsi che quello li' ti ha segnata a fuoco e che ancora non l'hai dimenticato, nonostante tutto. Quattro giorni con un taccuino aperto davanti e una penna, ma nessun pensiero da scrivere. Quattro giorni cosi', volati nello sciacquone dello scarico, che cerchi disperatamente di afferrare con le dita, ma sai che sono già andati. Quattro giorni che si concludono con una serata, di merda direbbero i francesi, a maledire te stessa, il tuo cuore e il tuo cervello. Quattro giorni, cibo disordinato, brufoli nascenti, pensieri sconclusionati e una domanda fissa: "ma la mia vita, dove sta andando?". La risposta la conosci, lo sai, non ti ci volevano questi quattro giorni per capirlo. La risposta é semplice, sei tu alla guida della nave, sai tu quando fermarti e quando accellerare. Sai tu chi far salire per questo giro. Allora siediti e pensa, lascia da parte le tue paturnie e quelle degli altri, rifletti e chiediti: "ma tu, dove vuoi che vada la tua vita?"...risposta non pervenuta, elementare come sempre, ma da far pervenire a breve, per vivere e non sopravvivere.

venerdì 14 ottobre 2011

Ciao, volevo dirti...

Sai cosa ti direi se mi dicessi "Ciao, ho trovato altro"? Ti direi "segui la tua strada, segui il tuo cuore, ascolta le tue emozioni". Ti direi che ti vorrei tenere stretto a me, in uno di quegli abbracci che raramente ci saremo scambiati, ma non per bloccarti o limitarti, ma per farti crescere con me e forse un giorno con noi. Ti direi che vorrei il meglio per te e che se non fossi io il tuo meglio, non ti tratterrei a tutti i costi. Ti direi anche di guardare bene, di vedere come le nostre vite possono interagire, come i nostri sorrisi e le nostre chiacchere ci fanno stare meglio. Nessuno ti incatenerà, né ora né mai. Sarei triste se te ne andassi, so cosa si prova a vedere andare via qualcuno che fa parte della propria vita. Non te lo posso giurare, ma forse lo accetterei, per te, per il tuo bene. Accetterei mio malgrado la tua felicità, il tuo benessere. Forse ti darei un ultimo abbraccio, forte, o un bacio sulla fronte o una carezza sulla tua pelle morbida e mi congederei da te. Ma mi porterei dietro tutto quello che abbiamo vissuto, nonostante la delusione e la sofferenza del momento. Pero' se potessi, ti consiglierei di starmi vicino, di camminare ancora un po' con me per i sentieri delle nostre vite, col sorriso e l'ironia di sempre. Perché con te so essere una persona migliore, perché con te so sorridere, perché con te so essere me stessa. perché con te sono Francesca, niente da aggiungere o modificare.

mercoledì 12 ottobre 2011

Tu come stai?

Se mi chiedessi come sto ti direi sbrigativamente bene. Te lo direi per tagliare corto, per non andare nei particolari, per non farti vedere niente di me, per non sbilanciarmi. Se poi riuscissi ad aprirmi di più ti direi, benissimo, e lo sai perché? Perché ho l'impressione di non aver mai vissuto e pensato come in questi mesi, ho l'impressione di avere un vulcano al posto del cuore e della testa. Non é facile questa nuova vita, a momenti é durissima, in altri dolcissima. Durissima come tutti gli schiaffi metaforici che ricevo ogni giorno, gli sguardi pesanti di alcune persone, le delusioni che mi attraversano l'anima e che passano velocemente, portate via dal vento che non mi abbandona mai. Dolcissima come un abbraccio inaspettato, che arriva all'improvviso, due braccia grandi e forti che mi abbracciano da dietro a sorpresa, senza neanche stringermi. Quelle braccia per un momento non mi fanno volare via col vento, mi bloccano a terra, mi fanno restare qui, accettare la nuova realtà. Quelle braccia mi fanno dire che sto benissimo, mai stata meglio.

lunedì 10 ottobre 2011

Bruxelles, ma belle

Bruxelles, ma belle. Cosi' mi viene di chiamarti, queste sono le parole che mi salgono alla bocca quando penso a te. Sei stata un'esperienza di crescita, une éducation sentimentale per me. Sei stata la città del cercare di creare, di rinascere, di ricominciare da capo, per dimenticare il passato. E' stato li' che ho capito che i fantasmi non vanno chiusi nell'armadio, ma affrontati, sconfitti, giorno dopo giorno. Sei stata una tazza di assenzio, un lungo respiro durato anni. Me ne sono resa conto tornando a camminare per le tue strade, quelle strade che conosco ad occhi chiusi, ho capito che ho vissuto lunghi anni in apnea, non per costrizione, ma perché non avevo bisogno di respirare. Sei stata la prima città di cui ho imparato i nomi delle strade a memoria, di cui so disegnare la cartina mentalmente, senza esitazioni. Ho vissuto delusioni e illusioni in questi anni, le prime insignificanti rispetto alle seconde. Sei stata la città in cui ho capito che potevo valere qualcosa, in cui ho imparato a mostrarmi per quella che sono veramente. Mi hai insegnato ad aprire il mio cuore, ad ascoltarlo, a non avere paura dei sentimenti. Mi hai aiutato a trovare il coraggio di sedermi di fronte ad un estraneo per raccontare, parlare e lenire le mie ferite e per trovare la forza di perdonare ed andare avanti. Tutto questo l'ho impacchettato e chiuso in dodici metri cubi di spazio, anche se mentalmente l'ho portato con me. Ora aspetto di trasportarlo fisicamente nella mia nuova casa e nella mia nuova vita. Forse un giorno avro' veramente una mia casa, con le mie cornici, i ricordi, i miei utensili da cucina, i soprammobili che ricordano qualcuno e qualcosa, i miei libri, da sfogliare ogni tanto per rileggere una frase. Un giorno tutto questo avrà un posto fisico, un rifugio per loro e per me. Un giorno anche io piantero' le mie rose come quelle trasportate nei vasi dei romanzi dell'Allende, le piantero' in un posto dove decidero' di restare e di costruire in pianta stabile una nuova vita. Forse non sarai tu, Bruxelles, la prescelta, ma non importa. Tu sei stata parte della mia vita, della mia crescita. Non sei un luogo, ma un pezzo di vita, condito di amicizie, amori, risate, cieli grigi e giornate di canicola. Sei stata il passaggio dalla giovinezza alla vita adulta. Non me lo dimentichero', come una zingara, ti portero' dietro, con me, insieme ai miei dodici metri cubi di vita vissuta, assaporata e gustata.

domenica 9 ottobre 2011

Contatti

Sfiorare la mano di uno sconosciuto nella metro, perché sei tanto assonnata che fai fatica a stare in piedi. Cercare affannosamente il bottone della sveglia, per restare ancora un po' nella culla calda dei sogni. Frugare nella borsa per cercare la carta d'identità che é il laissez-passer per la tua vecchia vita, nel continente. Sfiorarsi la pelle, alla ricerca intimorita e timida delle rughe nascenti. Sistemarsi gli occhiali sul naso, anche se senza di loro forse vedresti meno confuso e sfocato. Cercare la tua pelle, sentire metaforicamente la tua barba, quasi a ricordarmi mentre mi graffia nel pensiero che esiste sempre la possibilità di risalire. La penna che scrive sul foglio, per codificare e rendere reali i miei sentimenti e mi fa sentire meglio. Salire su un treno, toccare il velluto del sedile, sentire la gioia del tornare, tenendo presente che ora la mia vita é altrove e che devo lasciare andare quella passata. Abbracciare amici, ex-colleghi, vecchi e profondi amori. Guardare te, che sei stato il primo vero amore e capire che abbiamo costruito tanto e che anche se l'amore é tramontato resta un affetto grande e puro. Sfiorare con i polpastrelli ilmio vecchio campanello e notare che senza il mio nome é più bello. Prendere due, dieci, venti vite e metterle a contatto, far nascere amicizie che il tempo non sfiorisce, amori non svelati ma intensi, costretti a trasformarsi in stima e affetto. Entrare in contatto con il proprio cuore, cercare di ascoltarlo e capirlo. Dirgli che c'é ancora tanta strada da fare, battiti da pulsare, lagami da rendere solidi, contatti da stabilire e mantenere. A vita.

Parole sfuggite o fuggite di nascosto

Ci sono delle parole che sfuggono, senza volerlo scappano fuori dalla bocca e dal cuore. Sono parole vere, che confermano sentimenti accennati e sussurrati, a cui stenti a credere fino a quando un bel giorno ti si palesano davanti. Sono parole timide, che si vergognano di se stesse, che si vorrebbero nascondere e che poi esplodono, lasciando senza parole te e chi ti é vicino. Succede cosi', al cuore non si comanda né ci si puo' imporre sul cuore, sono parole che vanno accettate e integrate, fa parte del processo di crescita, delle sfide quotidiane che ogni giorno dobbiamo accettare e portare avanti.

Sono parole che quando ti sfuggono ti fanno vergognare, ma ti fanno anche sentire meglio, ti senti l'anima leggera, come se ti fossi tolta un peso dalla coscienza. Ora é tutto chiaro, limpido, ora non ci sono mezze frasi, secondi e terzi sensi. Il problema é che queste parole sono pesanti, difficili da condividere, da far accettare. Sono il segno di una fiducia cieca nell'altro, di una spregiudicatezza senza confini, della volontà di vivere di un fiato. Perché la vertigine non é paura di cadere, ma voglia di volare. Si', di volare lontano, in alto, nel cielo blu con poche nuvole, sereno, anzi serenissimo.

mercoledì 5 ottobre 2011

Il vento del Nord

Aprire il proprio salotto, spalancare le finestre, fare entrare una ventata di aria fresca. Ecco che cosa ho fatto. Il vento del Nord ha portato freschezza, ha destato il mio animo assopito, catturato da una finta tristezza. Ancora una volta, ho avuto la conferma che la vita é nelle mie mani, che ci sono occasioni e incontri unici, come questi.

Domani prendero' di nuovo la mia valigia, sporca e rotta, ritornero' sul continente, mettero' una breve pausa a questo isolamento. Assaporero' il sapore del passato, rivedro' volti cari, sorridero' di nuovo, ma cerchero' di lasciare da parte la nostalgia e di assaporare il presente.

Questa é la mia occasione per crescere e maturare, per continuare e forse portare a termine un cammino iniziato tanti anni fa, per costruire una Francesca forte, indipendente. Forse quella mano che cerco di afferrare é un po' come quando da bambine ti chiedevo di darmi la mano prima di addormentarmi. E' la mano della sicurezza, del consiglio, dell'approvazione.

Dopo tutto questo posso tornare a dormire sicura e serena, l'aria é cambiata, non ho più segreti. La strada é lunga, ma io ho le forze per percorrerla. Devo solo spalancare le finestre del mio cuore, fare uscire la tristezza e lasciare posto alla vita. E cosi' sia.

martedì 4 ottobre 2011

Let the rain come down

Come ho passato questi due ultimi mesi? camminando e pensando, ammirando, scoprendo e sorprendendomi. Sorprendedomi a pensare e trovare bella una nuova realtà, scoprendo posti finti e reali, accomodandomi su divani altrui, virtuali e concreti. Sono i mesi in cui ho scritto di più, in cui il mio cuore ha battutto più forte di prima, mesi di crescita, mi dico fra me e me, ma anche di difficoltà. Ho avuto un paracadute sulle mie spalle, per non farmi male nella caduta. Ho trovato supporto, inaspettato, e affetto che mi ha sorpreso.

Anche stasera ho camminato tanto, ho rimirato un cielo che ti avrei voluto far notare, mi sono fermata su un ponte a guardare il Tamigi, grande, nero, avvolgente. Ho pensato che forse sprofondare li' dentro sarebbe più facile che affrontare ogni giorno questa realtà, con l'insoddisfazione, la frustrazione e il senso di inadeguatezza che mi porto dentro. Ho pensato al sonno che ho perso, insieme ad una vita, che forse non ha niente da rimpiangere con quella che ho ora e che avro'. Ho capito che bisogna sempre andare avanti, guardarsi indietro solo per vedere quanta strada si é fatta. Ho capito che é andata come é andata, che non sono stata una perdente o una debole perché ti ho fatto spadroneggiare quanto e come hai voluto. E' stato solo perché ero troppo stanca e affaticata, avevo troppe pietre sul mio cuore, che mi pesavano, mi opprimevano. Ho parlato e condiviso troppo poco, sono stata troppo fiera di me stessa per chiedere aiuto.

Ora devo accettare tutto questo, digerirlo. Cosi' tornerà anche il sonno e la serenità, l'accettazione di me stessa e sapro' soprattutto godermi quanto ho fatto. Forse sapro' anche accettare di nuovo di amare e essere amata, senza vivere una tragedia emotiva. Sapro' andare su quel ponte, guardare il Tamigi e poi alzare lo sguardo in alto, per rimirare le stelle. Quelle si che saranno accoglienti.

lunedì 3 ottobre 2011

Il bene a tempo indeterminato

Camminare lentamente per strada, sentire i propri passi, i propri pensieri. Ripensare a quello che ci siamo detti durante quei dieci minuti che poi diventano ore. Lasciare il continente, una vita, una casa, un po' di amici e trasferirsi, arrivare a 31 anni per scoprire certe cose, per capire un po' di me stessa attraverso le tue parole. A momenti mi chiedo come abbia fatto, io, Francesca, a vivere, a non conoscere e scoprire certe cose solo ora, come l'affetto o il bene a tempo indeterminato, la condivisione, la disponibilità. Ecco cosa ho trovato in te: un silenzio che é pieno di parole, anzi un silenzio che prepara alla riflessione e allo scambio, ore di dialogo, di condivisione di momenti di vita per farti conoscere un po' più di me, senza paura di farti vedere qualcosa che non ti piace. Capire che il mio famoso salotto non é solo mentale, ma anche fisico, lo posso costruire nella realtà, lo sto costruendo grazie a te. In questo salotto fisico e reale forse possiamo anche limare le mie asprezze, smantellare i miei dubbi e le mie finte credenze, sorridere e lasciare andare via il passato, senza sotterrarlo, ma piuttosto superandolo, posso addirittura imparare ad accettarmi e a non dubitare di me. Cosa dire? Grazie per questo bene a tempo indeterminato, come lo definisci tu, grazie per la pazienza, per l'ascolto, per smantellare e negare le mie finte certezze. Grazie per quella mano che silenziosamente mi accompagna per le strade di questa città e per quelle della vita.


sabato 1 ottobre 2011

La valigia con le rotelle

Svegliarsi al mattino con la voglia di scrivere, di raccontare, di pensare e riflettere. Svegliarsi per codificare i propri pensieri, perché scriverli li fa sembrare veri e fanno meno paura. Scriverli per capire che c'é del positivo, del bene, insito segretamente in noi e nelle persone che incontriamo. Scrivere mi serve a capire che il peso del cambiamento puo' essere condiviso, a volte lasciato da parte, trasformato in un tesoro. Questo é il mio tesoro: é la seconda possibilità che mi é stata data, per capirmi e rendermi una persona più forte.

Ho quasi l'impressione di aver vissuto più qui in due mesi, che nella mia vita. Io, qui, da sola, straniera in una terra diversa, un'isola non solo geograficamente parlando, ma anche mentalmente, un altro mondo. Quante volte quando cammino per strada mi sento come un extraterrestre, fatico a pensare e a capire. Non é una questione linguistica, é sentirsi un alieno, cercando un appiglio a cui aggrapparsi per non cadere. Allo stesso tempo, questo é il momento della crescita, del grande salto. E' il momento in cui persone sconosciute mi invitano a credere in me stessa, a non cedere, ad andare avanti. E' il momento in cui capisco che l'appiglio sono io, sono le mie forze, la mia capacità di andare avanti, di voltare pagina, anche se ogni tanto torno a rileggere le pagine del passato.

So che ci sarà un giorno in cui smettero' di essere un'aliena e mi sentiro' un po' morire quando lascero' questa isola. Un'isola reale e metaforica, un'area protetta, l'isola delle possibilità, della chance, direbbero i francesi, sulla quale ricostruire una vita, fisicamente e mentalmente. Inizio a costruire quel momento, la vita é come una valigia, la riempi, la svuoti e la riempi di nuovo, di sentimenti, paure, esperienze belle e brutte. Che il viaggio cominci. Non lo dite a nessuno, ma é già iniziato, tanto tempo fa. E allora c'é solo da andare avanti, tanto questa valigia ha le rotelle!

giovedì 29 settembre 2011

L'augurio più bello

Ecco cosa ti auguro: ti auguro di essere il prodotto di anni di lavoro su te stessa per diventare forte. Ti auguro di crescere assaporando la vita giorno per giorno, con le sue gioie e le sue tristezze. Ricorda che i momenti felici forse non saranno la maggior parte, ma saranno intensi e varranno più delle tue tristezze. Vivi con saggezza, ma sperimenta, lasciati andare. Vivi i tuoi sentimenti, non avere paura, ma lavora sempre su te stessa. Sii una fortezza, un castello dalle mura alte e poderose, ma sappi aprire il tuo cuore alla generosità e all'amore. Fai tesoro della tua vita, di ogni esperienza che vivrai. Custodisci i momenti che ti hanno marcato in un cassetto speciale, da aprire ogni tanto per ricordare e sentirne l'odore. Perdona, perché il perdono é l'amore più grande, é quello della conferma. Portare risentimento farebbe soffrire solo te. Condividi pur mantenendoti uno spazio segreto, come faccio io scrivendoti qui. Non ti sottovalutare mai, io l'ho fatto troppe volte ed ho sbagliato. Piuttosto concentrati sulle tue forze, fai una stima delle tue capacità e vai sempre oltre, perché hai un tesoro dentro di te. Tutti lo abbiamo, ma alcuni non lo sanno vedere. Innamorati e non avere paura di farti male. Anche in una delusione c'é tanto amore. Sei figlia dell'amore, ti abbiamo voluta e desiderata. Sei la figlia non solo dei tuoi genitori, ma di un'intera famiglia, la nostra. Hai portato la pace nonostante le asprezze, hai fatto dimenticare il dolore e l'amarezza. Sei la terza sorella, il segno che c'é un futuro, una possibilità, una svolta. So che sarai una grande donna, sarai la tradizione e il cambiamento. Vivi, piccola Anna, impara dalle nostre e dalle tue esperienze. Cammina da sola, noi senza dirtelo, ti prenderemo in braccio nei momenti difficili. Ma ricorda che l'amore é la luce di quei momenti. Seguilo, non ti fermare. E' quella luce, che risplende silenziosa dentro di te.

sabato 24 settembre 2011

You don't need to ask for more

Quasi a confortarmi, ogni tanto arrivano questi giorni memorabili. Ieri é stato uno di questi, come per confortarmi dai miei dubbi e incertezze. Proprio ieri, il giorno in cui ti avrei voluto stare vicina e ho dovuto invece fare finta che fosse un giorno normale, fare finta di averti dimenticato, io sono stata bene, anzi benissimo. Anche il passato ieri sera era vestito a festa, era accettabile, lo potevo prendere sotto braccio, come un amico. Guardandomi intorno ho ringraziato per tutto quello che ho, per la mia vita, le miei piccole gioie quotidiane. E la giornata si é conclusa con una lunga chiaccherata, al cancello, in piedi. Una lunga chiaccherata, delle nostre, in cui ci raccontiamo un po' di vita, un po' di pettegolezzi, un po' di credenze e speranze. Quelle chiaccherate che non riusciamo a far smettere, che continuano per ore, quasi a recuperare tutti i nostri silenzi. Non posso chiedere altro, non ho bisogno di farlo.

giovedì 22 settembre 2011

Cosa senza le quali non potrei vivere (elenco n. 1)

Le mani dolci di una bimba. Il tuo spacco fra i denti. Il tuo profumo che mi rassicura. Le risate che ci facciamo insieme, quando ci vediamo.

Scegliere

Scegliere é un po' come salire su un treno, abbandonarsi sul sedile, mentre si guarda fuori. Scegliere é essere il protagonista e farsi portare allo stesso tempo. Sono salita su un treno, mi sono imposta di non scendere, di stare seduta, educatamente composta. Mi sono imposta di non ripensare a niente, ma di andare avanti, di guardare fuori ed apprezzare il panorama, anche se non mi piace. Ora devo solo capire a quale fermata scendere, se scendere, fino a dove posso resistere. Vorrei dirti sali su questo treno e accompagnami, non posso fare questa traversata da sola. Potrai scendere quando vuoi e tornare ai tuoi obblighi, ma non mi lasciare sola, non questa volta. Cerca di capire, di starmi vicino, é il momento. Scegli, scegli me, anche se solo per un tratto. Scegli perché io ti ho scelto e ti voglio tenere stretto a me. Anche se sei lontano, lontanissimo.

martedì 20 settembre 2011

La verità prima di tutto per favore

La verità va detta. Va detto e accettato che non é un bel periodo, che non mi sento bene. Va detto che sono a pezzi, psicologicamente parlando. A pezzi perché ho sopportato troppo, perché ho cercato troppo di ottenere qualcosa che non potevo avere, perché ho cercato di far credere a me stessa di riuscire a fare tutto da sola, senza chiedere aiuto. Va detto che mi sono imposta di essere forte, di non piangere quasi mai, di fare la brillante, la simpatica, quella che é sempre felice. E cosi' ora ho problemi a stare in piedi, mi trascino con un sacco di lacrime secche sul cuore. Ci sono momenti di lucidità, in cui mi dico che dovrei essere diversa, che dovrei mettere me prima di tutto, smettere di pensare e vivere serenamente. Ci provo, ma alla fine cedo, tristemente.

La soluzione sarebbe accettare la verità, per quella che é. Accettare di essere fatta cosi', di avere dei limiti, di sbagliare. Facile a dirsi, difficile da farsi. E quasi più facile trascinarsi col sacco di lacrime rotte sul cuore. Triste ma vero.