mercoledì 27 febbraio 2013

Tu cuore, io stella

 
Io se non c'é la neve che mi blocchi in aeroporto, sul treno, a "Sao Paulo", ecc., non vado a casa
 
 
Le tisanine non mancano mai. O si é vecchi dentro o non siamo noi.
 
 
 Fingersi intellettuali guardando un libro di cucina.  

Triste ma vero

Io un giorno ho smesso di parlarti. E' successo cosi' di botto, da un giorno all'altro. E' successo perché era da tempo che dovevo farlo. All'inizio é stato per rabbia. Una rabbia acutissima, di quelle che ti farebbero spaccare tutto. Una rabbia a volte incontrollabile, alimentata da tutto quello che mi hai fatto, che mi hai combinato, legata a tutte le volte in cui mi hai spezzato il cuore. Poi é arrivata la tristezza. Pensare che siamo stati cosi' vicini per poi essere cosi' lontani. Due sconosciuti che in realtà si conoscono anche troppo. Fare finta che non sia successo niente, che non ci sia mai stato niente fra di noi, neanche un sussurro, neanche una telefonata per sbaglio, neanche uno sfiorarsi per sbadatezza le mani. E poi é arrivato il niente. E' arrivata l'assenza di sentimento. E poi é arrivato il vuoto. Non provare più niente, neanche fastidio, neanche un attimo di ripensamento, neanche un sospiro. Niente. Oggi mi sono chiesta come ho fatto a stare cosi' male se poi tutto é passato cosi', senza lasciare traccia. Senza neanche una foto di noi due, un ricordo su cui sorridere. Si, una foto, quella che io volevo fare a tutti i costi e che per un motivo o l'altro non abbiamo mai fatto. Forse era destino. Era destino che scomparissimo cosi'. Come se non fossimo mai esistiti. E poi io l'ho sempre detto, forse per proteggermi, forse per ferirti, che noi non siamo mai stati niente. E alla fine lo siamo diventati. Per sopravvivere. Per non soffrire più. Per dimenticare. Per andare oltre. Triste, ma vero. Tristissimo e verissimo.

martedì 26 febbraio 2013

La bacchetta magica

Tutto é iniziato in auto. "Zia, tieni, ti dó la mia bacchetta magica". Un pezzo di legno, un ramoscello che non so neanche dove hai recuperato, rotto e tendente al verdino. Io presa dal momento e dalla conversazione non ho dato importanza, ho ironizzato dicendo "Ecco, questi sono i regali di mia nipote" e te l'ho ridato, perché é la tua bacchetta magica ed é giusto che resti con te. 
Ieri torno in una Londra gelida, col cuore come al solito piccolo piccolo. Apro lo zaino, inizio a togliere tutto quello che trovo dentro ed ecco che spunta proprio quel legnetto. La tua bacchetta magica. E ho immaginato te, piccola piccola, che di nascosto me la infili nello zaino, cosí mi posso portare un pezzo di te via con me.
E mi é servito quel pezzo di te. L'ho stretto tutta la notte. L'ho stretto dopo che lui con i suoi occhi che mi scavano dentro mi ha detto che ha deciso di andare via, di lasciare l'Europa, perché deve fare il salto e sente di doverlo fare ora. L'ho stretto dopo che gli sono scoppiata a piangere davanti come una bambina, cercando di mantenere le distanze, ironizzando sulla mia sensibilità eccessiva, chiedendogli di restare almeno fino al mio compleanno. Lui, si lui, quello che mi fa stare cosí bene. Quello che per due volte mi ha ripetuto che la mia felicità deve dipendere solo da me. Quello che mi ha detto "so quanto hai vissuto, io capisco". Quello che ogni volta che mi guarda mi fa sciogliere, mi trasforma in Francesca in bacinella.
Ecco ora io la prossima volta che vedo lui e la sua felpa rossa prendo la tua bacchetta magica e provo a fare un incantesimo. A farlo restare con me, qui a Londra, anche in 10 metri quadri di stanza. Ma so che "amare" é lasciare andare. Amare é una parola grossa, da usare con parsimonia. Quindi é giusto che tu vada. Anche se resterai parte della mia tapisserie, dicono i francesi. E per questo, non c'é bisogno della bacchetta magica. E' già avvenuto e anche tu lo sai.  

domenica 24 febbraio 2013

A la maison

E' un po' sempre lo stesso gioco, il solito salto nel passato. Gli odori dell'infanzia, i gesti di pura follia, come quelli di mettere la musica e ballare, dormire in tre in un letto, con i piedi piccoli piccoli che magicamente ti finiscono in bocca. E poi i sapori di casa, la cioccolata calda di pomeriggio, la pizza fatta in casa di sera, la neve che scende a tonnellate e tu che la guardi e fai spallucce, tanto ormai sei a casa. Gli amici del passato che non sono mai passati, le guance morbide che sanno di bimbo, i messaggi che arrivano dall'Inghilterra, la tua nuova terra di adozione. Il deodorante per la pancia e il labello che diventa un rossetto, le manine piccole che ti vogliono pettinare o meglio strappare i capelli e tu che pensi ma chi se ne frega, se lei é contenta, tutto va bene. Biglietti aerei che ti porteranno lontano, finalmente oltre oceano. Perché i tuoi sogni diventano realtà. E succede sempre più spesso. A la maison ou ailleurs.

giovedì 21 febbraio 2013

La serata migliore

Stanotte non dormo. Non posso. Non posso perché stasera mi hai fatto passare una serata indimenticabile. E ho il cuore che mi scoppia di felicità. Stasera ti avrei potuto dire "sono andata, persa, cotta". Ma sono stata zitta, perché non ti voglio perdere. Stasera l'inglese mi si bloccava in bocca, ma noi ci siamo capiti lo stesso. Non c'erano le parole, c'era altro. C'erano gli sguardi, c'erano due cuori vicini, c'era la comprensione. Stasera ti sei aperto a me, io a te. Hai confermato i miei dubbi, ma io ho solo apprezzato. Ho apprezzato la tua debolezza, le tue incertezze. Ho apprezzato quella mano che sfiorava delicatamente la mia gamba, quasi per sbaglio, quasi per mancanza di attenzione. Stasera ho capito che se domani non ti vedessi più sarei comunque contenta, perché mi hai dato tanto. Stasera ho capito che tutte le volte che ho parlato mi hai ascoltato e forse mi hai capito pîù tu di quanto l'abbia fatto io di me stessa. Stasera ti ho chiesto di essere sempre sincero con me. E so che lo sarai. Stasera ti ho detto grazie, perché mi hai salvato da chi ha cercato di rovinarmi. Stasera temo di essermi persa. Ma stavolta, sento che non mi farà male. No, mi farà solo bene. Come te stasera. Ecco, stasera ho un buon motivo per non dormire. Tu. Tu e io. E quello che siamo e che saremo. 

I topini

La porta di casa si chiude rumorosamente. E le nostre porte si aprono piano piano. Come due topini, usciamo dalle nostre camere, titubanti.
E' uscito?
Penso di si.
Uff, dai, scendiamo a fare colazione.
E cosí ci ritroviamo al solito tavolo, io e te. E partono gli sguardi e partono i sorrisi e partono le battute. Io con la celebre molletta in testa, tu con i capelli per una volta spettinati. Io che ti prendo in giro per la tua polvere bianca (il tuo celebre glucosio per farti venire i muscoli grandi grandi come dici tu), tu perché non si puó mangiare il salmone alle otto del mattino. Tu che non mi giudichi mai, io che ti prendo per quello che sei, con la tua immaturità, mista ad una certa capacità di vedermi dentro. Io che ti racconto l'ultima che mi é successa, tu che mi fai giurare che non ci ricadró mai piú, tu che mi racconti del tuo colloquio. E poi ognuno va a prepararsi, ci incrociamo fra il bagno e il corridoio, con l'asciugamano sulla testa io, lo spazzolino in bocca tu.
Sorrisi ancora e ancora, sguardi, commenti ("complimenti per i capelli perfetti" e "ti vesti come una nonna, nooo, non ti mettere quelle scarpe ti prego, sembri in pantofole"). E poi, i topini escono di casa insieme. Uno va a destra, uno a sinistra. Come sempre, come nella vita. Ah, i topini, come sono carini! Magari fossero qualcosa di piú che topini!Desiderio che sogna di diventare realtà!

mercoledì 20 febbraio 2013

L'amica speciale

Io ho un'amica speciale. Quella del gruppone. E' un'amica che ti invita a casa sua e ti ritrovi a cena con tante persone, tutti felici e sereni, tutti sorridenti, qualcuno con la bocca storta. E in queste cene si fanno discorsi seri, si parla di politica, di elezioni (italiane e non), di problemi da vita stressante londinese, di sbagli del passato e gioie del presente. Qualcuno sbuffa, qualcuno si infiamma, qualcuno chiede venia perché non vuole ammorbarsi con certi discorsi. 
Quando arrivo dalla mia amica, vado subito in cucina. Ci sono verdure da tagliare, scoppiettante cibo che cuoce in padella da mescolare, ci sono amici che arrivano dal freddo della strada da abbracciare e baciare, a cui dire "brrr, come sei freddo". Ci sono bicchieri di vino con cui brindare, a noi, al nostro presente, al nostro futuro. E poi ci si ritrova tutti a tavola, tutti insieme, con chi getta un occhio alla Champions' League e chi al piatto quasi vuoto, con chi se la prende "perché non é vero che gli inglesi sono poi cosí ottusi" e chi replica "sono anche peggio e spegnete questa televisione, ché nessuno la guarda". 
Tutto questo in un'atmosfera calda, calda di sentimenti, di sguardi, di parole. Di persone che mi dicono "quando ti ho conosciuta non eri cosí, cosa ti é successo?" e io che col sorriso sulla bocca rispondo cosí: "ho scoperto che voglio essere felice, che voglio sorridere. La vita é troppo breve per essere triste". Ce la faró? Non lo so. Ma ci voglio provare. Insieme a tutti coloro che fanno parte di questa vita un po' speciale. Un po' tutta mia.

martedì 19 febbraio 2013

Ma i ricordi, dove vanno?

Sinceramente, i ricordi sono bastardi. Si, lo sono anche tanto. Ti appaiono lí, all'improvviso, mentre tu stai facendo tutt'altro. Ti appaiono mentre tu sei alla disperata ricerca di un curriculum da aggiornare, cosí magari fai una pernacchia a tutti gli euroscettici e te ne vai. All'idea di andare via e di lasciare felpina rossa ti senti un po' male, ma sai anche che nell'assenza di certezze, sei una mina vagante, che puó andare ad esplodere altrove.  Ma tornando ai ricordi e alla disperata ricerca del tuo curriculum nelle mail inviate, ecco che datata 28 giugno, ti appare quell'ultima mail. L'ultima mail che ti ho scritto. In cui ti chiamo ancora con quel soprannome dolce e mi firmo con altrettanta tanta dolcezza. E pensare che il giorno dopo, in una squallida telefonata su Skype, si é chiuso tutto. Si, proprio tutto. Il bello (e ce n'era poco di bello) e il brutto (e ce n'era anche troppo). E lí, mentre contemplo quella mail in cui ti preannuncio la mia partenza, mi chiedo: dove vanno tutti i ricordi? dove vanno gli amori, le amicizie, gli affetti passati? dove li spediamo? ma tu, ti ricordi? Io i ricordi ce li ho tutti in ordine preciso, quasi alfabetico, nella mia memoria. Della nostra storia e di tutte quelle che ho avuto prima e dopo. Pensando e analizzando la mia vita attuale, vorrei a volte poter dimenticare. Sarebbe piú facile. Farebbe bene al mio cuore. Non avrebbe una stretta fredda ogni volta che un ricordo appare bastardamente e a tradimento. No, sarebbe glaciale, di pietra. Come il mio non sa essere.

Il Tubo del mattino

A me il Tubo al mattino non piace. No, non mi piace per niente. Si finisce come in una partita di tetris, con le gambe e le braccia incrociate a quelle di estranei, starnuti parati direttamente in faccia, alitate da dire "meno male che é mattino e che ti saresti dovuto lavare i denti", mani che si toccano e con ribrezzo si staccano. No, il Tubo al mattino non passa. Stamattina poi ci si é messa anche la nausea, che non mi abbandona mai in questi giorni. Mi si é attaccata, stile koala allo stomaco, e ogni mattina mi aspetta sulla porta. E poi ci si sono messi i pensieri, ad incastrarsi li' nel gioco del tetris mattutino. Si, anche quelli. Dove stiamo andando? Cosa ci porta tutto questo? Ho fatto la scelta giusta? Cosa siamo noi? Cosa sono quei due occhi che mi fanno sciogliere? Ecco, lí nel Tubo, i pensieri restano cristalizzati, bloccati. Ho quasi l'impressione di poterli controllare, bloccare, fermare. Ma appena scendo, ecco che si allargano, mi sembrano troppo grandi, troppo pesanti. Eddai, ho preso il Tubo stamani, lasciami in pace. Dai, vita, non mi affliggere già dal mattino. Lasciami respirare. Dai, lo sai anche tu che ho un segreto da sussurare, che non riesco neanche io a credere che sia vero. E una bugia da sciogliere, che mi blocca la lingua, il cuore, i pensieri. Si, sai com'é, siamo solo amici noi. Si, proprio solo amici. Quasi quasi torno nel Tubo a giocare a Tetris. E' meglio di quello che c'é fuori. Lí, la mia testa non fa danni. E il cuore, tace.

lunedì 18 febbraio 2013

E chi sono questi?

Il weekend ha un titolo. E il titolo é "E chi sono questi?". E' un titolo speciale, doppio. Puó significare "e chi sono questi che cantano sotto di noi, sotto le nostre voci, le nostre risate, i nostri racconti?". Ma puo' anche voler dire "E chi sono questi uomini che ci girano intorno o a cui giriamo intorno (l'azione é reciproca)?", come "mine vaganti" dici tu. Sono un po' di tutto, questi uomini: sposati con tanto di fede al dito, fidanzati che si fingono sfidanzati, belli e maledetti, brutti e stramaledetti, à croquer, che ci chiamano trenta volte al giorno e trovano tutte le scuse per chiamare, che non chiamano mai e ci fanno disperare mentre guardiamo con espressione triste lo schermo del cellulare, che ci invitano a bere e poi magicamente scoprono che il loro cellulare si é mangiato il nostro numero e non sanno piú come fare a mettersi in contatto con noi. Ne abbiamo un catalogo. Ne abbiamo un elenco lunghissimo, infinito. Un elenco, in un certo senso, da cancellare. Un elenco vuoto. Un elenco di ricordi, di messaggi scambiati in piena notte, di litigate, di frasi ad effetto, di gioco di attrazioni e allontanamenti. E allora, chi sono questi? Risposta non pervenuta. Quella che é pervenuta era solo quella sul nome del cantante. Sarà un segno, no?

Il mondo prima

Mi sono svegliata con un punto interrogativo sulla testa. Ho visto la luce, ho visto il sole, ho visto la tua felpa rossa. Ho sentito l'arrivo della primavera, ho capito che é ancora lontana, ma poi non cosí tanto. Il cielo non mente mai e il cielo oggi chiama la primavera, il sole caldo, i vestiti leggeri e colorati. Ho ricordato come mi sentivo l'anno scorso, ho visto me lí in quel letto e ho visto la mia serenità, il sorriso accennato sulla bocca, che mi ha cullato tutta la notte. Ho fatto tutto in ritardo, perché il lunedí mattina io non carburo mai e poi avevo due cosucce da dirti tra il panino al salmone, il the bianco al sambuco e la trama di Romeo e Giulietta da raccontarti, per vedere il tuo sorriso combaciare col mio. E mentre camminavo per venire al lavoro, mentre lottavo per tenermi in equilibrio fra i sogni e i tacchi di tre centimentri che per me ne valgono ben di piú, ho capito che non potevo continuare ad ignorare quel punto interrogativo sulla testa. Quel punto interrogativo mi chiede se sono innamorata. Lo ripeto piano per non sentirmi male: i n n a m o r a t a. Chi? Io. E sono arrivata alla conclusione che tutto questo stare bene dipende prima di tutto da me e poi si, anche da quanto sto vivendo ora, da quella che io definirei piú che altro una cotta che mi sono presa per te. E' presto per innamorarsi, no? é presto per perdere completamente la testa e il cuore. Diciamo che io ancora li controllo, il cuore e la testa. O almeno mi convinco che sia cosí!

venerdì 15 febbraio 2013

San Valentino

Quest'anno San Valentino ha avuto un gran raffreddore, un po' di febbre e anche la nausea. Una nausea che é durata tutto il giorno, come una fedele amica che ti sta attaccata e non ti lascia mai. Ma nonostante questo, quest'anno San Valentino é stata una bella festa. Tu non l'hai mai veramente festeggiata, ma l'hai fatto in un certo senso quest'anno, perché per tutto il giorno ti sei sentita circondata dall'amore, dall'affetto, col sorriso sulla bocca e sul cuore. E la giornata é finita con una lunga chiaccherata, tu seduta sui mobili in cucina, lui al tavolo, perché sono malata ed é meglio che non ti avvicini troppo, tu col tuo cappuccio rosso, io con la felpa rosa e i fazzoletti ovunque. E cosí abbiamo passato tre ore a parlare, ad analizzare, a scherzare su cosa scrivere in un messaggio, quali parole usare, cosa fare della nostra vita, dei nostri progetti, dei nostri sogni. Per arrivare alla conclusione che forse vogliamo entrambi la stessa cosa. L'anno prossimo, chissà dove saremo. Tu probabilmente dall'altra parte del mondo, io forse sempre qui, sempre un po' persa, sempre un po' ritrovata. Ma cosa importa, godiamoci questo San Valentino. Cosí, in pura semplicità. Tra un fazzoletto e uno starnuto. Tra un sorriso e un occhiolino.  

giovedì 14 febbraio 2013

Problemi etici: l'horsemeat

Stamattina é successo il seguente, nella nostra cucina:
Sei verde stamani.
Non mi sento ancora bene. Ora ho una gran nausea.
(Occhi stupiti e preoccupati) Oddio, non sarai mica incinta?
(Chiara smorfia di disgusto sulla faccia) Ma ti prego. Penso sia colpa di quella carne che hai cucinato ieri e che mi hai forzato ad assaggiare per dimostrare che sei un bravo cuoco.
Ah ah, forse c'era del cavallo in quel macinato di ieri sera!
No, ti prego, pietà. L'horsemeat anche a casa, no!Ecco, I have to throw up now.
Aspetta, ti vengo a tenere la testa...mi sento in colpa, sai...ho cucinato io!

mercoledì 13 febbraio 2013

Stay with me

C'é quella canzone, che ho scoperto, cosi' per caso, una sera che ero sola a casa, poche sere fa. E si addice a questo periodo della mia vita. Cosa dice? Dice stai con me, non andare via. Dice proviamo a essere il meglio che possiamo essere. Dice mi piace passare del tempo con te. Stasera mi hai detto "Se continuiamo cosi', va a finire che ci innamoriamo". Io ho guardato a terra e ho risposto con un sorriso e un sospiro, leggero, sussurrato. Ma tu questo non l'hai visto, perché non guardavi nella mia direzione. Non potevi. Hai solo sentito il sospiro. Sai, il passato mi ha insegnato a stare molto attenta, a non bruciarmi. Mi ha insegnato a badare a me stessa, a incerottarmi per bene il cuore. Sai, io prendo questi momenti come delle pillole di felicità, da mandare giù con un po' d'acqua niente di più. Poi c'é la razionalità, poi c'é la ragione che dice di aspettare, di non rischiare. Sai, seguo sempre il tuo consiglio, che mi dice cerca di non farti male, cerca di proteggerti. Me lo dici sempre, me lo hai ripetuto tante volte. E io lo seguo alla lettera. Ma tu se puoi, stay with me. Perché la mia vita non sarebbe la stessa, temo.


martedì 12 febbraio 2013

Il tubo nero

Ho ricordi sfocati. Ho ricordi labili. Mi sono svegliata e non sono riuscita a muovermi, perché mi faceva male tutto. La testa, i muscoli, il cuore. Mi ricordo le due ore a passeggiare sul Tamigi. Mi ricordo il freddo. Mi ricordo io che canticchio quella canzone che dice "if you feel insane, go to the river. If you feel ashamed, go to the river". Mi ricordo la tua faccia quando te l'ho detto e la tua domanda che ne é seguita. "Sei sicura che vada tutto bene?". Mi ricordo che ti spogli davanti a me. Vedo la tua camicia cadere per terra e poi non ricordo piú niente. Sono crollata, cosí, di botto, a mia insaputa. Sono stata svegliata dal telefono alle due del mattino. Ho ascoltato il tuo messaggio in segreteria, ero troppo lenta per rispondere. Ricordo perfettamente la tua voce, stranamente gioiosa. Ricordo di non avere avuto la forza di fare niente, solo di restare immobile a letto. Ricordo di aver pensato "I wish you were different". Stamattina mi hai detto "stai a letto, non hai una bella faccia. You look stone". Poi mi hai anche chiesto cosa avessi, cosa mi sentissi. Io ho risposto a mezze parole "non so, mi sembra di essere caduta in un tubo nero". Sono i sentimenti passati. Sono i ricordi. Si stanno staccando da me, dal mio cuore, dal mio corpo. Sono le speranze covate, che ora si sono seccate, come i fiori al sole. Le speranze di essere diversi. Le speranze di non aver visto male, di essersi sbagliati. Puoi essere fiero di quello che hai fatto. Ma io nel buco nero, non ci resto. Anche a pezzi, mi tiro su e cammino. E da tempo lo faccio senza di te.

domenica 10 febbraio 2013

L'anno del serpente

Oggi é stata una bella giornata. Ha piovuto tutto il tempo, faceva freddo, ma per me c'era il sole. Si, il sole dentro di me splendeva, alto e caldo nel cielo. Sono stata coinvolta da un mare di persone e lanterne rosse, in una Soho in festa per l'anno del serpente. Ho incontrato cinesi nella metro mentre tornavo a casa, carichi di vettovaglie, salse e involtini primavera intrappolati in contenitori di plastica, felici e contenti. A momenti c'era da chiedergli cosa significhi essere nell'anno del serpente (che dal nome per me non promette bene), ma io ero altrove, non dentro il tubo. Io avevo passato un pomeriggio spensierato, a rimirare sculture contemporanee in un parcheggio sotterraneo, a far conoscere amici, per far nascere nuovi amori, per placare i cuori tristi e dare loro un po' di ristoro. Un pomeriggio di risate, abbracci, mani che si stringono. Un pomeriggio in cui ho assaggiato una cioccolata calda buona, amara al punto giusto, che non riusciva comunque a contrastare la dolcezza che avevo in bocca, il sapore dolce della vita. E li', in quel locale, ho pensato a te. Ho pensato che se avessi potuto ti avrei portato li' ad assaggiare quella cioccolata. Ti piacerebbe, sai, per la tua golosità. Mi diresti "domani sono pieno di brufoli", mentre lecchi il cucchiaino contento e felice come un bambino. Li', in quel pensiero, mi sei mancato. Non ti ci portero' mai ad assaggiare quella cioccolata, lo sappiamo entrambi. In un certo senso, non te lo meriti. E a consolarmi per questo pensiero, sei arrivato tu, a condividere una cena cucinata in fretta e furia, un po' per la stanchezza, un po' per la tristezza della fine del weekend. Abbiamo mangiato io e te, li' sul tavolo stretto della cucina. Ti ho raccontato, si, ti ho raccontato cosa ho provato mentre assaggiavo quella cioccolata. Ti ho detto di lui, di quello che é stato. Tu hai ascoltato e hai capito. Non pensavo che lo avresti fatto. Mi hai guardato con i tuoi occhi che mi scavano dentro e mi hai detto "non ti preoccupare, capisco. Probabilmente io avrei fatto lo stesso". E hai aggiunto: "Di te mi colpisce la forza. Silenzioza, a momenti trasparente. Tu sembri trasparente quando ti si conosce, e poi prendi consistenza piano piano".
Oggi é stata una bella giornata. Un'altra. L'anno del serpente non promette bene dal nome. Ma nei fatti, fa tutto il contrario. 

Ma London (o la mia Londra)

Ma London non mi delude mai. Mi sorprende sempre. Mi lascia il sorriso sulla bocca, mi fa dormire sonni sereni, costellati di sogni che sfioro con la mano. Ma London mi fa correre sotto la pioggia, che smette appena arrivo a casa completamente bagnata. Ma London mi stanca, ma mi dà energia allo stesso tempo. Ma London mi fa consolare persone, che a loro volta mi hanno consolato e fatto amare questa città. Ma London mi insegna a fare il dito a chi se lo merita, girare i tacchi e andare. Ma London mi fa cantare "Shiny Happy People" con te alla festa della mia amica, che se avessi ancora 15 anni pensarei che sei l'uomo della mia vita, col quale avro' i miei sperati sei figli. Ma London ci fa perdere fra le strade di Shoreditch, seguendo i grattacieli della City, alla ricerca di un autobus che ci porti a casa. Ma London mi fa svegliare alle sei del mattino, perché russi, e mi fa anche riaddormentare, perché il tuo russare é una ninna nanna alle mie orecchie. Ma London mi fa incontrare un vecchio date al pub, cosi' per caso (pare che io sia l'unica persona a Londra in grado di incontrare cosi' tante persone per caso) e passarci un'ora a ridere e scherzare come quando uscivamo insieme e lui mi spediva messaggi di pseudo-amore. Ma London mi fa svegliare e aspettare che anche tu apra gli occhi, perché ho due domandine che mi sono venute in mente e che ti devo assolutamente fare. Di quelle che ti fanno arrossire e dire "I can't, I can't answer". Ecco questa é ma London. Que du pure bonheur. Avec de petites faillites, mais beaucoup des sourires et de joie de vivre. 

giovedì 7 febbraio 2013

I'm in the mood to dance, I'm in the mood for my little romance

Sono ripetitiva ultimamente. Dico sempre la stessa cosa. Certo, non la dico a te. Meglio evitare certe dichiarazioni. In certe situazioni, bisogna mantenere il segreto con noi stessi. Ma la penso ogni volta che ti intravedo, che ti sfioro, che sento il tuo odore. Quell'odore che all'inizio non mi piaceva per niente e che ora invece mi fa sentire bene, benissimo. Non so cosa mi é successo, ma nonostante lo stress, la stanchezza per le lunghe ore al lavoro, nonostante le solite corse che questa città mi fa fare, sto bene. Sí, sono in un mood tutto mio. In uno stato mentale di pure bonheur, fatto sempre delle mie piccole cose, delle piccole gioie quotidiane. Fatto di piccoli sorrisi, di sguardi che mi lanci al mattino con un occhio chiuso e uno aperto, di "have a good day" and "good night". Ecco tutto questo mi fa venire voglia di chiudere gli occhi, di farmi portare da te in un ballo mentale tutto nostro, tu con la felpa rossa, io con quella rosa. Lo so che non puó durare per sempre, ma mi godo questo momento. Niente lo puó scalfire. If this is only chance I get, I will take it. Magari non te lo dico, ma la prendo. E' una chance tutta per me. E' la mia little romance, che mi porta quotidianamente il sorriso sulla bocca!

mercoledì 6 febbraio 2013

Citazioni da una mail di una cara amica

Cito direttamente una citazione (tautologia?si dirà cosí?) che una carissima amica mi ha mandato via mail, dicendole che le ricordava un po' me e un po' anche se stessa. Io mi sono completamente ritrovata, specialmente nel mio desiderio, nel mio profondo essere che mi spinge a questo mio viaggiare permanente (o come direbbero gli spagnoli con un segnale stradale che mi ha totalmente affascinato "vado permanente"). Non c'é tempo di fermarsi, mi ripeto, c'é troppo da scoprire. C'é solo da chiudere gli occhi per immaginare il prossimo viaggio, la prossima avventura, il prossimo paesaggio che mi troveró davanti. Uno dopo l'altro, assaporando nella bocca il gusto del nuovo, del diverso, che diventa poi comune e quindi conosciuto. Ecco la citazione:
"L'andarsene in generale, il cercare risposte geografiche, un desiderio in parte stupendo e in parte stupido che sembra sempre più globale e generale. Ogni giorno aumentano le partenze, gli spostamente, forse internet, forse i voli economici, forse tutto il resto. Cose che si risolvono con la geografia. La difficoltà di localizzare la propria esistenza, il costante pensiero di andarsene, l'ipotesi continua. Le soluzioni geografiche anche per i problemi esistenziali e per problemi primari. Immaginare quello che ci può essere altrove, cercare i posti in cui succedono le cose.
Partire senza parole, solo con delle note musicali che escono dalla bocca, come un buon augurio".
Buon viaggio a tutti. reale o virtuale.  

lunedì 4 febbraio 2013

Nothing on you, baby

Ho tremato per mezz'ora nella mia cucina bianca e finalmente pulita. Ho tremato nonostante il doppio maglione. Ho tremato di paura, paura di me stessa. Paura di cadere di nuovo. Paura di cedere. Paura di ricadere nello stesso gioco perverso. Paura di non venirne mai fuori, nonostante tutti gli sforzi, fatti e da fare. Ho tremato per tutti i miei sbagli. Ho tremato perché temo che nonostante tutto io non riusciro' mai a smettere di amarti, di sperare di vederti tornare diverso. Di ricevere una mail, un messaggio tuo, in cui tu sei come io ti vorrei. E non accadrà mai. Ti ho tagliato fuori e ti devo tenere fuori, lontano da me e dal mio cuore. Ma io so che non sono i silenzi a fare la differenza, non sono i chilometri, non sono le frasi ripetute a fior di labbra come un mantra a salvarmi, non sono le corse del sabato e della domenica, i surrogati di amore che mi sono trovata in questi mesi. Forse l'unica persona che puo' salvarmi sei tu. Si, un tu che non esiste se non nella mia fantasia. Se fossimo in ritorno al futuro lo creerei questo tu. Ma siamo in questa cavolo di realtà e non posso. No, I got nothing on you, baby. Nothing. E nothing é proprio niente. E' zero. E' l'assenza. E' il vuoto. E me lo devo tenere, me lo devo far piacere. Continuo a tremare e mi ripeto il mio mantra. Passa, Francesca, passa. Prima o poi passa. 

Siamo solo amici

Siamo a Green Park. Stiamo aspettando la Victoria. Stranamente, arriverà fra 3 minuti, quando normalmente io non ho mai aspettato più di 1 minuto. Siamo tutti e due sulla linea gialla, guardiamo i binari. In silenzio. I piedi precisi, perfetti, sul limite della linea gialla. I miei per paura. I tuoi per cultura (mai infrangere le regole dice la cultura anglosassone). Non parliamo. Stasera é una sera strana, non c'é nessuno qui. Guarda non ci sono neanche i topi sui binari. Eh no, forse sono stanchi, amareggiati anche loro. Tu sembri stanco e amareggiato, io so di esserlo. Ti lancio un ultimo sguardo e riprendo il mio libro fra le mani. Quello con un titolo interessante. Eh si, quello con la mia frase preferita. Siamo solo amici. Oggi particolarmente. E non mi piace per niente, no. Stavolta vorrei non dirla. Sai, spesso la uso per uscire da situazioni penose, dolenti, per chiudere, per tagliare corto. Oggi é stato cosi'. Ecco, io da oggi vorrei non dirla più, non ripeterla. Un uomo e una donna non possono essere amici. No, soprattutto dopo essersi scambiati una parte della vita. Dopo averla condivisa insieme. No, non si puo' o io non voglio più farlo. Arriva la metro. Ci guardiamo per mezzo secondo. I tuoi piedi vanno a destra, verso la porta piccola del vagone. I miei a sinistra, verso quella grande. Si, io voglio il meglio. Si, io voglio il sogno, al completo. Le situazioni poco chiare non le voglio più. Ci perdiamo nella folla del vagone. Cosi' come ci si perde nella vita.

venerdì 1 febbraio 2013

Mr I was told

Gli inglesi sono dei gran furbi. Usano espressioni, frasi, locuzioni senza specificare il soggetto. Come nel caso di "I was told". Si, cioé, sono stato detto, o in un italiano un po' migliore, mi hanno detto. E la domanda sorge spontanea: ma scusa, chi ti ha detto cosa? Non si puo' dire, pare, o come la mia ex coinquilina forlivese direbbe "pare brutto dire chi l'ha detto". Anche io faccio un po' l'inglese e dico I was told stasera. I was told che nel mio blog parlo solo di me, I was told in poche parole che sono autocentrata. Ebbene, caro autore dell'I was told, leggi attentamente il mio blog e ci troverai i seguenti elementi: i miei affetti, la mia vita quotidiana, il mio coinquilino bello e dannato, tu, gli amori passati e presenti, le mie emozioni, le foto dei miei viaggi, le delusioni, i momenti di pura felicità, i miei amici, la mia Bruxelles e la mia Londra. Questo significa essere autocentrati?Eh no, questo significa vivere, innamorarsi, avere un cuore che batte, delle emozioni, essere tristi, condividere...questa é vita, mio caro. Sai, mi sarebbe piaciuto tanto scrivere solo di me e te, di come ci saremmo potuti amare, di quello che avremmo potuto costruire insieme, ma non é stato possibile. Sarei stata autocentrata anche in quello? Quello che vale é leggere questo blog per avere accesso ad una parte di me, che ad occhio nudo non si vede. Per capirmi meglio. Per capire dove sta andando la mia vita, caro Mr I was told. Scegli tu, io non ti obbligo a leggerlo. Io ti ho solo dato l'accesso al mio mondo più intimo. E pensaci un attimo, non é un caso. 

Ah, mon beau gosse

Torno a casa trafelata. Mi lancio in cucina con ancora indosso la giacca, accendo il forno, srotolo la pate brisée, taglio i pomodori, li mescolo alla mostarda all'ancienne, prendo il tonno, metto il gouda, rimescolo e inforno. E tu arrivi, come al solito, bello come il sole, il mio beau gosse.
Hai ospiti stasera?
Si, tra dieci minuti.
Mmm, sei tornata tardi dal lavoro. 
No, ero dall'estetista.
Tu?
Si, io. 
Ma cosa ci vai a fare dall'estetista?
(Ti sorrido) Vado a lottare contro il decadimento cellulare!
Secondo me sei tu che devi insegnare all'estetista come si fa a essere bella!
Non sono sicura di aver capito...
Ho detto che tu sei bella e non hai bisogno di andare dall'estetista. 
(Respira, Francesca, respira) Hai fame, mon beau gosse?
Eh si. Per caso hai fatto la quiche con la mostarda all'ancienne?
Mmm, si, proprio quella. Ne vuoi un pezzo?
Ma se avanza, perché no? 
Sono bella, io?
Si, te l'ho detto.
Si, sono bella come la quiche con la mostarda all'ancienne nel tuo stomaco, mon beau gosse.
E scoppia la risata che risuona nella casa vuota, calda, profumata dalla quiche che cuoce nel forno. E quando arriva il mio ospite ci trova, li, nella nostra cucina, piegati in due a ridere a crepapelle. A ridere di pure bonheur. Grazie, mon beau gosse.