mercoledì 29 febbraio 2012

Qui se souci de moi

Stasera ho toccato il fondo. Stasera non tornerà più. Stasera voglio veramente andare avanti. Stasera ho sbagliato a chiedere scusa. Avevi ragione, sai, non bisogna mai chiedere scusa. Stasera ho capito che forse siamo andati oltre e dobbiamo prima far rimarginare le ferite prima di tornare vicini. Stasera ho capito che cosi' non andiamo da nessuna parte, stasera ti lascio andare, ti faccio fare la tua vita e io la mia. Tornerai se vorrai, io stessa vedro' cosa fare. Non dico mi dispiace, dico solo che le parole le ho perse, sono andate via. Grazie di aver fatto questo pezzo di strada con me, ne é valsa la pena. Solo il finale, se potessi, lo cambierei. 

All this time

Hai fatto un incubo stanotte. Ti sei svegliata di colpo, hai aperto gli occhi per cercare un attimo di respiro, per poterti dire "é solo un brutto sogno". E invece poi ti sei resa conto che quello che hai sognato é la realtà, la triste realtà, dalla quale non puoi scappare. Sai cosa ti fa stare cosi', sai cosa ti turba. Sai che tra dieci giorni sarà finita, avrai spedito tutto in una casa in cui non abiti, sai che avrai tutte le tue cose in un posto solo, in una cantina. Lascerai tutto ben impacchettato perché vuoi portarli via di nuovo quelle scatole, anche se non sai dove. E poi c'é lui che ti fa stare cosi', proprio lui. Era lui che faceva parte del tuo sogno, lui che ti ha dato tanto e che ora non sai proprio dove metterlo. Fingi quotidianamente a te stessa e al mondo di non pensarci, dici alle amiche "lascia stare, non me ne parlare", trovi stratagemmi, uomini di rimpiazzo, bravi a farti ridere e divertire per qualche ora, ma incapaci di darti quello che ti ha dato lui. Ieri nel tornare a casa ti sei fermata davanti all'albero fiorito della casa bianca. L'hai guardato, hai cercato di sentire se ci fosse un odore nell'aria, hai chiesto di dimenticare, di poter pensare ad altro, di poter lasciare andare. E ora speri di essere stata ascoltata. But a change of heart comes slow. Questo lo sai. 

lunedì 27 febbraio 2012

This is the story of a girl

Stanotte non hai dormito; hai fatto finta di chiudere gli occhi. Hai letto metà del tuo libro, hai cercato di pensare poco, hai aspettato la luce del sole per farti una doccia, senza svegliare tutti. Quella doccia ti ha ripulito da questo lungo weekend, ha portato via sapori e dissapori, gioie e tristezze, dubbi e certezze, pazzie fatte sul momento e odori sulla tua pelle. L'acqua scorreva e ti dicevi che eri stata contenta per quella telefonata, per quelle frasi dette al telefono, ti sei ripromessa di chiedere scusa per quello schiaffo, che volevi in realtà dare a te stessa, per dirti svegliati, muoviti. Ti sei preparata come se fosse il tuo giorno migliore, hai pensato che non ti piace più l'odore della tua crema corpo, che lo devi cambiare. Hai bevuto una tazza del tuo thé preferito, quello che ti ricorda il suo sapore senza sapere il perché. E cosi' sei uscita di casa, pronta per un'altra giornata, convincendoti che imparerai tanto alla conferenza, che riuscirai a sopportare ancora una volta i tedeschi, che stasera ti divertirai con le amiche, che nessuno incontrato per caso chiamerà in modo da non dover trovare scuse per non dire la verità. Because this is the story of a girl who cried a river and drowned the whole world...and she is absolutely lovely when she smiles.  

Un vecchio errore

Sono la più piccola, l'hai sempre detto e ripetuto. Delle volte mi ha dato fastidio, tanto, mi ha fatto sentire sminuita. Ma dentro di me sapevo che potevo comunque essere "saggia", aiutarti nel mio piccolo. Per questo ora ti scrivo e ti dico la mia storia, ti racconto la mia esperienza. Avevo tutto, avevo un ragazzo che mi amava, ero perso per me. Mi ha riaccompagnato alle partenze all'aeroporto dicendomi sei la donna della mia vita, torna, voglio fondare una famiglia con te. Era bello, tu stessa lo guardavi e mi dicevi ridendo "ma come hai fatto a conquistarlo?". Anche io l'amavo, anche io ero persa per lui. E poi lentamente qualcosa si é rotto. Ci siamo allontanati, ma non fisicamente. Non erano i 1300 chilometri che ci allontanavano, ma altro. Erano quelle frasi che non mi ha più detto, erano i "ora non posso parlare, c'é la partita", erano i silenzi al telefono, improvvisi, immensi, angoscianti, quelli che io tagliavo corto dicendo "sono stanca, é meglio se riattacchiamo". E' andata cosi', era il mio ultimo anno all'università, mi annoiavo ed ero morta di paura per il futuro. Laurearsi significava dover trovare un lavoro, uscire dal mondo ovattato dei trenta sul libretto, perché presagivo che nel mondo del lavoro i trenta non te li danno. E cosi' ho ceduto, ho ceduto a chi era li', a chi mi ha cercato e non mi ha dato neanche un briciolo di quello che mi aveva dato lui a distanza. E' durata un anno, un anno di doppi giochi, un anno di incontri di nascosto, di baci rubati, di sensi di colpa che ogni tanto tornavano e tornano ancora. Un anno a giocare a nascondino, a fare l'altra, mentre lui faceva l'altro della mia storia. Vuoi la verità? non ne vado fiera. La mia storia é finita lo stesso, é finita per altri motivi, ma io mi sono sentita sporca per anni. Sporca per aver fatto il doppio gioco, sporca per non aver detto la verità, sporca perché avevo tradito, calpestato il nostro amore. L'ho fatto per noia, l'ho fatto perché ti sentivo lontano, l'ho fatto per riempirmi le giornate e sentirmi grande, ma ho sbagliato.
Sei stanca, sei un po' a pezzi. Lo sei da anni, ma hai sempre cercato di fare finta di niente, perché a casa nostra non si ammette mai la sconfitta. Hai creduto in un amore, giovanile, che hai costruito con testardaggine e portato avanti nonostante i segni che sarebbe stata difficile. Ora come ti ho detto tante volte, concentrati su te stessa. Fai il punto, non ti buttare via. Cerca di capire cosa vuoi realmente. Renditi felice, ma di una felicità duratura, profonda. Io non ti giudichero', io ti accettero'. Sii felice, datti la possibilità di essere felice, come sto cercando di fare io ora, dopo la mia collezione di sbagli. Ricorda che ci si puo' innamorare per sbaglio, ma non disinnamorare per sbaglio.  Io ci ho provato ma non ci sono riuscita!

domenica 26 febbraio 2012

Pensieri sparsi

Risate, sorrisi sparsi, gesti di amicizia o pseudotale, pezzi di torta da condividere tra un discorso e l'altro. Ascoltare un grande scrittore parlare e capire che di strada da fare ce n'é tanta, tantissima. Quello spacco leggero fra i denti, la prima cosa che ho visto di te, l'ultima che dimentichero' di quella serata. Dormire tre ore in una notte e sentirsi piena di forza, perché ti senti rinata. Perdersi a King's Cross e fermarsi a guardare ancora una volta la luna, quello spicchio sottile e luminoso, che ti fa un po' l'occhiolino. Pensare un attimo a me e te, due donne, adulte, un po' allo sbando, ma con una forza incredibile addosso, per andare avanti e superare i momenti grigi e le bugie a cui abbiamo creduto. Un biglietto per le tue vacanze, delle nuove, comprato, mentre pregusti già l'odore della crema solare e i castelli di sabbia da costruire sotto il sole cocente. Tornare a casa pregustando la primavera, contando i passi per gustarti il momento, mentre hai l'impressione di volare, non di camminare. Una canzone, quella che mi hai fatto sentire tu prima che me ne andassi, e che non riesco a smettere di canticchiare. Un weekend cosi', cosi' pieno, pieno di pensieri sparsi e di vita. Vita vera, non sognata, ma affrontata e gustata, con un retrogusto dolce, dolcissimo. 

Girlfriend

Ti sei detta solo "domani é un altro giorno e domani quello che succede stasera te lo sei dimenticato". Te lo sei detto, lo hai promesso a te stessa e ti sei divertita, ti sei lasciata andare, hai vissuto come volevi tu in quel momento, senza pensieri. Non hai dovuto bere, sei stata solo te stessa. Hai ballato ore su una moquette bianca, immacolata, a piedi scalzi, in una casa sconosciuta, in un posto sconosciuto. Ti sei sentita leggera, leggerissima, hai avuto un sorriso vero, sincero. Ti sei detta che finalmente sei libera, in una Londra grande, grandissima, in cui perdersi fisicamente e mentalmente. Hai lasciato da parte le remore e ti sei goduta il momento, come se fosse l'ultimo, perché la vita va assaporata, gustata e non solo vissuta e patita. Questa mattina ti sei svegliata e hai messo su quella canzone. Hai ricordato il tempo di ascoltarla e poi sei tornata a te e hai dimenticato. Ci sono momenti di pur bonheur nella vita: vivili, godili e dimentica. 

sabato 25 febbraio 2012

The Emperor's New Clothes

Ti sei ripetuta che ne é valsa la pena, ne é valsa la pena di camminare cosi' tanto, di concedere una pausa al tuo cervello, di svagarti facendo due chiacchere e due risate. Ancora una volta é stato tutto perfetto, i sorrisi, il sole e il calore umano. Ancora una volta ti sei divertita, ti sei sentita bene, benissimo. E mentre tornavi a casa per prepararti per una nuova avventura hai guardato il cielo e hai visto una luna che ti ha rapito, ti ha portata via, ti ha fatto volare. Era li', nel cielo azzurino che si appresta a diventare nero, era li' sottile, uno spicchio perfetto, con accanto una stella. L'hai guardata nel tuo cammino verso casa, hai pensato che questa é la vita con le sue meraviglie e le sue sorprese. E poi é arrivata quella telefonata, quella voce cara, che conosci e ti conosce bene. Hai parlato con la tua coinquilina, la tua unica vera coinquilina, quella dei tempi dell'università. E come sempre, é stato come se l'avessi vista ieri, se le avessi parlato il giorno prima, se viveste ancora in quella casa in Via Mazzini 30. Questo é quello che conta, ti sei detta, nient'altro. Proprio nient'altro.

Wake up

Non ti sei mai svegliata cosi' tardi a Londra. Eppure é successo, segno che stai meglio, segno che torni lentamente a respirare, segno che ti stai lasciando andare, nel giusto modo. Hai visto il cielo, limpido, il sole, ti sei vestita e sei andata a correre. Ti sentivi bene, benissimo, vedevi la strada che percorrevi e ti sentivi leggera. Ogni tanto ripensavi a quella frase che per te ha indicato la fine e dicevi a te stessa lascia stare, non ne vale la pena, corri, sorridi al mondo e sorridi a te stessa. Le lacrime sono scese come sempre quando corri, ma erano lacrime di liberazione, da questi mesi di pesantezza, di pensieri, di vagabondaggi notturni. La nottambula di Pimlico non esiste più, ha finalmente dormito, si é finalmente lasciata andare, ha ricominciato a sentire le sue forze, la sua grinta. Con lei se ne vanno sei mesi vissuti senza respirare, di follia e speranze. Li hai lasciati andare stanotte, forse torneranno, ma tu non aprirai la porta. Tu stavolta penserai solo a te stessa e alla tua felicità. 

venerdì 24 febbraio 2012

Time of my life

Stasera sei stata bene, stasera ti sei divertita. Ti é rimasto un po' addosso quell'odore di naftalina che pervadeva la stanza, ma le candele e l'atmosfera hanno fatto il resto. Stasera hai riso e ti sei divertita, hai mangiato seduta in una cucina sconosciuta con uno strano odore di mensa, ma ti é piaciuta quell'insalata un po' insipida, condita di sorrisi e di battute. Ti sentivi stanca, ma stavi bene, parlavi, raccontavi, ascoltavi. Hai visto foto che ti hanno lasciato senza parole, come se con un obiettivo si potesse raccontare una vita intera. Stasera ti sei detta voglio dimenticare, voglio andare avanti, non voglio più essere triste. Stasera hai pensato che meriti la felicità, quella vera, non i surrogati. Stasera il Tamigi era più bello del solito, mentre lo guardavi dal ponte dove passerai domani correndo. Stasera ti sei stupita a guardare l'albero della casa bianca fiorito, come un segno, un campanello che ti dice lascia stare, lascia andare, dimentica. Stasera ti metti a letto col cuore leggero, sollevato da quello che hai vissuto. Stasera hai pensato che hai sentito il dolore, il male della caduta e questo é il segno che ti devi staccare, che devi laisser tomber. Che devi tornare a vivere e a sorridere. A te, a chi vorrai tu, alla vita. 

Slide

Hai bevuto un bicchiere prima di andare, per rilassarti, per lasciarti andare. Ti ha aiutato, ti sei sentita più tranquilla, hai lasciato i cattivi pensieri a casa. Hai parlato tanto, come sempre, perché i silenzi in certe situazioni non ti piacciono. Hai cercato gli occhi, per guardarci dentro, per cercare di capire. Anche loro ti hanno cercato, assediato, catturato. Hai sorriso, tanto, hai anche riso e fatto ridere. Hai avuto voglia di dire "lascia stare, é tempo perso", ma sei stata zitta e hai recitato la tua parte.  E poi hai camminato sola, nel buio. Sei tornata a casa camminando nella tua Londra più buia, sfidando il pericolo, tanto sei diventata insensibile. Hai camminato e guardato il cielo come fai sempre, ti sei fermata nel buio a guardare in alto per cercare di raccogliere i pensieri e i sentimenti. Ti sei detta che la speranza é un potente veleno e per questo tu la devi perdere, la devi dimenticare. Guarda al presente, lima i calli della tua anima e vai avanti. Come hai fatto stasera camminando nel buio più totale. Ma il peggio é che il buio dentro di te é ancora più nero.  

giovedì 23 febbraio 2012

Se cacher

Sei li', nell'angolo, ti vedi da fuori. Ti vedi in quell'angolo, come facevi da bambina, quando volevi sparire, volevi essere trasparente, perché già allora c'erano delle cose che non volevi vedere, che facevano male. Ti ricordi che ti incuneavi fra il muro e la libreria dell'ingresso e ti dicevi "qui non mi vede nessuno. nessuno mi cercherà". Ora sei tornata li', almeno cosi' ti senti, ti senti i pugni chiusi e le ginocchia sbucciate per la caduta, ti senti persa come é già successo. Ma mantieni quei pugni chiusi perché comunque sai che devi lottare, devi lottare quotidianamente, contro il collega antipatico, contro la sporcizia della coinquilina, contro le perdite di tempo che ti sei concessa, contro i tuoi sentimenti e il tuo cuore che va dove non dovrebbe andare, contro la tristezza che ti attanaglia, contro la voglia di dire "basta, io mollo tutto, perché non ne posso più".
Ma il vero motivo per cui ti rimetti li' in quell'angolo é perché, sotto sotto, hai sempre saputo che nessuno ti sarebbe venuto a prendere, né a cercare. Li' saresti realmente sola, li' non avresti aspettative, li' non aspetteresti una telefonata o un segno. Li' saresti solo con te stessa, senza le illusioni che ti hanno ridotta cosi'. Li' ci sarebbe l'assenza di pensiero, li' ci sarebbe l'assenza di sentimento, li' ci sarebbe il silenzio, li' non dovresti fingere. C'é un solo piccolo problema: in quello spazio fra la libreria e il muro non c'entri più. 

mercoledì 22 febbraio 2012

Uncharted

Sei un po' a pezzi stasera, ma va bene cosi'. Ultimamente sei stata spesso cosi', con i pensieri che ti fanno compagnia, che ti appesantiscono l'anima, con le frasi fatte che ti dici, come non pensare, vai avanti, non é successo niente, non é grave. Sei stata cosi' da non sentirti lo stomaco, da mandarlo in vacanza per un po' di tempo, tanto non ne hai bisogno. Vuoi una via di uscita, ma non la trovi. L'unica che trovi non ti piace, non sai cosa fare e vaghi, vaghi nel buio. Collezioni le scappatoie, i chiodi da schiacciare e che non vuoi schiacciare neanche se fossi costretta. Ti senti la testa sott'acqua, non riesci a respirare anche se tutti ti dicono di farlo. Hai solo il desiderio di sfinirti, di correre fino a perdere il fiato, perché ogni passo schiaccia il dolore, lo manda via. Vorresti fregartene, vorresti poter dire non ti sopporto, vorresti dire non vali niente, ma non é cosi'. E allora per andare avanti trovi una scusa, una bugia, che ti dice non ti preoccupare passa, pensa a te stessa, pensa al libro che stai leggendo, pensa al tuo lavoro, pensa ai chiodi da schiacciare per dimenticare. Pensi a tutto questo ma resti cosi', triste, bloccata, uncharted. 

lunedì 20 febbraio 2012

I'd rather dance with you

Vuoi scrivere oggi, vuoi raccontare, ma ti senti confusa. Vorresti parlare di questo lungo weekend, iniziato con la tristezza e chiuso con la consapevolezza. La tristezza e la consapevolezza di aver perso qualcosa, qualcosa che non potrà tornare, uno stato mentale di spensieratezza e gioia. E' stato il weekend del superare te stessa, del correre come non hai fatto mai, del camminare per chilometri per annullare i pensieri e vanificarli, del parlare per ore con qualcuno appena conosciuto che hai scoperto condivide la tua stessa solitudine mentale. Hai incontrato tante persone, sei stata simpatica e hai ascoltato, ma ti é mancato qualcosa, ti é mancata sempre quella stessa cosa, quella stessa persona. Sei tu che la stai tenendo lontana, lo sai, ma hai paura di farti male di nuovo, hai paura di non poter negare i tuoi sentimenti a te stessa. Cosi' é più semplice negare, evitare, scappare e cosi' triste allo stesso tempo. Perché alla fin fine, I'd rather dance with you.  

sabato 18 febbraio 2012

Les coloc'

Sei mesi di osservazione, sei mesi di sguardi, sei mesi di non mi fido di te. E poi al terzo bicchiere le nostre barriere cadono e passiamo una serata di risate e di allegria. Parliamo tanto, parliamo di cose vere, parliamo di quello che va e di quello che non va, parliamo di piatti da lavare più spesso, parliamo di "paletti" e di "reputacion", di lavori che non ci siamo scelte, ma che abbiamo dovuto accettare, di uomini che condividono o hanno condiviso la nostra vita e il nostro cuore, di quelli passati che non riusciamo a mandare via dai nostri pensieri, di quelli presenti e assenti, che dovremmo mandare via e dimenticare. Usciamo dal locale ognuna con un numero di telefono in tasca, ridendo, perché noi tutto vorremmo fuorché quei numeri, vorremmo solo una telefonata, di qualcuno che tanto non telefonerà mai. 
Stasera per la prima volta, ci siamo parlate. Stasera per la prima volta siamo state noi stesse. Stasera per la prima volta ci é piaciuto esserlo. E quel bonheur!

La cucina dei desideri

Un tempo, quando non andava, facevi una torta. Hai passato un anno intero a fare torte, ti rilassava, non ti faceva pensare, ti faceva stare bene, ti faceva sentire a casa. Ti ricordi l'odore degli ingredienti che si mescolano, il sapore del cucchiaio da leccare a fine preparazione, il caldo del forno acceso. Quelle torte le facevi per te, per lui, per calmarlo, per portarle a casa degli amici, per condividerle con i colleghi quando prendevate il caffé al mattino, in quella che avevate ribattezzato la salle des fêtes. A luglio hai impacchettato tutti i tuoi utensili, hai messo tutto in un cartone, le tue teglie, i tuoi libri, sperando di impacchettare i problemi, i segni sulla pelle e la tristezza. Da quando sei arrivata qui, non hai più voluto fare una torta. Non ti senti a casa tua, quell'odore di dolce ti fa venire la nausea, ti disgusta. Hai messo il tuo cuore e la tua vita sotto vuoto, hai quasi l'impressione che col calore del forno si possa rompere, si possa frantumare. Allora aspetta. Aspetta marzo quando riaprirai quelle scatole, quando ti riprenderai una parte della tua vita impacchettata e chiusa. Forse in quel momento, ti tornerà la voglia. Forse in quel momento dimenticherai e andrai avanti. Forse ritrovando il tuo quaderno delle ricette ti sentirai a casa, ti sentirai pronta a lasciarti andare, a lasciare andare via il brutto per far posto al bello. Vedrai.

Quitate el polvo

Ti svegli e sei già di cattivo umore. Cattivissimo. Ti dici che cosi' non va, cosi' non puoi continuare. Devi accettare la realtà, devi andare avanti, i paradisi artificiali non esistono. Cerchi una motivazione, cerchi una scusa, qualcosa che ti tolga la nausea, quella che hai perché sei disgustata da te stessa, da questa vita. Ti ripeti che non puoi continuare cosi', devi accettare, dimenticare, perdonare. Quello che vuoi non lo puoi avere, devi chiudere, devi andare avanti. Sei persa, ti senti persa, ma sai che devi ritrovare te stessa, devi colmare il buco nello stomaco. Ti vesti e vai a correre, per quitarte el polvo, per far passare la rabbia che ti attenaglia, per respirare di nuovo. Illusions never change in something real, lo sai. E allora se proprio non riesci, fingi. Fingi a te stessa, devi dirti che va bene cosi', che sei felice cosi', oppure che la felicità non esiste, esiste solo questa realtà. Nessuno si puo' occupare della tua rabbia, nessuno ha la soluzione in mano, solo tu puoi cambiare. Te lo ripeti mentre corri e senti il fiato che ti manca e corri sempre più forte per cacciare la rabbia che resta. Hai bisogno di parlare con qualcuno, hai bisogno di un'amica, ma qui non ne hai. Hai bisogno di una botta di allegria, di quelle che gli amici sanno darti. Hai bisogno di scherzarci sopra, di ridere a crepapelle, di pensare ad altro. Pensi tutto questo, e corri, perché vuoi ritardare il momento in cui torni a casa e ti rivedi quella realtà che non ti piace davanti. Corri, per ora non puoi fare altro.

giovedì 16 febbraio 2012

Vicini noi, vicini noi, lontani

Un bel ristorante, direi anche chic, non dei miei preferiti, ma delizioso per una sera. Tutti belli, tutti vestiti bene, tutti sorridenti. Un vino da bere, gustoso, dolce, di quelli che ti fanno dimenticare tutto e tutti. Un grande specchio davanti a me. Una serata fatta di risate e di assenza di inibizioni, di discorsi che di intimo non hanno proprio niente. E ogni tanto uno sguardo a quello specchio, un  ricordo, un colpo al cuore, secco, preciso, di quelli che ti fanno mancare il respiro. Il ricordo di me che apro quella porta e dopo un corto silenzio che a me é sembrato lunghissimo, mi siedo davanti a te, ti guardo, cerco i tuoi occhi, dopo averli evitati per un po'. E inizio a parlare, a raccontare, a sorridere, e guardo te che abbozzi un sorriso, che inizi a rilassarti. Per un attimo torniamo a essere noi, quelli del facciamo le tre del mattino a parlare, quelli dei discorsi che iniziano e non finiscono mai, quelli un po' impacciati che non sanno mai come comportarsi, cosa fare, cosa dire. Mi sei mancato, lo sai, non sapevo di esserti mancata anche io. Pensavo di essere un accessorio nella tua vita, niente di più. Ma devo mettere una distanza fra di noi, devo impormi delle regole. Lo devo fare per non farmi male, perché io sono in grado di dare tutto, di annientarmi e non lo voglio fare più. Mi riguardo nello specchio davanti a me, sorrido a me stessa e risento la tua mano che mi fa una carezza sul viso. Vicini noi, due anime vicine. Ma ad un patto, quello di non farsi male. Because when you have everything, you have everything to lose.

mercoledì 15 febbraio 2012

Like crazy

Un film. Un film che sembrava nostro. Un film che raccontava la nostra storia d'amore. Un film sullo stordimento dell'inizio, il cuore che batte, l'emozione del primo bacio. E poi sul quel rapporto che abbiamo costruito nei mesi, sapendo che aveva una data di scadenza, un biglietto aereo di ritorno, un paese in cui tornare, un ultimo anno di università da completare. La tristezza della separazione, sentire la tua mancanza quotidianamente, l'incertezza del domani, le ore passate al telefono, delle volte senza capirsi, e non per colpa della lingua. E poi il contare i giorni al prossimo aereo, la fretta del volo, quando mi dicevo, tra due ore sono fra le tue braccia, gli abbracci, i "mi sei mancata" e poi di nuovo la tristezza del ritorno, le lacrime, che scendevano sempre all'aeroporto, quando ti salutavo e mi chiedevo "chissà se lo rivedro'". Mi ricordo la frustrazione di quando ti volevo accanto a me e tu non potevi esserci, mi ricordo quando venivo a trovarti e tu mi dicevi che ti sentivi bene a vedermi li' accanto a te, mentre dormivo, ti sentivi sicuro, tutte le paure scomparivano, mi ricordo le litigate per la stanchezza della lontananza e i dubbi sul futuro. Quattro anni della nostra vita, li ho visti ieri condensati in un film. Cosa ne é rimasto? un rapporto basato sull'affetto, sulla stima. Sei tu che chiamo se ho un problema o una bella notizia, sei tu a cui scrivo perché so che mi risponderai. Sei ancora il migliore per me, lo sai, te lo dico sempre. Come mi dicevi tu: tu es la pluie, moi tes goutes.   

martedì 14 febbraio 2012

La poupée russe

Erano mesi che volevi andare da quelle parti, mesi che volevi vedere l'altra Londra. Poi hai parlato a lungo con la tua amica, ha capito come ti senti e ti ha dato un numero, di uno sconosciuto. Ti ha detto vai, siediti e ridi, vedrai ti divertirai, starai bene. E cosi' hai preso la metro, in cerca di un contatto umano vero, ti sei spinta fino a quella casa. Hai camminato per strade sconosciute, con poche donne per strada e tutte velate. Ti sei chiesta se fosse stata una buona idea, ma sei andata avanti. Hai suonato alla porta e ti ha aperto un sorriso. Ti sei seduta in cucina e hai bevuto un thé. E mentre lo sorseggiavi, é arrivata la tua poupée russe. E' entrato in cucina con un'aria da artista, alto, magro, a momenti spigoloso. Ti ha guardata e ti ha scavato dentro. E' bastato uno sguardo, uno solo rivolto a te, per capire. Hai notato l'assenza di accento nella voce, ma una certa aria da Europa dell'Est. Non hai chiesto, sei rimasta in silenzio. Per il resto della serata hai solo osservato e sei stata osservata dalla tua poupée russe. Poi, poco prima di andare via, hai sentito le parole uscire dalla sua voce, due parole, nella tua lingua preferita e li hai risposto, stupita, perché non poteva sapere eppure ha saputo. Hai risposto e hai chiesto, hai osato. Sono russo, ma ho vissuto in Francia per anni, ti sei sentita rispondere. E poi non ha e non hai smesso di parlare fino alla fermata della metro, hai maledetto un po' la sua bicicletta, perché avresti voluto essere riaccompagnata a casa da quella voce, da quell'uomo grande, strano e affascinante. Vi siete salutati cosi', con un cenno della mano, senza lasciare traccia.
Non potevi lasciare traccia, non sei pronta, non puoi. Ti senti il cuore graffiato, dalla vita, da te stessa, dai tuoi sbagli, dalla collezione di storie di pseudo-amore inconcludenti che hai avuto. Ora vuoi il silenzio, l'assenza, perché ti sei data via troppo facilmente, troppo in fretta e ne paghi le conseguenze. Ma quella poupée russe ti ha fatto bene, ti ha fatto sorridere, ti ha fatto passare una bella serata. Ora riponila nell'armadio, insieme a tutte le altre. D'altronde, the rest is still unwritten.  

domenica 12 febbraio 2012

L'auberge espagnol

Te la ricordi la nostra casa? te lo ricordi quell'appartamento pieno di foto, di fogli attaccati ovunque, di post it? ti ricordi quando uscivi la sera e poi mi scrivevi quelle so called "letterine" che mi attaccavi alla porta per farmele leggere a colazione, mentre tu dormivi ancora, e che io non vedevo mai? Quelli sono stati i nostri anni migliori, lo dico sempre. Sono stati gli anni dei cornetti caldi da Biffi in piena notte, gli anni delle sale studio Valverde, gli anni delle corse in bicicletta per le strade di Forli, gli anni delle camminate di notte, con i tacchi alti, mentre tornavamo dopo essere state a ballare, gli anni dove tra un esame e l'altro, tra una cotta e l'altra, abbiamo costruito il nostro futuro. Sono stati gli anni di un'amicizia pura, intensa. Mi ricordo di me e te sedute sul divano a parlare per ore, tu che mi ascoltavi, io che ti ascoltavo, tu che ti accendevi una sigaretta e io che mi facevo una tisana. E poi c'erano i soprannomi che ci inventavamo e che davamo alle persone, occhi di cerbiatto, ranocchietta e il mitico zoccolaio, di cui mi vergogno ancora oggi. C'erano gli appunti da scambiarsi, c'erano i capitoli dei libri da dividersi per preparare più in fretta gli esami, le bacinelle sotto il tavolo dove mettere i piedi perché faceva troppo caldo e l'esame di microeconomia ci faceva sudare. Tutto questo lo porto sempre con me, me lo ricordo come se fosse ieri. Siamo state capaci di amicizia, ci siamo volute bene e ce ne vogliamo anche oggi, nonostante la distanza e le scelte della vita. 
Ci penso spesso a quegli anni, i migliori per ora, quelli degli ideali, del tutto é possibile, del vado a ballare fino alle sei e poi vado direttamente a lezione, sono stati gli anni in cui ho scoperto di poter valere, di essere capace di condividere, di amare, di essere amica. Grazie per averli condivisi con me, grazie per quella casa che mi ha visto entrare bambina e uscire quasi donna. Perché di strada, ce n'é sempre da fare, per diventare donna, per amare e credere. Per imparare.

Prozac, tabacco e morbidezza

Mi ricordo ancora quando ti ho visto per la prima volta, io aspettavo qualcuno all'entrata del nostro ufficio, tu andavi a mangiare. Mi ricordo che mi sei rimasto in mente, che mi hai colpita. Avevi i capelli come meduse, ingarbugliati, disordinati. Mi ricordo che ho pensato che fossi spagnolo. Poi qualche giorno dopo, in preda al nervosismo, ero scesa nel tuo ufficio con una tastiera in mano. Non funzionava e io avevo poco tempo per finire una presentazione. E li' ancora una volta ti ho visto, ti ho visto fare un gesto maldestro, tipico di te. Come quando eri capace di far cadere una tazzina piena di caffé, dalle tue mani. E' iniziata cosi'. Cosi' mi sei entrato in testa. Nei mesi successivi, in quei due anni di storia, ho imparato a conoscerti, ho visto il buio che c'é dentro di te. Ho visto le incoerenze, i cambiamenti di umore, quelle mani sempre incerte tranne quando dovevano colpire, ho visto anche la tua cattiveria, la tua astuzia nel saper toccare i tasti da non toccare, la tua capacità di sferrare colpi bassi, nei momenti della mia debolezza più profonda. Avevo l'impressione di averti studiato per mesi e invece eri stato tu a studiarmi, ad analizzarmi, a capire dove colpire. Io sono stata ingenua, tu mi hai presentato davanti quello che volevo. Hai finto di essere dolce, di essere tenero. Sapevi scrivere messaggi ad hoc, sapevi portare fiori nel momento giusto, sapevi lasciare biglietti pieni d'amore prima di partire. Mi ricordo il tuo odore, non era buono, sai, ma attirava. Era un misto della tua pelle, di alcool e di tabacco, tu che passavi la giornata a fumare e bere, forse più che altro per darmi fastidio, per avere una scusa per fare il matto. Tu sei matto, lo so. L'ho visto nei tuoi occhi, l'ho visto nel tuo comportamento con me, l'ho visto nei discorsi strampalati che facevi in pubblico. L'ho visto nella capacità di passare da carnefice a vittima. Perché ho accettato non lo so. Ero debole, lo sono anche oggi, ma ora sono consapevole. Consapevole di come sei, dell'oscurità in cui vivi, cosi' nera da non vedere mai il giorno. So che troverai un'altra vittima, forse l'hai già trovata. Sei bravissimo, lo sai, a trovarci. E allora auguri, auguri a lei, spero che apra gli occhi prima di me, che non si faccia decostruire come ho fatto io, per poi passare il tempo a tirarsi su, a ingessarsi il cuore per riuscire a vivere. Tre parole ti descrivono: prozac, quello che dovresti prender, tabacco, il tuo odore, quello che avevi sempre sulle mani e morbidezza, quella dei tuoi baci, dei tuoi abbracci notturni, della tua pelle. Tre parole che descrivono un personaggio, una vita. Tre parole da dimenticare, ancora una volta da dimenticare.  

Non c'é niente che sia per sempre

Ti chiedi se tornerai a sentirti lo stomaco. Sono giorni che giri con un buco nella pancia, l'hai perso. Sai anche dove l'hai lasciato, l'hai lasciato su quel divano, l'hai lasciato in questi sei mesi di illusioni e speranze. Ieri sei tornata a correre, nella speranza di recuperarlo. Hai sentito l'aria gelida sul tuo viso, ti é penetrata nelle ossa, ogni passo era come schiacciare il dolore, lo volevi mandare via, ma lui restava e più lui si attaccava ai tuoi muscoli, alla tua pelle, tu correvi sempre più forte e guardavi una Londra che non avevi mai visto, bellissima sotto il sole. Sei tornata a casa senza fiato, ti sei detta la vita va avanti, é solo un'altra caduta, hai nascosto il male della caduta con quello dei muscoli.
E ti sei ripetuta, cantata nella testa quella canzone, che dice che niente é per sempre. Niente. Nenche le illusioni, neanche le speranze, neanche la sofferenza.

lunedì 6 febbraio 2012

I go blind

Ti svegli per il freddo. Sono le cinque del mattino, ma non puoi tornare a dormire. Ci sono i pensieri li' con te, che ti reclamano, che ti dicono non dormire, che ti allontanano dalla pace, dal silenzio, dai sorrisi. Il primo pensiero é quella telefonata in cui non hai detto niente di quello che volevi dire, poi arrivano le finte amiche, quelle che ti cercano solo per sapere, per sbirciare nella tua vita, per il pettegolezzo, non per sapere realmente come tu stia. Non ti chiedono come tu stia, ma vogliono fatti concreti, vogliono carne da mettere sotto i denti, per rincuorare le loro vite vuote.
Scendi in cucina, ti fai il solito thé. Si, proprio quello, quello che bevi tutte le mattine da sei mesi, quello che ha il retrogusto di vita passata e la forza del futuro, del solito andare avanti che ti imponi quotidianamente. Hai voglia di vomitarlo quel thé, cosi' come hai voglia di vomitare altre cose, un lavoro che non ti dà soddisfazioni, le finte amiche, i finti amori, quelli che non vanno da nessuna parte se non nella tua testa, quelli che ballano altrove, quelli che si cercano ancora e non si troveranno mai. E tu? ti sei trovata? Forse, non lo sai più neanche tu. Sai che forse questa vita va vissuta cosi', alla giornata, con obiettivi di medio termine. Pensi e ti dici cerca di arrivare a stasera, ti motivi a pensare alla cena che preparerai, ai sorrisi che farai a questo nuovo amico, ai discorsi, pensi già al suo sguardo perso, da artista, quello sguardo che solo gli artisti sanno avere, perso fra le nuvole. Pregusti la bottiglia di vino che ti berrai, perché ultimamente ti serve e ti viene da ridere quando pensi a te che aprivi le bottiglie di vino e di birra per svuotarle nel lavandino solo un anno fa, per evitare i problemi e la violenza, per non dovere andare a letto alle nove per far finta di dormire, ed ora quando puoi te le scoli, in silenzio, senza farti notare.  
Finisci il tuo thé e ti prepari per la recita quotidiana, quella che fai con i i tuoi colleghi, con le tue coinquiline, con chi fa parte della tua vita e soprattutto con te stessa. Cosi' almeno per qualche ora, you go blind. Meglio cosi', pensi e lavi la tazza del thé, ormai vuota.

Garganta

Le parole sono bloccate, sono nella mia gola. Mi bloccano, non riesco a parlare, non riesco a liberarmi. Le sento, li', conficcate di traverso. Sono parole cariche di sentimento, ma iniziano a colorarsi di rancore. Vorrei scrivere di più, vorrei esprimermi di più, ma non riesco. Sono li', ne sento il gusto amaro, il retrogusto ancora più amaro. Cosa vorrei dire? cosa vogliono dire? dicono scappa, dicono salvati, dicono dimentica, dicono lo sapevi, dicono la colpa é tua, dicono fai la valigia e sparisci, dicono non ti nascondere, dicono non rispondere, dicono calmati e rifletti, dicono non pensare. Dicono tante cose, ma tu le senti li', bloccate e non riesci a farle uscire. Temi che resteranno li', che marciranno li', che non usciranno. E la cosa più triste é che nessuno le vede, né le sente. Sei solo tu che le vedi, sei solo tu che ne senti il peso. E non é poco.

domenica 5 febbraio 2012

Interminatamente

Oggi ti senti proprio come quella canzone, quella che parla di una ragazza che gira fra i tavoli, che fa i miracoli con gli aeroplani dei vassoi. E' una sensazione che ti sei portata dietro per tutto il weekend, con un punto interrogativo grande sulla testa. Tu sai come hai vissuto questi ultimi sei mesi, ma ci sono degli aspetti della tua vita che non controlli, che non gestisci. Ti chiedi cosa siano stati questi ultimi sei mesi, sei mesi a giocare alla sonnambula di Pimlico, sei mesi di rimbalzi del tuo cuore, che sale in alto per poi sfracellarsi per terra, sei mesi di sentimenti ed emozioni che ora cercano una definizione, una casa. E tristemente non la trovano, non a causa tua, ma perché nelle relazioni umane si é sempre in due, non si é mai soli.  
Quando hai visto la neve hai pensato che fosse un segno. E' sempre stato cosi' nella tua vita, la neve ha spazzato via situazioni difficili, ne ha chiarite altre. Questa volta non ha fatto niente del genere, ha solo creato quella sensazione sgradevole di cadere, di farsi male, di non poter scegliere. Hai quasi sentito il male della caduta, l'hai sentito sulla pelle, nei tuoi muscoli, sulle tue ossa. Eppure hai camminato lo stesso, sei andata come al solito avanti, pensando forse dovresti mancare, essere assente. Forse bisogna perdere qualcosa per rendersi conto di averla. Anche se dopo non resta altro che i rimpianti. E tu non vuoi questo, non lo vuoi interminatamente.

sabato 4 febbraio 2012

Dire la verità

Stasera le dico tutte, stasera sono stanca di mentire. Stasera non nascondo niente a nessuno e dico le cose come stanno. Stasera vi dico come stanno le cose:
a te dico perché, perché mi hai detto cose che non pensavi, perché ti svegliavi e mi dicevi che ero la donna della tua vita e io, cretina, ti credevo, per poi essere lasciata come un pacco postale, su una strada. Anni dopo mi hai detto mi dispiace, ho sbagliato, ma era ormai troppo tardi per riprovare, ricominciare, ricrederci, anche se per anni ho pensato che se tu fossi tornato io ti avrei ripreso fra le mie braccia. Ora non potrei, ora sono che sei stato un amore infantile, giusto da vivere, ma sbagliato da ricordare.
A te dico scusa, te l'ho fatta pagare, ti ho tradito, mentito, mollato, calpestato. Ma me la ricordo ancora quella sera calda di agosto, quando tu mi hai detto che il mio passato era troppo pesante da condividere, che non avresti mai voluto figli da me. In quel momento ho capito che era finita, avrei potuto chiudere in quel momento, ma non ne ho avuto le forze. Avevo bisogno di te, avevo bisogno della tua forza per andare avanti. Ti ho fatto soffrire, lo so, me ne sento sempre in colpa, ma anche tu mi hai distrutto, lo hai fatto per rendermi forte, per farmi diventare grande. Ogni volta che ti vedo ti vorrei chiedere perché, il perché non sia andata, il perché ci vogliamo sempre cosi' bene.
A te dico mi hai fatto perdere tempo, lo so che non é colpa tua ma solo mia, che ho portato avanti una storia da sola, per anni. Tu eri li', uno spettatore al cinema, io cercavo, costruivo, distruggevo e ricostruivo. Io accettavo tutto, i tuoi lunghissimi silenzi, le tue sparizioni, i tuoi ritorni. So che tu non hai un buon ricordo di me, é per questo che ci siamo persi. Tu sei fatto per stare solo, io per vivere in società.
A te dico vai al diavolo, mi hai segnata, insultata, calpestata. Ho cambiato vita a causa tua, lasciato quello che ho costruito a fatica per anni. In un attimo sono dovuta scappare, come una fuggitiva, lasciandoti la mia casa e la mia vita. Sei stato bravissimo a decostruirmi, a spezzarmi. Se sono fragile oggi é a causa tua, se sto cercando di ricostruirmi a fatica é a causa tua. Ancora oggi, dopo mesi, mi chiedo come quei baci dolci si siano trasformati in graffi, graffi che hanno lasciato cicatrici nella mia anima.
A te dico in bocca al lupo, buena suerte. Ti auguro il meglio, anche se avrei voluto essere io il tuo meglio. Ti auguro una donna bella, intelligente, attraente e che balli con te la danza della vita. Io? io vorrei essere quella donna, vorrei essere quella che ti accompagnerà nella vita, passo dopo passo. Ti auguro di innamorarti, di perderti negli occhi della donna che ami. Mi hai insegnato tanto, grazie per quanto hai fatto.