venerdì 29 novembre 2013

Autocitazione triste


Noi non parliamo di noi o di cose serie, figurati. Sarebbe come aprire il vaso di Pandora. 
Meglio parlare di cavolate, fare battutine, perché mai parlare di noi e di quello che é successo e mandarci di traverso la cena, il pranzo e la colazione del giorno dopo?  
Triste, ma vero.

J'en ai marre

Aujourd'hui j'en ai marre. Oui. J'en ai marre de gens qui se cachent. Ils se cachent pour nier leur existence, les sentiments, les problèmes. Ils se cachent et il me laissent toute seule avec un sens de quelque chose qui ne part pas, qui ne va d'aucune coté. Je me retrouve toujours seule, moi, dans ma vie, dans mes relations d'amitié et de pseudo-amour. Seule à réflechir, à essayer de comprendre. A me fatiguer. Tu m'as fatigué. Je te l'ai dit. J'ai dit j'en ai marre. J'ai dit s'il te plait, sors de ton coin. Je l'ai dit à toi comme je l'ai dit à d'autres personnes. 
Aujourd'hui, j'en ai marre. Je vis cette journée comme ça. Sans cerveau. Sans me poser des questions sur les autres. Je pense à moi aujourd'hui. Je me cache aussi. Voyons si ça me fait du bien!

mercoledì 27 novembre 2013

Stay with me

Ero in un bagno di un locale di Piccadilly. Ero li' dentro chiusa, mi tenevo alle pareti perché mi girava tutto. Come al solito. Come spesso mi succede a Londra. E mentre mi aggrappavo alla parete per stare in piedi mi sono detta che sono stanca di vivere cosi'. Si, sono stanca di uscire, di conoscere, di parlare, di giocare sempre lo stesso gioco, di tornare a casa ripetendomi "cerca di camminare lungo la linea dritta dei tasselli di pavimentazione" per non dar a vedere che cammini storta. Sono stanca di tutto questo. Di questa agenda piena, delle presentazioni da fare al lavoro, dei meetings e di tutto questo. Io voglio solo una cosa. Io voglio solo un'idea. Un sogno. E lo sintetizzo cosi': stay with me.

Pensiero mattutino

Ci sono degli uomini che ti prendono per sfinimento. Ti cuociono in padella lentamente. Tu non ci vorresti proprio entrare nella padella, ma loro a forza di provarci, ti ci fanno entrare e ti ritrovi a rosolare fra i tuoi pensieri.
E questi uomini sono i più pericolosi. Non usano fiori, né regali, non bugie, ma occultamento della realtà e tu ci cadi. Ti senti scivolare come su un tobogan, mentre ti attacchi alle pareti dello scivolo per non caderci. Passi settimane a evitare baci che poi ti ritrovi a desiderare ardentemente.
Sbuffi e ti chiedi "ma perché? Perché io?". Una lenta condanna. Ecco cosa sono questi uomini!
P.S. Le mie statistiche personali mostrano che i fisici amano usare dropbox. Forse perché vedono la vita come un insieme di scatole, sospese nell'aria, nell'infinito universo.

martedì 26 novembre 2013

Scene da metropolitana

Signorina, si sente bene?
Si si.
Ne é sicura?
Si si.
Ma non sta in piedi ed é mattina!Non le é passata la sbornia?
Porto i tacchi.
Ah, non é di Londra, vero?
No.
Eh, le donne a Londra non perdono mai l'equilibrio per colpa dei tacchi.
Lo so, ma io altre ai tacchi ci metto anche i pensieri.
E le fanno perdere l'equilibrio?
Eh si, cos'é la vita se non un insieme di perdite di equilibrio?
E poi lei dice che si sente bene!

E sorride, mi fa l'occhiolino e se ne va!

lunedì 25 novembre 2013

Une soirée tranquille

Tu as un rendez-vous galant, Francesca? J'ai répondu avec une mensonge. Non, pas du tout. Je sors avec mes potes du cours de brésilien. Un mensonge, parce que je ne voulais pas te dire la vérité et t'entendre te dire "je le savais, tu ne peux pas arrêter". Il part, j'aurais voulu ajouter. Il s'en va, donc c'est une sortie tranquille, je n'ai rien à perdre.
Et c'était une bonne sortie. Une sortie un peu alcoolique, comme on peut faire que ici. La juste quantité d'alcool pour oublier, pour oublier les limites, pour laisser de coté les réticences, pour n'avoir honte de ce qu'on dit ou on fait. Une bonne soirée, rien de plus. Avec de la bonne musique aussi, ma musique à moi. Cette chanson qui rép§te I'm yours so I don't have to leave anymore, que je chantais à moi même dans les rues de Londres l'hiver passé. J'en ai fait de chemin depuis là.
Il y a une chose que j'ai dit à la fin: ne me tente pas. Oui, laisse-moi vivre cette soirée comme ça, en savant que tu pars dans une semaine, qu'il n'y a pas de demain ni d'aujourd'hui. Une soirée comme ça, un peu tendre, un peu naive. Sans demain. Tranquille!

Une belle soirée

Ho voluto vederti per rivedere le tue mani. Piccole e un po' pelose. Ho voluto rivederti per vedere la ruga sottile che hai sotto l'occhio destro. La guardavo e sfioravo sempre all'epoca, con i miei polpastrelli.
Ero agitata mentre andavo al pub. Non sapevo se fosse la scelta giusta. Ma l'ho voluta fare lo stesso. Avevo paura di farmi male, ma allo stesso tempo avevo la netta sensazione di doverlo fare. Quasi un obbligo morale. Un obbligo per me stessa. Ho perso tanto nella vita, mi sono detta. Non voglio perdere anche questo. Volevo risentire anche il tuo odore, anche se non mi ha mai abbandonato. Volevo rivedere tutto questo per valutarlo, per valutare la mia reazione, il mio cuore. Volevo dirmi "non ti sei sbagliata". Volevo dirmi "é una brava persona, non mi ha solo preso in giro". Volevo dirmi "non buttare via i ricordi, quelli belli, anche se pochi".
Non ti ho amato. No. Ma ho creduto in un progetto con te. Ne avevo bisogno. Ho scelto per non morire, dice una vecchia canzone italiana. Alla fine, tu hai scelto per me e mi hai scaricato, insieme a quel progetto. E io sono tornata in piedi come sempre. Ma a condizioni diverse. Molto disillusa. meno pronta a concedere. Stanca di giocare sull'asta dei corpi di Londra. Decisa a volere altro. A volere il niente se devo avere quello che Londra mi ha dato in questo mio tempo qui. 
E' stata una bella serata. Sono stata bene. Tu mi hai detto lo stesso. Avrei solo voluto che tu fossi piú sciolto, piú tranquillo. Io non mi rifarei mai avanti. Io non supererei mai quella sottile linea di rispetto che la fine di una storia traccia. Mai. Io vorrei solo una persona che mi guarda negli occhi e capisce. Come vorrei farlo io guardando nei tuoi. Ma per farlo bisogna voler capire, voler vedere. Vedere la realtà. Non quelle bugie che ci raccontiamo. Una persona che non mette distanze. Ecco cosa vorrei. Una persona che mi chiama per sapere come sto, perché gli interessa. Auguri a trovarla. Penso. Pour une fois, je voudrais que tu le fasses pour moi. Je ne demande que ça. De temps en temps. Sans obligations. Mais avec de l'affection. C'est ça qui compte dans la vie. Tu le sais.

Conseil du weekend

Quelqu'un m'a dit. Francesca, n'oublie pas ton coeur. Oui, mon coeur. Moi, j'ai respiré. J'ai pensé: il est parti ou' mon coeur? est-ce j'ai encore un coeur qui bat, qui est capable d'aimer? J'aurais voulu ajouter ça. Mais je suis restée en silence. Ce putain de silence qui me tue, ou qui essaie de le faire mais n'y arrive pas. Et non, je suis comme l'acier. On ne me coupe pas, on ne me plie pas. Il faut que j'y crois à ça!
Bonne chance!

venerdì 22 novembre 2013

Il weekend dell'amore

Oggi lavoro mezza giornata. Perché dopo mi dedico all'amore. In tutte le sue forme. Ecco, dall'amicizia a quello vero (provato forse una volta in vita mia). E mentre lascio l'ufficio ascolto questa: http://www.youtube.com/watch?v=vedIWzszUw4. Ancora e ancora. My little romance. Delle volte bisogna tornare a sognare. E lasciare gli incubi da parte. J'en ai droit, je pense!

mercoledì 20 novembre 2013

La cena dei farmacisti

Mi hanno invitata, come parte del mio lavoro. All'inizio ero dubbiosa. Non amo queste occasioni mondane, da vestito quasi da sera. Poi la mia capa ha insistito (é importante andare, mi ha ripetuto fino allo sfinimento) e cosí sono andata. Mi sono detta che avrei mangiato bene e bevuto champagne tutta la sera.
E cosí ieri sera dopo lavoro, mi lancio nel Tubo e mi dirigo verso la cena dei farmacisti. La organizzano a Mayfair, nella centralissima e chiccosissima Londra. Un quartiere bello, ma intrigato peggio di un labirinto. Io naturalmente sono in ritardo. Mi sono fermata a parlare con una collega al lavoro prima di uscire e sono uscita tardi, chiaro acte manqué che indica che non muoio proprio dalla voglia di andarci. Mi infilo nelle strade buie del centro, rischiarate dal bianco dei palazzi. Trovo la strada facilmente e inizio a contare i numeri civici, quando visibili. Ci siamo quasi, mi dico, quando vedo una freccia verso un palazzo con qualcosa scritto in un carattere minuscolo. Non mi fermo neanche, entro, penso dentro di me quante cene dei farmacisti ci saranno a Londra? 
Getto uno sguardo all'orologio mentre faccio la coda all'entrata e mi rendo conto che sono in ritardo. La ragazza all'accoglienza non trova il mio nome sulla lista degli invitati. Io mi spazientisco un po' e insisto che ho l'invito con me. Glielo faccio addirittura vedere e lei mi fa entrare e aggiunge "é fortunata, sono ancora all'aperitivo, la cena inizia fra 15 minuti". Arrivo nella sala del rinfresco, prendo un bicchiere di champagne al volo e inizio a bere. Mi guardo intorno. Mi si avvicina un uomo sulla sessantina (a queste cene non ci sono mai uomini belli e affascinanti) e inizia a parlare.
Cosa l'ha portata qui?
Mi occupo di salute, dico io (e vedo lui che mi guarda un po' perso). E lei?
Io sviluppo siti internet.
Ah, interessante. Per le aziende farmaceutiche?
Ehm, no, per tutti.
Ah. 
Ha votato per il miglior sito web dell'anno?
Sito web delle aziende farmaceutiche? 
No. Ma lei ha una fissazione con i farmacisti?
No, assolutamente. Ma scusi, siamo alla cena annuale dell'associazione dei farmacisti. 
Ehm, no, siamo alla cena annuale di coloro che sviluppano siti web, signorina. 
Eh?
La sua é la scusa migliore che abbia mai sentito per infiltrarsi ad un party senza essere stata invitata!

Morale: la cena dei farmacisti era next door. Per accedere alla sala si passava da un palco, su cui stavano facendo il discorso inaugurale. Sul palco c'ero io trafelata e il presidente dell'associazione dei farmacisti. Momenti di pura ilarità. Con tinte porpora sulle guance. Fortunatamente l'età media era 75 anni. Dormivano tutti, seduti nei tavoli splendidamente addobbati!

martedì 19 novembre 2013

I've got a secret

Ho un segreto. E non ci dormo bene. Non ho detto niente a nessuno e ho agito. So che se avessi parlato tutti mi avrebbero sconsigliato di farlo. Ma io sono adulta e decido da me. E cosí ho agito. So che questo segreto mi potrebbe fare male. So che mi sono esposta a qualcosa a cui forse non sono preparata. Ma la vita é anche questo. Rischiare. provare. Non l'ho fatto per amore. Non c'é mai stato. Non l'ho fatto per vendetta. Non sono il tipo. Ma avevo bisogno di farlo. Avevo bisogno di sentire una voce. Di riprendermi quello che ho perso. E' andato, sia chiaro. Ma io lo dovevo fare. Io dovevo fare i conti col passato. E cosí mi tengo il segreto. Aspettando di dirlo a chi dovrebbe condividerlo con me.

lunedì 18 novembre 2013

Vieni, ti presento la mia Londra


Vieni, ti presento la mia Londra!


Strani incontri da metropolitana


Mi gira la testa

 
 
Amori istantanei
 
 
Ristoranti medio-orientali


 
 Amici di famiglia alla Tate

 
Il tuo posto preferito

 
Sister senior and sister junior
 

Quello che ho perso

Ho guardato tutto il tempo le sue mani. Come stregata. Mi ricordavano quelle di qualcun'altro. Sottili come le sue. Pelose come le sue. Piccole come le sue. Ad un certo punto, mi ha guardato e mi ha chiesto se andasse tutto bene, perché mi vedeva persa. Ho risposto con un cenno della testa, ma avrei voluto dire sí, sono persa, sí, non so cosa mi sta succedendo. Poi ho riguardato quelle mani e ho parlato. Sono intervenuta nella conversazione. Ho parlato di energia nucleare come dovevo fare. Ma ho comunque guardato quelle mani anche in quel momento. 
Ci sono cose che perdi delle persone quando escono dalla tua vita e non ritrovi. La voce. Il profumo. La sensazione della loro pelle sotto i tuoi polpastrelli. Le loro mani. Io tutto questo l'ho perso. E non una volta sola.

sabato 16 novembre 2013

Post rubato

Grazie per avermi insegnato che cosa vuol dire la forza di volontà, la tenacia, la determinazione, il coraggio di andare e di lasciare, la forza di credere in un progetto di vita, in un ideale grande; grazie per aver dimostrato che i sogni non sono pericolosi e si possono inseguire e realizzare, che il sudore e la fatica non sono inutili, che l'impegno dà risultati a volte non immediati, ma seri e... concreti. Grazie perché sei un esempio di forza indescrivibile, perché cadi e ti rialzi, perché credi in quello che fai, perché vuoi rendere il mondo migliore, fin da quando eri piccola e già immaginavi...Grazie perché ho imparato con te ad essere orgogliosa, fiera, grata. Grazie perché mi hai insegnato che amare vuol dire rispettare, lasciare andare, mandare indietro le lacrime e sorridere perché i tuoi occhi dicono "io così sono felice". Grazie per avermi insegnato che l'amore conta, che annulla ogni distanza fisica e che nessun luogo è lontano...perché se desideri essere accanto a qualcuno che ami, non ci sei forse già?
Sempre fiera, fiera e orgogliosa di te, Sister!
 
 
La mia risposta é che io sono uno strumento. Si, di un progetto superiore. Non sono mai sola. C'é una mano che mi guida dall'alto. Che mi tira su quando cado. Che mi mette un materassino sotto per farmi meno male. Io voglio un mondo diverso. E devo iniziare dalla mia vita per vederlo realizzato. Questa vita é dura, é fredda, é sconsolata a volte. Ma fa crescere una consapevolezza, una visione della realtà che vale tutta la sofferenza, la lontananza, la stanchezza per una lotta continua. E chi mi é vicino mi ha aiutato a costruire tutto questo. Da quando avevo paura del buio da piccola, alle versioni corrette la sera, agli aerei presi in fretta e furia per impacchettare una vita e iniziarne una nuova. Grazie a te, sister, grazie a questa mano che veglia su di noi (chiamala dio, chiamala fato, chiamala qualcuno che é passato a miglior vita). 

venerdì 15 novembre 2013

Ufficiale

E' ufficiale. Resto qui. A questo punto devo rispettare quanto promesso a mia nipote (il personaggio piú interessante della famiglia): andremo al parco di Peppa Pig a sguazzare nelle pozzanghere e le faró conoscere la principessa Kate e il suo figlio George (che si chiama proprio come il fratello di Peppa Pig, guarda il caso), anche se non ho ancora capito molto bene come. Ma non importa ora. Ora festeggiamo. Se non avessi il mal di stomaco, mi berrei un bicchiere. Ma non posso. Sigh. 
P.S. Il primo pensiero quando ho visto la lettera é stato "cavoli, lascio Londra a 39 anni! Una vita andata!". Ma forse no, vero?

Bombe ou bobonne?

S'il fallait choisir entre bombe ou bobonne, moi, j'aurais du mal. Mon éducation m'amène à jouer la bobonne, mon instict parfois la bombe. 
Pfff. Pas facile. Pour l'instant, je reste au milieu! 

Lezioni di riproduzione umana in casa

Stai meglio?
Mica tanto.
Hai vomitato ancora?
No, quello ho smesso. 
Ma non é che sei incinta?
Ma secondo te! Ma poi viviamo insieme, lo sapresti, no?
Oddio, allora forse il padre sono io?
Oddio, sto male.
Ecco, vedi non ti é passata. 
No, non mi é passata e mi incrementa quando ti sento parlare cosí. Non si rimane incinta guardandosi negli occhi o sedendosi sullo stesso divano, lo sai? 
...
Un giorno o l'altro ti spiego come funzionano le donne, gli uomini, le donne e gli uomini insieme. Preparati. E' complicato. Non il lato tecnico, il lato filosofico. 
...
Vabbé, andiamo a lavorare, dai. 

giovedì 14 novembre 2013

Gaviscon a gogo

Ho passato un weekend ad invocare il Gaviscon. A sperare che apparisse. E che saziasse il mio mal di stomaco. Il mio buco nello stomaco. Per non rispondere a frasi come "tu cosa ne capisci di bambini? tu non hai mica figli". E io che dentro di me ripetevo come un karma "non é stata una scelta mia, sai. Non ci sono state le condizioni". Ma chi se ne frega della mia risposta. Chi si ferma ad ascoltarla? chi cerca di capirla?
Poi dopo due giorni di male, ho vomitato. Dopo non aver mangiato per 24 ore non avevo molto nello stomaco. Ho svuotato lo stomaco dell'assenza, del niente. Ho svuotato il secchio che avevo accanto al comodino, l'ho pulito, mi sono lavata la faccia. Mentre facevo tutto questo riflettevo sulla solitudine. Era notte, ma non era tardi. Nessuno dei miei coinquilini é uscito dalla sua stanza. Eppure i conati di vomito li senti. E a me andava bene cosi'. Era meglio cosi'. Stavo bene in quella solitudine atroce, con un secchio del mocio in mano, i capelli spettinati e una mano sullo stomaco sofferente, le lacrime che scendono sempre da quando sono bambina se mi capita di vomitare. Come se ci rimanessi male, senza sapere il perché.
C'é chi mi dice che l'ho scelta io questa vita. Io dico no, non é vero. E' stata quasi una scelta obbligata. Non ho potuto fare altro. Non mi sono mai voltata indietro. Non ho mai detto "torno". No, sarebbe stato da codardi. Non sarebbe stato logico, no? Eppure due giorni fa, ad un semaforo, attorcigliata ad altri milioni di londinesi nel caos e nello smog, io ho avuto il desiderio di casa. Il desiderio di patria. Della mia patria.
Ma le mie scarpe sono bagnate, rotte, cadono a pezzi. Sono libera, questo si. Ma non ho i mezzi per fare quello che voglio. Ci rifletto su questa cosa. Rifletteteci anche voi. Questo vale per i figli mai avuti, i ritorni mai avvenuti, gli amori sbagliati e finiti. Per ora c'é solo il Gaviscon. Da deglutire. Si, a gogo. Per far passare tutto questo. La tristezza, la scontentezza, l'arrabbiatura. E anche la delusione. Per lasciare il posto ad altro. O almeno cosi' spero.

martedì 12 novembre 2013

Il mio Dio

Oggi ho detto ad un'amica: se fossi mia madre, ti direi pregheró per lei, ma non lo sono.

Poi ho pensato al mio Dio. Si, a quello che prego. A mio modo. Con le mie parole. E mi sono fatta una risata. Il mio Dio é un tipo rilassato, cool direbbero gli inglesi. E penso fumi erba e strombazzi a destra e a manca. Sí, ve l'ho detto é cool. Ma c'é sempre quando lo invoco. Questo lo so. Questo é quello che conta. Non la forma. Ecco. Il mio Dio vive a Londra, forse. E beve una pinta quando si sveglia. Ma forse non importa. Lasciamolo libero di fare quel che vuole. Tanto c'é. E se questa non é un atto di fede!

La tristesse contente

Questo post sarà in francese, perché ispirato da una conversazione avuta con qualcuno d'Oltralpe. 

Je t'ai dit "Je suis d'une tristesse contente". Tu as souri, comme tu sais faire. Un petit souri blanc et poli. Bizairre qu'un souri puisse etre poli, non? Mais le tien est comme ça. Et tu as ajouté "ça c'est intéressant". Et après avec tes petits yeux, qui semblent toujours fermés, tu as dit: "Dis-moi plus". Et alors j'ai parlé. Je t'ai raconté, sans te donner les details. J'ai parlé de la fatigue, de mes cernes. J'ai parlé de mes soucis, le travail, la famille loin, mon papa qui ne va pas bien. Tout brievèment, je ne voulais pas dire plus. J'ai également parlé de mon déménagement ici, que a laissé une grosse cicatrice sur mon coeur, sur ma memoire, sur ma vie. Mais encore une fois, je n'en ai pas trop dit. Je ne voulais pas. Je voulais me contenter des sourires. Je voulais me contenter de ce bonheur. De ces longues conversations. Je voulais confier tout ça au passé. Le présent est autre chose. 
J'avais les larmes aux yeux. Mais ça, ça fait partie de la tristesse contente. C'est la vie, non? Et toi, tu as souri, une fois de plus, et fais signe avec la tete. Oui, c'est ça la tristesse contente.

giovedì 7 novembre 2013

Considerazione del giorno

Nessun mai come te. 
Ho detto tutto. Ma chi é questo te? eh, non é uno. 
Questo é il punto. Ci vorrebbe la centrifuga per le persone.
Potrebbe generare effetti interessanti. E felicità e amore a gogo. 

Amo citare

I feel so high when I touch your sky.
 
E io: Baby, solo a Londra si dicono queste cose. Potresti tornare ad essere una persona normale? Io a Babbo Natale non ci credo più. (Ho pensato che dirgli "che ti sei calato?" fosse politically incorrect. Meglio citare Babbo Natale e rimembrare i ricordi di infanzia, cancellati dalla coca a parer mio).


P.S. C'é un solo posto sicuro dove non incontrare questi tipi fortuiti, che ti vengono sempre e comunque a parlare: il divano di casa mia. La settimana prossima sto a casa. Seduta sul divano, tutte le sacrosante sere. 

mercoledì 6 novembre 2013

When I was a witch...


Autocitazione pomeridiana

La mia testa fa spinning in questi giorni. Il mio corpo decisamente no. I wish the contrary. 
(Il mio interlocutore ha riso. Io a momenti piangevo).

E ho aggiunto con un altro interlocutore: Ma tete marche très bien, mais ailleurs. Pas ici. Et je ne sais pas ou' ailleurs se situe. 

E ancora:

Veux-tu partir vivre en Afrique du Sud?
Pourquoi pas?
On pourrait avoir un lion comme gardien dans le jardin.
(Moi) Et du bonheur entre les murs. 

Scusate, mi fate scendere?

Non dormo, non ci riesco. E' tornata l'insonnia. Mi chiedo se se ne sia mai andata. Mi sveglio poco prima delle 5. Alla faccia della banda sugli occhi. Alla faccia dei tappi di cera. Alla faccia del mio motto "mi chiudo nel mio mondo ovattato e me ne frego". Il perché? Non é uno, sono tanti. Sono stressata. Per il lavoro. Per la situazione in casa. Per la famiglia lontana anche. Sono stressata per tutto quello che mi é successo in questi ultimi due mesi. Per queste relazioni umane cosí estremamente complicate. Per queste delusioni, che poi ora non sono neanche piú delusioni. Per le domande continue che pongo a me stessa e non a chi di dovere. Per chi ad un appuntamento non galante ha osato chiedermi come fosse il mio letto, aggiungendo "il mio é singolo, quindi se vogliamo concludere dobbiamo andare a casa tua". Io a casa mia ci sono andata subito, da sola, ripetendo fra me e me: "ma non era una birra fra amici?". Devo aver capito male.
Il problema é che ho capito tante cose male. Ho travisato intenzioni. O forse mi hanno fatto credere espressamente altro. E questa confusione mentale e fisica, non mi fa dormire. Mi dico "ho bisogno di una vacanza". Ma sono appena tornata. Strana la vita. Strane le relazioni umane. Strane le palle che ci raccontiamo, che mi racconti e che mi hanno raccontato. Come diceva qualcuno morto da tempo: scusate, mi fate scendere da questo treno chiamato vita? Mi é venuta la nausea. A me anche l'insonnia, aggiungo io!

martedì 5 novembre 2013

I have been loved

Ci sono giorni che iniziano male dal mattino. Iniziano male dalla posizione in cui ti sei svegliata nel letto, dal torcicollo che ti blocca. Iniziano male con l'acqua della doccia che é fredda e non si scalda. Iniziano male nonostante quell'ora che passi a parlare francese con questo omino che ti piace tanto, perché é delicato, dolce. Un'ora che alla fine diventa un'ora di sorrisi, di consigli di lettura e di film che ti passa sotto banco. Francesi, naturalmente. Iniziano male poi quando la capa sbaglia e ti fa fare una figuraccia. Inizia male quando leggi che il collo si blocca per gli amori repressi. Ah, ti dici, io ne ho una lunga fila di amori repressi. Inizia male quando ti arriva l'invito alla cena annuale dell'associazione dei farmacisti. E ti dici "Ma questi qua, proprio ora dovevano spuntare?". Non ti hanno mai considerata, mai scritto. E ora sono estremamente keen, come dicono loro, di offrirti una cena di gala. A te and your partner, aggiungono. Riguardi l'invito. Sospiri. Rispondi. Accetti il tuo destino. Ridi e pensi: sotto sotto sono stata amata. Si, dall'associazione dei farmacisti. Dall'associazione ripeto. Non da loro.

lunedì 4 novembre 2013

Eres una mujer complicada

Eres una mujer complicada. E no. Non lo sono, sai? Non mi sono alzata dal tavolo solo perché mi piaceva molto il burger che stavo mangiando. E lo volevo finire. Non ho neanche detto quello che volevo a parole. Non volevo rovinarmi la digestione. Ma ho tagliato corto. Devo tornare a casa presto, ho detto. Poi, tu mi hai mandato una mail nel tardo pomeriggio, perché ti eri perfettamente reso conto d'avoir merdé, come dicono i francesi. E lí, forse un po' codarda, forse un po' calcolatrice (a volte lo posso essere anche io) ho scritto le cose come stanno. Maybe, darling, I'm not so that much into you. Nos entendemos? creo que si. Si, ci capiamo. Io non sono quella donna. Io non voglio essere la tua donna, il tuo date, il tuo so called love, il tuo one night standing. No. Non con te, non con un altro (ma qui mi lascio un po' di libertà, perché potrei anche cambiare idea), non ora. Penso di aver dato abbastanza. Penso di meritare e volere altro. 
Io non sono complicata. Ma io se do', voglio ricevere. Io ho standard alti, io chiedo tanto. Ma do' anche tanto. Sono anni che cammino da sola. Ho avuto tanti uomini, li ho cambiati come le collane che indosso ogni giorno. Ho capito cosa significa la parola commitment, l'impegno. Ho capito cosa significa capire che non avremo un domani, nonostante tutto l'amore del mondo. Ho creduto in poche storie. Ho affittato una casa e scritto due nomi su un campanello come segno di un progetto a lungo termine e l'ho visto cadere a pezzi, minuto dopo minuto, quel progetto. E non solo. Ho cambiato paese per raggiungere un uomo che ho amato, sapendo in cuor mio che non sarebbe durata. Lo amavo, mi amava, ma non era abbastanza. L'ho lasciato per un altro. Me ne sono pentita, ma non sono tornata indietro. Ho capito che avevamo fatto il nostro tempo. Ho messo il prosciutto sui miei occhi con un altro uomo. Un'altra lunga storia. Ho pensato che si potesse convincere, lasciare andare. Non é mai successo. Mi ha portato a vedere una casa da comprare per me e per lui. Ha deciso di comprarla da solo. Ho capito cosa significa uscire di scena, cosí, in sordina. Mandare un messaggio chiaro ed evidente, anche se lo camuffi sotto chili di ovatta. Ricordo perfettamente il freddo che ho sentito sulla mia pelle in una stranamente calda sera di settembre, quando gli ho detto che quella storia non aveva senso, non aveva futuro. E ricordo soprattutto lui tremare, mentre mi diceva "je ne peux pas le faire ce que tu me demandes. C'est trop". 
Questo non significa essere complicati. Questo significa essere stanchi e cercare altro. Questo significa che non voglio piú perdere tempo. Nos entendemos, cariño? Temo sinceramente di no. Ma non importa. A volte certe cose bisogna farsele capire.

venerdì 1 novembre 2013

Buon weekend

Non penso ci sia da aggiungere altro. Con la famiglia Pig, non puó non essere un buon weekend. Peccato che io sia lontana!