martedì 25 ottobre 2016

Fra sogno e realtà


La sera prima di sposarmi, prima di salutare mia madre davanti alla porta dell'ascensore del suo hotel, le ho chiesto "ma ti saresti mai immaginata che io un giorno mi sarei potuta sposare?". E lei, che é sempre molto pura e sincera, mi ha risposto con aria innocente "no, mai". 
Non lo avrei immaginato mai neanche io. Ma poi ho incontrato lui e tutto é cambiato. 
Il nostro é un amore giovane, ma forte. E' poco tradizionale; é fatto di un misto di sogno e di realtà. Il mio lui ha saputo entrare con un salto a piedi pari nel mio mondo poco conosciuto ai molti. Si é accomodato completamente a suo agio fra le pieghe del mio carattere e le mie contraddizioni. Ha deciso di vivere una vita fatta di coccole e valori. 
Gliene sono grata. Questo è l'aggettivo che mi  sono ripetuta per tutto quel giorno e anche nelle settimane successive al nostro sí. 
Gliene sono grata perché oggi non é facile trovare una persona che accetti di fare un pezzo di strada con te. Spesso in condizioni non facili e a volte anche contrastanti. Love is sacred, glielo dico sempre. Sí, é vero. E ti cambia completamente la vita. La travolge, la sconvolge, la cambia. Solo in meglio, peró.

mercoledì 6 luglio 2016

La mano sulla spalla

Il mondo qui é cambiato. Mi sono svegliata alle quattro del mattino di dieci giorni fa e non ho trovato lo stesso mondo di tre ore prima, quando mi ero addormentata. 
Ora viviamo in un mondo fatto di nebbia spessa, che quella della Pianura Padana gli fa un baffo. Non sappiamo cosa succederà. Lavoriamo peró tanto. Siamo stanchi. Siamo distrutti. La sera io crollo ovunque. Anche sulla sedia se potessi (e forse é per questo che abbiamo smesso di usare il tavolo per mangiare e ci accampiamo io e te sul divano). 
Penso che me lo ricorderó a vita questo momento. Te ne parleró. Te lo racconteró.  Tu me ne chiederai davanti al minestrone della sera. Nella cucina calda, come al solito di sentimenti, e con la luce gialla che avremo (la troveró una luce gialla per la nostra cucina).
Ti racconteró l'incertezza perenne. La stanchezza costante. La paura a volte di fare sentire il mio accento. Perché sai, io in francese, riesco quasi a nasconderlo, ma non in inglese. Sono ancora un'estranea. Una straniera.
Ti racconteró la pesantezza del cuore. I preparativi di un matrimonio infiniti, quando io poi penso sotto sotto "ma tutto questo per poter passare la mia vita con quest'uomo che amo e con cui desidero diventare una cosa sola?".
Ti racconteró anche della presa di coscienza di questi giorni difficili. Quando ho capito che io non sono come loro e loro sono diversi e io non voglio essere parte di quell'insieme mai piú. E voglio proteggere te da tutto questo. Perché io non ho potuto scegliere, ma io lo posso fare per te. Te l'ho promesso questo, nel nostro patto segreto o forse nei nostri patti segreti sotto i cieli di Londra e altrove. Ti ho detto "io ci saró sempre" per proteggerti. E' quello che voglio. Per te solo amore e cose belle, ti ho detto. Quelle brutte, te le addolcisco io, forse solo con le parole. 
Poi oggi camminavo per Saint James Park, mentre tornavo da un incontro di lavoro. C'era il sole, faceva quasi caldo. E mi sono sentita benissimo. Mi sono sentita sí stanca, sí affaticata, ma stavo benissimo. C'eravamo io e te e tanto amore. E ho pensato alla tenerezza che ho provato di fronte al mio certificato di nascita stamani, quando ho letto di quella bambina nata alle 7.10 e chiamata Francesca. Me la sono vista davanti quella bambina. Piccola, che sguscia via e viene al mondo. Che piange nella completa incoscienza di quello che sarà la sua vita. 
Ed ho sentito la solita mano che sento in questi momenti. Una mano che dall'alto mi prende e mi stringe la spalla. Per dirmi, tranquilla va tutto in ordine. Tranquilla, tutto si aggiusta. Tranquilla, io veglio su di te. Io gli ho fatto l'occhiolino a quella mano e ci ho appogiato la mia sopra. 
Il bene trionfa sempre. Te lo diró presto. 
Fai il bene e lo riceverai. Sii riconoscente sempre. Sii grato.
E la vita ti darà tesori. 
Come te. 

giovedì 16 giugno 2016

La prima volta che ci siamo visti

Un giorno ti racconteró come é stata la prima volta che ci siamo visti. 
Ti diró di quella sorpresa che non mi aspettavo. 
Di quelle lacrime improvvise e di quella mano che si é posata sulla mia per rassicurarmi. 
Ti racconteró di quella musica un po' house che i nostri cuori impazziti suonavano nella stanza quasi buia.
Ti diró anche del suo sguardo, muto per lo stupore, incredulo.  Ti diró dell'amore che ho visto in quegli occhi. Occhi di giovane uomo, a volte cocciuto, ma spesso dolce e comprensivo.
Ti diró che tu eri bellissimo - tu probabilmente dirai lo stesso di me. 
La vita con te mi ha dato tutto. 
Oggi ho sentito di essere grata. Ora, crolli pure la città. Con te ho vissuto tutta la mia vita in un secondo.
Grazie. Già da ora.

giovedì 2 giugno 2016

Bordeaux-Tolosa andata e ritorno.

Non ho visto tristezza nei tuoi occhi. 
Ho visto determinazione. Ho visto "scusa, non ho tempo da perdere, fammi andare, ho il mondo da scoprire. Ho già lasciato troppa vita passare". 
Ho visto rassegnazione. Ma come darti torto? La vita non é stata gentile con te. Anzi. A volte si é proprio accanita. Molto piú che ingiustamente.
Ho visto un po' dei fantasmi del passato nei tuoi occhi. 
Ma ho visto anche la forza di ricacciarli via. E che forza ci vuole. Questo lo sappiamo entrambe. 
Ho visto una purezza quasi infantile nei tuoi occhi. Come quella che ho visto a momenti solo negli occhi di mia nipote. I bambini sono puri. Trasparenti. Cosí, ho visto i tuoi occhi. 
Io ero ailleurs. Scusami, ma da un po' non sono piú io. Il mio cervello é stato affittato a qualcun'altro. In un secondo sono stata rapita da un pensiero ossessivo. Non esisto piú io. 
Torneró. Promesso. Perché poi la vita razionalizza. Trasforma. Crea priorità. 
Ho visto anche tanta voglia di conoscere di piú, di scoprire, di investigare. 
Non sei piú una giovane studentessa. Sei una donna in carriera, mia cara. E hai carte per vincere nelle tue mani. Hai chilometri per distanziare tout le monde. Nessuno ti puó superare. 
E il compagno di viaggio secondo me non é lontano. Io l'ho visto seduto sul tuo salotto. L'ho visto mangiare al tuo tavolo con te. L'ho visto dormire nel tuo letto dai sonni profondi e riassestanti. 
Io ci vedo poco. Con gli occhiali. Ma col cuore, ci vedo benissimo.

ça fait longtemps que je t'aime

Ero di pessimo umore. Avevo una paura nera. 
Ero sola. Non sapevo cosa aspettarmi e ti ho detto di non preoccuparti, di restare al lavoro. 
Gli inglesi non ci sanno fare ti ho detto. Capiscono poco. 
Ho visto quasi niente. Non mi hanno fatto vedere. Forse per proteggermi. Dal vuoto.
Solo alla fine ho visto un po' di piú. E sono rimasta incantata.
C'era un mondo in quelle immagini. Un mondo di puntini.
Non mi hanno detto grandi cose. Anzi, mi hanno rispedita al mittente con i miei soliti dubbi in testa. 
Eppure, io quel vuoto pieno un po' l'ho visto. L'ho intravisto. Il mio mondo di puntini.
Le lacrime sono cristalizzate sotto gli occhi. Non escono. Hanno paura di farsi male. 
Ma contemplano tutto questo in silenzio. 
E in silenzio le parole dalla mia testa vanno lontano. 
Questo é quello che conta. 
Rappelle-toi toujours: ça fait longtemps que je t'aime.  

giovedì 5 maggio 2016

Fake Empire (sottotilo: a volte mi innamoro a sorpresa)

Mi viene da ridere se penso che a quella festa io non ci volevo neanche andare. Ero triste quella sera. Pensavo a chi se ne era andato. Sapevo che non sarebbe tornato e mi disperavo. 
Non avevo voglia di vestirmi, farmi bella per quello che io definivo il mercato dei corpi di Londra.
Avevo un altro in testa e la mia pelle gli apparteneva ancora. 
Non amavo neanche la zona in cui era la festa, avevo paura ad andarci.
Poi, la mia amica insisteva tanto. 
Poi, non avevo voglia di stare a casa con i coinquilini un po' weirdos, come dicono qui. 
Poi, mi ripetevo, torno presto. 
Sono tornata presto. Questo é vero. Ma, avevo incontrato te. 
I nostri primi mesi sono stati come se io camminassi a piedi scalzi sui vetri rotti. Avevo troppe paure. Tante retrosie. E poi, arriva un momento in cui capisci che non tornerai indietro. Che nella tua vita ci sarà quella persona accanto a te, perché la vuoi. Perché non puoi fare altro. 
Ecco, a questa vita mi ci hai portato proprio tu. Colui che io rimpiangevo in quella fredda sera di dicembre nel salotto spoglio del mio appartamento condiviso. Colui che in una sera che io mi aspettavo sarebbe stata solo retrouvailles e dolcezza mi ha detto no, guarda, io mi fermo qui. Io non mi sento pronto. Ed é andato via con una folata di vento. 
Io questa cosa non te la posso dire. Ma mi piacerebbe dirtela. Dirti, guarda, che in parte é grazie a te.
Nella vita si cade. Tante volte. E tante volte ci si rialza.

Don't go away

Mi é successo qualche settimana fa di trovarmi per strada di notte, in una città a me poco conosciuta, ma a te conosciutissima. Là dove tu sei nato e cresciuto. Una di quelle città dove l'orrore di questi ultimi mesi di terrore ha lasciato il segno. Tornavamo da un compleanno a casa di un tuo amico. E di colpo ci siamo trovati in mezzo ad una ressa. La gente correva verso di noi e gridava, ci incitava a scappare via dal il pericolo. Tu mi hai detto "corri, Francesca, corri". 
Io sono partita veloce senza sentire le gambe, mentre i pensieri erano lí con me, pesantissimi. Ero preoccupata, impaurita. Mi chiedevo se si trattasse di un altro momento di orrore, mi chiedevo quale fosse la migliore strategia da attuare, se mi dovessi buttare in terra, nascondermi in un antrone, dietro una macchina o non so dove. Ho temuto che qualcuno iniziasse a sparare contro di noi, come era già successo. Quello scenario surreale che mi aveva fatto rabbrividire al solo pensiero. 
Ma quasi subito, in questo momento di forte angoscia, mi sono chiesta dove fossi tu, se fossi ancora accanto a me, se stessi bene. E ho allungato la mano verso di te, che correvi a pochi metri da me. E' stato un attimo, ma ho pensato che prima di me, ci fossi tu e la tua salvezza. Tu che sei parte di me.  Ho pensato che mi sarei salvata se ti fossi salvato anche tu. 
Poi la paura é passata. La situazione si é calmata. Siamo saliti in un taxi e fuggiti verso casa, nel tentativo di non pensare, far passare lo spavento, andare oltre. 
Ma qualcosa mi é rimasto: in quel momento preciso, mentre tendevo la mano verso di te, ho capito che ti amavo. Veramente. Ho capito che potevo perdere tutto lí, ma non te.
E forse, questo é proprio amore. Quello vero. 
  

venerdì 15 aprile 2016

Avrai

Forse ho singhiozzato per tante cose allo stesso tempo. 
Per la mancanza di quella cosa che io speravo ci fosse già.
Per te che sei lontana da me e che il destino ti sta portando sempre piú via da me.
Per lo stress del lavoro, che é sempre piú pesante. 
Per le parole di quella canzone, che sento sempre cosí vere. Io quelle parole te le ho promesse. Le ho promesse a te prima di farlo con qualsiasi mio possibile figlio.
Io questo non me lo dimentico. Io ti ho fatto una promessa nella tua cameretta, mentre piangevi disperata per le coliche e io cercavo di calmarti.
Ti ho detto che io ci saró per sempre per te.
Te l'ho ripetuto tante volte. Te l'ho detto anche nelle poche volte in cui siamo riuscite a parlarci negli ultimi mesi. E tu mi hai detto "io questo lo so" dall'alto dei tuoi anni with one digit, come dicono qui.
Ho singhiozzato perché io la sento questa lontananza. Ne ho coscienza. E la trovo pesante.
E ricorda che non sono lontana. Ricorda che sono sempre io. Ricorda le parole di quella canzone. Io te le auguro sempre tutte. E non vedo l'ora di poterlo fare con la mia voce e la mia presenza.  

martedì 5 aprile 2016

On N'Est Pas A Une Bétise Près

Sai quando dici "no, non posso iniziare se non scrivo questa sensazione"?
Ed eccomi qui. 
Ieri ti ho guardato. La musica suonava. Ho visto i tuoi occhi, piccoli, due fessure. 
Ho guardato il tuo sorriso. 
Ti ho accompagnato in qualche passo di danza goffamente. 
Mi hai detto: "é la musica del Petit Nicolas" ed hai continuato ad ondeggiare la testa.
Io ho sorriso e ti ho detto: "non ti avrebbero potuto chiamare con un altro nome i tuoi genitori".
Poi ho parlato con chi mi fa sempre sorridere il cuore. E ho pensato che anche lei é un po' una petit Nicolas. 
Non vedo l'ora di dirglielo. 
Di dirle: "vas-y, ma chérie, faisons de betises, sautons dans les flaques, aimons la vie sans se faire de soucis". 

giovedì 24 marzo 2016

La tristezza, grande

Io amo Bruxelles. Io la considero casa. Io adoro tutto di quella città che nessuno ama. E' sporca, dicono tanti. E' pericolosa, aggiungono altri. 
A me non importa. A me porta solo bei ricordi. Il brutto che ho vissuto lí é andato via. Scomparso.
Stamani, come altre volte, ho pensato che fosse qualcosa di piccolo, di limitato. Non ho dato importanza. 
Ho realizzato piano piano. Quando ho sentito parlare di morto. Quando ho sentito parlare di quella stazione della metropolitana che conosco bene. Non mi é mai piaciuta. Faceva paura. Ma, la conoscevo bene. Ci passavo quotidianamente. Io la prendevo poco la metro a Bruxelles. Ma ci sono passata tante volte. 
E soprattutto é la stazione a cui scendono i miei colleghi. Ho pensato subito a loro. Ho sentito il respiro fermarsi di fronte al pensiero "e se fosse". Ho scritto mail. Ho trattenuto il respiro. Ma non ho sospirato di sollievo. Non ce l'ho fatta. Perché ho visto troppo dolore.Troppa distruzione.
Ho visto la mia città del cuore, la mia patria spirituale a pezzi. Ho sentito non tanto il panico, quanto il dolore nelle voci delle persone care.
Ho provato rabbia stupore.
Potevo esserci io su quel treno. Ma non é quello che mi fa paura. Mi fa paura il pensare che le persono che sono state strappate alla vita erano su quel treno e in quell'aeroporto con altri fini. Chi andava al lavoro, chi partiva in vacanza.
E perché allora questi innocenti sono stati strappati alla vita?
E' questo che mi fa male. E' questo che mi riempie di rabbia.
Ridateci la nostra vita. Ridateci la nostra libertà.
C'é un solo mondo. C'é una sola umanità.
Ecco, UMANITA'. Gli uomini fra loro non si dovrebbero uccidere. Si dovrebbero amare.
Ma io, vivo di ideali. Pare.  

sabato 19 marzo 2016

La festa del papà

Oggi é la festa del papà. E tutti giù a dire quanto meraviglioso sia il loro papà. 
Tutti a postare foto sui social network. Tutti con padri eccezionali. Sorridenti. Belli. Da telefilm americano.
Io non ho postato niente. Non avevo niente da postare. Avevo i miei pensieri. Le mie riflessioni sul nostro rapporto. 
Ho storto la bocca. Non abbiamo avuto un bel rapporto. Non ce l'avremo mai. 
So che non posso cambiare la situazione. Non posso andare e parlare. Non verrei capita. Creerei solo scompiglio. 
Cosa puoi aspettarti, Francesca? Me lo sono chiesta tante volte. Mi sono risposta niente.
L'ho detto tante volte: abbiamo avuto una chance io e te, caro papà. E non l'abbiamo utilizzata. L'abbiamo persa. E non possiamo tornare indietro. Non ci é concesso.
Non faccio il giochetto delle colpe, io. E' andata come é andata. Chi ha la colpa non importa. Importa quello che abbiamo perso.
E non é poco.
Eppure mi tengo il tuo cognome. Anche ora che il mio futuro marito ci terrebbe che io prendessi il suo. Mi tengo i tuoi tratti stampati sul mio viso. Un'impronta che mi rimarrà a vita.
Ma sono andata via, caro papà. E non tornero' mai.
Sono andata via non solo fisicamente, ma anche psicologicamente.
Ho rotto quel gioco malato.
Non vorrei essere in te. Non vorrei proprio. Non vorrei avere avuto la tua vita.
Di te prendo poche cose e me le porto con me a vita. I tuoi ideali, la tua passione per l'arte, forse anche un po' della tua tristezza.
Ho lasciato da parte il male, il vuoto, l'assenza. Non importa, sai.
Importo solo io ora. Mi sono dovuta mettere in salvo, sai.

venerdì 18 marzo 2016

Diamonds on the inside

Una frase che mi é rimasta in mente. Una frase che non mi esce dalla testa. 
Lui vuole mettere su famiglia ora. Come se non lo sapessi, ho pensato. Come se non fosse normale avere quel desiderio preciso, a quell'età, aggiungo nella mia testa. 
E tu, ti stai per sposare, dice lei. 
Due destini separati. Lontani anni luce.
Eppure, c'é stato un momento in cui siamo stati vicini.
Certo, io non stavo bene. Io non ero intera. Mi avevano massacrato le ossa e frantumato il cuore. 
Tu non eri una buona colla per i miei pezzi sparpagliati. Tu volevi quello che nessuno ti aveva dato. Forse considerazione. Tu volevi fare quello che scappava e si faceva rincorrere.
E io mi sono prestata al gioco.
Poi, é arrivato il silenzio. Prima quello pesante. Pieno di ricriminazioni. Poi quello dell'insofferenza. Infine quello dell'indifferenza. Come la vita vuole.
Avrei solo una cosa da dirti. Se mai avessi la possibilità di tornare ad essere quello che eravamo. Seduti su un divano davanti a un muro bianco. Ti direi: guarda che l'ho vissuta anche io la tua sofferenza. Uguale, identica. Guarda che so cosa significa quel vuoto. Guarda che ho guardato e guardo il cielo per cercare conforto. Guarda che certe cose non si scordano. Guarda che io ci penso sempre a quel vuoto. 
Ma guarda anche che nella morte c'é la vita. 
Ora torniamo a fare gli indifferenti. Ad ignorarci. 
E' la nostra nuova parte da recitare nel film della vita.  

sabato 5 marzo 2016

Ho Hey

La gente pensa che me ne freghi. Probabilmente che non ci pensi. Che viva spensierata e felice. 
Eh si, ci provo a vivere spensierata e felice. Perché é un diritto per me. Quasi un dovere verso me stessa.  Un diritto fondamentale da far sottoscrivere anche all'ONU.
Ma io so. Io so che non é cosi'. So che ci penso anche più volte al giorno. Mi chiedo anche se stia facendo bene a fare cosi'. A tagliare via una parte della mia vita. Le mie radici. Forse completamente marce, ma pur sempre radici. E mi rispondo con un sospîro. O mandando giù la saliva come fosse un veleno per dimenticare. 
Ho lavorato su me stessa. Ho cercato di rifocalizzarmi, refocus yourself, dicono qui. Qui sono bravissimi a farlo. Il paese dell'individualismo. Non ho potuto fare altro, mi sono dovuta salvare cosi'. Ho iniziato a lavorare tanto. Ho ottenuto una promozione che vale come un pezzo di carta igienica. Ho lavorato su di noi, sulla nostra coppia. Ho cercato di costruire una mia famiglia. Una famiglia diversa. Senza gli stessi cliché vissuti e interpretati troppe volte. 
Questa é una guerra. Silenziosa, ma sanguinosa. E chi ne paga le conseguenza sono gli innocenti. Questa é la nostra strage degli innocenti. Io non so se un giorno tu capirai quando cerchero' di spiegarti la mia assenza. Il mio silenzio costretto. Forse mi recriminerai "ma tu dov'eri?". Perché sono sicura che anche tu crescerai come me nella cultura della colpevolezza e della recriminazione. Oppure le mie preghiere saranno state ascoltate dal dio dell'amore in cui io credo e i sentimenti vinceranno. Le affinità elettive che non hanno bisogno di parole. Ma di un vissuto tristemente comune che lascia cicatrici invisibili, ma profonde, sulla pelle. Ecco quelle affinità avranno la meglio. 
E io vedro' le tue cicatrici, tu le mie. Coperte dall'amore che ho saputo trovare altrove. 
Come dicono i Lumineers, "I've been trying to do it right, I've been living a lonely life, I've been sleeping here instead". Questa é la mia vita, tesoro mio. Io aspetto solo il giorno in cui io tornero' da te e tu da me. "I belong with you, you belong with me". E tu sei la sola famiglia di origine che voglio avere. 

mercoledì 17 febbraio 2016

Ho detto si

In questi giorni dopo averti detto si mi sono spesso trovata in situazioni in cui ho dovuto giustificare la mia decisione. La gente mi guardava stupita, interdetta, colpita. Mi chiedeva "ma veramente?". Io rispondevo tra l'infastidito e l'incerto. Si, ho detto si, ripetevo. Si, l'ho detto subito. Si, l'ho detto senza pensarci troppo. 
Perché? Perché il mio é amore. Perché lui é la mia famiglia. Perché lui é la mia casa con la luce gialla, che vuol dire calore. Perché lui é comunque sempre accanto a me, mentre chi ci dovrebbe essere se ne é andato. 
C'é chi mi ha detto "con quell'altro ti brillavano gli occhi". Si, vero. Ne sono sicura. Ma quell'altro é stato un'ubriacatura, un'ebbrezza. Come dice chi mi conosce bene, mi ha dato poco e mi ha tolto tanto. Le scelte nella vita si fanno sulla base dei battiti del cuore, non sulle sbandate. 
C'é stato un momento in cui ho pensato a questo. Ho pensato che io ti volevo lí sempre nella mia vita. Nonostante le tue rigidità. Nonostante i tuoi angoli poco smussati. Nonostante la tua razionalità a volte troppo invadente.
Ti volevo lí perché tu sei la mia parte razionale che mi manca, l'ingenuità persa tanti anni fa, il mio miglior compagno di deliri e sogni, la pazienza che non ho, la capacità di fermarsi a riflettere che la mia impetuosità travolge sempre. 
Per questo ti ho detto sí. Perché questo significa amare nel mio dizionario della vita. 

mercoledì 10 febbraio 2016

Il viaggio della vita

Tornare alla mia vita di sempre non é stato facile. Ho sentito freddo (tanto). Ho avuto troppo sonno ad ore sbagliate. Ho trovato tutto troppo affollato, ovunque. Ho perso completamente il contatto con la natura che lí dovunque fossi non potevo evitare.
Ma quello che ho vissuto prima di tutto é stato lo straniamento. Sentirmi fuori luogo in quella che é sempre stata la mia vita. Sentirmi non a casa. Sentirmi persa. Sono passati più di due settimane dal nostro ritorno, eppure io ancora ho quella sensazione chiara nella mia mente e nella pelle.
Sono cambiata un po'. Il viaggio mi ha cambiata. Il viaggio ha spinto la mia mente oltre. Il mio corpo non ha avuto scelta. Ha dovuto accettare la violenza delle tante ore in aereo e dei fusi orari. Del sole fortissimo, del mare potente, anche a due passi dalla riva.
Ma la mente ha avuto più tempo e più dolcezza. La mente si é fatta sorprendere. E' rimasta colpita dalla bellezza di paesaggi mai visti e soprattutto infiniti. Ho guardato tante volte l'oceano e ho ripetuto stupita: guarda, guarda com'é grande. Tu sorridevi e rispondevi "é l'oceano, é normale", ma io ribattevo "no, no, io l'oceano l'avevo già visto, ma mai cosi'".
Prima di partire ti dicevo che questo sarebbe stato il viaggio della vita. Un viaggio che non si poteva ripetere. Unico. Quasi di iniziazione. Ti arrabbiavi. Dicevi "ma ne faremo tanti altri". Io scuotevo la testa e ribattevo imperterrita, no no, non ne faremo altri cosí.
E' stato quello che pensavo. E' stato il viaggio della vita. Mi ha cambiata. Non sono quella che é partita eccitata e impaurita da una Parigi pesante e difficile da gestire. No, sono diversa. Sono quella che ha vissuto, sperimentato e gustato l'avventura. Lo sconosciuto. Quello che io non potevo immaginare. L'infinito. 


mercoledì 27 gennaio 2016

Quel cielo blu. Sí, quello lí

In una calda giornata di inizio agosto, su una terrazza londinese sorseggiavo vino e mangiavo patatine, quando un tipo mi fece cadere nella sua trappola, dicendomi "il cielo da noi é diverso, é piú blu". Io rimasi colpita da quella frase e anche da lui. Ci siamo frequentati per un po' e devo dire che io passavo piú tempo a chiedergli del suo paese che a parlare d'altro. Ognuno é poi giustamente andato per la sua strada, ma a me é rimasta la fissa di andare a vedere quel cielo. Cosí blu. 
Poi ho conosciuto te. E quasi subito tu mi hai confessato il tuo sogno, che coincideva con andare a vedere quel cielo lí. Un po' come un passo alla vita adulta. Un po' come un gesto di iniziazione a qualcosa di nuovo. 
Per un lungo periodo, ho fatto coincidere il vedere quel cielo che mi avevano detto essere blu con il desiderio di vedere due occhi che non ho mai visto, ma in cui avrei tanto voluto perdermi. Il valore simbolico di questo viaggio é cosí diventato fortissimo. Tu mi dicevi "quegli occhi non sarebbero mai stati blu, la genetica non perdona", ma io me ne sbattevo della genetica e credevo nel mio mondo fantastico. 
Alla fine, dopo tanta attesa, l'ho visto quel cielo. La prima cosa che ho fatto appena scesa dall'aereo é stato guardare in alto. Guardare al cielo. Ed era blu, forte, intenso. Anche il sole era forte, cosí tanto da dovermi mettere gli occhiali da sole, che nonostante i filtri, lasciavano quel cielo sempre di un colore intenso, intensissimo. 
Ho passato 4 settimane con il naso all'insú. A parlare a quel cielo. A parlare a quegli occhi. A dire, ecco, finalmente ci siamo conosciuti, incontrati, anche un po' coccolati. Quando sono tornata, l'ho cercato ancora quel blu intenso. Non l'ho trovato. Troppe nuvole nei cieli inglesi. Fa lo stesso, me lo porto sempre dentro quel blu. Sempre con me.Ora ancora di piú.