martedì 29 novembre 2011

The noir n.25

Ti senti triste. Lo sai, non lo neghi a te stessa, ma non vuoi sottolinearlo, evidenziarlo, metterlo in risalto. Vuoi lasciare la tristezza da parte, la vuoi buttare via, cancellarla. Le cause di quella tristezza sono tante, alcune vengono da lontano e sono difficili da smantellare, altre sono recenti, ma altrettanto pesanti. Ma non ti soffermi sulle cause, vuoi fare finta di niente, vuoi che il tuo sorriso di circostanza diventi vero. Vuoi essere forte, vuoi diventare una roccia e non farti turbare più da niente e da nessuno. Cerchi e ti inventi tutti i motivi possibili per essere felice, per far pensare che lo sei e sei brava a fingere con chi non ti conosce, bravissima. Ora vorresti diventarlo anche con chi ti conosce, con chi sa guardarti e capire, vorresti fingere a te stessa, illudere te stessa come sai fare a perfezione e credere che stai bene, benissimo.

E si, stai bene, non stai male, stai bene perché vuoi andare avanti, vuoi cambiare, vuoi vedere un miglioramento. Lo vuoi produrre tu il miglioramento, senza andare a cercarlo. Ti senti lo stomaco chiuso, che brucia, sai che avresti dovuto bere di meno, ma ogni tanto te lo puoi concedere uno sgarro. Ogni tanto quello ti aiuta a cambiare te stessa, a farti credere in quel cambiamento.

Guardi la tua tazza di thé, nero, nerissimo, n. 25 c'é scritto sulla scatola, ne assapori il gusto, che é quello della tua vita, della tua forza, del tuo cambiamento. E mentre bevi e rifletti, pensi che tu non vuoi viaggiare in prima classe col posto finestrino. Tu vuoi essere il treno. Il tuo.

Wearing a gear

Ti svegli e ti senti le ossa rotte. Ti fanno male, come se ti avessero picchiato. Eppure ti alzi, fai finta di niente. Ti guardi allo specchio con un occhio solo, perché vuoi fare presto, perché hai sonno, perché ti sei appena svegliata. Mentre ti prepari ti ripeti la solita frase, quella che ti dice che la vita é una lotta, lascia da parte i sentimentalismi, preparati ad affrontarla. Ti ricordi che sei forte, a volte fortissima, che anche oggi puoi dare il meglio. Cerchi di darti un'aria professionale e esci, pronta a mangiare la strada e non solo, pronta ad aggredire prima di essere aggredita, pronta a farti valere, pronta a cercare di capire. Hai bisogno di un lavoro che ti motivi, che ti faccia sentire di avere un obiettivo. Hai bisogno di sentirti utile, di fare qualcosa per cambiare il mondo, per renderlo piú giusto, piú umano.

Oggi hai saputo mettere la maschera, hai saputo dare il meglio di te, pur restando sempre te stessa. Hai detto quello che pensavi, sei stata scettica, hai criticato, non hai solo annuito. Perché hai capito che é giusto avere un approccio diverso, é giusto non dire sempre si. Stasera vai a casa con questa vittoria in tasca, che ti fa sentire meno amara questa pillola che ingoi quotidianamente.

Un giorno, sarai una persona diversa. Non sarai piú sensibile. Avrai lavorato cosí tanto su te stessa da saper essere sempre neutrale, né felice né infelice. Eppure quando ci pensi, ti dispiace, perché sai che quella persona non sei tu. Ma per vivere meglio, sarebbe piú semplice. basterebbe dimenticare i sorrisi e lasciare seccare le lacrime. Quelli li potresti riservare per una persona speciale, per delle persone speciali. Per quelle che sono parte della tua vita. Della tua vita reale.

domenica 27 novembre 2011

Scappare

Non sei in grado di scrivere. Senti un peso che non ti fa scrivere. Sai che é solo colpa tua, hai ceduto, al momento sbagliato, con l'unica persona vera che hai incontrato qui. Ti senti impotente, ti senti di nuovo stanca, stanchissima, con la solita voglia di scappare. Ti senti alla frutta, ti chiedi il perché, rifletti e ripensi a questi anni, alle tue lotte, spesso contro i mulini a vento. Ripensi alla tua sensibilità, a volte, eccessiva, che ti danneggia, ti indebolisce. Vorresti chiedere scusa, ma sai che le parole possono non valere, possono essere vuote, prive di significato. Vorresti fare la tua solita valigia, quella sporca e un po' a pezzi, andare in aeroporto e partire o meglio scappare. Vorresti andare, chiudere, vorresti fuggire per sempre, non lasciare traccia di te, come se non fossi esistita mai. Ma quella da cui vuoi scappare sei tu, perché a volte non ti capisci, perché non capisci i tuoi comportamenti, perché ti senti sbagliata.

Oggi non hai voglia di metterti la maschera. Oggi vuoi essere te stessa. Vai a prendere quella valigia allora, molla tutto, scappa. Tanto é l'unica cosa che sai fare bene.

venerdì 25 novembre 2011

La scatola dei ricordi

Mi é tornata in mente quella foto, scattata tanti anni fa. Ci siamo io e te, con lo sfondo delle Dolomiti. Me lo ricordo ancora quel giorno, mi avevi portato al Col Rodella, mi ricordo la mia emozione, di stare con te, mano nella mano, di condividere la tua passione con te. Ci siamo io e te su quella foto: io uno scricciolo, magrissima, con gli occhiali più grandi della faccia, l'espressione timida, che mi sono tenuta addosso per anni, il cappello da Lucy May sulla testa, per nascondermi dal mondo, io che per la vergogna non riuscivo neanche a guardare l'obiettivo. Tu giovane, giovanissimo, come non ti ho quasi visto mai, come non ti ricordo, ai miei occhi bello, bellissimo. Mi abbracci, mi stringi da dietro, dolce, pieno di attenzioni. E' la nostra foto più bella, é la foto di un momento che voglio ricordare, in cui tu eri ancora il mio grande amore e non mi avevi deluso, in cui tu sembravi il migliore papà del mondo. Mi ricordo benissimo quella giornata, mi ricordo che tante cose mi facevano paura, gli strapiombi, le montagne enormi, le aquile in cielo. Ma mi ricordo anche la tua mano che mi stringeva forte, la tua voce che mi raccontava quelle cime che avevi scalato, i temporali che ti avevano sorpreso e spaventato. Mi raccontavi la tua giovinezza, la tua vita, mi raccontavi di te, di quello che eri realmente. Non c'erano bugie, non c'erano menzogne, non c'erano colpi bassi. C'eravamo solo io e te li' su quella montagna.

La prossima volta che vengo a casa, la tua come dici tu, la porto con me quella foto, per guardarla, per ricordare solo il bene e lasciare da parte il male. Perché quello che conta sono quei brevi, brevissimi momenti, preziosi, da conservare per sempre nella scatola dei ricordi, nella scatola della vita. La nostra.

lunedì 21 novembre 2011

Valori in calata

Chissà come si chiama questa sensazione perenne, questo fastidio che ti senti dentro, questa malinconia mescolata a rabbia, che ti prende, ti si attorciglia addosso e non ti molla. Ti svegli e la senti li' sulla tua pelle, cammini per strada e la senti sulle tue spalle, al lavoro ti assale e saresti capace di picchiare, di lottare fisicamente per far cambiare le cose, il mondo. Si placa solo a momenti, ma poi torna sempre. Forse é la presa di coscienza, forse é la consapevolezza che quello che vuoi non lo potrai avere, un mondo migliore non esiste, cosi' come non avrai un collega più delicato e simpatico, una persona come vuoi tu con cui condividere il cammino, un'amica vera. Forse tutto questo l'hai avuto in passato, o ti sei illusa di averlo. Ora hai solo aperto gli occhi, hai visto la realtà per quella che é. Ora ti puoi preparare, mettere il tuo vestito migliore, e come ogni giorno, recitare la tua parte. Fallo senza pensare, senza rimanerci male, fallo cosi', tanto per fare. Perché non ne vale la pena...

Perdere tempo

Perdere tempo. Guardare i secondi, i minuti, le ore e i giorni passare rimanendo seduti, senza poter agire. Rimanere passivi, accettare l'inaccettabile, sentire chiaramente il sapore dell'amaro in bocca e deglutire. Contare gli sbagli e continuare a sbagliare. Ascoltare blaterare qualcuno e non reagire, ma dire semplicemente "va bene", per tagliare corto, per conservarsi i propri sogni, i propri ideali. Provare sentimenti che razionalmente non andrebbero provati, perché hanno conseguenze che conosci bene e che sai possono fare male. Vivere una serata di pura felicità e il giorno dopo rendersi conto che la realtà é un'altra, é dura, scomoda, sgradevole. Avere ideali e sogni, mescolati, mischiati e ogni giorno nasconderli in un cassetto per andare avanti, per poi andarli a ripescare la sera, quando sei sola e tiri le somme della tua frustrazione. Vivere un giorno da leone e cinquanta da conoglio, quando tu poi coniglio non lo sei, ma solo perché gli altri hanno indossato la maschera da leone e hanno messo addosso a te quella da coniglio. Sentirsi stanca, stanchissima, travisare tutto e tutti per la delusione. Perdere tempo é questo. Perdere tempo é una svista, un momento di disattenzione, é cedere e credere nel cambiamento, nella possibilità di vedere realizzati i propri sogni. Perdere tempo é una malattia, é un disagio, soprattutto per chi come me considera il tempo denaro. E allora fermalo il tempo, togliti la maschera, mostra che sei un leone. Te li mangeresti tutti in un boccone...senza pensarci su due volte!

sabato 19 novembre 2011

Una vecchia amica

Hai ricominciato a non dormire. E' tornata l'insonnia, come una vecchia amica che viene a farti visita e tu l'aspettavi. Ha bussato alla tua porta e si é accomodata dentro di te, come fa sempre. E cosi' ti sei svegliata prima dell'alba, hai ricominciato a sentirti stanca, stanchissima, le palpebre pesanti, il cervello sconnesso. Ti sei vestita e sei uscita a camminare. Faceva freddo, perché tu avevi ancora il calore del letto addosso, sentivi l'umidità che pungeva il tuo viso, ma camminavi fra le case bianche, perfette, quasi irreali. Hai camminato sola, a lungo. Hai scoperto un po' il tuo quartiere, hai cercato di fare pensieri stupidi, per distrarre il cervello. Hai visto il cielo schiarirsi lentamente, hai visto il sole fare capolino, hai ascoltato il silenzio di una grande città. Non avevi voglia di tornare a casa, avresti camminato per ore, eppure hai dovuto cedere, sei dovuta tornare in quella che tu definisci uno pseudorifugio, non sei potuta scomparire come ti sarebbe piaciuto. Ti sei seduta sul divano e hai imparato a memoria la parte da recitare oggi, anche oggi, come tutti i giorni. Parce que ça c'est la vie.

venerdì 18 novembre 2011

Se in vino veritas...

Stasera devi ringraziare quella bottiglia di vino. Te la sei bevuta lentamente, ti ha alleggerito il peso che ti sentivi sulle spalle e sul cuore, ti ha fatto sorridere. Non ti sei ubriacata ma hai perso per un po' il controllo sui tuoi pensieri, hai semplicemente smesso di pensare per qualche ora. Stasera hai parlato poco, hai mantenuto il tuo solito sorriso di circostanza, ma niente di più. Ti sei un po' maledetta, perché eri felice, perché stavi meglio, perché ti sentivi finalmente leggera. Oggi la leggerezza é scomparsa, sai che tornerà ma sai anche che ci dovrai lavorare, dovrai ritornare a scavare e fare ordine in te stessa, fra le tue emozioni, i tuoi ricordi, i tuoi sentimenti e i tuoi pensieri. Oggi ti sei sentita fragile, come quando subivi e facevi finta di niente e mentivi anche a te stessa. Oggi avresti mollato tutto e tutti, oggi hai cercato vagamente un supporto, ma hai capito che dovevi stare da sola, che non puoi sempre cercare un aiuto e devi fare il mènage chez toi. Oggi avresti voluto essere un'attrice e essere brillante anche con chi capisce tutto e non ci sei riuscita. Domani cercherai di essere più brava, di mentire meglio, di tornare a essere quella che é quasi perfetta.

Con lo stomaco che brucia per il vino, ti ripeti che la vita é ingiusta, ma sai che non ci puoi fare niente. Incassi il colpo e a testa bassa ti bevi la tua camomilla di fine serata. Chissà che oltre a far passare la nausea, ti tolga anche il cuore, il cervello, tutti quegli organi che ti fanno avere delle emozioni, dei sentimenti. Allora si che staresti bene, staresti benissimo.

L'opzione B

E' sempre la stessa storia. Loro complicano, tu devi trovare la soluzione. Loro ti fanno sentire a pezzi, tu devi andare avanti perché sei sola, perché hai solo te e le tue gambe. Loro hanno giocato con la loro vita e ti hanno fatto partecipare ad un gioco al quale non hai mai chiesto di partecipare. Loro, sempre e solo loro. E se per una volta fossi stata tu a scegliere deliberatamente di incolpare qualcuno per sentirti meglio, per sentirti meno diversa dagli altri, per non provare quella solita vergogna che ti dà tanto fastidio? Forse ragionando cosi' ti sentiresti meglio, ti prenderesti le tue colpe, quelle che ti meriti e non, sarebbe forse più facile arrabbiarsi e detestare te stessa e non qualcun'altro. O forse dovresti solo smettere di cercare colpevoli, guardare la realtà con una maggiore razionalità, lasciare da parte l'impeto e le emozioni. Non é il momento di scappare, forse é solo quello di accettare, di chiarire e di fare luce. Prendi il tuo tempo, ma pensaci...non hai una vita davanti per agire.

Ricaricare le batterie

C'é una soluzione chiara in questa città per salvarsi: guardare il cielo o andare a camminare sul Tamigi. Il cielo puo' essere blu, pulito, senza nuvole, con la luce del sole che ti ferisce gli occhi. Ti senti bene, quando alzi gli occhi al cielo. Anche a Bruxelles lo facevi, ti fermavi e tiravi su lo sguardo, ma vedevi solo nuvole e grigiore. Quante volte in questi mesi hai tirato su gli occhi e ti sei detta "forse non é poi cosi' male, forse ce la posso fare, forse devo credere un po' più in me stessa, forse devo capire che sono umana, posso sbagliare".


E poi ci sono le solite passeggiate sul Tamigi. Le fai normalmente da sola, cammini per ore, guardi l'acqua, e ieri, per una volta, stranamente, non hai avuto paura, non ti sei sentita debole, ma parte di un sistema, di quel sistema. Nei momenti più duri hai pensato che ti sarebbe piaciuto non stare a terra, ma sprofondare li' dentro, scomparire. Ma sapevi che era solo un'illusione, un momento di debolezza.


Ora sei andata avanti, ora ti senti meno stanca, più forte. Ma continui sempre a guardare in alto per ricaricarti, per perderti in quei colori, in quella vastità. E ricarichi le batterie.

giovedì 17 novembre 2011

Due mani

Ho letto e le ho sentite arrivare. Le ho sentite pesanti, cariche, pronte a scendere. Le ho rispinte con tutte le mie forze, cosi' come sono brava a fare. Ho saputo fingere benissimo, scherzare con il collega, fare la brillante e la divertente con l'amica. E poi, quando sono stata finalmente sola, ho camminato verso casa e loro sono scese sul mio viso, silenziose e tristi. Ho pianto per te, come sempre. Ho quasi l'impressione che io abbia sempre e solo pianto per te. Ho pianto perché ho scoperto che quel tremore che avevo notato nelle tue mani é una realtà, non un effetto ottico. Ho pianto perché non sei più tu, nel bene e nel male. Ho pianto per la tua cattiveria, con la quale mi hai colpito per anni. Ho pianto per tutto quello che hai fatto per me, per avermi dato una vita agiata e per avermi tramandato grandi ideali e grandi speranze. Ho pianto perché continuo a pensare che non sia giusto aver perso questa occasione, l'occasione unica di averti e riconoscerti come padre e di essere io figlia, amata e stimata. Ho pianto perché ho pensato alla tua vita, misera, triste, piena di menzogne. Ho pianto perché mi sei mancato, perché se potessi vorrei tornare indietro, vorrei tornare a quelle passeggiate che facevamo tanti anni fa, io e te, soli, mano nella mano. Ho pianto perché sei sempre stato il mio modello, il mio faro, il genitore con la lettera maiuscola, un uomo di successo, bello, forte, intelligente, da ammirare e idealizzare. Ho sempre voluto diventare come te, fare quello che hai fatto tu, arrivare lontano come hai fatto tu, io che sono la peggiore delle Elettra. Ho pianto perché non riesco a perdonarti come ha fatto l'altra figlia, io che per anni ho pensato di averti tutto per me, di avere l'esclusiva nel tuo cuore. E alla fine ho capito che ho pianto perché non le posso tenere io quelle mani che tremano, non ti posso accompagnare io, non ti posso guardare in faccia, non ti posso dire "non ti preoccupare, andrà tutto bene", non posso pensare che sei stato eccezionale. Posso solo aspettare, aumentare la distanza, continuare a non a parlarti, a non guardarti e distruggerti, posso solo continuare a distruggere lentamente e smantellare la tua presenza nel mio cuore, nella mia anima.

Quello sguardo

Non te l'ho mai detto, forse non te lo diro' mai. Ma c'é un'espressione che ogni tanto appare sul tuo viso che mi fa impazzire. E' uno sguardo, é un sorriso accennato sulle labbra, é un momento in cui cerchi di comunicare qualcosa. Ti capita spesso quando non siamo soli, quando siamo in pubblico, é un segnale che mi lanci. Il tuo viso si distende, si rilassa, si illumina. Ti vorrei solo dire "guardami spesso cosi'", perché quello sguardo mi dà sicurezza, mi fa sentire bene.

mercoledì 16 novembre 2011

Le mie strade

Tristi, disordinate e con uno strano odore, quello che avrei scoperto essere sangue, che sentivo anche se ero troppo piccola per capire. Grandi, caotiche, trafficate, ma che danno su un parco, nel quale ho corso e giocato, con la mia bicicletta piccola e rosa. Vuote, spoglie, desolate, da percorrere per portare a passeggio il cane, nei pomeriggi annoiati della mia esistenza. Ancora una volta grandi e trafficate, di quelle che ti svegliano mentre dormi di notte per il rumore, ma piene di vita. Piene di risate, di studenti, di baci scambiati perché é l'eta in cui si fanno certe cose, di promesse mai mantenute e che aspetto ancora essere realizzate. Sporche, sporchissime, pericolose, piene di scene di povertà e degrado, con i sanpietrini irregolari in cui inciampavo in continuazione, mentre tu mi salvavi con la tua mano, forte, grande e sicura e mi riempivi del tuo amore. Con i portici, l'odore particolare di quella che per me era una grande città, il sorriso e la preoccupazione per il futuro sul viso, ma anche gli ultimi attimi di vita spensierata, tra una corsa e l'altra per andare a lezione e a prendere il treno. Silenziose, quasi vuote, piene di nazionalità differenti, di commenti inopportuni, ma anche di voglia di cambiare, di momenti di solitudine, cercata e voluta, di momenti di sconforto e di scontro con la realtà che puo' essere brutale, ma anche di libertà, di forza per andare avanti e accettare la vita con le sue sfide. Statiche, quasi finte, vuote o piene di gente che corre sempre e che con il calare del sole svanisce, evapora. Le strade della solitudine, ancora una volta, di quella che cerco per pensare e capire me stessa, gli altri, le regole della vita. Queste sono le mie strade, le strade su cui ho camminato, le strade sulle quali sono cresciuta. Sono le strade della mia esistenza. E altre ancora si aggiungeranno al lungo elenco, per arricchirmi, per non annoiarmi mai, per insegnarmi che la vita é una sfida, non ti sedere mai, devi sempre essere pronta, con la tua valigia, a partire, a provare, a credere, a sbagliare e ad amare ancora e ancora.

Intimacy

Quanto tempo ci vuole per conoscere una persona? quanti anni, mesi, giorni, ore? Quanti sorrisi e parole bisogna scambiarsi? Forse basta poco, pochissimo, per trovare la sintonia, per trovare l'intimità, la condivisione. Forse basta solo seguire il proprio cuore, lasciando da parte il cervello, basta fidarsi, appoggiarsi su una spalla amica, lasciare da parte la razionalità, che hai sempre fatto finta di avere, ma non hai mai avuto in vita tua. Conosci una persona quando basta uno sguardo per fargli capire, quando le parole diventano importanti ma non necessarie, quando non ti vergogni più a fargli vedere i tuoi sbagli e le tue esitazioni, quando ti puoi addormentare sul suo braccio mentre guardi un film, quando sai che hai qualcosa da perdere, qualcosa di grande, ma sai anche che hai tanto da condividere e da ricevere. Dans la vie il faut faire des bêtises, mais ça n'est pas une bêtise. ça c'est le bonheur, peut-être de courte durée, mais quand même le bonheur, qui t'aide chaque jour à remonter la penche.

lunedì 14 novembre 2011

Wonderwall

E' tardi, tardissimo, ma te ne freghi, vuoi restare al caldo, sotto le coperte. Vuoi goderti quel momento, vuoi ricordarti quella sensazione. Se uscirai dal letto, purtroppo passerà, svanirà. Li', sotto le coperte, non pensi neanche, ti gusti il momento, quel momento, risenti quel sapore, risenti la dolcezza. Capisci che la priorità della tua vita sei tu, il tuo benessere, il tuo stare bene. E ci sono giorni, momenti, attimi che ti fanno capire che stai bene, che hai trovato quello che cercavi, hai trovato te stessa, hai capito come stare con te, i tuoi difetti e i tuoi pregi.

Ora pero' scendi da quel letto, la vita va pur sempre affrontata. E tu sei pronta per farlo.

sabato 12 novembre 2011

Giorni facili

Melange di lingue diverse, emozioni, incontri, sorrisi. Camminate e corse, orologi che vorresti fermare, ma non puoi, solo perché stai bene e vuoi prolungare, allungare, dilatare quel momento. Sentire di potercela fare, capire che forse ce l'hai fatta, hai accettato la tua nuova vita, hai accettato quella scelta che non é stata proprio una scelta, ma quasi un'imposizione, una via di uscita cercata per mesi e che improvvisamente ti si é palesata davanti agli occhi. Pensare che questi mesi sono stati duri ma intensi, forti, ti hanno fatta crescere, ti hanno trasformata. Camminare ancora una volta nel buio, ma non sola, in compagnia e sentire che non sarai più sola, perché hai costruito tanto in questi anni, ti sei costruita una vita tutta tua, tu che per anni sei stata chiusa in un mutismo di circostanza. Preparare una nuova valigia, per fare un salto brevissimo nella tua vita di prima, per salutarla da lontano. Quello che hai vissuto, i tuoi affetti sono vicino a te, te li porti dietro, lo farai per sempre. Per ora, cerca di prolungare questa felicità. Una cosa é certa: non si puo' dormire dopo giorni cosi'.

Elenchi: i posti che amo di più in questa città

Embankement, il suo ponte, il Tamigi, specialmente di notte, nero, calmo, ancora una volta accogliente, la vista che si perde fra le luci e i grattacieli della City, quello che tu, un po' artista, hai ribattezzato il cimitero degli skateboards, la sensazione di pace che provo quando cammino da quelle parti.


La strada che mi porta alla Royal Albert Hall, le case con i mattoni rossi, la musica di un pianoforte che si sente davanti al conservatorio, i giovani artisti, con i loro strumenti musicali sulle spalle o abbandonati sul marciapiede, loro, con i capelli arruffati e la sigaretta in bocca, che bruciano di gioventu', sogni e speranze. E io, che mentre cammino quasi correndo perché sono in ritardo, bruciando anche io di sogni, speranze e progetti mentre penso "Quelle chance que j'ai d'être ici".


London Bridge, per quella serata che nonostante tutto quello che é successo e succederà, resterà in me, come un momento di pure bonheur e me l'hai regalato tu. Il tramonto che abbiamo visto, quando era ancora estate, complice di quel momento di felicità, il tuo sguardo, il tuo sorriso, la mia capacità di esitare e di lasciarmi andare, gli inglesi cosi' eleganti e belli, come dei figurini. Je ne regrette qu'une chose: che sia durata poco quella serata, che il sole sia tramontato. Avrei voluto che durasse una vita intera.


Alderney Street, di notte, quando torno da casa tua, quando é buia, anzi totalmente nera e faccio fatica a distinguere la strada, vuota, riscaldata dalla luce delle case, bianche, ordinate e pulite. Delle volte cammino piano, pianissimo, solo per godermi quel momento, la mia solitudine dopo aver passato un po' di tempo a ridere e scherzare, per ripensare a come sono stata bene, a come mi sono sentita a mio agio.

Would you change?

Ci sono dei giorni che sono grazia ricevuta. Penso che siano dei regali che ricevo, per farmi andare avanti, per credere che un cambiamento, un miglioramento ci possa essere. Cosi' mi ritrovo in uno stato di benessere, di felicità, di serenità. Riesco anche ad apprezzare questa vita, questa città, confusionaria ma affascinante, le perdite che ho subito a favore di quanto ho trovato e acquisito.

Sono i rapporti che sto costruendo qui che mi fanno stare bene, non sono rapporti facili, questa città allontana le persone, non le avvicina, ma sono stata fortunata. Ho trovato persone che hanno saputo capire e ascoltare, ho trovato un'amica con cui ridere a crepapelle e che mi segue nei miei deliri mentali mentre io seguo lei nei suoi, ho trovato chi sa ascoltare per ore, ho trovato chi sa capire quando non va e quando va, ho trovato chi mi ha conosciuto anni fa e che oggi davanti ad una tazza di thé mi esorta ad andare avanti, a vedere gli effetti positivi del cambiamento.

Cosa rimane? la paura, quella c'é sempre, insieme all'insicurezza. Una certezza c'é pero': la questione non é "would you change?", ma "make you change", senza punti interrogativi. E' un imperativo, é la realtà, é l'uscita di emergenza. Il faut l'empreunter maintenant, il n'y a pas de place pour l'hésitation.

mercoledì 9 novembre 2011

Enfrentar la realidad

Una sensazione di fastidio, forte, intensa, che ti dà la nausea, ti fa girare la testa. Un fastidio strano, dovuto a cosa sai ma che non vuoi ammettere. Senti i nervi li', a fior di pelle. Senti che non hai voglia di ascoltare né di comprendere. Senti che vorresti essere lontano, vorresti essere irraggiungibile. Vorresti poter mancare a qualcuno, a qualcosa, e non ne sei neanche sicura. Vorresti essere essenziale e sai che nessuno lo é. Allora provi a scaricare la tensione, stacchi il cervello, cammini per due ore nel buio, guardando solo le foglie che calpesti, con la testa spenta. In quel modo stai meglio, ti plachi, per un po', riesci a mettere da parte il fastidio, quel fastidio. Cosa non ti piace? il tuo passato. Vorresti cosi' tanto scaricarlo da qualche parte, ne faresti un fagotto da buttare via, nel fiume, lo vedresti affondare e ti sentiresti meglio. La tua precarietà: tu hai bisogno di certezze e ora la certezza sei solo tu, puoi contare solo su te stessa e forse non ti fidi di te stessa. I tuoi progetti: li vedi, li senti non realizzabili, forse troppo ambiziosi. Il senso della tua vita: l'hai perso, non sai dove l'hai messo. La tua rabbia: contenerla non é facile, se potessi lasceresti da parte le convenzioni sociali, feriresti con le tue parole, cosi' come ti senti ferita tu.

Ti rendi conto che ancora una volta devi lavorare su te stessa, devi accettare i compromessi, devi evitare di ferire i sentimenti, devi aspettare o capire. Ma non ne hai voglia. Per niente.

martedì 8 novembre 2011

Elenchi: cosa mi fa stare bene

Camminare, per ore, sentire il rumore dei miei passi. Osare, non trattenersi e scrivere, a qualsiasi ora del giorno, seguendo le voglie e l'istinto. Prendermi due ore per me, per il mio benessere e fermarsi a guardare l'acqua, nera, scura, ma allo stesso tempo rassicurante. Perdermi per le strade di una città che inizio a conoscere. Il libro, quello che sto leggendo, che parla anche un po' di me, delle mie paure e della mia forza di andare avanti. Tu, eh si, proprio tu, anche se forse é meglio tenermelo per me. Le mail degli amici lontani e l'idea del ritorno, anche se breve e temporaneo. I miei vestiti, le mie scarpe, che entrano finalmente nell'armadio, col loro solito disordine. L'odore del bucato, tutto nuovo, molto inglese. Il mio piatto preferito, cucinato nonostante la stanchezza. I piccoli segnali quotidiani, di speranza.

lunedì 7 novembre 2011

To burden your soul for what you think

Svegliarsi e non capire niente, guardare fuori e vedere che albeggia, mentre maledici di esserti svegliata troppo presto ancora una volta. Stare a letto, nella speranza di addormentarsi e poi alla fine cedere alla lotta che fai con te stessa per dormire, prendere il libro che stai leggendo e pensare "almeno leggo un po'", anche se vorresti solo dormire. Pensare a quelle due braccia che ti servirebbero che dormire, che non sono lontane, ma ti sembra che siano sulla luna. Dirsi che nella vita quello che conta é l'indipendenza e che non puoi dipendere da due braccia, la devi a te stessa questa lotta per la libertà. Scendere in cucina a farsi un thé, sentirsi di un umore pessimo, pensare di non poter affrontare ancora una volta la solita giornata, le solite facce, la solita lotta, ma capire che non puoi fare altrimenti. Fare tardi a proposito, per allontanare il momento, la cortesia dovuta, l'educazione richiesta, da te, tu che se potessi faresti solo una cosa, prenderesti la valigia, per sempre, perché scappare é quello che sai fare meglio. Tu passi la vita a scappare, riempi la tua valigia di pesi, di quello da cui scappi, rapporti incrinati, passato pesante, vecchi amori che non erano neanche amori, rapporti inconcludenti, tempo ed energie perse, occhi e sguardi di chi ha contato e conterà per sempre e scappi via. Ogni volta ti dici che la prossima andrai più lontano, cosi' starai meglio, cosi' non ci sarà modo di pensare.

Ma alla fine, sei sempre seduta su quel divano; non ti muovi. Fai tardi al lavoro, ma non ti muovi. Sai che devi pensare di meno, ma non ti muovi. C'é solo una cosa che fai, sempre: ti nascondi la verità, you burden your soul for what you think.

La gioia più grande

Scrivo due volte nella stessa giornata e lo faccio sempre per te. Oggi ho saputo che sei diventato padre. Ma non ho fatto niente, come una scema e un'egoista, ho guardato quello status e non ho neanche cliccato sul pulsante mi piace. Sono solo rimasta senza parole, basita, guardavo quanto hai scritto, ho pensato a te, alla tua gioia, alla fortuna di quel bambino, che puo' avere un padre come te. E poi stasera mi hai scritto tu, mi hai chiamato col mio nome per intero, come per mettere una distanza, quella che ho messo io in questi ultimi mesi. Leggendo quel messaggio mi sono finalmente sentita felice per te e anche per me, che finalmente ho accettato la tua gioia, che ho saputo sentirmi emozionata per questa notizia, per questa condivisione. Sei stato per anni un punto di riferimento, quello da chiamare di notte. Ora tutto é cambiato, ora vorrei solo abbracciarti forte, dirti che ti penso e ti pensero', che ti vorro' sempre un bene dell'anima, ma non più nello stesso modo.

Sai cosa, caro amico? Mi piacerebbe un giorno, quando il destino lo vorrà, sedermi allo stesso tavolo con te, forse per un caffé, come abbiamo fatto negli ultimi anni, ma non prima di prendere il solito aereo. Mi piacerebbe avere tempo, per parlare, per conoscere quello che sei diventato, per ammirare il padre che sarai. Mi piacerebbe che tu mi guardassi negli occhi come hai sempre fatto e vedessi una donna felice, serena, che non ha bisogno di fuggire da te o da nessun altro. Ci arriveremo, prima o poi, ne sono sicura. Ma ora non ci pensiamo, ora concentriamoci sulla gioia dell'essere papà. Tu, proprio tu, papà!

Aeroporti, scelte e notizie

Ieri ti ho pensato, come mi succede sempre quando sono in giro per aeroporti. Non so il perché, ma nella mia testa il tuo nome rima con aeroporto, con partenza, con saluti, con arrivederci. Ti avrei anche voluto scrivere un messaggio, dirti solo che nonostante tutto un pensiero per te c'é sempre, soprattutto ora. Oggi scopro per caso, come sempre nel nostro rapporto, che c'é una grande novità, quella che definirei la novità. Non posso scriverti, lo sai, non lo voglio più fare. Sono un po' codarda in questo, ma come ti ho detto tante volte, mi devo proteggere. Ti vorrei solo dire che so che sarai bravissimo, come sai esserlo tu. Sarai dolce e premuroso, saprai ascoltare e guardare dentro. Saprai esserci sempre. Io ti pensero', ma non ci saro'. Io questa volta non ce la posso fare. Piuttosto conservero' quello che abbiamo costruito insieme, tutto quello che mi hai dato in questi anni, ma saro' assente. Non ci restare male, cerca di capire.

Forse tra qualche anno, tra un aereo e l'altro, in un aeroporto ti chiamero'. Tu sarai libero allora di scegliere, come io ho fatto ora e io capiro' quella che sarà la tua scelta.

sabato 5 novembre 2011

L'arrivederci più difficile

Ci siamo salutate tante volte, ci siamo dette tanti arrivederci. Stasera é stato il più pesante, il più duro. Le tue lacrime sono arrivate quando le mie erano già li', chiuse dentro i miei occhi, costrette da me a non uscire. Stasera ho visto gli anni che passano sul tuo viso, ho visto la tua tristezza, la tua solitudine, il peso della tua scelta. Ho capito subito il perché di quelle lacrime, é bastato guardarti negli occhi per capire, mentre lottavo per trattenere le mie. Stasera ho capito che mi hai persa tanti anni fa, che ti sono quasi sfuggita dalle mani, quando ero ancora troppo piccola. Mi hai lasciata andare per farmi crescere, per salvarmi, per permettermi di diventare quella che sono oggi, ma tutto questo é costato tanto, tantissimo. Mi dispiace, avrei voluto avere più tempo per te, avrei voluto saper accettare la tua scelta e non sentirmi esclusa. Ora non posso tornare indietro, ora sono lontana, lontanissima. Gli anni sono passati, le lacrime si sono cristalizzate, non escono più. Ora sono una donna, una donna che non conosci e il tempo di conoscerci non c'é più. Io sono sempre di corsa, tu anche, tu ora hai le tue priorità. Per consolarti ti vorrei solo dire che sei sempre il mio modello di madre. Se mai avro' un figlio, saro' come te. Avro' il tuo profumo, buono, dolce, rassicurante. Avro' le tue mani, con le dita storte, incrinate dalla vita e dalla fatica, segno di una lotta continua e perenne, come quella che tu hai fatto per anni. Preparero' quel thé come solo tu lo sai fare, dolce al punto giusto, le tue merende, la tua crostata, la colazione al mattino presto. Non ti preoccupare, tutto questo me lo portero' sempre con me, non lo dimentichero' mai. Perché temo che sia l'unica cosa che ci resta, il tempo va sempre troppo veloce, i chilometri si accumulano, le ferite stentano a rimarginarsi o non le vogliamo fare rimarginare. Ma il bene, l'amore, resta, nonostante tutto. Arrivederci, ancora una volta, cara mamma, non ti preoccupare, tornero' e spero di ritrovarti su quel divano, con il sorriso sulla bocca pero' e la felicità nel cuore.

venerdì 4 novembre 2011

Since I was gone

C'é silenzio e silenzio. Ce n'é uno che amo, quello delle mie notti o delle mie mattine insonni. C'é quello di quando torno tardi da sola, per strada, quando sento solo il rumore dei miei passi sul marciapiede. C'é quello di quando non ho niente da dire e resto li' seduta a guardare il cielo, a pensare. C'é quello che c'é ogni tanto, mi capita a volte di essere in compagnia di qualcuno e di stare zitta, di non dire niente, solo di sentire il mio respiro e quello dell'altro. Sono silenzi accettabili, a tratti rassicuranti. Sono pieni di parole, trasmettono sentimenti. E poi c'é quel silenzio che ogni tanto sento, pesante, pieno di recriminazioni, di pensieri pesanti, a tratti pesantissimi. Quel silenzio mi distrugge, mi correde piano piano, si insinua e fa il suo lavoro, agisce, scava un buco nero nella mia anima. Non lo sento sempre, mi capita raramente. Ma so che c'é, che é li', in agguato, aspetta di sferrare il suo colpo, inesorobile, preciso, senza sbavature. Cosa fare? scacciarlo, nasconderlo, non ascoltarlo, negarlo. Vediamo se ci riesco.

Le superdonne

Le superdonne sono quelle che fanno tutto e di tutto, sono quelle che lavorano, gestiscono una famiglia e sanno ascoltarti per ore. Le riconosci facilmente, sono stanche, a volte a pezzi, ma vanno avanti, sanno anche camminare su una gamba sola. Hanno passato e passano la loro vita a lottare, non si sa bene contro chi o contro cosa, ma hanno sulla loro pelle le cicatrici del passato e le ferite del presente. Hanno gli occhi spenti di chi ha creduto ed é stato deluso, ma non per questo demordono, anzi, sono ancora piene di coraggio e forza. A momenti si abbattano, sentono di non potercela fare, ma poi si rialzano sempre e vanno avanti, perché c'é sempre qualcuno da proteggere e rassicurare. Sono nata e cresciuta da superdonne. E' un destino, ma anche una sfortuna allo stesso tempo. Le guardo, le mie superdonne, sono quasi a brandelli, ma vanno avanti. Qualcuna ha smesso di lottare, qualcuna non ne ha più la forza perché la vita e le delusioni l'hanno consumata. Un'altra si consuma lentamente. Cosa fare? come fare? una sola soluzione forse, creare la repubblica delle donne. Un'utopia, come sempre. O forse semplicemente essere egoista e non diventare una superdonna. L'egoismo, ecco la parola chiave.

mercoledì 2 novembre 2011

A casa

Gioire delle piccole cose, perché sei riuscita a dormire ancora una notte intera. Gioire perché senti che le rughe nascenti sono decrescenti. Gioire perché vedi che le occhiaie stanno sparendo, lentamente. Sapere che devi tornare, che la tua vita é altrove ed accettarlo. Stare in silenzio, perché di parole ne hai dette tante e sono servite a poco e poi sai che non si puo' cambiare niente, che il tempo é andato, c'é solo da aspettare e accettare. Pensare pero' che il tempo va sempre troppo veloce e che tu alla fine non gli stai dietro. Fare i tuoi soliti buoni propositi, andare a correre, non sbagliare più, imparare a dire no a chi se lo merita, sapendo già che sarà una lotta metterli in pratica. Riempire il silenzio di pensieri, come sai fare benissimo, come fai da anni, anche se sai che pensare troppo fa male, non te lo devono dire, lo sai da sola. Riascoltare quella canzone che tu mi cantavi sempre e pensare che si addice proprio a te, alla tua solitudine, alla tua follia mal celata. Sapere che anche su di te non avro' mai una risposta alle mie domande, ai miei perché. Forse é meglio cosi', forse c'é solo da fare quello che sto facendo in qesti giorni: sdraiarmi, mandare i pensieri a farsi benedire e dormire, in pace.

martedì 1 novembre 2011

Difficoltà e accettazione

Per scrivere bisogna avere il cuore in uno stato particolare. Bisogna avere emozioni, sentimenti, non apatia. Bisogna sentirsi vivere, non sopravvivere. Bisogna avere la forza di confrontarsi con se stessi, di mettersi allo specchio, senza negare la verità, anche se fa male.

Ora non posso fare niente di questo. La mia reazione nel tornare a casa é quella dell'isolamento dalla scrittura. Non sono in grado di farlo, di confrontarmi con me stessa e con la realtà. E' come se avessi messo la mia vita e il mio cuore in sospeso, in silenzio, nello scantinato. La stanchezza mi ha pervaso, mi ha catturato, ha preso i miei pensieri e li ha portati via. Forse c'é anche la delusione, la speranza delusa che qualcosa possa cambiare quando in realtà niente cambia e tutto é uguale. Cambiare: difficile. Cambiare gli altri: impossibile.

C'é solo una soluzione, andare come sempre avanti, non girarsi, non lamentarsi, accettare. Non possiamo essere amati da tutti, non possiamo sempre ottenere quello che vogliamo. Il silenzio non deve essere percepito come distacco, ma come accettazione e comprensione. Il difficile sta proprio in questo.