lunedì 23 novembre 2015

Io non voglio avere paura

Sono cresciuta in un paese in cui ogni tanto scoppiavano bombe. Non a pioggia, né dal cielo, come in un bombardamento, mais de temps en temps, di qui e là. Sono cresciuta con una madre che ogni volta che andavamo a Bologna mi ricordava che quello squarcio nel muro alla stazione era per un treno che mia sorella e mio padre avevano preso tante volte prima che qualcuno lo facesse saltare in aria. Ho passato le mie vacanze estive nella verde Bellamonte a sentire i racconti di Aldo Moro, che aveva la casa lí vicino, e di come lo avessero ritrovato morto in una mattina di primi caldi in un bagaglio somewhere in Rome. 
Ho visto le torri gemelle sciogliersi in mille particelle di polvere. Ho transitato per Atocha. Ho pianto i morti di Nassiria. Il cuore mi si é stretto davanti ad altri mille eventi tragici e morti insensate. Ho scritto Je suis Charlie sui social media e altrove, nella mia testa, su pezzi di carta attaccati alla finestra. Ho chiesto al mio lui "portami lí, voglio depositare un fiore". 
Ho vissuto a Bruxelles per anni. Ne conosco ogni singolo spazio. Conosco la mixitude. Le donne velate. Le moschee. I quartieri arabi. Ho vissuto lí, ne sono stata parte. Ho fatto la spesa al marché de Midi. Ho vissuto sopra una famiglia musulmana per anni. Ho imparato che siamo diversi, ma siamo pur sempre uomini. 
Ora il panico si é impossessato del mondo. Ho sentito persone dire "non uscire di casa". Non andare al cinema. A fare la spesa. O ancora "io non porto i figli a scuola". E ho pensato: ecco, i terroristi hanno vinto. Si, ci hanno fatto veramente paura. 
Io non ho paura. Io non voglio avere paura. Credo in Dio, anche se non pratico. Ho sempre pensato di essere uno strumento di un disegno superiore. Forse sbaglio, forse mi illudo. Ma forse per questo, io non ho paura. 
Piuttosto, voglio credere in un mondo migliore. Ho visto tante atrocità con i miei occhi. Solo due settimane fa camminavo in un'aria densa di morte fra le rovine di Auschwitz. Voglio credere che chi verrà dopo di me potrà avere quel mondo che John Lennon ci ha cantato. 
Io ci credo in quel mondo. E' per questo che non voglio avere paura.

mercoledì 18 novembre 2015

Noi, si proprio noi, ci pensiamo

C'é una cosa che io ho sempre capito poco. E questa cosa é come si rimane alla fine di una storia d'amore. Mi riferisco a un codice da seguire su cosa si deve e non si deve fare. Mi chiedo e mi sono sempre chiesta se ci si dovesse sentire ogni tanto o mai. Se sia lecito cercare un contatto anche dopo la fine. O se la scelta migliore fosse lo scomparire nel nulla.
Ho avuto storie che si sono trasformate in rapporti forti. Ho avuto storie da dimenticare, di quelle in cui cancelli il numero e cerchi di nascondere i ricordi tra i meandri dei tuoi pensieri. Ho avuto storie in cui avrei voluto mantenere un minimo contatto, quasi per educazione, e non ci sono riuscita. E ho avuto noi o meglio la nostra storia.
La nostra storia é durata poco. Ma é stata importante perché mi ha ridato fiducia nel mondo, nell'essere umano, nell'amore.
Per uno strano motivo, ci siamo rivisti una volta sola da quando le nostre strade si sono separate. Ognuno ha fatto la sua strada, ognuno si é ricostruito la sua vita.
Londra non aiuta a restare in contatto, é troppo grande. Le relazioni umane funzionano seguendo la legge del mercato. Ad un certo punto, non sei piú attraente, competitivo, insomma, finisci nel dimenticatoio. Ci sono troppe persone da vedere incrontrare, troppi numeri da salvare sulla rubrica del telefono.
Ci siamo scritti ogni tanto, di quelle email generiche da mandare per far sapere che c'é una stanza libera a casa tua o che corri la maratona e cerchi fondi per la tua charity preferita. Mail generiche, anonime. Oppure altre con link ad articoli, ricette di cucina, eventi che possono piacere all'uno o all'altra. Mail che iniziano con "sai, ti ho pensato ieri, oggi, domani perché...". Mail che indicano un contatto, un ricordo sempre presente, un qualcosa che abbiamo lasciato nelle vita dell'uno e dell'altro.
Quante ce ne siamo mandate di mail cosí? non tante. Ma abbastanza. E quello che ne emerge é sempre lo stesso. Noi ci pensiamo. Tu pensi a me. Io a te. Ogni tanto, nelle corse delle nostre vite. Non ci amiamo, non ci siamo mai amati, ma ci pensiamo perché abbiamo lasciato un segno nella vita l'uno dell'altro. 
Prendiamoci questo. Altro non c'é.

lunedì 9 novembre 2015

Lì dove il mondo ha finito di esistere

Io volevo andare. Io volevo vedere con i miei occhi. Sapevo che avrei sofferto, ma sentivo di doverlo fare. Era un tributo. Era per onorare la memoria di chi era morto in quel luogo di orrore. Cosí ingiustamente.
Ho avuto paura. Di soffrire vedendo la verità.  Di piangere lacrime senza trovare consolazione.  Ho avuto paura di vedere fino a dove si poteva spingere l'umanità. O meglio l'assenza di umanità.
Niente è andato come avevo previsto. La famosa scritta non era ad aspettarmi dove pensavo. Non ho singhiozzato come temevo. Ma ho sentito l'odore della morte. Ho sentito che l'umanità in quel posto ha lasciato il posto a qualcosa di impossibile da capire. Di irrazionale. Di disumano. Di inimmaginabile.

Mi sono chiesta come si potesse scrivere che il lavoro rende libero l'uomo in un posto dove l'uomo veniva spogliato della sua stessa natura umana e ridotto ad uno stato miserabile? Dove non esisteva nient'altro che stupore, come negli occhi dei prigionieri ritratti e catalogati al loro arrivo in foto che ricordano vagamente le foto tessere moderne. Nei loro occhi, ho visto stupore e paura. A volte sfida. Sfida che però sfumava via presto. Pochi duravano più di alcuni mesi. Alcuni venivano gasati al loro arrivo. Altri dopo poco. Pochi giorni, poche settimane di una sofferenza estrema. Ripeto, inumana. Ho visto quei volti persi. Stupiti. Impauriti. Non riesco a dimenticarli. Non posso farlo per rispettare il loro onore. Calpestato. Infangato. Distrutto dalla barbaria umana. 


Vagando attraverso quella desolazione, mi sono ripetuta varie volte "non dimenticare". Non dimentichiamo quello di cui è stato capace l'uomo. Non dimentichiamo questa enorme sofferenza. Ma facciamo nascere fiori da queste ceneri. Un mondo migliore. Un mondo di amore. Di fratellanza. Non facciamolo capitare mai più. 
Lasciamo agli uomini la loro dignità. Perché sono uomini, come noi. 

Cit.

Je te donne nos doutes et notre indicible espoir.
 
E proviamoci cosí ad andare avanti. 
Altro non ci é concesso. 
A parte correre. E correre. E correre. 
Arriverá una sedia su cui sedersi per smettere di correre. Prima o poi arriverá.
E il vuoto nella mente. O almeno solo le cose belle.
Si, si, arriverá. 
 
Run fast for your mother, run fast for your father. Run for your children, for your sisters and brothers. Leave all your love and your longing behind. You can't carry it with you if you want to survive.