lunedì 29 ottobre 2007

La famiglia

La famiglia. Scrivo la parola e metto un punto. E' un inizio ed è una fine. E' un inizio perchè è da lì che provengo, è l'ambiente in cui sono cresciuta, in cui mi sono formata. Io sono la mia famiglia. Delle volte mi fermo e penso che spesso faccio le cose come mia madre o come mio padre. Anche Samuel me lo fa notare, quando mi chiede per esempio perchè lavo in quel modo la verdura. E io rispondo: perchè così fa mia madre. Ed è una fine, perchè prima o poi arriva il distacco. Arriva perchè è fisiologico. Perchè si diventa grandi. Perchè si crea una nuova famiglia, con il proprio compagno e i propri figli. Però in questi giorni mi sono resa conto che i miei mi hanno dato tanto. Sono quello che loro hanno creato. Mi hanno sempre sostenuta. Sono venuta a vivere in questo paese grazie a loro. Mi hanno aperto mille strade. Delle volte ripenso ad alcuni momenti passati, a quando andavo con mia sorella a trovare mio padre al lavoro. E lui ci portava a prendere un succo di frutta lì nel bar dove andava con i suoi colleghi a prendere il caffè. Mi ricordo il sapore di quel succo con una nostalgia unica. O ripenso a mia madre il giorno dell'orale della maturità. Se ne stava fuori dall'aula, non riusciva ad entrare perchè era troppo emozionata, perchè ero diventata grande e si chiudeva un importante capitolo della mia vita. O a quando mi veniva a prendere fuori da scuola, alle elementari, e c'era la neve. Si passava dal parco per tornare a casa a piedi e io toccavo i rami degli alberi e le dicevo "guarda come sono cresciuta" e lei annuiva, sorridendo. Non mi diceva che toccavo i rami solo perchè erano caduti 30 centimetri di neve. Mi faceva credere al mio sogno.
Questi ricordi sono un tesoro per me. Sono un tesoro anche per la mia futura famiglia. Sono momenti irripetibili, pieni di spensieratezza, di tenerezza e anche di nostalgia.

mercoledì 24 ottobre 2007

Il lavoro: aveva ragione Marx?

Il lavoro non nobilita l'uomo. Lo distrugge. Per me l'entrata nel mondo del lavoro è stata una tragedia. Ne porto i segni. Sono cresciuta in una famiglia che crede fermamente nei valori. I miei hanno amato il loro lavoro e mi hanno sempre fatto notare che lavorare è gratificante. Quando ho dovuto scegliere che facoltà fare, i miei genitori mi hanno lasciata libera di scegliere e mi hanno ricordato di fare quello che sentivo. Mi hanno invitata a seguire un sogno. Il sogno però è finito ed è iniziato l'incubo. Quello del lavoro quotidiano. Un incubo trovarlo, un incubo avercelo. Ogni giorno per me è una tortura. Delle volte cerco di farmi forza, pensando che amo quello che faccio. In realtà no. Lo detesto. Ogni volta che salgo le scale dell'ufficio mi sale un nodo in gola. Cosa fare? Ma soprattutto dove sono finiti i miei ideali? Alcune volte, mi vengono i brividi, mi sento viva quando si parla di qualcosa che mi ricorda quello che ho studiato. E poi torno alla realtà, dura e cruda. Come venirne fuori? Non lo so, questo è il problema.

lunedì 22 ottobre 2007

Correre correre correre



Sono giorni di corsa, di affanno. Ho sempre troppo da fare, troppe cose a cui pensare, troppi impegni da gestire. Ed ho la strana sensazione di non saper vivere, di dimenticare sempre qualcuno o qualcosa di importante.

Anche quando sono a casa, non ho un attimo di tregua: c'è da pulire, da stirare, da ascoltare, preparare da mangiare per me e per chi vive con me...ed è tutto sempre di corsa. Non vivo, sopravvivo. Vedo il tempo passare veloce.

In questa corsa però qualcosa mi ha fermato la settimana scorsa: un arcobaleno, che ho visto in piena città, mentre andavo a lavorare...e mi sono chiesta se non dovessi mollare tutto e correre verso i folletti che sono alla base dell'arcobaleno, custodi del tesoro.

venerdì 21 settembre 2007

L'altalena dei sogni

Iera sera, mentre tornavo dal corso di inglese, sono passata davanti alla Stazione Centrale. E' un posto tristissimo, pieno di barboni, drogati, gente che non ha una casa. L'anno scorso, verso febbraio, il sindaco di Bruxelles ha fatto installare per alcuni giorni un'altalena, proprio in quel posto di desolazione, con le corde piene di fiori. E così passando davanti alla Gare Centrale si vedevano queste persone senza speranza ridere spensierati sull'altalena, come se potessero in questo modo scappare dai loro problemi, dalla loro quotidianeità.

Ieri l'altalena non c'era, c'era di nuovo solo la desolazione. Poi, arrivata a casa, ho trovato l'appartamento buio ma con la luce della cucina accesa. Sinceramente, mi sono sentita su quell'altalena anche io. Il mondo, la giornata pesante, il lavoro stressante sono diventati un ricordo lontano. Il presente era quella cucina calda.

giovedì 13 settembre 2007

Una corsa a 180 Km/h

Esco di corsa, sono le 8:30. Nel naso il profumo del docciaschiuma, nelle orecchie la musica di un cantante italiano. Uno di quelli che ascoltavo quando avevo 16 anni. Di quelli che tutti conosciamo, ma nessuno ascolta. Di quelli che ti fanno pensare "Guarda com'ero e come sono diventata". E così giù per strada inizia la mia corsa. Prima il quartiere africano, i bar ancora chiusi, i volti neri, gli sbadigli di chi ha fatto tardi, le case che cadono un po' a pezzi, la sporcizia per terra. Poi in un colpo mi trovo davanti al Parlamento europeo. E lì non posso non guardare lo striscione enorme "Together". Insieme. Una parola che dice tutto. Il Parlamento troneggia su piazza du Luxembourg, con i bar che hanno ancora i segni delle happy hours della sera prima. E poi ancora giù verso la city, verso Rue de la Loi, regno degli eurocrati. Tutti gli edifici sono della Commissione o del Consiglio. Un posto in cui incontri solo donne e uomini, che corrono con i loro tailleurs. Il posto in cui si capisce quali saranno le prossime tendenze della moda per chi guadagna tanto. Tutti quelli che incontro hanno attaccato al collo il cartellino con la bandiera a dodici stelle. E ne vanno fieri. E poi ancora giù nel sottopassaggio, dove incontri il ragazzo che fuma e il barbone. Siamo in tre lì sotto, mentre undici piani di DG AGRI ci sovrastano. E poi l'ultimo tratto, lo sprint finale. La chiave nella serratura, due mandate, la moquette sotto i piedi, un piano di scale....traguardo! Sono la prima ad arrivare. Questo è il mio momento di pace. E' quello che mi dà la forza per tutta la giornata. Sono quei dieci minuti in cui sono sola nel mio ufficio, il capo non c'è, le stagiaires forse dormono ancora. Mi faccio un thè, guardo la posta e soprattutto sto in silenzio, mi rilasso.
Il ritorno, la sera, è un'altra storia.

martedì 11 settembre 2007

"Ho licenziato Marta"



Questo weekend ho letto "J'ai renvoyé Marta" di Nathalie Kuperman. Come accade spesso, ho comprato questo libro di corsa alla pausa pranzo e l'ho scelto per il titolo ("Ho licenziato Marta") e per il fatto che parlasse di una donna delle pulizie (tema a me caro, visto che detesto pulire). Leggerlo è stato come tuffarsi nella testa di una donna (Sandra) all'apparenza normale, ma in realtà profondamente malata, che non riesce più a vivere dopo aver assunto una donna delle pulizie, perchè questo cambiamento nella sua casa e nella sua vita le fa riaffiorare la sua infanzia infelice e le sue manie ossessivo-compulsive.
Mentre lo leggevo mi sono chiesta varie volte se il nostro passato sia in grado di influenzare così tanto il presente. Un'infanzia infelice può renderci matti? oppure dipende tutto da noi, dalla nostra capacità di reagire e di ricostruirci? Io naturalmente opto per la seconda scelta.

venerdì 7 settembre 2007

In esilio, volontario e ricercato

Sono italiana, amo il mio paese. Ma mi sono esiliata all'estero. Sono partita più di due anni fa, perchè volevo essere realmente sola. Volevo capirmi, riflettere su me stessa. All'inizio è stata come una punizione che mi sono inflitta. Però non sono andata in un paese lontano e sconosciuto, ma ho scelto un posto dove sapevo di non essere completamente sola, un posto che conoscevo già bene e in cui avevo alcuni amici. La mia coinquilina dei tempi dell'università mi ha regalato, molto tempo prima della partenza, un libro intitolato "Chiudo il gas e scappo via". E quando me lo ha dato mi ha detto: "Questa sei tu". E così è stato.

Ecco, mi sono autoesiliata. Sono fuggita dal mio paese e mi sono nascosta in una nuova vita.

giovedì 30 agosto 2007

E il blog nasce






Questo blog nasce come il frutto di una riflessione. Di una ricerca. Di un tentativo di capire meglio. E' un cammino che faccio con me stessa, lungo i cieli di questa vita. Ho voglia di scrivere, ho voglia di confrontarmi con me stessa, di capire, di vivere (forse meglio), di godere della mia giovinezza e dell'inizio dell'età adulta.

Una sfida. Un'esperienza. Qualcosa da imparare.