venerdì 30 novembre 2012

Tu m'as manqué tellement tellement

Ti ho allontanato io. Ti ho tagliato fuori io dalla mia vita, forse perché non ero pronta, forse perché tu hai mentito. Eppure, il caso ci ha fatto ritrovare in un tardo pomeriggio invernale, nel buio della mia Londra, nel freddo dello Strand. Il destino, é stato il destino sai, qui io non incontro mai nessuno, questa città é troppo grande, nasconde le persone, con le loro anime. Qualche parola di cortesia, piccole frasi, niente di piú. Un po' di imbarazzo, le tue scuse, la mia reticenza. Io che ti dico "sometimes, it can't work", come per tagliare corto, come per chiudere e non riaprire un capitolo passato, archiviato. E aggiungo che possiamo provare a essere amici, lo dico cosí, per togliermi un peso dal cuore, per aprire uno spiraglio, per farti tornare nella mia vita, ma sulla punta dei piedi. E aggiungo "forse come amici funzioniamo bene, ci sono meno aspettative, non siamo stati cosí vicini da avere il tempo di rovinare tutto". E ti saluto, torno alla mia corsa quotidiana.
Stanotte mi hai chiamato. Lo sapevo, ancora una volta. Sapevo che mi avresti chiamato perché ho visto i tuoi occhi, ho sentito le tue mani che mi stringevano il braccio mentre ti salutavo, come per dirmi "resta, non andare". Non ho risposto, non posso. Non voglio. Un amico non chiama di notte. Ma mentre il cellulare lampeggiava nel buio della mia stanza e dei miei pensieri, ho ripensato a quella canzone che recita "tu m'as manqué tellement tellement, je n'aurais jamais cru autant". Si, mi sei mancato. Ma forse quello che mi é mancato ancora una volta é stata l'idea di costruire qualcosa insieme, un futuro, un progetto comune. Non so, mio caro, ho come sempre bisogno di tempo, di tempo per pensare, per capire. Ma ti do' una chance, quella di tornare senza far troppo rumore, senza occupare spazio, nel salotto dei miei affetti. Il salotto sí, la mia espressione preferita. Che ora torno ad usare.   

giovedì 29 novembre 2012

A girly day

C'é una canzone degli anni 80 alla quale mi sono ispirata in questi miei mesi londinesi, che recita "girls just want to have fun". Oggi, l'abbiamo applicata alla lettera. Ci siamo prese un pomeriggio per noi, ci siamo rilassate ai bordi di una piscina di un posto molto posh, ti ho vista finalmente sorridere e anche io mi sono rilassata. Ti ho raccontato le ultime novità, tu le tue. Abbiamo tirato su gli occhi al cielo mentre parlavamo delle nostre ultime disavventure, degli uomini sepolti che risorgono, di quelli ancora non sepolti ma da non far risorgere, dei coinquilini belli e dannati e delle amiche che vorrebbero allegramente portarci sull'isola di Lesbo. Molta superficialità, si, ma necessaria, per staccare la spina e respirare. En pure bonheur.
Mentre tornavo a casa e sentivo il rumore dei miei tacchi sul marciapiede, nel buio delle strade di Pimlico, pensavo che questo é quello che mi piace di te, del nostro rapporto, di questa città. Mi piace delle volte dimenticare, anche per un attimo, voltare la pagina, immaginare un mondo diverso, comme ça, dans l'insouciance. Parce qu'il faut, de temps en temps.

martedì 27 novembre 2012

No regrets

Sapevo che saresti tornato. Sapevo che dopo essere stato a Praga saresti tornato alla carica. C'é chi mi ha detto "eh si, tu sai sempre tutto" con tono ironico, ma stavolta lo sapevo. Quando ho aperto la mail, sapevo che ci saresti stato tu fra i destinatari delle e-mail.
Tu, non sei stato niente. Un momento di evasione, un tentativo di non pensare, niente di più. Eppure ci sono rimasta male, perché un po' ci avevo sperato. Avevo sperato nella svolta, non in te, ma in quello che tu potevi rappresentare. Ho passato il weekend a parlare di te agli amici, a spiegare, a dire "non é andata ed é meglio cosi", a dire che non valevi poi cosi' tanto per me. E poi una mail mi ha mandato in crisi. Mi ha mandato in crisi leggere di una richiesta di spiegazioni, di una seconda chance, di un malinteso.  
Eppure ho risposto dura, determinata, non ho lasciato spazio ai dubbi o ai malintesi. Anche se poi, ogni giorno, penso alla prima volta in cui mi sono lasciata andare tra le tue braccia e mi sono sentita bene, felice, serena. Il potere dell'autoconvincimento, taglio corto nei miei pensieri. E cerco di andare avanti. Si, lascia stare mi dico. Si, c'é altro più in là. E per ora ci sei tu, accontentati. No regrets, non ne vale la pena. Ora il punto é convincersi. Si, autoconvincersi.

Un abbraccio

Ho capito. Ho impiegato tanto a capire, ma ci sono arrivata. Dopo il weekend bruxellese, ho capito che quello che mi manca di Bruxelles sono si' gli amici, ma non solo. Quello che mi manca sono gli abbracci. A Bruxelles io abbraccio e io vengo abbracciata. A Bruxelles nessuno mi scansa o si tira indietro. A Bruxelles io mi fondo col mondo, con il mio mondo, con i miei affetti, con il mio cuore. A Bruxelles sento mani che mi stringono forte, mi perdo in occhi che mi dicono resta o torna, sento dirmi non ti preoccupare, ça va aller. A Bruxelles fa un freddo cane, ma io non ho mai freddo e so il perché.
E poi sono tornata a Londra, nella mia Londra. E già nella metro sentivo freddo, mi battevano i denti per strada. Apro la porta di casa e ti trovo li' in cucina. E tu cosa fai? Mi prendi fra le tue braccia e mi stringi, cosi' all'improvviso. E quell'abbraccio mi é piaciuto, mi ha scaldato, mi ha fatto sentire a casa.
In quell'abbraccio, ho ritrovato un po' della mia Bruxelles. In quell'abbraccio, Londra e Bruxelles sono diventate la stessa cosa. Grazie per aver eliminato la distanza, anche solo per pochi secondi. Grazie perché mi sono sentita a casa. Li', in cucina, fra le tue braccia.


domenica 25 novembre 2012

venerdì 23 novembre 2012

Prove di esaurimento

Sono esaurita. Ne ho le prove. Chiare e certe davanti a me. Quali?
1. Nel giro di tre giorni, tre persone mi hanno consigliato di andare a parlare con qualcuno, perché pare versi in uno stato confusionale acuto. Forse questo non é proprio esaurimento, forse sono problemi mentali o non so cosa, ma il ricorrere del consiglio mi ha fatto pensare.
2. Stamattina esco per andare al lavoro. Faccio presto per fare un pezzo di strada col mio coinquilino bello e dolce e tutta felice mi incammino. Arrivata in ufficio mi rendo conto che: non ho il cellulare, non ho il passaporto (e stasera devo prendere l'Eurostar) e l'orologio al polso. A pranzo sono dovuta miseramente tornare a casa a recuperare gli oggetti mancanti.
3. In previsione del mio viaggetto da finesettimana vado a comprare un regalo per la figlia di un amico. E mi é successo il seguente:
Cerca qualcosa?
Si, un vestito per una neonata.
Si, quanti mesi ha?
...
Scusi, quanti mesi ha la sua bambina?
Non é la mia bambina. E sinceramente non mi ricordo quanto abbia.
Ma come non si ricorda?
Deve essere nata fra giugno e ora, ma non mi ricordo quando il mio amico mi ha dato la notizia.
E' un po' difficile allora trovate un vestito se non sappiamo quanti mesi abbia la neonata.
(Panico) guardi, se non le dispiace, io comprerei la palla di gomma!
Tutti questi sogni segni evidenti del mio esaurimento. Vediamo se in un weekend mi passano.  

giovedì 22 novembre 2012

Ci fai o ci sei?

Mi é proprio scappato. Non sono riuscita a contenermi. Quando mi hai detto "ci facciamo un cinemino lumière?", io non ho capito proprio piú niente. E cosí con la schiettezza nel cuore ti ho risposto: "ci fai o ci sei, mio caro? lo fai per darmi la terza buca?Stavolta magari mi chiami tre minuti prima dell'appuntamento, visto che le altre volte hai disdetto mezz'ora prima?". Tu sei rimasto in silenzio, io mi sono vergognata per quanto detto. Mi sono scusata con "scusa, non é un gran periodo, vorrei starmene un po' da sola".
Quello che é successo oggi é il frutto di mesi di frustrazione. La colpa non ce l'hai tu, povero malcapitato, ma gli incontri di questi ultimi mesi. Ora sono arrivata. Ora sento che non ho forze, che non posso provarci di nuovo. Ora sento che il mio cuore é silenzioso. Ora voglio stare con me stessa, tanto in coppia non funziono. Quindi niente cinemino, drinkino, cenino. Niente. Ora io sono, non faccio. Ora io telefono e disdico mezz'ora prima. E sai cosa? chissenefrega!

Nausea e assenza di stomaco

Qualcuno mi puo' ridare lo stomaco? Mi succede di perderlo. Ogni tanto lo smarrisco. Giro per questa Londra fredda con un buco nella pancia e la nausea perenne in bocca. Come si fa a ritrovarlo? devo superare me stessa, i miei sentimenti, i miei desideri. Devo accettare la realtà. Che noia, penso. Sono sedici mesi che mi ripeto la stessa cosa. Ma quando lo cambio questo ritornello?
Oggi vorrei ritrovare il mio stomaco.
Oggi vorrei non incontrare neanche un euroscettico.
Oggi vorrei che la mia capa capisse e non mi guardasse come un extraterrestre quando parlo.
Oggi vorrei divertirmi, quando saro' contornata da questi artisti matti.
Oggi vorrei non pensare sempre e solo a quello che non é stato.
Oggi vorrei preparare la valigia e sentirmi contenta, felice, leggera perché lo posso essere.
Oggi vorrei fare spallucce, girare i tacchi senza avere rimorsi.
Proviamoci, mi dico, mentre guardo il buco nero nella mia pancia. Mmm, non inizia bene. Ma non ho altra scelta.


martedì 20 novembre 2012

Due amiche, la mia Londra

 
 



 




Due amiche, una musica rasserenante di sottofondo, libri, parole, sentimenti, lacrime amare e sorrisi di zucchero. Questo é stato il mio weekend. Per ritrovare la luce e lasciare il buio. Mentre mi uccidi l'anima: http://www.youtube.com/watch?v=2mCVTDfcUSs


 


Cercare il pulsante a tentoni

Ci deve essere un pulsante, ne sono sicura. Un pulsante per stoppare i pensieri, belli e brutti. Un pulsante per dimenticare. Dimenticare da dove vieni, dove vai, cosa é successo, cosa farai. Ci deve essere. Lo troveró nel buio di questa città, nel buio dei pensieri, nel buio di questo momento. I pensieri se ne vanno, le parole si codificano sui quadernini, al plurale, perché sono diventati due, come mi hai consigliato tu. Uno per le cose belle, uno per i ricordi brutti e tristi che mi hai lasciato tu.
Perché delle volte lasciare o essere lasciata significa vincere. Significa respirare e tornare a vivere. Al sole. Con la mano lontana sul pulsante, perché il pulsante non ti serve piú. Stop. 

lunedì 19 novembre 2012

Post vecchi: Ma tapisserie

Siamo qui per un motivo noi. Me lo dico, me lo ripeto. Mi sorprendo mentre lo dico. Ma é quello che penso, quello che spero. Tu es ma tapisserie, mon chéri. Tu l'es, mais tu n'en ai pas conscient. Forse lo capirai, forse no. Forse non sei nient'altro che un altro della lunga serie, un altro da dimenticatoio. Ma il mio istinto, un po' bisfrattato, mi dice altro. Mi ripete che ci resterai dans ma tapisserie. Fondamentalmente siamo qui per un motivo, noi. O no?
(Dal quadernino di appunti di viaggio e di pensieri)

Post vecchi: Tu

Tu sei il mio amore, il mio tesoro, il mio Nord e il mio Sud. Tu sei il mio cuore che batte, i miei sorrisi. A volte sei la mia tristezza, le mie lacrime. Tu sei la mia dolcezza, la morbidezza. Tu sei quello che io vorrei chiamare futuro. La realtà, triste e grigia, lasciamola da parte.
(Dal quadernino di appunti di viaggio e di pensieri)

Scusate, mi é sfuggito il cuore

Scusate, mi é sfuggito il cuore. Mi é caduto dal petto e si é frantumato per terra. Si, proprio su un triste marciapiede inglese. Penso di averlo perso dalle parti del quartiere francese, ma non ne sono sicura. Forse lí mi si é solo staccato e poi mi é rimasto a penzoloni per tutto il weekend, fino a perderlo del tutto sulle strade della mia Londra, in un mattino di sole, di strano sole pre-invernale. Ma non ne sono del tutto sicura.
Non lo posso rincerottare di nuovo. Lui per primo non vuole. Non penso di poterne ordinare uno nuovo, non esiste un posto dove comprarne uno. Ah, si ecco cos'é successo. L'ho perso lí, mentre bevevo un thé au jasmin con la mia amica e davanti avevo Saint Paul e il tramonto. Lí, mentre raccontavo, lui se ne é andato. Lo capisco. Anche io non ne posso piú.
Ora se lo trovate, non me lo riportate. Lasciatelo dov'é. E' meglio se resta un po' staccato da me. Combina solo guai quel cuore, non é mio. O meglio lo é, ma mi fa male. Brucia nel mio petto peggio di un fuoco estivo, di quelli che scoppiano improvvisi nei paesi del Sud dell'Europa. E le lacrime non spengono quel fuoco, anzi, lo alimentano.
Ecco, insomma, tenetevelo. Magari cosí io mi sentiró un po' meglio. Io saró senza cuore. Senza emozioni, senza sentimenti. Finalmente, sará finita. La fase del dolore.

sabato 17 novembre 2012

Thé n.25 (di nuovo)

Oggi mi sono svegliata e non va. Strano, eh? chi mi legge sa che non va da un bel po'. Forse non é mai andata ora che ci penso. Oggi come un anno fa ho un thé n.25 davanti, il so-called thé di Natale. Ci ho scritto un post su questo thé un anno fa. Un post pieno di tristezza. Oggi sono triste di nuovo. Nel mio stomaco la vodka si mescola al vino bianco e rosso di ieri sera e non é una sensazione piacevole. Negli occhi ho quello che non avrei dovuto e voluto vedere. Sulle mani la sensazione della tua pelle che mi porta a casa, perché non ci sarei arrivata da sola anche se pateticamente mi ripeto che so badare a me stessa, perché l'ho fatto quando tu non c'eri, quando ti avevo perso, quando ti avevo allontanato. Sul pc la presentazione, ancora un'altra, stavolta per i professoroni o professorini, perché devo andare a raccontare due cavolate sul cambiamento climatico e su tutto il bene che noi facciamo al mondo, noi si, cioé quelli per cui lavoro. Io gli vorrei dire che siamo condannati, forse non noi, forse i nostri figli, forse i nostri nipoti, ma non posso. Devo vendere i nostri meriti, tutto quello che facciamo per salvare e annegare ancora di più l'umanità.
Bisogna andare avanti, mi dico, non pensare, guardare avanti, determinazione ecco quello che ci vuole, mi ripeto. Tutto passa, lo sappiamo, ma quando sei nel mentre, senti le spine che ti si attorcigliano strette addosso. Ti pungono, ti fanno male. Eppure sei li', col sorriso di plastica, perché non si puo' fare nient'altro.
Oggi arriva la tua amica. Oggi mettete su i Marlene Kuntz, fai un thé, vi sedete una di fronte all'altra e lasciate i sentimenti parlare. Oggi vi medicate a vicenda le ferite, oggi vi consigliate a vicenda le via di uscita. Cosi', a fior di pelle, come nella canzone: http://www.youtube.com/watch?feature=endscreen&NR=1&v=T76cnOmfcX0. 

giovedì 15 novembre 2012

Wish You Were Here

La reunion. 5 ex compagni di università. 5 ex compagni di corse in bicicletta per le strade minuscole di Forlí, di serate passate alle Valverde a studiare o fare finta di, 5 ex compagni di ci incontriamo comunque e ovunque, tra l'A&O, la Coop, la copisteria, l'Oltremodo o l'X-Ray. Una bella serata, un bel posto, tutti grandi, tutti cambiati. Un padre, due gioiosi, una vamp e una che sono io e che non so neanche come definire. Una bellissima serata, forse anche grazie ai tre cocktails (sono lontani i tempi di una corona e non piú perché non ho i soldi dell'università) e le due tequila che ci siamo sparati una dopo l'altra, sguardi profondi, discorsi fatti e rifatti, ricordi, parole dette e ridette, abbracci e mani che si stringono al suono "ma ti ricordi quando?". E io poi mentre torno a casa faccio questo pensiero: ho guardato il tuo viso, ho guardato la tua pelle. Ho pensato al mio. Ho pensato al mio sguardo, ho pensato alle mie rughe nascenti, ai miei capelli senza tono. Ho rivisto le tue mani curate e mi sono detta ho fatto bene a fare tutto questo? ho fatto bene a dormire tre ore a notte per preparare la Baroncelli e Cesa, a svegliarmi alle 5 del mattino il giorno dell'esame per ripetere un'ultima volta? Ho fatto bene a fare di tutto per non sentirmi dire "mantenuta", per avere la mia indipendenza? Ho fatto bene a voler essere sempre cosí testarda, a non ascoltare mai nessuno se non me stessa? O avrei dovuto fare come te, che non hai finito di studiare, che vivi nell'appartamento del tuo uomo e strisci la sua carta di credito come fosse la tua?
Stamattina, mentre mi incremo, ascolto Wish you were here. E le lacrime mi scendono da sole. Scendono silenziose, sul viso e le rughe nascenti, mentre mi chiedo tutto questo. Ma non c'é tempo, devo andare a lavorare, corro giú, ti incontro, mi guardi e mi dici "Ciao sorriso triste", io ti rispondo con un sorriso, ironia della sorte, mentre sussurro che l'inverno non fa per me e corro per strada. Non lo so se ho fatto bene, so che non potevo fare diversamente. Non avevo scelta. Dovevo farlo. C'est la vie, non? elle choisi pour nous, ou nous croyons que c'est comme ça. Meglio credere che sia cosí.
How I wish, how I wish you were here.
We're just two lost souls
Swimming in a fish bowl,
Year after year,
Running over the same old ground.
What have we found?
The same old fears.
Wish you were here.

mercoledì 14 novembre 2012

Saper perdere

Fra, tu l'hai letto "Saper perdere"? No, ma l'ho comprato. Beh, allora leggilo.
Questa é stata la conversazione di qualche tempo fa, tra me e un'amica. Oggi, ho pensato che devo saper perdere. Devo accettare di non essere io quella scelta. Ho perso, non ho neanche perso in realtà, perché non sono mai stata parte della partita. Il direttore del gioco, l'arbitro, il coach, il mio compagno di squadra o chi per lui non mi ha mai fatto partecipare a questa partita. Quindi é inutile pensarci, disperarsi, essere triste. Meglio pensare che sono giú per altri motivi, per il lavoro, lo stress, gli ormoni.
Non ho perso lui. Ho perso qualcosa in cui credevo. Ho perso il credere in qualcosa. Ho perso la speranza che finalmente avessi trovato quello giusto, con cui fare un pezzo di strada. Questo lo devo accettare, questo significa saper perdere. Per il mio bene e anche per il suo. Eh si, perché tu hai diritto alla felicità e anche lui. Lui ha diritto a ritrovare il sorriso, la spensieratezza e via dicendo. Lo stesso vale per te. Non lo perdero', lo so, resterà sempre parte di me. Ci si troverà tra vent'anni per un caffé o un gelato, ci faremo gli auguri a Natale e a Pasqua e ci sentiremo ogni tanto per telefono. Mi resteranno sempre le emozioni che mi ha dato, i batticuore, i momenti di dialogo, di discussione, di crescita che abbiamo condiviso. Abbiamo gettato le fondamenta per il nostro futuro. Come buoni e cari amici. Questo non é perdere, anche se ora mi sembra cosí. In realtà ho guadagnato, si, ho guadagnato tanto. Ma fa male ammetterlo, mi sembra quasi di accontentarmi. Ma é solo un'impressione. Allora, aspetto. Allora, mando giú questa pillola, anche se amara. Non ho altra scelta. Dai, guardiamo, insieme, al futuro. Al mio, al tuo. Il nostro, non c'é. O non c'é come lo vorrei io.
[...] Per questo viaggio ci vuole coraggio
per questo amore pieghiamo il destino
ti resto accanto su questo cammino
però ti prego tu dammi la mano
I'll show you something good
I'll show you something good [...]

martedì 13 novembre 2012

Don't shit where I eat

Fra, ma lo sai chi ho visto? Ho sentito questa frase e ho capito che la bomba stava per scoppiare. Ed é scoppiata, come mi immaginavo. Mi sono seduta, mi sono detta lascia stare, non importa. E poi mi sono detta "cavoli, proprio qui? proprio nel mio territorio?". Ecco, ci sono quelle persone che dopo avermi rovinato parzialmente la vita, io ho cercato di escludere. Alcune le ho autorizzare a rientrare in scena, dopo grandi ripensamenti, passando dalla porta sul retro del cuore o dalla finestra (per rendergli la vita un po' piú semplice). E allora, proprio tu a cui ho perdonato di tutto, per favore, don't shit where I eat. Ne hai già fatte tante, stai al tuo posto. Ti puoi avvicinare, ma non troppo. Pff, questa città mi inizia a stare stretta. Questa città é quasi peggio della mia Bruxelles. Ma per favore, non mi far piú soffrire. Sai cosa si dice: lontano dagli occhi, lontano dal cuore. Quindi. gira alla larga. E agisci alla larga.

Ilari momenti londinesi

La mia vita é ilare. La mia vita é ironica. Nel giro di poche ore ho scoperto quanto segue:
- ho un coinquilino che si frega le mie pastiglie della lavatrice e ha avuto il coraggio di dire, colto con le mani in fallo, che lui non ha colpe e che deve essere stato uno strano processo di osmosi tra il mio barattolo e il suo (io non sono mai stata un genio in fisica, ma ho una chiara idea di cosa sia l'osmosi).
- ho un altro coinquilino bello come il sole che si frega il mio olio per cucinare i suoi cordon bleu quotidiani, che a quanto pare peró é stato spinto a fare ció dal coinquilino ladro di detersivo, che l'ha traviato e sviato, nonché portato sulla brutta strada. Fatto sta che la mia bottiglia di olio é finita e i suoi cordon bleu sono piú unti del solito.
- ho una capa che mi chiama un'ora prima di un importante appuntamento e mi dice: "sono in ritardo, cioé, si, cioé, mi sono resa conto che si tratta di qualcosa di estremamente alto livello, insomma, cioé, ci vai tu!", senza punto interrogativo, ma come un ordine. Un po' di preavviso sarebbe stato gradito, ma pare che qui non sia contemplato.
- ho un ex che é sparito nel nulla, cho ho pensato sposato, suicidato, morto di infarto, schiacciato sotto la metro, padre di tre gemelli e che magicamente mi spunta su faccialibro, abbracciato ad una mia amica, con in mano un bicchiere di vino. E io mi dico che tutte le strade portano a Roma o a Londra, che il mondo é piccolissimo e che anche qui, non ci si perde mai di vista, e se succede, fb ci aiuta a mantenere i contatti. E esclamo "shit".
- ho un altro ex (ma io non ho ancora capito se chiamarli ex questi tipi o no), che mi scrive un'e-mail per dirmi che sotto sotto gli manco da matti, che sono tre giorni che mi pensa e conclude chiedendomi se invece dei 10000 pounds che mi aveva chiesto in prestito, gliene posso prestare 25000, perché, testuali parole, si era sbagliato a fare i conti. Rido, chiudo, cestino la mail e sussurro "shit".
Tutto questo entro le 10 del mattino. Ci arriveró a stasera? Shit, I don't know.

domenica 11 novembre 2012

Domenica mattina

E' domenica mattina. E' domenica mattina e sto lavorando, cosa che non mi piace per niente. Ho addosso la solita sensazione di inadeguatezza, di terrore all'idea di parlare davanti a tante persone in una lingua che nonostante tutto non sento mia e temo che non la sentiro' mai. Ho nel cuore una sensazione di disagio, di stanchezza, di amarezza. Insomma, la solita.
E cosi', quasi per scherzare, quasi per sdrammatizzare, penso al mio lavoro, penso a quello che dovró fare domani, ripenso a quando due giorni fa sono passata a piedi davanti a Number 10 e ho immaginato il piccolo David che con i pugni stretti e l'espressione del viso corrugata ripete "no no, io il nuovo budget non lo firmo e vi inchiappetto tutti". E mi dico che un po' lo capisco, che anche io ho i miei dubbi, che ho perso la voglia di crederci, ho perso le illusioni, i valori sono li', ma ricoperti dalla polvere, arrugginiti. Ma é come uno spettacolo, che deve andare avanti, e io sono una piccola, piccolissima comparsa. La vita é altrove, questo é solo una sceneggiata.
E ripenso alla frase della mia amica, perché mi cade il pensiero sulla mia vita privata. Quella frase che recita cosi' "non ci sono bugie né giri di parole, non ci sono scappatoie né vie di fuga, non ci sono programmi né buoni propositi, non c'è nessuna volontà e probabilmente nemmeno il tempo...". Tutto questo non c'é. Al lavoro come nella vita privata. C'é un telefono che squilla a cui non rispondere, c'é chi vuole un nuovo amore o qualcosa del genere a tutti i costi (e ha anche ragione) e non sei tu, c'é chi ha un fidanzato che va a farsi il weekend con l'amante e tu la devi consolare, c'é chi vuole un figlio e non arriva e chi rimane incinta per sbaglio e se ne sbarazza perché é troppo presto, perché non é la persona giusta, c'é una vita piena che improvvisamente ti sembra vuota. C'é una busta di immondizia da buttare, con dentro quel poco che resta di una storia, un biglietto del teatro, il fazzoletto col quale ti sei soffiato il naso l'ultima volta che ti ho visto, quel biglietto su cui hai scritto il tuo numero quando ci siamo conosciuti e che io avevo tenuto per ricordo.
C'é tutto questo in una domenica mattina. Di sole. Di lavoro. Di vita. Di voglia di leggerezza, in contrasto con la pesantezza del momento. Come al solito.   

giovedì 8 novembre 2012

Il polpettone

In casa mia, c'é un piatto importante: il polpettone. Il polpettone é quasi un sacramento, si mangia rigorosamente di domenica a pranzo (e gli avanzi si mangiano per giorni e giorni), con le patate e i carciofi bolliti. E' il piatto che si cucina quando viene qualcuno a pranzo o a cena, che riunisce tutta la famiglia, seduta attorno al tavolo con l'acquolina in bocca. Mi ricordo ancora il rumore della macchina macinacarne in cucina, quando ero piccola, segno chiaro ed evidente del polpettone in arrivo nelle nostre pance.
Oggi mi é successo questa simpatica cosa:
(Squillo del cellulare)
Ciaaaooo
Ciao, come sei sprintosa oggi!
Eh, sono contenta.
Ah, si, me l'hai scritto stamattina
Eh no, ora sono contenta per altro.
Per cosa?
Ho avuto una giornata produttiva al lavoro, cominciata male e finita bene.
Quindi io non c'entro?
No, non piú.
...
Pronto?
...
Oh, Mister Australia, ci sei?
Si, scusa, ci sono rimasto male.
Ma no, dai. Stasera ti cucino il polpettone.
Cosa?
Un piatto delizioso. E poi viene cucinato alle persone speciali.
Veramente?
Si si (e nella mia testa: credici credici!).
Ah, va bene. Beh, a dopo allora.
A dopo caro, col polpettone eh?
Ecco, il polpettone stavolta mi ha salvato. Si, ha messo a tacere lui, che ora tutto felice e contento, inizia ad avere l'acquolina. Ecco, il polpettone a casa mia serve anche a questo. A mettere a tacere le persone. Ad addolcire le pillole.A far credere ad un uomo che sei felice perché lo vedi stasera. Si, un po' lo sei, ma forse la tua giornata lavorativa é stata meglio. Ma questo non importa, per questo c'é il polpettone.  

mercoledì 7 novembre 2012

Crollare

Ci siamo visti per parlare di te, o forse di voi. L'ho fatto per amicizia, l'ho fatto perché ho capito al telefono la tua sofferenza. E poi, dopo tre ore in cui parlavi solo tu, qualcosa si é rotto. Non so cosa sia stato, forse una frase tua, forse un pensiero mio. Non ho capito cosa mi stesse succedendo e improvvisamente ho sentito i signhiozzi e ho visto le lacrime bagnare la tovaglietta di carta del ristorante. Come se avessi tolto le remore e mi fossi lasciata andare. Ho pianto, ho singhiozzato li' seduta al tavolo, senza fermarmi, senza riuscire a distinguere niente, tanto da avere la vista sfuocata. Ho pianto senza neanche guardare il mio interlocutore, con lo sguardo basso, perché piangevo su me stessa. Tu sei rimasto stupito, ho solo sentito la tua voce che ripeteva "mais qu'est-ce qu'il t'arrive, qu'est-ce que se passe?". Non so il perché l'ho fatto. O forse lo so ma lo voglio negare. So che sono giorni pesanti, so che sono giorni in cui penso al tuo comportamento nei miei confronti e non mi piace per niente. So che non riesco a vedermi in una nuova storia e mi sento a disagio. So che anche se il tempo passa, le ferite stentano a rimarginarsi. Danno l'impressione di essere cicatrizzate, ma quando meno me l'aspetto si riaprono. So che ci sono domande a cui non trovo risposta, so che non so se mi posso fidare di nuovo, perché ho sempre l'impressione di essere tradita, presa in giro, abbandonata. Chi mi dice che il mio aussie non veda un'altra, che non abbia le farfalle nello stomaco e che un bel giorno sparisca nel nulla come é successo tante altre volte. Chi mi assicura che non si innamorerà di un'altra forse perché non si é mai innamorato di me? Sono crollata per tutto questo. Sono crollata perché ho paura. Si, di soffrire, di credere di nuovo, di essere delusa. Che fare? Risposta non pervenuta, per l'ennesima volta. 

martedì 6 novembre 2012

Venceremos adelante

Io a scuola ho sofferto. Mi si escludeva come diceva quella canzone. Ero la secchiona, quella con gli occhiali come fondi di bottiglia. Quella che non aveva mai il ragazzo e nessuno la baciava e solo i so called sfigati mi venivano dietro. Io ho finito il liceo contando i giorni e le ore alla fine di quella sofferenza. Poi, sono andata all'università e sono ufficialmente nata. Si, sono diventata la vera Francesca. Non mi sono più nascosta dentro i maglioni di tre taglie più grandi, dietro gli occhialoni, dietro la timidezza. Sono fiorita. Mi sono affermata. Ho iniziato a piacere, ho iniziato ad avere amici e a costruire rapporti umani.
Ho sempre un fortissimo sentimento di rivalsa rispetto a quegli anni bui. Ho sempre la voglia di far vedere alla gente che ha conosciuto la vecchia Francesca quella che sono veramente. Ogni tanto spio i vecchi compagni di classe, tutti stronzi, tutti figli di buonadonna, su faccialibro, quasi per dirmi "Vedi che ora non ti possono più toccare né fare male". Li spio e più passa il tempo più li vedo diventare mogli, mariti, padri e madri. E stasera di fronte all'ennesima pancia che spunta da una foto profilo, mi sono chiesta se forse anche loro siano cambiati, siano diventati diversi, più veri, più attenti all'altro, più maturi. Ed ho concluso che forse si, forse sono cambiati. Ma io dovrei forse darmi una svegliata e iniziare anche io a pensare a diventare una compagna (visto che il termine moglie mi dà l'orticaria) e forse una madre. Si, cosi' potrei contrastare le forze del male. Di quel male che a 15 anni si chiama presa in giro, a 20 snobbismo e a 30 essere stronzi. Ma per ora finisco seduta nella mia cucina, con le cuffie, ad agitarmi sulla sedia mentre sento questa canzone: http://www.youtube.com/watch?v=JgCeyPuC75I. Questo é il mio modo per ora di cambiare, di vivere, di andare avanti. Niente pancie ripiene, niente vestiti bianchi, panna, da meringa. Solo me. Pas de choix pour l'instant o forse ça suffit pour l'instant. Meglio non porsi certe domande alle due di notte. Meglio dormire. E allora buonanotte.

Io Carrie, tu Miranda.

Ieri abbiamo fatto un gioco. Abbiamo giocato a Sex in the city, anche se io non ho mai sopportato quel telefilm. Abbiamo analizzato (per quanto si possano analizzare) i personaggi di donne dall'aspetto frivolo, ma che sotto sotto nascondono un cervello e una filosofia di vita maturata sul cosiddetto terreno (a forza di porte in faccia). Abbiamo pattuito che tu sei Miranda (con un pizzico di Samantha, anche se io stento a crederci) e io Carrie. E lí abbiamo riso abbondantemente pensando a chi possa essere il mio Mr Big. Ecco, io Mr Big non ce l'ho, o ne ho avuti troppi, tutti sbagliati, anzi sbagliatissimi, anche se del senno di poi sono piene le fosse. Ho anche detto che io i miei Mr Big pare me li vada a cercare all'Aldi o al Lidl, perché sono uno peggio dell'altro. 
Dopo questa ilare conversazione, mi telefona il mio attuale Mr Big e riporto di seguito la nostra conversazione o quello che sono piú o meno riuscita a decifrare dal suo terribile accento australe:
Ciao, cosa fai?
Stiro. 
Bene. Questo significa che stirerai le mie camicie in futuro?
Mai. L'ho fatto in passato e non lo rifaró mai piú.
(Suoni e parole incomprensibili). Ah, mia nipote é finita in ospedale oggi.
Ah sí?
Si, come me da piccolo.
Perché ci andavi spesso in ospedale?
Eh si. Sai sono rimasto attaccato alla corrente elettrica per un intero minuto da piccolo.
Eh?
Si, un minuto intero con le dita nella spina della corrente.
Ah.
Ah cosa?
Ah, ora capisco tante cose.
Cosa?
Perché delle volte sei cosi Rainman.
Ahah, si, forse é per quello. E ti diró di piú. Non mi é successo solo una volta!
Ecco si, io i miei Mr Big me li scelgo all'Aldi. Forse dovrei cominciare a frequentare piú spesso Harrods. troverei quella che si chiama in gergo "robba bbuona". O quasi.

lunedì 5 novembre 2012

Jaures

Jaures me l'hai fatta conoscere tu, una sera mentre tornavamo a casa in macchina dal lavoro. Per una volta non abbiamo cantato stupide canzoni, ma solo ascoltato in religioso silenzio Jaurès. Oggi é una giornata che non passa e Jaurès si addice a questa giornata. Oggi ho freddo, ma nel cuore. Oggi non passa perché ho di nuovo la terribile sensazione della valigia, dello scappare, senza sapere dove e come. Oggi é tornato il disordine mentale. E allora vado a correre stasera, e chi se ne frega dei fuochi, del freddo, del parco deserto. Io corro e non mi fermo, mi stanco, mi distruggo, mi anniento, anniento me stessa e i miei pensieri. Io non sono fatta per l'inverno. L'inverno mi abbatte, mi deprime, mi toglie le risorse. Cosi come un'ora e mezza di telefonata in piena notte a parlare del significato di we in inglese. Cosí come l'alito devastante di Fiatella e i suoi baci (fortunatamente sulla guancia) pari a quelli di lumaca. Cosí come le amiche che spariscono e che non puoi o sai aiutare. Oggi va come Jaurès. 15 heures le coeur en laisse. 15 ore con il cuore al guinzaglio, incatenato, bloccato, nel tentativo di azzittirlo e dimenticarlo.

Sweet baby

Sweet baby. Il titolo di una canzone. La mettevo su appena arrivavi, nella mia casa stanza, perché quello non era un monolocale, ma una stanza in cui c'era tutto. 15 metri quadri di vita, con tanto di bagno e cucina. In Rue Jonfosse, 39. La mettevo su quella canzone, preparavo un thé alla liquirizia per me, alla menta per te e appoggiavo la mia testa sulla tua spalla. E fantasticavamo sul futuro, sull'ultimo anno di studi, sulla tesi da scrivere, sul corso di italiano da fare per raggiungermi e creare una famiglia nostra. Erano gli inizi, ma sweet baby. Mi ricordo sempre quella volta che sei arrivato, era fine maggio, e ho fatto partire la radio. E sono scoppiata a piangere pensando che ci saremmo dovuti separare, perché io dovevo tornare a casa, finire gli studi, e tu avevi appena trovato un lavoro lí e non potevi andare via. Il sogno della casa stanza doveva finire, sweet baby, dovevamo aprire gli occhi.
Oggi é il tuo compleanno. Ti ho telefonato come sempre. Ti ho detto ridendo "je sais que tu dors là" e tu hai risposto "Bien sur, tu me connais, Petit Potam". Abbiamo scambiato due parole. Tu mi hai raccontato il tuo weekend con la tua nuova ragazza, l'ennesima, io il mio, da folle 32enne. Ci siamo detti "on se voit bientot à Bruxelles, hein?".
Non é cambiato niente, sweet baby. E' cambiato tutto, sweet baby. Non possiamo tornare indietro. Il male é fatto. Ma io penso sempre che sia stato qualcun'altro a rovinare la nostra storia. Non sono stata io, non sei stato tu. Tu sei stato il migliore. Tu mi hai fatto sentire amata. Tu mi hai sostenuta e mi hai fatto diventare quella che sono, sweet baby. So che io ho fatto lo stesso per te. E ora ci teniamo le briciole e i ricordi. E le parole della nostra canzone, sweet baby. Purtroppo é quello che ci resta.
"ummm sweet sweet baby
life is crazy
but there's one thang
I am sure of
that I'm your lady
always baby
and I love you now and ever".

venerdì 2 novembre 2012

Speechless

Eravamo cosí. Tu con i vermi in testa. Io con i codini. Io Lucy May, tu Iaia. Quella casa non c'é piú. Ma siamo rimaste noi. Era il tempo delle corse in bicicletta, dei letti a castello, delle paure inspiegabili, dei rospi che infestavano il giardino, dei tappi di bottiglia che segretamente collezionavo. In questa foto, non si vede una parte scura della nostra infanzia. Ma noi sappiamo che c'é. Io l'ho cancellata, l'ho scacciata, me ne sono allontanata. Ho cercato di accettarla in tutti i modi, ma i risultati sono stati scarsi. Tutte le volte che torno a casa, tutte le volte che guardo le foto dell'infanzia, tutte le volto che ricordo, sento l'amaro in bocca per colpa di quella macchia nera.
Ecco, ora ti chiedo una cosa sola e tu sola la puoi fare con me: lasciamola lí dove non si vede quella macchia scura. Lasciamo li' i brutti ricordi. Non servono, non ci fanno bene. Abbiamo una vita piena. Cancelliamo dalle foto, dai ricordi, dalle case in cui abbiamo vissuto quella patina che rovina tutto. Fallo con me.  

Hedda Gabler

Hedda Gabler mi é piaciuto. Ho addirittura capito quasi tutto. E tu eri anche particolarmente bello e sorridente. Si, proprio tu che mi hai stretto a te tutto il tempo. Tu che non hai mai lasciato andare la mia mano per un secondo. Tu hai evitato le tue frasi da Rainman per tutta la sera. Tu hai avvicinato delicatamente la tua bocca al mio orecchio per dirmi "sono cosi' contento di vederti".
Eppure io ho pensato ad un altro tutta la sera. E neanche a qualcuno di importante, ma ad una persona che é stata come una stella cadente nella mia vita. Un'apparizione, svanita in due appuntamenti. In due dates, come dicono qui. Ho passato il tempo a pensare di chiamarlo appena fossi rimasta sola. Ho pensato il tempo a ripensare al nostro primo appuntamento, al nostro primo bacio, a come le nostre mani si cercacano, si stringevano. Mentre la mia mano era stretta e accarezzata da quella di un altro uomo.
Hedda Gabler mi é piaciuto. Hedda Gabler non é niente rispetto a me. Hedda é una santa rispetto a me.  

giovedì 1 novembre 2012

La rabbia nera

Mi succede cosí, all'improvviso. Mi succede di essere tranquilla, serena, e poi mi sale la rabbia, cosí, improvvisamente. E' una rabbia nera, é una rabbia piena di rancore. Mi capita quando meno me l'aspetto, a volte quando sono sola, a volte quando sono in compagnia. E allora devo contare fino a dieci  per calmarmi, come facevo da piccola quando dicevo di fare le bollicine, mi devo ripetere nella mia testa "du calme, ma chère, il faut garder le calme". Chi mi conosce bene sa riconoscere questi momenti bui, nonostante i miei tentativi di nasconderli. Io cerco sempre di negare, di fingere che vada tutto bene, di non essere infastidita, arrabbiata, furiosa senza un  motivo in particolare, a parte la frustrazione. Si, la frustrazione che mi porto dietro, giorno dopo giorno. Quella da cui non mi libero. Mai.