giovedì 27 ottobre 2011

Bye bye temporaneo

Sollievo perché é temporaneamente finita. Sollievo a pensare al buio della stanza in cui dormirai, senza neanche un filo di luce. Sollievo perché ci vuole un attimo di tregua, una pausa dallo stress e dalle emozioni. Ansia solita da valigia e viaggio, in un paese sconosciuto o quasi. Ultime corse perché ti dimentichi sempre qualcosa di essenziale da portarti dietro. Lavatrici e centrifughe express, elenchi mentali di cose da non portare che poi finisci per mettere in valigia. Tre mesi e qualcosa di lontananza, distanza, esilio, stavolta non cercato. Voglia di salutare chi conta, di dire arrivederci, di stringere in un abbraccio chi ti ha accompagnato in questi mesi. E un'idea fissa anzi mille idee fisse: riposare, staccare la presa, finalmente dormire, fare chiarezza nel cuore e nel cervello, dimenticare il brutto, ricordare il bello. Non sono stati male questi tre mesi. Sono stati duri, questo si'. Ma mi hanno dato tanto, mi hanno riportato alla vita. Grazie a chi ha saputo capire i miei silenzi, le mie assenze, il mio disordine mentale e fisico. Ricordati pero' che tra una settimana torni ad essere un'isolana!

mercoledì 26 ottobre 2011

La valigia del ritorno

E' arrivato il tempo di rifare la valigia, di tornare a riempirla, di speranze come sempre, di condivisione e di tre mesi passati che valgono come tre anni. Come sempre c'é l'agitazione, quella che definirei l'ansia da ritorno. Ci sono tante cose da condividere, c'é la paura del tempo che passa sempre troppo velocemente, c'é il timore dei fantasmi del passato, che possono assalirmi, contro i quali devo preparare un piano segreto, per tenerli lontani. Se potessi scegliere ti chiederei di partire, di non restare a casa, ma di prendere Anna e venire via con me. Ti chiederei di fare un viaggio, in macchina, insieme. Come quando partivamo io e te, sulla Cisa, con le risate e le chiacchere come compagne di viaggio. Sarebbe più semplice per me, non dovrei affrontare la realtà, quella che non mi piace. Potremmo passare il tempo come piace a noi, senza obblighi morali. Potremmo fingere, dimenticare, non dover scendere a compromessi. Sarebbe più facile, lo sappiamo entrambe. Ma entrambe andiamo avanti e ci prepariamo a guardare la realtà per quella che é, tra una botta d'allegria e l'altra. Da quanti anni siamo cosi', sorella? da quanti anni ci rifugiamo nel nostro rapporto per costruirci delle certezze, per costruirci la nostra famiglia, per cercare sicurezza, noi che siamo cresciute nell'insicurezza? Da quanti anni sappiamo che possiamo contare solo sulle nostre forze? Da quanti anni siamo stanche, sfinite, perché siamo cresciute prima del tempo e le responsabilità ci hanno piegato le spalle, senza pero' spezzarci? Questi interrogativi li metto stasera in valigia, mentre aspetto il nostro viaggio, quello della spensieratezza. Ma qualcosa mi dice che quando finalmente lo faremo, sarà Anna a guidare. Io e te saremo troppo vecchie per farlo, ma saremo sicuramente libere, da tutti i pesi che ci trasciniamo. Sarà il viaggio del benessere, della condivisione della felicità. La valigia allora sarà leggera, leggerissima. Ne sono sicura.


"Grazie per il tempo pieno, grazie per la te più vera, grazie per i denti stretti, i difetti, per le botte di allegria, per la nostra fantasia".

martedì 25 ottobre 2011

Desideri, corse e cadute

Stamattina é tornata la pioggia. Mi ha sorpreso, pensavo di poter vivere senza di lei, presa a contemplare il cielo blu e le poche nuvole bianche. Ho sentito la violenza del vento contro i vetri e ho visto le nuvole, scure, minacciose, immobili nel cielo. Mi sono sentita stanca, stanchissima, alla frutta. Ho cercato un motivo per andare avanti, come devo fare quotidianamente. Ho pensato che sarebbe più semplice tornare a letto, fare finta di non essere qui, di non avere un lavoro. Non voglio risolvere problemi impossibili, scadenze improbabili, lamentele e desideri personali. Non voglio fingermi competente, non voglio fingermi interessata: io vorrei qualcosa di diverso, vorrei cambiare il mondo, vorrei la giustizia in terra. La mia utopia si scontra quotidianemente con la realtà, io cammino sette metri da terra e ogni tanto cado e mi faccio male. Sento il dolore fisico, quello della caduta, sento la stanchezza di questa lotta personale che porto avanti da anni, forse da sempre, sento la mancanza di una spalla su cui appoggiarmi e riposarmi. Per dormire ho bisogno di qualcuno che mi faccia dormire, che mi accarezzi la testa mentre prendo sonno. Per andare avanti, ho bisogno di una mano che mi afferri e con forza e dolcezza mi accompagni. Per sopravvivere, ho bisogno di una guida, di un punto di riferimento. Ma oggi, come tutti gli altri giorni, posso solo andare avanti da sola. Il faut s'assumer, ma fille, direbbero i francesi. Eh si, il faut s'assumer, rispondo io. Ma é difficile, é dura andare avanti quando ti senti zoppicare, quando ti fanno male tutte le ossa, quando non vedi la causa e il perché di tutto questo. Ancora una volta, non c'é tempo per pensare. Sei in ritardo, un'altra giornata é già iniziata. Il tempo corre, tu gli corri dietro, come quando il tuo treno parte, proprio mentre tu hai appena salito l'ultimo gradino delle scale. Sai che correre dietro al treno é inutile, eppure il tuo spirito di sopravvivenza ti fa correre verso quel treno che si allontana e che non prenderai mai. Aspetta, ad un certo punto ti stancherai di correre sul binario. O salirai sul treno o andrai a prenderti un thé da qualche parte, per guardare i treni passare, veloci, determinati, con una meta. Quella tu non cel 'hai, ma forse non te ne importerà niente a quel punto. Preferirai solo guardare e riposare, in silenzio, senza battiti del tuo cuore. Anche lui, il tuo cuore, avrà finalemente capito quali sono le regole da seguire.

lunedì 24 ottobre 2011

Tornare a casa

Prepararsi a tornare a casa, iniziare a pianificare, a pensare a cosa fare, alla gioia del ritorno. Risentire quell'odore di casa, particolare, che non ti sei scordata, che ti accoglie appena arrivata. Risentire di nuovo il buono profumo di bimbo, ritrovarsi le sue mani piccole sul tuo viso, mentre ti accarezza e ti parla nel suo linguaggio incomprensibile. Aspettarsi lunghe chiaccherate, accompagnate da tisane e cioccolate calde, confessioni e rivelazioni. Pezzi di vita condivisa, costruita un po' insieme, un po' in solitudine, in due vite parallele, ma lontane. Cercare di accettare il solito compromesso, quello che ti sfianca e ti snerva, ma che non ti lascia scelta. Sedersi a tavola, evitare certi discorsi, pensare che devi solo aspettare, andare avanti, cercando di fingerti sorda. Ma soprattutto concedersi una pausa da questa vita di corse, di sveglie antelucane, di sfide perenni, entusiasmanti, stancanti. Appoggiarsi su quelle spalle, ora piccole e curve, che ti hanno abbracciata e cullata per anni, sentire la stessa sensazione di quando da piccola dopo un incubo ti andavi a rifugiare accanto a quelle spalle, perché solo il calore e quel profumo ti rassicuravano. Guardare a lungo quelle mani, quelle che non ti asciughi mai e che hanno le dita tutte storte, guardarle e vedere che le mie assomigliano sempre più alle tue, quasi a lasciarmi un ricordo vivo, presente, da portare via con me. Se chiudi gli occhi questo viaggio lo puoi anticipare. Sai sentire la sensazione delle ruote dell'aereo sull'asfalto, quel colpo al cuore che senti sempre, quando capisci che anche se per poco sei tornata, l'umidità che ti assale, Bologna rossa, disordinata, che ti fa sempre battere il cuore, che ti ricorda l'università, il rumore dei tuoi sandali sotto i portici, quando ci sono quaranta gradi all'ombra. E poi la stazione centrale, ancora una volta il suo odore unico, il suo caos, la stanchezza. I paesaggi che vedi dal treno li conosci a memoria, li hai visti e rivisti, negli anni dell'università, quelli della spensieratezza. Di colpo sei arrivata, rivedi quel sorriso unico, che ti porti dietro, lo abbracci quel sorriso e cosi' ti senti a casa, ti senti arrivata, anche se la tua valigia non ti abbandona mai. Ti segue sempre, come Ulisse, a ricordarti che anche il tuo viaggio non é finito. Ma per ora respiri, ti impregni di casa, di ricordi, di emozioni. Ti impregni di affetto, lasci da parte il risentimento. Ci sarà tempo per quello, per digerirlo e congedarlo.

domenica 23 ottobre 2011

Elenchi da domeniche felici

Cielo trasparente. Un bus, un libro e un paesaggio da guardare. Lunghe chiaccherate con amiche che non sapevi che lo potessero essere. Comprensione di fronte ad un disagio annunciato e confessato quindici anni dopo. Vestiti vintage e pazzie. Musei sconosciuti scoperti. Piacevoli ore del thé, sul divano. Corse e ritardi nella metro. Risate e chiaccherate col passato. Stanchezza ma cuore leggero. Da ripetere, sicuramente.

Decostruzione e ricostruzione

Basta poco per cercare di mandare giù il rospo, almeno in apparenza. Basta una giornata di sole, un'altra, che ti sorprende perché tu eri abituata alle nuvole e al cielo grigio. Basta una tazza di thé, caldo, confortante, un divano su cui stendersi perché ti senti esausta, anche se un po' hai dormito. Basta un libro per evadere, per non pensare troppo e male, per immedesimarsi nella vita di qualcun'altro e nella sua storia. E il gioco é fatto, anche se le palpebre pesano per le ore di sonno perso e i pensieri, in questi momenti pensi o meglio speri che il peggio sia passato. Ieri sera hai camminato a lungo, sola, in un quartiere sconosciuto, non hai guardato nessuno in faccia, sei andata dritta verso il tuo destino. Ti sentivi sicura, intoccabile, forte. Forte dell'essere venuta qui, dell'aver accettato questa nuova sfida. Hai perso molte cose, lo sai, ma ne hai guadagnate altre. Hai guadagnato consapevolezza, ti sei decostruita per ricostruirti di nuovo, un passo dopo l'altro. Il processo é lungo, devi avere pazienza, ma vedi già i primi risultati, il sollievo che inizi lentamente a provare. Non sei un'altra da quella che eri. Sei la stessa, ma con uno strato di esperienza in più, che ti copre la pelle, per fortificarti un altro po'. Ti mancano tante cose, ma questa mancanza non é desiderio di tornare indietro, ma voglia di apprezzare quanto la vita ti ha dato e quanto hai costruito. C'é sempre una soluzione, una via di uscita, una scialuppa di salvataggio. L'hai vista, hai iniziato a camminare verso lo stare bene, lentamente, ma con perseveranza. Ci stai arrivando, datti tempo, abbi pazienza. E' quasi fatta o almeno credici!

sabato 22 ottobre 2011

Ne t'inquiète pas pour toi

Voglia di indipendenza, di non dipendere da niente e da nessuno. Necessità impellente di tirare fuori le palle, di essere forte, come hai già dimostrato di saperlo essere. Bisogno di tornare per un po' a casa, di sedersi in quella cucina calda, di giocare con la Bimbie, insegnarle i giochi della tua infanzia, quelli che creavi nella tua testa. Volontà di tornare sulla terra ferma, perché vivere su un'isola ti fa sentire a volte instabile, ti fa venire il mal di mare, ti fa girare la testa. Incertezze che diventano certezze, desideri che si trasformano in azioni. Cielo blu, sereno, che ti conforta e ti aiuta ad andare avanti, a non voltarti indietro. Accettazione della propria stanchezza, delle ore di sonno perse e irrecuperabili, stress e ansia da prestazione personale e lavorativa da smaltire. Un obiettivo, te stessa, stavolta devi giocare la carta dell'egoista, lasciando da parte la Croce Rossa e le crocerossine.

Non ti pentire, non ti girare, il ne faut jamais regretter rien de rien. Dimentica, hai troppi ricordi in testa per poter fare spazio ai nuovi, alle nuove emozioni. Lascia da parte chi non é pronto, non lo sarà mai, ma sii pronta tu, sviluppa una coscienza di te, di quello che realmente vuoi e non vuoi. Per una volta accetta il silenzio degli altri, non lo sovrastare con la tua voce. Impara a dire no a chi ti sta vicino, a dare tempo a te stessa e al tuo cuore. Realizza i tuoi obiettivi, senza contare su nessuno, gli altri un giono ci sono, l'altrono, lo dici sempre che la chiave della vita é l'indipendenza. Prendi il coraggio a due mani e salta, metaforicamente e realmente, vai lontano, di risorse ne hai. Quando ti senti stanca e senza forze, rileggi questo post e vai avanti, sempre. Domani sarà sempre un giorno migliore.

venerdì 21 ottobre 2011

Shake me all night long

Camminare per ore, fino a consumare le scarpe. Ascoltare chi ti parla, cercare di concentrarsi, mentre ti dici "peccato pero'". Scoprire nuovi angoli di Londra, mentre cerchi qualcosa di vecchio e conosciuto. Guardare per ore il Tamigi, sentirne l'umidità mentre stai appoggiata ad un muretto, vederlo grande, accogliente, avvolgente. Tornare a casa tardi, stanca, un po' a pezzi, ma finalmente sobria, senza neanche una goccia di alcool in corpo, tanto lo sballo ce l'hai da sola nella tua testa o forse non c'é più niente per cui sballarsi o da negare o da dimenticare. Sentire la tristezza che bussa alla porta e non aprire, perché fingi di non essere in casa, anche se lei insiste per entrare e invaderti l'anima e la vita. Sapere di essere un po' alla frutta, ma decidere di ricominciare dall'antipasto, perché nella vita nessuno ti nega mai di ripassare dal via, come a monopoli. Fumarsi una sigaretta solo per scaricare la tensione, sentire il sapore che brucia in bocca e provare a rilassarsi. Non avere il tempo materiale per te stessa, per prenderti cura di te e del tuo benessere, per telefonare e fare gli auguri. Andare a ballare, scatenarsi, fregarsene di tutto e di tutti, un po' come se fossi nel salotto a casa tua. Respirare, si proprio respirare e andare a letto perché finalmente vuoi dormire, vuoi rilassarti, vuoi smettere di pensare, vuoi la tua pace e il tuo tempo. E chi se ne frega del disordine mentale e fisico!

Pollyanna non puo' andare a farsi fottere

Mi manca il salire su un tram e non sapere dove stai andando, ma sentirsi comunque sicura, perché hai quella città in tasca. Mi manca il solito "Bonjour, Bonne Journée, Bonne Merde" quotidiano, col sorriso sulla bocca. Mi manca il cinema di domenica mattina, dove c'eravamo solo io e te, come due vecchie che non hanno niente da fare. Mi mancano i nostri gelati da Capoue e le nostre passeggiate sugli stagni. Mi manca la libertà di uscire, girare, perdermi, ritrovandomi sempre. Mi mancano le mie pause midi da Filigrane, a leggere tutti i titoli dei libri, a guardare le guide delle città che vorrei visitare. Mi manca la luce del mio appartamento, la vista su Place Blyckaert, il passare le ore a guardare fuori. Mi mancano la mia cucina, i miei utensili, la mia fantasia e la gioia della condivisione. Mi manca la mia solitudine piena di amici. mi mancano le nostre telefonate e risate quotidiane. Mi mancano le pacche sulle spalle e il caffé alle dieci nella ribattezzata "Salle des fêtes". Mi manca il mio sonno, il mio addormentarmi ovunque, spesso sul mio divano. Mi mancano i mobili che ho messo insieme grazie agli amici che se sono andati e che mi hanno lasciato un ricordo. Mi mancano le foto, quelle che mi porto dietro per ricordarmi che ho un passato, che puo' essere bello. Mi mancano le mie collane di plastica, da abbinare quotidianamente, segno del mio essere un po' fofolle. Mi mancano i miei vestiti sul letto, quando li scelgo al mattino, le mie centinaia di scarpe ovunque. Mi manca la disponibilità di chi conta nella mia vita.

Tutto questo é andato, non lo faro' tornare. Ma come si dice, il faut mordre sur sa chique, andare avanti dimenticare. Bisogna fare il solito giochino che ho fatto per anni, quello di Pollyanna, quello dello stimare le cose che ho ora nel presente. Bisogna vivere e circoscrivere il momento presente, la tristezza passerà, l'amaro e il retrogusto anche. Sono prove della vita, anzi, questa non é niente rispetto ad altri problemi. Ho costruito una vita cosi', devo andare avanti. Il problema é crederci, ancora una volta.

giovedì 20 ottobre 2011

Confronti

Cieli: nebbiosi da non vedere la casa davanti, da sentire l'umidità che ti entra nelle ossa; nuvolosi, da non riuscire a distinguere l'estate dall'inverno, ma allo stesso tempo rassicuranti, come una coperta dove nascondersi dal freddo; blu, quasi trasparenti, quasi a tranquilizzarti a farti sentire serena, con qualche nuvola ad indicare che la perfezione non esiste.

Marciapiedi: grandi e spaziosi, nei quali pero' non c'é mai abbastanza posto, come se non ci fosse posto per te li', in quel momento, a quell'ora; disuguali, da inciamparci in continuazione, nella vita e nella testa, per sentirsi poi dire "ma tu hai mai imparato a camminare?"; lisci, uniformi, monotoni, fatti per pensare sempre alle stesse cose, mentre cammini, fingendo a te stessa di correre verso qualcosa.

Gente: arrogante e altezzosa, da evitare; ubriaconi ed eurocrati seduti allo stesso tavolo, per farci credere che l'Europa esiste; svitati e isterici, di corsa, alla ricerca del loro presunto Graal.

Rapporti umani: un disastro, a parte poche e minime eccezioni; amori e disamori, amicizie perenni e instantanee, delusioni e rammarichi, ma anche grandi passioni; rapporti mordi e fuggi, oggi ti vedo, domani non so, aspettative e poche certezze, a parte il tentativo di imparare a stare da soli.

Amori: inesistenti o quasi, per lo più celebrali; reali e concreti, a volte duri, durissimi, da sfiancare, da sfondare tutto per poi dover ricostruire me stessa da zero; assenti, non pervenuti, da pervenire, volere ma non potere.

Io: giovanissima e timidissima, impacciata e incapace di emergere e di esprimermi; in fieri, alla scoperta di me stessa e del mondo; in crisi, temporanea, pronta a ritornare in campo.

mercoledì 19 ottobre 2011

Tornare a Londra

Tornare a Londra significa ricominciare a incontrare ogni notte l'insonnia. Significa svegliarsi alle cinque, scendere in cucina a farsi un thé, sedersi sul solito divano a guardare fuori, anche se ora il cielo é nero, scuro, impenetrabile e senti il freddo nelle ossa. Significa anche sentire la nostalgia di casa, sentire la necessità di sedersi in cucina con una tazza di cioccolata calda a ridere e scherzare, per non pensare ad altro, intervallando le risate con qualche sospiro. Significa continuare a digerire questi mesi, lentamente, ma con la volontà netta di andare avanti e stare bene, prima di tutto con te stessa e la tua solitudine. Perché io conoscero' anche tanta gente, ma amo stare sola, camminare da sola, sedermi a pensare da sola, perché il mio cervello non si ferma mai, non smette mai di cercare, analizzare, porsi delle domande. Tornare a Londra significa avere voglia di tornare a cucinare, di fare una torta per sentire l'odore buono che il forno sprigiona, di comprarsi una teglia nuova perché le tue sono altrove, lontane, bloccate in una vita passata e da dimenticare per andare avanti. Tornare a Londra dopo solo quattro giorni per riaffermare che devi cambiare, non devi più lasciarti fare, devi affermare te stessa, la tua personalità, le tue scelte. Tornare a Londra significa anche cercare di tornare a dormire, lasciare i pensieri da parte, insieme ai battiti sconclusionati del tuo cuore, che tanto non capisce mai niente e va sempre nella direzione più sbagliata e più complicata. Tornare a Londra significa accettare gli altri per quello che sono, lasciare da parte le incomprensioni e camminare, prima di tutto da sola, per le strade di questa città, col sorriso sulla bocca. Perché questa é la mia vita, questa sono io, questa é come dico sempre, la mia chance per fare il grande salto. Quello dell'età adulta.

Silenzio

Oggi ti ho pensato tanto, tantissimo. Non so perché, normalmente ti evito anche nei miei pensieri. Forse perché fra pochi giorni compi gli anni, prova reale e tangibile che stai invecchiando. Mentri tu invecchi, io mi rassicuro, mi sento vicina alla fine di questo rapporto, inesistente, finto, lacerato. Sai, io e te non ci siamo mai parlati molto, il silenzio fra di noi é sempre stato presente nel nostro rapporto, fin da quando andavamo a camminare d'inverno da soli, di domenica pomeriggio, quando io ero ancora troppo piccola per parlare e per non perdonare. Non ci siamo mai parlati, ma ci siamo pero' forse voluti bene. Io si, te lo posso giurare, ti ho voluto un bene puro, assoluto. Per anni, ho cercato solo di stupirti, di renderti fiero di me, di mostrarti che stavo seguendo le tue orme. I bei voti servivano a quello, sai, ad attirare la tua attenzione, a sentirmi stimata da te, a farmi accettare tutto quello che mi dicevi e che mi bruciava. Ma tu sei andato avanti, hai superato ogni limite, hai continuato il tuo gioco. Io mi sono stancata, mi sono stancata di sentirmi dire quello che non ero, di vergognarmi per le tue colpe e i tuoi peccati, di dover sempre fare finta di niente, di aver paura e di scappare. Mi sono stancata cosi' tanto che ti ho escluso, ti ho cacciato, ti ho nascosto nell'armadio insieme ai vestiti che non metto più. Eppure sei sempre li', ogni volta che mi guardo allo specchio, ogni volta che dubito di me, ogni volta che sbaglio. Sei li' a ricordarmi quello che non mi hai dato, questa grande chance che abbiamo perso entrambi. Abbiamo perso affetto, complicità, condivisione. Hai perso l'occasione di vedere realmente chi sono e chi sono diventata, come mi sono ricostruita nonostante la tua lenta ma costante decostruzione. Abbiamo guadagnato chilometri fisici e metaforici di distanza, musi lunghi, ferite solo a tratti rimarginate, disillusioni e frustazioni. Prima della fine di questa sceneggiata che stiamo recitando da qualche anno, io e te, ti vorrei chiedere il perché di tutto questo. Vorrei sapere cosa ti ha spinto a comportarti cosi'. Ascolterei le tue spiegazioni, sai, forse le potrei anche capire. E poi vorrei che mi chiedessi perdono, più per le parole che mi hai detto che per altro. Vorrei che mi dicessi: "scusami, sono umano, ho sbagliato". Io tornerei a vivere, noi cominceremo a parlare. Ma questo forse non é per questa vita.

martedì 18 ottobre 2011

Quattro giorni

Quattro giorni andati, impacchettati, vissuti. Quattro giorni senza un pensiero, a parte uno, sempre fisso. Quattro giorni a cercare di riposarsi, con la stanchezza che non ti lascia anche se dormi tredici ore in una sola notte. Quattro giorni di isolamento, cercato, non voluto, non si capisce. Quattro giorni per fare il punto, senza sapere di cosa vuoi fare il punto. Quattro giorni per tornare a casa, se si puo' chiamare cosi' e capire che non hai capito niente e che forse hai fatto un errore di messa a fuoco, l'ennesimo. Quattro giorni col dubbio che forse sarebbe stato meglio andare a Bruxelles e salvare qualcosa che non sai come definire, a sostenere qualcuno che vuoi disperatamente aiutare e non sai se vuole essere aiutato. Quattro giorni a guardare distese d'erba e mare, a farsi schiaffeggiare dal vento, che ti accarezza rispetto ai veri schiaffi che ti sei già presa. Quattro giorni a riprendersi dopo aver visto una foto di qualcuno che non vuoi più vedere, a ripetersi gli sbagli fatti e da fare, a dirsi che quello li' ti ha segnata a fuoco e che ancora non l'hai dimenticato, nonostante tutto. Quattro giorni con un taccuino aperto davanti e una penna, ma nessun pensiero da scrivere. Quattro giorni cosi', volati nello sciacquone dello scarico, che cerchi disperatamente di afferrare con le dita, ma sai che sono già andati. Quattro giorni che si concludono con una serata, di merda direbbero i francesi, a maledire te stessa, il tuo cuore e il tuo cervello. Quattro giorni, cibo disordinato, brufoli nascenti, pensieri sconclusionati e una domanda fissa: "ma la mia vita, dove sta andando?". La risposta la conosci, lo sai, non ti ci volevano questi quattro giorni per capirlo. La risposta é semplice, sei tu alla guida della nave, sai tu quando fermarti e quando accellerare. Sai tu chi far salire per questo giro. Allora siediti e pensa, lascia da parte le tue paturnie e quelle degli altri, rifletti e chiediti: "ma tu, dove vuoi che vada la tua vita?"...risposta non pervenuta, elementare come sempre, ma da far pervenire a breve, per vivere e non sopravvivere.

venerdì 14 ottobre 2011

Ciao, volevo dirti...

Sai cosa ti direi se mi dicessi "Ciao, ho trovato altro"? Ti direi "segui la tua strada, segui il tuo cuore, ascolta le tue emozioni". Ti direi che ti vorrei tenere stretto a me, in uno di quegli abbracci che raramente ci saremo scambiati, ma non per bloccarti o limitarti, ma per farti crescere con me e forse un giorno con noi. Ti direi che vorrei il meglio per te e che se non fossi io il tuo meglio, non ti tratterrei a tutti i costi. Ti direi anche di guardare bene, di vedere come le nostre vite possono interagire, come i nostri sorrisi e le nostre chiacchere ci fanno stare meglio. Nessuno ti incatenerà, né ora né mai. Sarei triste se te ne andassi, so cosa si prova a vedere andare via qualcuno che fa parte della propria vita. Non te lo posso giurare, ma forse lo accetterei, per te, per il tuo bene. Accetterei mio malgrado la tua felicità, il tuo benessere. Forse ti darei un ultimo abbraccio, forte, o un bacio sulla fronte o una carezza sulla tua pelle morbida e mi congederei da te. Ma mi porterei dietro tutto quello che abbiamo vissuto, nonostante la delusione e la sofferenza del momento. Pero' se potessi, ti consiglierei di starmi vicino, di camminare ancora un po' con me per i sentieri delle nostre vite, col sorriso e l'ironia di sempre. Perché con te so essere una persona migliore, perché con te so sorridere, perché con te so essere me stessa. perché con te sono Francesca, niente da aggiungere o modificare.

mercoledì 12 ottobre 2011

Tu come stai?

Se mi chiedessi come sto ti direi sbrigativamente bene. Te lo direi per tagliare corto, per non andare nei particolari, per non farti vedere niente di me, per non sbilanciarmi. Se poi riuscissi ad aprirmi di più ti direi, benissimo, e lo sai perché? Perché ho l'impressione di non aver mai vissuto e pensato come in questi mesi, ho l'impressione di avere un vulcano al posto del cuore e della testa. Non é facile questa nuova vita, a momenti é durissima, in altri dolcissima. Durissima come tutti gli schiaffi metaforici che ricevo ogni giorno, gli sguardi pesanti di alcune persone, le delusioni che mi attraversano l'anima e che passano velocemente, portate via dal vento che non mi abbandona mai. Dolcissima come un abbraccio inaspettato, che arriva all'improvviso, due braccia grandi e forti che mi abbracciano da dietro a sorpresa, senza neanche stringermi. Quelle braccia per un momento non mi fanno volare via col vento, mi bloccano a terra, mi fanno restare qui, accettare la nuova realtà. Quelle braccia mi fanno dire che sto benissimo, mai stata meglio.

lunedì 10 ottobre 2011

Bruxelles, ma belle

Bruxelles, ma belle. Cosi' mi viene di chiamarti, queste sono le parole che mi salgono alla bocca quando penso a te. Sei stata un'esperienza di crescita, une éducation sentimentale per me. Sei stata la città del cercare di creare, di rinascere, di ricominciare da capo, per dimenticare il passato. E' stato li' che ho capito che i fantasmi non vanno chiusi nell'armadio, ma affrontati, sconfitti, giorno dopo giorno. Sei stata una tazza di assenzio, un lungo respiro durato anni. Me ne sono resa conto tornando a camminare per le tue strade, quelle strade che conosco ad occhi chiusi, ho capito che ho vissuto lunghi anni in apnea, non per costrizione, ma perché non avevo bisogno di respirare. Sei stata la prima città di cui ho imparato i nomi delle strade a memoria, di cui so disegnare la cartina mentalmente, senza esitazioni. Ho vissuto delusioni e illusioni in questi anni, le prime insignificanti rispetto alle seconde. Sei stata la città in cui ho capito che potevo valere qualcosa, in cui ho imparato a mostrarmi per quella che sono veramente. Mi hai insegnato ad aprire il mio cuore, ad ascoltarlo, a non avere paura dei sentimenti. Mi hai aiutato a trovare il coraggio di sedermi di fronte ad un estraneo per raccontare, parlare e lenire le mie ferite e per trovare la forza di perdonare ed andare avanti. Tutto questo l'ho impacchettato e chiuso in dodici metri cubi di spazio, anche se mentalmente l'ho portato con me. Ora aspetto di trasportarlo fisicamente nella mia nuova casa e nella mia nuova vita. Forse un giorno avro' veramente una mia casa, con le mie cornici, i ricordi, i miei utensili da cucina, i soprammobili che ricordano qualcuno e qualcosa, i miei libri, da sfogliare ogni tanto per rileggere una frase. Un giorno tutto questo avrà un posto fisico, un rifugio per loro e per me. Un giorno anche io piantero' le mie rose come quelle trasportate nei vasi dei romanzi dell'Allende, le piantero' in un posto dove decidero' di restare e di costruire in pianta stabile una nuova vita. Forse non sarai tu, Bruxelles, la prescelta, ma non importa. Tu sei stata parte della mia vita, della mia crescita. Non sei un luogo, ma un pezzo di vita, condito di amicizie, amori, risate, cieli grigi e giornate di canicola. Sei stata il passaggio dalla giovinezza alla vita adulta. Non me lo dimentichero', come una zingara, ti portero' dietro, con me, insieme ai miei dodici metri cubi di vita vissuta, assaporata e gustata.

domenica 9 ottobre 2011

Contatti

Sfiorare la mano di uno sconosciuto nella metro, perché sei tanto assonnata che fai fatica a stare in piedi. Cercare affannosamente il bottone della sveglia, per restare ancora un po' nella culla calda dei sogni. Frugare nella borsa per cercare la carta d'identità che é il laissez-passer per la tua vecchia vita, nel continente. Sfiorarsi la pelle, alla ricerca intimorita e timida delle rughe nascenti. Sistemarsi gli occhiali sul naso, anche se senza di loro forse vedresti meno confuso e sfocato. Cercare la tua pelle, sentire metaforicamente la tua barba, quasi a ricordarmi mentre mi graffia nel pensiero che esiste sempre la possibilità di risalire. La penna che scrive sul foglio, per codificare e rendere reali i miei sentimenti e mi fa sentire meglio. Salire su un treno, toccare il velluto del sedile, sentire la gioia del tornare, tenendo presente che ora la mia vita é altrove e che devo lasciare andare quella passata. Abbracciare amici, ex-colleghi, vecchi e profondi amori. Guardare te, che sei stato il primo vero amore e capire che abbiamo costruito tanto e che anche se l'amore é tramontato resta un affetto grande e puro. Sfiorare con i polpastrelli ilmio vecchio campanello e notare che senza il mio nome é più bello. Prendere due, dieci, venti vite e metterle a contatto, far nascere amicizie che il tempo non sfiorisce, amori non svelati ma intensi, costretti a trasformarsi in stima e affetto. Entrare in contatto con il proprio cuore, cercare di ascoltarlo e capirlo. Dirgli che c'é ancora tanta strada da fare, battiti da pulsare, lagami da rendere solidi, contatti da stabilire e mantenere. A vita.

Parole sfuggite o fuggite di nascosto

Ci sono delle parole che sfuggono, senza volerlo scappano fuori dalla bocca e dal cuore. Sono parole vere, che confermano sentimenti accennati e sussurrati, a cui stenti a credere fino a quando un bel giorno ti si palesano davanti. Sono parole timide, che si vergognano di se stesse, che si vorrebbero nascondere e che poi esplodono, lasciando senza parole te e chi ti é vicino. Succede cosi', al cuore non si comanda né ci si puo' imporre sul cuore, sono parole che vanno accettate e integrate, fa parte del processo di crescita, delle sfide quotidiane che ogni giorno dobbiamo accettare e portare avanti.

Sono parole che quando ti sfuggono ti fanno vergognare, ma ti fanno anche sentire meglio, ti senti l'anima leggera, come se ti fossi tolta un peso dalla coscienza. Ora é tutto chiaro, limpido, ora non ci sono mezze frasi, secondi e terzi sensi. Il problema é che queste parole sono pesanti, difficili da condividere, da far accettare. Sono il segno di una fiducia cieca nell'altro, di una spregiudicatezza senza confini, della volontà di vivere di un fiato. Perché la vertigine non é paura di cadere, ma voglia di volare. Si', di volare lontano, in alto, nel cielo blu con poche nuvole, sereno, anzi serenissimo.

mercoledì 5 ottobre 2011

Il vento del Nord

Aprire il proprio salotto, spalancare le finestre, fare entrare una ventata di aria fresca. Ecco che cosa ho fatto. Il vento del Nord ha portato freschezza, ha destato il mio animo assopito, catturato da una finta tristezza. Ancora una volta, ho avuto la conferma che la vita é nelle mie mani, che ci sono occasioni e incontri unici, come questi.

Domani prendero' di nuovo la mia valigia, sporca e rotta, ritornero' sul continente, mettero' una breve pausa a questo isolamento. Assaporero' il sapore del passato, rivedro' volti cari, sorridero' di nuovo, ma cerchero' di lasciare da parte la nostalgia e di assaporare il presente.

Questa é la mia occasione per crescere e maturare, per continuare e forse portare a termine un cammino iniziato tanti anni fa, per costruire una Francesca forte, indipendente. Forse quella mano che cerco di afferrare é un po' come quando da bambine ti chiedevo di darmi la mano prima di addormentarmi. E' la mano della sicurezza, del consiglio, dell'approvazione.

Dopo tutto questo posso tornare a dormire sicura e serena, l'aria é cambiata, non ho più segreti. La strada é lunga, ma io ho le forze per percorrerla. Devo solo spalancare le finestre del mio cuore, fare uscire la tristezza e lasciare posto alla vita. E cosi' sia.

martedì 4 ottobre 2011

Let the rain come down

Come ho passato questi due ultimi mesi? camminando e pensando, ammirando, scoprendo e sorprendendomi. Sorprendedomi a pensare e trovare bella una nuova realtà, scoprendo posti finti e reali, accomodandomi su divani altrui, virtuali e concreti. Sono i mesi in cui ho scritto di più, in cui il mio cuore ha battutto più forte di prima, mesi di crescita, mi dico fra me e me, ma anche di difficoltà. Ho avuto un paracadute sulle mie spalle, per non farmi male nella caduta. Ho trovato supporto, inaspettato, e affetto che mi ha sorpreso.

Anche stasera ho camminato tanto, ho rimirato un cielo che ti avrei voluto far notare, mi sono fermata su un ponte a guardare il Tamigi, grande, nero, avvolgente. Ho pensato che forse sprofondare li' dentro sarebbe più facile che affrontare ogni giorno questa realtà, con l'insoddisfazione, la frustrazione e il senso di inadeguatezza che mi porto dentro. Ho pensato al sonno che ho perso, insieme ad una vita, che forse non ha niente da rimpiangere con quella che ho ora e che avro'. Ho capito che bisogna sempre andare avanti, guardarsi indietro solo per vedere quanta strada si é fatta. Ho capito che é andata come é andata, che non sono stata una perdente o una debole perché ti ho fatto spadroneggiare quanto e come hai voluto. E' stato solo perché ero troppo stanca e affaticata, avevo troppe pietre sul mio cuore, che mi pesavano, mi opprimevano. Ho parlato e condiviso troppo poco, sono stata troppo fiera di me stessa per chiedere aiuto.

Ora devo accettare tutto questo, digerirlo. Cosi' tornerà anche il sonno e la serenità, l'accettazione di me stessa e sapro' soprattutto godermi quanto ho fatto. Forse sapro' anche accettare di nuovo di amare e essere amata, senza vivere una tragedia emotiva. Sapro' andare su quel ponte, guardare il Tamigi e poi alzare lo sguardo in alto, per rimirare le stelle. Quelle si che saranno accoglienti.

lunedì 3 ottobre 2011

Il bene a tempo indeterminato

Camminare lentamente per strada, sentire i propri passi, i propri pensieri. Ripensare a quello che ci siamo detti durante quei dieci minuti che poi diventano ore. Lasciare il continente, una vita, una casa, un po' di amici e trasferirsi, arrivare a 31 anni per scoprire certe cose, per capire un po' di me stessa attraverso le tue parole. A momenti mi chiedo come abbia fatto, io, Francesca, a vivere, a non conoscere e scoprire certe cose solo ora, come l'affetto o il bene a tempo indeterminato, la condivisione, la disponibilità. Ecco cosa ho trovato in te: un silenzio che é pieno di parole, anzi un silenzio che prepara alla riflessione e allo scambio, ore di dialogo, di condivisione di momenti di vita per farti conoscere un po' più di me, senza paura di farti vedere qualcosa che non ti piace. Capire che il mio famoso salotto non é solo mentale, ma anche fisico, lo posso costruire nella realtà, lo sto costruendo grazie a te. In questo salotto fisico e reale forse possiamo anche limare le mie asprezze, smantellare i miei dubbi e le mie finte credenze, sorridere e lasciare andare via il passato, senza sotterrarlo, ma piuttosto superandolo, posso addirittura imparare ad accettarmi e a non dubitare di me. Cosa dire? Grazie per questo bene a tempo indeterminato, come lo definisci tu, grazie per la pazienza, per l'ascolto, per smantellare e negare le mie finte certezze. Grazie per quella mano che silenziosamente mi accompagna per le strade di questa città e per quelle della vita.


sabato 1 ottobre 2011

La valigia con le rotelle

Svegliarsi al mattino con la voglia di scrivere, di raccontare, di pensare e riflettere. Svegliarsi per codificare i propri pensieri, perché scriverli li fa sembrare veri e fanno meno paura. Scriverli per capire che c'é del positivo, del bene, insito segretamente in noi e nelle persone che incontriamo. Scrivere mi serve a capire che il peso del cambiamento puo' essere condiviso, a volte lasciato da parte, trasformato in un tesoro. Questo é il mio tesoro: é la seconda possibilità che mi é stata data, per capirmi e rendermi una persona più forte.

Ho quasi l'impressione di aver vissuto più qui in due mesi, che nella mia vita. Io, qui, da sola, straniera in una terra diversa, un'isola non solo geograficamente parlando, ma anche mentalmente, un altro mondo. Quante volte quando cammino per strada mi sento come un extraterrestre, fatico a pensare e a capire. Non é una questione linguistica, é sentirsi un alieno, cercando un appiglio a cui aggrapparsi per non cadere. Allo stesso tempo, questo é il momento della crescita, del grande salto. E' il momento in cui persone sconosciute mi invitano a credere in me stessa, a non cedere, ad andare avanti. E' il momento in cui capisco che l'appiglio sono io, sono le mie forze, la mia capacità di andare avanti, di voltare pagina, anche se ogni tanto torno a rileggere le pagine del passato.

So che ci sarà un giorno in cui smettero' di essere un'aliena e mi sentiro' un po' morire quando lascero' questa isola. Un'isola reale e metaforica, un'area protetta, l'isola delle possibilità, della chance, direbbero i francesi, sulla quale ricostruire una vita, fisicamente e mentalmente. Inizio a costruire quel momento, la vita é come una valigia, la riempi, la svuoti e la riempi di nuovo, di sentimenti, paure, esperienze belle e brutte. Che il viaggio cominci. Non lo dite a nessuno, ma é già iniziato, tanto tempo fa. E allora c'é solo da andare avanti, tanto questa valigia ha le rotelle!