lunedì 31 dicembre 2012

Ossimori: dicembre con l'estate



 
 


 



Buon cielo sereno

Strano. Un capodanno strano. Lontana dalle persone a cui vuoi bene. Lontana da quelle manine che anche se sono creciute sono sempre piccole per te. Lontana da quei due occhi in cui ti specchi, in cui ti trovi perché sono come i tuoi, chiari e cosi' di famiglia. Una ha gli occhi della madre, una del padre, ci dicevano. Una verdi, una azzurri. Lontana da chi nonostante tutto é sempre un genitore, con i suoi sbagli, le mani che tremano per finta o realmente, gli slanci di affetto che tu respingi, armata di tutto punto. Lontana da chi non vedi da esattamente 17 mesi e che ogni tanto appare abbracciato a te sullo screen saver del cellulare, ma che tu non rimpiangi, lontana da chi ti ha portato via il sorriso per un po', ma che tu hai fregato riprendendotelo caparbiamente, perché sei sempre una testa dura, durissima. Lontana dagli amici "belgi" che di belga non hanno quasi niente, ma che ti hanno dato tanto, lontana anche da quelli "inglesi" che ti sei trovata combattendo una strana battaglia fra le strade e i pub di Londra, lontana da quelli italiani, che sembrano appartenere al passato e che lotti a mantenerli nella tua vita, perché tu non te ne fai scappare uno, sono tutti importanti, valgono tutti tanto, hanno tutti un pezzo della tua vita. E infine lontana da chi ancora non lo sa ma che tu hai deciso di escludere dalla tua vita, perché hai dato troppo e ricevuto quello che non volevi, a volte anche condito con troppa amarezza. E allora buon cielo sereno, come ti diceva la tua coinquilina a Forli'. Si, buon cielo sereno, Francesca. 2013, é un numero niente di più, niente propositi, speranze, ma una certezza: non c'é tempo per essere tristi, c'é solo da assaggiare, assaporare la vita, sulla punta delle labbra. Le tue. Come un bacio sfiorato, una parola sussurrata, una carezza accennata sulla guancia. Come quelle carezze che ti piace dare. A chi conta. A chi ti ama. A chi, anno dopo anno, c'é sempre. E allora let's celebrate!  

sabato 22 dicembre 2012

La notte prima di partire

La notte prima di partire, non dormi mai. Non puoi. Sei agitata, sempre. L'ansia da viaggio, il ritorno, l'estraniamento dalla tua realtà per tornare in quella del passato, l'ansia che ti dice che vorresti essere già li'. Quest'anno ci si é messo anche qualcuno dall'altra parte del mondo, che contentissimo ti faceva vedere l'oceano dal suo cellulare. L'oceano. Si', e i suoi piedi fra le onde. Mentre tu eri sotto il piumone e aspettavi la chiamata di qualcun'altro, che naturalmente non é arrivata. Strana la vita é? Chi ti avrebbe detto un anno fa che sarebbe andata cosi'? Quest'anno vuoi evitare i bilanci. Pensi solo che é stato un anno pesante, ma positivo. Hai imparato tanto. Hai toccato il fondo e ne sei risalita. Hai sempre tanti punti interrogativi sulla testa, ma meno dell'anno scorso. Ma soprattutto ti senti come in quella canzone, che recita "I am over my head, I am in too deep, and it scares me so much". Fa paura, si, ma il cuore batte e questo é l'importante. E hai la carica per un nuovo anno, per crescere ancora, imparare, prendersi qualche porta sui denti, cadere e rialzarti. Questo é il bello.

venerdì 21 dicembre 2012

Io e te: istruzioni per l'uso

Noi abbiamo un manuale segreto, con le indicazioni, passo per passo, per mandarci a quel paese. Ci sono anche le istruzioni per le crisi isteriche (le mie), i malumori (tuoi) e i silenzi (di entrambi). Noi siamo bravissimi a rovinare sempre tutto. Io con te sono diventata una campionessa di frustrazione. Tu secondo me non ne puoi piú, peggio di tagliarsi le vene con un coltellino di plastica. Potrei scrivere un libro con le frasi che ci siamo letteralmente gettati l'uno contro l'altro, da "fattela passare" a "questa é l'ultima volta che ci vediamo", al tormentone tutto mio "cancello il tuo numero e non ti voglio piú vedere". 
Noi passiamo da ore di chiaccherate a gelidi giorni di silenzio. Il perché non lo so, forse neanche tu. So solo che sono stanca, come lo sei tu. Dobbiamo cambiare manuale. Dobbiamo cambiare noi? impossibile. Ma se potessi mi toglierei un po' di frustrazione di dosso, un po' di amaro in bocca. Tu non lo so cosa ti toglieresti. Come al solito, non c'é soluzione. Aspettiamo, magari miglioriamo. Magari troviamo nuovi insulti, nuove frasi ad effetto, nuovi modi di girare i tacchi ed andarsene. Magari per una volta facciamo la pace. E magari durerà. Non so, inseriamola nei buoni propositi del 2013, poi si vedrà. E auguri!

giovedì 20 dicembre 2012

Baciami ancora

Ho dormito malissimo stanotte. Mi sono svegliata al mattino e sono rimasta a letto. Si, a guardare un film, che non sono riuscita a finire ieri notte. Si, un film vecchio. Un film anche brutto, volendolo proprio analizzare. Un film che naturalmente mi fa pensare a te, alla vita che noi non abbiamo vissuto insieme. Mi fa anche pensare a come ho tagliato corto ieri al telefono, con la scusa "é troppo presto per te, torna a letto ed é troppo tardi per me, devo dormire". Quando stamattina ho guardato Skype ancora acceso, ho visto che ti ho parlato per 59 secondi. Un record di velocità nel tagliar corto. E ho ripensato a quella frase del film che dice "noi non possiamo stare insieme. Noi passeremo la vita a sputarci addosso le ferite che ci siamo fatti. Gli errori si pagano tutti". Questo é vero. Peró tu, baciami ancora. Una volta sola. Magari mentre non guardo, mentre sono distratta. Lo puoi fare, dai, poi io mi tengo tutte le mie frasi fatte, le menzogne che dico a me stessa, i miei amori surfisti, che spariscono con la prima onda. Pare se li mangi l'oceano. O forse me li mangio io, per lasciare il posto a te. A te che non lo vuoi nemmeno quel posto. Ironia della sorte o scelta suicida? non importa, tu, baciami ancora. Ancora una volta. L'ultima.

martedì 18 dicembre 2012

Anniversari

Ci sono anniversari e anniversari. Ci sono quelli che passi al ristorante, in viaggio o non so dove, che festeggi con le candele, gli abbracci, i baci e le mani che si stringono, si amalgano fra di loro. E poi ci sono quelli della tristezza, dei ricordi vividi e amari, che ti stringono il cuore in una morsa. Io e te abbiamo un anniversario. Una stessa data, nella quale io penso a te e tu ad un'altra. Io me la ricordo quella giornata. Mi ricordo il freddo, i piedi che a momenti vanno all'indietro perché avevi un comportamento insopportabile. E poi mi ricordo di me in piedi, della moquette rossa e di quello che ne é seguito. Ma soprattutto mi ricordo di quel pezzo di strada che ho fatto correndo verso casa mia, perché ero in ritardo e dovevo andare non mi ricordo piú dove. Sai cosa mi ricordo di quel pezzo di strada? la sensazione che avevo addosso. Non camminavo, volavo. Il cuore batteva a mille, impazzito. Ero in cielo, non sulla terra. Nei giorni, nei mesi successivi, sono caduta da quella nuvola e ho visto la realtà per quella che era. Triste e squallida, direi. E tu com'eri quel giorno? non lo so, io non c'ero. Quel giorno non hai camminato con me. Non hai neanche baciato me. Non so se le hai preso la mano o no, ma so solo che non ero io. Ecco, questo é il nostro anniversario, uno mio, uno tuo. Il ricordo di entrambi ora ci rende tristi, maliconici, col cuore pesante. Nonostante tutto, nonostante la ragione che mi fa andare avanti, mi chiedo se tutto questo abbia senso. Abbiamo creato due infelici, due tristi a momenti depressi. Forse l'abbiamo creati noi, forse il destino. Non lo so, ma non é stata una scelta buona, una scelta giusta, una scelta ottimale. Ma non si torna indietro. E' cosí. Teniamoci questi anniversari. Io il mio con la mia disillusione, tu il tuo, con non so cosa. Sai, io non c'ero. Io non so. Io ne ho solo vissuto le conseguenze. Si, le conseguenze dell'amore. O del so called amore.

lunedì 17 dicembre 2012

La festa di quelli che hanno quasi 40 anni ma credono di averne 18

La mia amica mi chiama e mi dice "vieni dalla Marghe stasera, c'é una festa. Porta un Secret Santa e una bottiglia di vino". Io vado, perché non ho niente da fare, perché ho voglia di divertirmi e conoscere nuova gente. Arriviamo quando sono tutti già lí. Tutti stretti in una stanzetta 3X3, tutti che ridono, tutti un po' piú che brilli e allegri. La musica é quella dei nostri vent'anni, delle feste all'università, delle prime uscite e dei primi amori. Anche se non vuoi ballare, finisci per muoverti. Troppo poco spazio, che crea mescolanze strane. Nella stessa festa incontri un ex so-called love, un potenziale che non si é mai concretizzato, uno che forse si concretizzerà, anche se il tempo rema contro di voi. Nella stessa festa sorridi, parli, racconti, ti fai raccontare, balli e salti. E quando finisce e te ne vai a casa, pensi che si é stato carino, ma senti che é strano trovarsi ad avere trent'anni e comportarsi come se ne avessi solo quindici. I francesi direbbero "ça te chiffonne". Eh si, non ti fa sentire bene. Ti fa sentire una tardona. Si, proprio quello che non vuoi essere. Ma pare che per ora non ci sia altra scelta.

sabato 15 dicembre 2012

Elenchi: la mia Londra

Saint James Park, di notte, quando non vedo neanche la punta del mio naso e mi perdo nel silenzio e nei miei pensieri.
Il ponte di Chelsea, quando corro e vedo i treni passare e mi sento cosi' a casa, come se tutta la città fosse mia, o di notte con le mille lampadine accese, quando vado a spiare il silenzioso Tamigi, e mi sento come se fossi al centro del mondo, del mio mondo.
South Bank, Embankment, la Tate Modern e la lunga strada verso Tower Hill, dove passeggiare e rifugiarsi a spiare il tramonto e a guardare il mondo, passando per London Bridge per ricordare un momento di pure bonheur.
Bloomsbury, le sue case rosse e le sue piazzette a momenti aristocratiche, dove farsi baciare cosi' alla sprovvista da uomini che sono vuoti a perdere, con cui mi nascondo fra le case e le ombre per scambiarsi baci e carezze rubate, fra gli occhi indiscreti di cani portati a passeggio da vecchi curiosi e sognatori.
Pimlico Road, una strada che ho raramente percorso da sola, dove fermarsi a guardare i ristorantini, alla ricerca di quello perfetto dove festeggiare qualcosa di importante che deve ancora capitare, a guardare le vetrine degli antiquari sognando di sedersi su quella poltrona con un libro, di addormentarsi su quel divano con la testa appoggiata al petto di qualcuno.


giovedì 13 dicembre 2012

Scene di casa, a tarda notte

E' tardi. Sono nella nostra cucina e sto lavando una tonnellata di piatti. Tu arrivi e ti avvicini. E inizi:
Posso farti una confessione?
Si, prego.
Ti ricordi quando sei andata a Bruxelles l'ultima volta?
Si.
Beh, io quel weekend ero solo e ho portato una ragazza qui.
... (oddio, dove guardo per non fargli vedere che ci sono rimasta male?)
Eh, insomma, a me non me ne frega niente di quella tipa e il giorno dopo l'ho mandata via in fretta e furia.
...siiiii...(applauso mio mentale nei suoi confronti)
E lei ora mi continua a scrivere, telefonare, fare inviti.
E tu la non vuoi piú vedere?
Nooo, assolutamente no.
Ok, ho capito, il solito so-called love londinese.
Mmm. Ma senti, tu sei uscita con dei tipi qui. Hai mai immaginato un futuro con loro?
(Chiudo l'acqua, abbandono i piatti e lo guardo) No. Con quelli non potevo neanche arrivare al mattino dopo. 
Veramente???
Ma se sei stato tu il primo a dirmelo quando li hai incontrati?
(Ride). E allora siamo messi male.
Eh si che lo siamo.
E cosa facciamo?
Ci mettiamo insieme io e te (sorriso). 
Ok, ma questo weekend viene mio fratello. Possiamo iniziare lunedí? (altro sorriso)
Certo, anche martedí. Purché non sia ancora una volta un so-called love londinese.
No no, con quelli io ho chiuso.
Anche io spero!
E col sorriso sulla bocca se ne va, ridacchiando sotto i baffi. Io torno alla mia tonnellata di piatti e rido per questo rapporto cosi' anticonvenzionale, scanzonato e assolutamente necessario. Si, necessario per ironizzare su questa vita che ogni giorno ce ne riserva una.




mercoledì 12 dicembre 2012

Mad about you

Dovrei, si, dovrei. Dovrei scrivere qualcosa su questa giornata. Dovrei scrivere su come mi sono sentita stordita appena ho aperto gli occhi al mattino. Dovrei scrivere sul fastidio che ho sentito sulla pelle. Dovrei scrivere su quella frase che mi sono ripetuta a fior di labbra tutto il giorno, quasi come una preghiera o forse uno scongiuro. Una frase che fa male, che pesa nel cuore e nel cervello, crudele quanto lo puó essere la realtà. Dovrei raccontare di come ho guardato il cielo, in una stanza senza finestre.
Ma lasciamo stare, mi dico. Lasciamo scorrere, lasciamo andare. Non ne vale la pena. Tutto passa. Meglio tornare a casa e canticchiarsi nella testa quella stupida canzone anni '80, che ho sentito alla radio stamattina mentre mi preparavo. Meglio pensare al vino che comprerai per la cena universitaria, a quello che cucinerai, alla serata che hai davanti. Il resto non conta. Perché tu non conti per il resto. Il resto se la ride. Dai, continua a ripeterti quella frase, ti aiuterà, vedrai.  

martedì 11 dicembre 2012

Io e te

Io e te non ci vediamo quasi mai. Viviamo insieme, condividiamo un muro, io ti sento russare di notte, forse tu mi senti scrocchiare i denti, ma al massimo ci incontriamo due volte a settimana, nel corridoio fra le nostre camere e il bagno o in cucina. Sempre di sfuggita, sempre nel mezzo di altro. Magari con le mani piene di sapone dei piatti o i panni bagnati in mano. Magari con gli occhi ancora chiusi al mattino, l'accappatoio e con la molletta nei capelli. Eppure parliamo, eppure i nostri sguardi sono sempre profondi, a volte ci guardiamo e capiamo. Ieri mattina mi hai spedito un messaggio, sul cellulare, mentre ero al lavoro. Recitava solo "Hi, are you ok?". Stamattina, ho fatto tutto di fretta per fare colazione in cucina con te. Per ritrovarmi con la mia tazza di the des sources davanti a te che sgranocchi i tuoi toast, sempre bruciati. E ti ho detto grazie per quel messaggio, perché é stato dolce, perché mi é piaciuto. E tu mi hai risposto "I care, Francesca. I care about you". Io ti ho sorriso. Ti ho sorriso perché era quello che volevo sentirmi dire, perché anche se non te lo dico, quando torno a casa, da fuori cerco sempre la luce accesa della tua camera, perché mi fa sentire serena, mi fa sentire che non sono sola, che c'é calore dall'altra parte del muro. Si, ci siamo io e te in quella casa. E un muro che ci separa. Ma che i nostri occhi non vedono. Perché quello che conta é altro e non é visibile ad occhio nudo.   

lunedì 10 dicembre 2012

Everywhere you go

Ti veniva da piangere. Te ne stavi lí in piedi, nella Tube, e a momenti sentivi le lacrime scendere. Il perché? Pensi che sia la stanchezza, lo stress. Un weekend troppo pieno, troppo impegnato. Persone da salutare, che se ne vanno dall'altra parte del mondo e tu non sai bene dove posizionarle. La scelta é fra il dimenticatoio o il vai a quel paese. Altre persone che invece non se ne vanno per niente e che sono come macigni sul tuo cuore. Lí, seduti sul tuo sterno, a soffocarti il respiro. E poi le scoperte, le mezze frasi, la vergogna, il fastidio. Hai detto "troppo alcool", hai detto "troppa stanchezza, troppo disorientamento". 
Oggi vuoi fare finta di niente. Oggi non vuoi pensarci. C'é tempo. Una cosa alla volta. Una notte di sonno profondo per te. Non una con un risveglio ogni ora come quella appena passata, perché i pensieri non ti lasciano dormire e non ti resta altro che guardare l'orologio. Passa, passa, ti ripeti. Ora lascia stare, ora non pensare. La testa ogni tanto va mandata in vacanza. Su un aereo, su un volo da 27 ore con un solo stop. Si, proprio cosí.

martedì 4 dicembre 2012

Tomber

Il giorno dopo é sempre il più brutto. Il giorno dopo ti svegli sempre con le ossa rotte. Il giorno dopo le palpebre sono pesanti, perché vogliono restare chiuse, per non farti pensare, catturarti nel sonno. Il peggio é quando apri gli occhi e ti rendi conto che non era un brutto sogno. E' passato ti ripeti, passato, archiviato, sepolto,anche se é ancora cosi' vicino.
Dix heures tu m'as laissé tout seul du mauvais côté, dix heures tu m'as laissé tomber, tomber.

lunedì 3 dicembre 2012

We can work it out

Ti ho avvertito. Ti ho detto "questo non significa ricominciare". Tu hai risposto "we can work it out". Abbiamo parlato tre ore, tre ore per dirsi quello che é successo in questo tempo, tre ore a sentirmi bene, a ridere di nuovo insieme, tre ore a mantenere una distanza, perché voglio andarci piano, non mi voglio schiantare contro un muro come in passato. Tre ore a sentire il mio nome pronunciato da te, in quel modo inconfondibile. E poi mi sono addormentata, sono crollata per il sonno, serena. Si, we can work it out. O ci possiamo provare. L'importante é lasciarsi andare, essere sinceri l'uno con l'altro, dare un'altra chance. Forse ne vale la pena. O cosí mi é sembrato.

domenica 2 dicembre 2012

Quando la mia Bruxelles incontra la mia Londra

 
 
 
Un weekend tutto nostro, in cui non abbiamo mai smesso di parlare, raccontare, ridere, ricordare.
Un weekend per rilassarsi, per staccare la spina, camminare giorno e notte, senza mai perdersi.
Un weekend per cantare a squarciagola canzoni della nostra adolescenza, mangiare piatti tipici per questo paese e atipici per noi, bere afternoon and morning teas, ballare fino al mattino e farsi rimorchiare da inglesi che allungano un po' troppo le mani e ci toccano un po' troppo il fondoschiena.
Un weekend in cui ci diciamo "mi manchi, non so più con chi andare a teatro, al cinema a vedere i polentoni francesi, a passeggiare nei parchi per ore", ma in cui mi ripeti "goditi il momento, goditi quanto questa città ti offre, arriverà un tempo per tornare. O al massimo veniamo tutti qui".
Un weekend di risate a crepapelle, di taxisti che ci portano ad un bancomat in piena notte pur di farsi pagare la corsa, di inglesi che si avvicinano a noi e ci chiedono tutti "where are you from?" ancora prima che noi abbiamo aperto bocca, di calendari da sfogliare con la bava alla bocca, tra un sorriso e un occhiolino, di amici da chiamare per cantare al telefono "joyeux anniversaire, mon gars".
Un weekend cosi', di pur bonheur, nonostante la geuele de bois e il freddo. Ma con un sole caldo, dentro e fuori di noi. Un weekend avec la neige sur Bruxelles, plein soleil sur Londres!et une dimanche à l'anglaise devant nous, à gouter, à nous deux, avec tout ce qui va avec. Le beau et le pas beau. Mais pour une fois, nous nous enfichons!

venerdì 30 novembre 2012

Tu m'as manqué tellement tellement

Ti ho allontanato io. Ti ho tagliato fuori io dalla mia vita, forse perché non ero pronta, forse perché tu hai mentito. Eppure, il caso ci ha fatto ritrovare in un tardo pomeriggio invernale, nel buio della mia Londra, nel freddo dello Strand. Il destino, é stato il destino sai, qui io non incontro mai nessuno, questa città é troppo grande, nasconde le persone, con le loro anime. Qualche parola di cortesia, piccole frasi, niente di piú. Un po' di imbarazzo, le tue scuse, la mia reticenza. Io che ti dico "sometimes, it can't work", come per tagliare corto, come per chiudere e non riaprire un capitolo passato, archiviato. E aggiungo che possiamo provare a essere amici, lo dico cosí, per togliermi un peso dal cuore, per aprire uno spiraglio, per farti tornare nella mia vita, ma sulla punta dei piedi. E aggiungo "forse come amici funzioniamo bene, ci sono meno aspettative, non siamo stati cosí vicini da avere il tempo di rovinare tutto". E ti saluto, torno alla mia corsa quotidiana.
Stanotte mi hai chiamato. Lo sapevo, ancora una volta. Sapevo che mi avresti chiamato perché ho visto i tuoi occhi, ho sentito le tue mani che mi stringevano il braccio mentre ti salutavo, come per dirmi "resta, non andare". Non ho risposto, non posso. Non voglio. Un amico non chiama di notte. Ma mentre il cellulare lampeggiava nel buio della mia stanza e dei miei pensieri, ho ripensato a quella canzone che recita "tu m'as manqué tellement tellement, je n'aurais jamais cru autant". Si, mi sei mancato. Ma forse quello che mi é mancato ancora una volta é stata l'idea di costruire qualcosa insieme, un futuro, un progetto comune. Non so, mio caro, ho come sempre bisogno di tempo, di tempo per pensare, per capire. Ma ti do' una chance, quella di tornare senza far troppo rumore, senza occupare spazio, nel salotto dei miei affetti. Il salotto sí, la mia espressione preferita. Che ora torno ad usare.   

giovedì 29 novembre 2012

A girly day

C'é una canzone degli anni 80 alla quale mi sono ispirata in questi miei mesi londinesi, che recita "girls just want to have fun". Oggi, l'abbiamo applicata alla lettera. Ci siamo prese un pomeriggio per noi, ci siamo rilassate ai bordi di una piscina di un posto molto posh, ti ho vista finalmente sorridere e anche io mi sono rilassata. Ti ho raccontato le ultime novità, tu le tue. Abbiamo tirato su gli occhi al cielo mentre parlavamo delle nostre ultime disavventure, degli uomini sepolti che risorgono, di quelli ancora non sepolti ma da non far risorgere, dei coinquilini belli e dannati e delle amiche che vorrebbero allegramente portarci sull'isola di Lesbo. Molta superficialità, si, ma necessaria, per staccare la spina e respirare. En pure bonheur.
Mentre tornavo a casa e sentivo il rumore dei miei tacchi sul marciapiede, nel buio delle strade di Pimlico, pensavo che questo é quello che mi piace di te, del nostro rapporto, di questa città. Mi piace delle volte dimenticare, anche per un attimo, voltare la pagina, immaginare un mondo diverso, comme ça, dans l'insouciance. Parce qu'il faut, de temps en temps.

martedì 27 novembre 2012

No regrets

Sapevo che saresti tornato. Sapevo che dopo essere stato a Praga saresti tornato alla carica. C'é chi mi ha detto "eh si, tu sai sempre tutto" con tono ironico, ma stavolta lo sapevo. Quando ho aperto la mail, sapevo che ci saresti stato tu fra i destinatari delle e-mail.
Tu, non sei stato niente. Un momento di evasione, un tentativo di non pensare, niente di più. Eppure ci sono rimasta male, perché un po' ci avevo sperato. Avevo sperato nella svolta, non in te, ma in quello che tu potevi rappresentare. Ho passato il weekend a parlare di te agli amici, a spiegare, a dire "non é andata ed é meglio cosi", a dire che non valevi poi cosi' tanto per me. E poi una mail mi ha mandato in crisi. Mi ha mandato in crisi leggere di una richiesta di spiegazioni, di una seconda chance, di un malinteso.  
Eppure ho risposto dura, determinata, non ho lasciato spazio ai dubbi o ai malintesi. Anche se poi, ogni giorno, penso alla prima volta in cui mi sono lasciata andare tra le tue braccia e mi sono sentita bene, felice, serena. Il potere dell'autoconvincimento, taglio corto nei miei pensieri. E cerco di andare avanti. Si, lascia stare mi dico. Si, c'é altro più in là. E per ora ci sei tu, accontentati. No regrets, non ne vale la pena. Ora il punto é convincersi. Si, autoconvincersi.

Un abbraccio

Ho capito. Ho impiegato tanto a capire, ma ci sono arrivata. Dopo il weekend bruxellese, ho capito che quello che mi manca di Bruxelles sono si' gli amici, ma non solo. Quello che mi manca sono gli abbracci. A Bruxelles io abbraccio e io vengo abbracciata. A Bruxelles nessuno mi scansa o si tira indietro. A Bruxelles io mi fondo col mondo, con il mio mondo, con i miei affetti, con il mio cuore. A Bruxelles sento mani che mi stringono forte, mi perdo in occhi che mi dicono resta o torna, sento dirmi non ti preoccupare, ça va aller. A Bruxelles fa un freddo cane, ma io non ho mai freddo e so il perché.
E poi sono tornata a Londra, nella mia Londra. E già nella metro sentivo freddo, mi battevano i denti per strada. Apro la porta di casa e ti trovo li' in cucina. E tu cosa fai? Mi prendi fra le tue braccia e mi stringi, cosi' all'improvviso. E quell'abbraccio mi é piaciuto, mi ha scaldato, mi ha fatto sentire a casa.
In quell'abbraccio, ho ritrovato un po' della mia Bruxelles. In quell'abbraccio, Londra e Bruxelles sono diventate la stessa cosa. Grazie per aver eliminato la distanza, anche solo per pochi secondi. Grazie perché mi sono sentita a casa. Li', in cucina, fra le tue braccia.


domenica 25 novembre 2012

venerdì 23 novembre 2012

Prove di esaurimento

Sono esaurita. Ne ho le prove. Chiare e certe davanti a me. Quali?
1. Nel giro di tre giorni, tre persone mi hanno consigliato di andare a parlare con qualcuno, perché pare versi in uno stato confusionale acuto. Forse questo non é proprio esaurimento, forse sono problemi mentali o non so cosa, ma il ricorrere del consiglio mi ha fatto pensare.
2. Stamattina esco per andare al lavoro. Faccio presto per fare un pezzo di strada col mio coinquilino bello e dolce e tutta felice mi incammino. Arrivata in ufficio mi rendo conto che: non ho il cellulare, non ho il passaporto (e stasera devo prendere l'Eurostar) e l'orologio al polso. A pranzo sono dovuta miseramente tornare a casa a recuperare gli oggetti mancanti.
3. In previsione del mio viaggetto da finesettimana vado a comprare un regalo per la figlia di un amico. E mi é successo il seguente:
Cerca qualcosa?
Si, un vestito per una neonata.
Si, quanti mesi ha?
...
Scusi, quanti mesi ha la sua bambina?
Non é la mia bambina. E sinceramente non mi ricordo quanto abbia.
Ma come non si ricorda?
Deve essere nata fra giugno e ora, ma non mi ricordo quando il mio amico mi ha dato la notizia.
E' un po' difficile allora trovate un vestito se non sappiamo quanti mesi abbia la neonata.
(Panico) guardi, se non le dispiace, io comprerei la palla di gomma!
Tutti questi sogni segni evidenti del mio esaurimento. Vediamo se in un weekend mi passano.  

giovedì 22 novembre 2012

Ci fai o ci sei?

Mi é proprio scappato. Non sono riuscita a contenermi. Quando mi hai detto "ci facciamo un cinemino lumière?", io non ho capito proprio piú niente. E cosí con la schiettezza nel cuore ti ho risposto: "ci fai o ci sei, mio caro? lo fai per darmi la terza buca?Stavolta magari mi chiami tre minuti prima dell'appuntamento, visto che le altre volte hai disdetto mezz'ora prima?". Tu sei rimasto in silenzio, io mi sono vergognata per quanto detto. Mi sono scusata con "scusa, non é un gran periodo, vorrei starmene un po' da sola".
Quello che é successo oggi é il frutto di mesi di frustrazione. La colpa non ce l'hai tu, povero malcapitato, ma gli incontri di questi ultimi mesi. Ora sono arrivata. Ora sento che non ho forze, che non posso provarci di nuovo. Ora sento che il mio cuore é silenzioso. Ora voglio stare con me stessa, tanto in coppia non funziono. Quindi niente cinemino, drinkino, cenino. Niente. Ora io sono, non faccio. Ora io telefono e disdico mezz'ora prima. E sai cosa? chissenefrega!

Nausea e assenza di stomaco

Qualcuno mi puo' ridare lo stomaco? Mi succede di perderlo. Ogni tanto lo smarrisco. Giro per questa Londra fredda con un buco nella pancia e la nausea perenne in bocca. Come si fa a ritrovarlo? devo superare me stessa, i miei sentimenti, i miei desideri. Devo accettare la realtà. Che noia, penso. Sono sedici mesi che mi ripeto la stessa cosa. Ma quando lo cambio questo ritornello?
Oggi vorrei ritrovare il mio stomaco.
Oggi vorrei non incontrare neanche un euroscettico.
Oggi vorrei che la mia capa capisse e non mi guardasse come un extraterrestre quando parlo.
Oggi vorrei divertirmi, quando saro' contornata da questi artisti matti.
Oggi vorrei non pensare sempre e solo a quello che non é stato.
Oggi vorrei preparare la valigia e sentirmi contenta, felice, leggera perché lo posso essere.
Oggi vorrei fare spallucce, girare i tacchi senza avere rimorsi.
Proviamoci, mi dico, mentre guardo il buco nero nella mia pancia. Mmm, non inizia bene. Ma non ho altra scelta.


martedì 20 novembre 2012

Due amiche, la mia Londra

 
 



 




Due amiche, una musica rasserenante di sottofondo, libri, parole, sentimenti, lacrime amare e sorrisi di zucchero. Questo é stato il mio weekend. Per ritrovare la luce e lasciare il buio. Mentre mi uccidi l'anima: http://www.youtube.com/watch?v=2mCVTDfcUSs


 


Cercare il pulsante a tentoni

Ci deve essere un pulsante, ne sono sicura. Un pulsante per stoppare i pensieri, belli e brutti. Un pulsante per dimenticare. Dimenticare da dove vieni, dove vai, cosa é successo, cosa farai. Ci deve essere. Lo troveró nel buio di questa città, nel buio dei pensieri, nel buio di questo momento. I pensieri se ne vanno, le parole si codificano sui quadernini, al plurale, perché sono diventati due, come mi hai consigliato tu. Uno per le cose belle, uno per i ricordi brutti e tristi che mi hai lasciato tu.
Perché delle volte lasciare o essere lasciata significa vincere. Significa respirare e tornare a vivere. Al sole. Con la mano lontana sul pulsante, perché il pulsante non ti serve piú. Stop. 

lunedì 19 novembre 2012

Post vecchi: Ma tapisserie

Siamo qui per un motivo noi. Me lo dico, me lo ripeto. Mi sorprendo mentre lo dico. Ma é quello che penso, quello che spero. Tu es ma tapisserie, mon chéri. Tu l'es, mais tu n'en ai pas conscient. Forse lo capirai, forse no. Forse non sei nient'altro che un altro della lunga serie, un altro da dimenticatoio. Ma il mio istinto, un po' bisfrattato, mi dice altro. Mi ripete che ci resterai dans ma tapisserie. Fondamentalmente siamo qui per un motivo, noi. O no?
(Dal quadernino di appunti di viaggio e di pensieri)

Post vecchi: Tu

Tu sei il mio amore, il mio tesoro, il mio Nord e il mio Sud. Tu sei il mio cuore che batte, i miei sorrisi. A volte sei la mia tristezza, le mie lacrime. Tu sei la mia dolcezza, la morbidezza. Tu sei quello che io vorrei chiamare futuro. La realtà, triste e grigia, lasciamola da parte.
(Dal quadernino di appunti di viaggio e di pensieri)

Scusate, mi é sfuggito il cuore

Scusate, mi é sfuggito il cuore. Mi é caduto dal petto e si é frantumato per terra. Si, proprio su un triste marciapiede inglese. Penso di averlo perso dalle parti del quartiere francese, ma non ne sono sicura. Forse lí mi si é solo staccato e poi mi é rimasto a penzoloni per tutto il weekend, fino a perderlo del tutto sulle strade della mia Londra, in un mattino di sole, di strano sole pre-invernale. Ma non ne sono del tutto sicura.
Non lo posso rincerottare di nuovo. Lui per primo non vuole. Non penso di poterne ordinare uno nuovo, non esiste un posto dove comprarne uno. Ah, si ecco cos'é successo. L'ho perso lí, mentre bevevo un thé au jasmin con la mia amica e davanti avevo Saint Paul e il tramonto. Lí, mentre raccontavo, lui se ne é andato. Lo capisco. Anche io non ne posso piú.
Ora se lo trovate, non me lo riportate. Lasciatelo dov'é. E' meglio se resta un po' staccato da me. Combina solo guai quel cuore, non é mio. O meglio lo é, ma mi fa male. Brucia nel mio petto peggio di un fuoco estivo, di quelli che scoppiano improvvisi nei paesi del Sud dell'Europa. E le lacrime non spengono quel fuoco, anzi, lo alimentano.
Ecco, insomma, tenetevelo. Magari cosí io mi sentiró un po' meglio. Io saró senza cuore. Senza emozioni, senza sentimenti. Finalmente, sará finita. La fase del dolore.

sabato 17 novembre 2012

Thé n.25 (di nuovo)

Oggi mi sono svegliata e non va. Strano, eh? chi mi legge sa che non va da un bel po'. Forse non é mai andata ora che ci penso. Oggi come un anno fa ho un thé n.25 davanti, il so-called thé di Natale. Ci ho scritto un post su questo thé un anno fa. Un post pieno di tristezza. Oggi sono triste di nuovo. Nel mio stomaco la vodka si mescola al vino bianco e rosso di ieri sera e non é una sensazione piacevole. Negli occhi ho quello che non avrei dovuto e voluto vedere. Sulle mani la sensazione della tua pelle che mi porta a casa, perché non ci sarei arrivata da sola anche se pateticamente mi ripeto che so badare a me stessa, perché l'ho fatto quando tu non c'eri, quando ti avevo perso, quando ti avevo allontanato. Sul pc la presentazione, ancora un'altra, stavolta per i professoroni o professorini, perché devo andare a raccontare due cavolate sul cambiamento climatico e su tutto il bene che noi facciamo al mondo, noi si, cioé quelli per cui lavoro. Io gli vorrei dire che siamo condannati, forse non noi, forse i nostri figli, forse i nostri nipoti, ma non posso. Devo vendere i nostri meriti, tutto quello che facciamo per salvare e annegare ancora di più l'umanità.
Bisogna andare avanti, mi dico, non pensare, guardare avanti, determinazione ecco quello che ci vuole, mi ripeto. Tutto passa, lo sappiamo, ma quando sei nel mentre, senti le spine che ti si attorcigliano strette addosso. Ti pungono, ti fanno male. Eppure sei li', col sorriso di plastica, perché non si puo' fare nient'altro.
Oggi arriva la tua amica. Oggi mettete su i Marlene Kuntz, fai un thé, vi sedete una di fronte all'altra e lasciate i sentimenti parlare. Oggi vi medicate a vicenda le ferite, oggi vi consigliate a vicenda le via di uscita. Cosi', a fior di pelle, come nella canzone: http://www.youtube.com/watch?feature=endscreen&NR=1&v=T76cnOmfcX0. 

giovedì 15 novembre 2012

Wish You Were Here

La reunion. 5 ex compagni di università. 5 ex compagni di corse in bicicletta per le strade minuscole di Forlí, di serate passate alle Valverde a studiare o fare finta di, 5 ex compagni di ci incontriamo comunque e ovunque, tra l'A&O, la Coop, la copisteria, l'Oltremodo o l'X-Ray. Una bella serata, un bel posto, tutti grandi, tutti cambiati. Un padre, due gioiosi, una vamp e una che sono io e che non so neanche come definire. Una bellissima serata, forse anche grazie ai tre cocktails (sono lontani i tempi di una corona e non piú perché non ho i soldi dell'università) e le due tequila che ci siamo sparati una dopo l'altra, sguardi profondi, discorsi fatti e rifatti, ricordi, parole dette e ridette, abbracci e mani che si stringono al suono "ma ti ricordi quando?". E io poi mentre torno a casa faccio questo pensiero: ho guardato il tuo viso, ho guardato la tua pelle. Ho pensato al mio. Ho pensato al mio sguardo, ho pensato alle mie rughe nascenti, ai miei capelli senza tono. Ho rivisto le tue mani curate e mi sono detta ho fatto bene a fare tutto questo? ho fatto bene a dormire tre ore a notte per preparare la Baroncelli e Cesa, a svegliarmi alle 5 del mattino il giorno dell'esame per ripetere un'ultima volta? Ho fatto bene a fare di tutto per non sentirmi dire "mantenuta", per avere la mia indipendenza? Ho fatto bene a voler essere sempre cosí testarda, a non ascoltare mai nessuno se non me stessa? O avrei dovuto fare come te, che non hai finito di studiare, che vivi nell'appartamento del tuo uomo e strisci la sua carta di credito come fosse la tua?
Stamattina, mentre mi incremo, ascolto Wish you were here. E le lacrime mi scendono da sole. Scendono silenziose, sul viso e le rughe nascenti, mentre mi chiedo tutto questo. Ma non c'é tempo, devo andare a lavorare, corro giú, ti incontro, mi guardi e mi dici "Ciao sorriso triste", io ti rispondo con un sorriso, ironia della sorte, mentre sussurro che l'inverno non fa per me e corro per strada. Non lo so se ho fatto bene, so che non potevo fare diversamente. Non avevo scelta. Dovevo farlo. C'est la vie, non? elle choisi pour nous, ou nous croyons que c'est comme ça. Meglio credere che sia cosí.
How I wish, how I wish you were here.
We're just two lost souls
Swimming in a fish bowl,
Year after year,
Running over the same old ground.
What have we found?
The same old fears.
Wish you were here.

mercoledì 14 novembre 2012

Saper perdere

Fra, tu l'hai letto "Saper perdere"? No, ma l'ho comprato. Beh, allora leggilo.
Questa é stata la conversazione di qualche tempo fa, tra me e un'amica. Oggi, ho pensato che devo saper perdere. Devo accettare di non essere io quella scelta. Ho perso, non ho neanche perso in realtà, perché non sono mai stata parte della partita. Il direttore del gioco, l'arbitro, il coach, il mio compagno di squadra o chi per lui non mi ha mai fatto partecipare a questa partita. Quindi é inutile pensarci, disperarsi, essere triste. Meglio pensare che sono giú per altri motivi, per il lavoro, lo stress, gli ormoni.
Non ho perso lui. Ho perso qualcosa in cui credevo. Ho perso il credere in qualcosa. Ho perso la speranza che finalmente avessi trovato quello giusto, con cui fare un pezzo di strada. Questo lo devo accettare, questo significa saper perdere. Per il mio bene e anche per il suo. Eh si, perché tu hai diritto alla felicità e anche lui. Lui ha diritto a ritrovare il sorriso, la spensieratezza e via dicendo. Lo stesso vale per te. Non lo perdero', lo so, resterà sempre parte di me. Ci si troverà tra vent'anni per un caffé o un gelato, ci faremo gli auguri a Natale e a Pasqua e ci sentiremo ogni tanto per telefono. Mi resteranno sempre le emozioni che mi ha dato, i batticuore, i momenti di dialogo, di discussione, di crescita che abbiamo condiviso. Abbiamo gettato le fondamenta per il nostro futuro. Come buoni e cari amici. Questo non é perdere, anche se ora mi sembra cosí. In realtà ho guadagnato, si, ho guadagnato tanto. Ma fa male ammetterlo, mi sembra quasi di accontentarmi. Ma é solo un'impressione. Allora, aspetto. Allora, mando giú questa pillola, anche se amara. Non ho altra scelta. Dai, guardiamo, insieme, al futuro. Al mio, al tuo. Il nostro, non c'é. O non c'é come lo vorrei io.
[...] Per questo viaggio ci vuole coraggio
per questo amore pieghiamo il destino
ti resto accanto su questo cammino
però ti prego tu dammi la mano
I'll show you something good
I'll show you something good [...]

martedì 13 novembre 2012

Don't shit where I eat

Fra, ma lo sai chi ho visto? Ho sentito questa frase e ho capito che la bomba stava per scoppiare. Ed é scoppiata, come mi immaginavo. Mi sono seduta, mi sono detta lascia stare, non importa. E poi mi sono detta "cavoli, proprio qui? proprio nel mio territorio?". Ecco, ci sono quelle persone che dopo avermi rovinato parzialmente la vita, io ho cercato di escludere. Alcune le ho autorizzare a rientrare in scena, dopo grandi ripensamenti, passando dalla porta sul retro del cuore o dalla finestra (per rendergli la vita un po' piú semplice). E allora, proprio tu a cui ho perdonato di tutto, per favore, don't shit where I eat. Ne hai già fatte tante, stai al tuo posto. Ti puoi avvicinare, ma non troppo. Pff, questa città mi inizia a stare stretta. Questa città é quasi peggio della mia Bruxelles. Ma per favore, non mi far piú soffrire. Sai cosa si dice: lontano dagli occhi, lontano dal cuore. Quindi. gira alla larga. E agisci alla larga.

Ilari momenti londinesi

La mia vita é ilare. La mia vita é ironica. Nel giro di poche ore ho scoperto quanto segue:
- ho un coinquilino che si frega le mie pastiglie della lavatrice e ha avuto il coraggio di dire, colto con le mani in fallo, che lui non ha colpe e che deve essere stato uno strano processo di osmosi tra il mio barattolo e il suo (io non sono mai stata un genio in fisica, ma ho una chiara idea di cosa sia l'osmosi).
- ho un altro coinquilino bello come il sole che si frega il mio olio per cucinare i suoi cordon bleu quotidiani, che a quanto pare peró é stato spinto a fare ció dal coinquilino ladro di detersivo, che l'ha traviato e sviato, nonché portato sulla brutta strada. Fatto sta che la mia bottiglia di olio é finita e i suoi cordon bleu sono piú unti del solito.
- ho una capa che mi chiama un'ora prima di un importante appuntamento e mi dice: "sono in ritardo, cioé, si, cioé, mi sono resa conto che si tratta di qualcosa di estremamente alto livello, insomma, cioé, ci vai tu!", senza punto interrogativo, ma come un ordine. Un po' di preavviso sarebbe stato gradito, ma pare che qui non sia contemplato.
- ho un ex che é sparito nel nulla, cho ho pensato sposato, suicidato, morto di infarto, schiacciato sotto la metro, padre di tre gemelli e che magicamente mi spunta su faccialibro, abbracciato ad una mia amica, con in mano un bicchiere di vino. E io mi dico che tutte le strade portano a Roma o a Londra, che il mondo é piccolissimo e che anche qui, non ci si perde mai di vista, e se succede, fb ci aiuta a mantenere i contatti. E esclamo "shit".
- ho un altro ex (ma io non ho ancora capito se chiamarli ex questi tipi o no), che mi scrive un'e-mail per dirmi che sotto sotto gli manco da matti, che sono tre giorni che mi pensa e conclude chiedendomi se invece dei 10000 pounds che mi aveva chiesto in prestito, gliene posso prestare 25000, perché, testuali parole, si era sbagliato a fare i conti. Rido, chiudo, cestino la mail e sussurro "shit".
Tutto questo entro le 10 del mattino. Ci arriveró a stasera? Shit, I don't know.

domenica 11 novembre 2012

Domenica mattina

E' domenica mattina. E' domenica mattina e sto lavorando, cosa che non mi piace per niente. Ho addosso la solita sensazione di inadeguatezza, di terrore all'idea di parlare davanti a tante persone in una lingua che nonostante tutto non sento mia e temo che non la sentiro' mai. Ho nel cuore una sensazione di disagio, di stanchezza, di amarezza. Insomma, la solita.
E cosi', quasi per scherzare, quasi per sdrammatizzare, penso al mio lavoro, penso a quello che dovró fare domani, ripenso a quando due giorni fa sono passata a piedi davanti a Number 10 e ho immaginato il piccolo David che con i pugni stretti e l'espressione del viso corrugata ripete "no no, io il nuovo budget non lo firmo e vi inchiappetto tutti". E mi dico che un po' lo capisco, che anche io ho i miei dubbi, che ho perso la voglia di crederci, ho perso le illusioni, i valori sono li', ma ricoperti dalla polvere, arrugginiti. Ma é come uno spettacolo, che deve andare avanti, e io sono una piccola, piccolissima comparsa. La vita é altrove, questo é solo una sceneggiata.
E ripenso alla frase della mia amica, perché mi cade il pensiero sulla mia vita privata. Quella frase che recita cosi' "non ci sono bugie né giri di parole, non ci sono scappatoie né vie di fuga, non ci sono programmi né buoni propositi, non c'è nessuna volontà e probabilmente nemmeno il tempo...". Tutto questo non c'é. Al lavoro come nella vita privata. C'é un telefono che squilla a cui non rispondere, c'é chi vuole un nuovo amore o qualcosa del genere a tutti i costi (e ha anche ragione) e non sei tu, c'é chi ha un fidanzato che va a farsi il weekend con l'amante e tu la devi consolare, c'é chi vuole un figlio e non arriva e chi rimane incinta per sbaglio e se ne sbarazza perché é troppo presto, perché non é la persona giusta, c'é una vita piena che improvvisamente ti sembra vuota. C'é una busta di immondizia da buttare, con dentro quel poco che resta di una storia, un biglietto del teatro, il fazzoletto col quale ti sei soffiato il naso l'ultima volta che ti ho visto, quel biglietto su cui hai scritto il tuo numero quando ci siamo conosciuti e che io avevo tenuto per ricordo.
C'é tutto questo in una domenica mattina. Di sole. Di lavoro. Di vita. Di voglia di leggerezza, in contrasto con la pesantezza del momento. Come al solito.   

giovedì 8 novembre 2012

Il polpettone

In casa mia, c'é un piatto importante: il polpettone. Il polpettone é quasi un sacramento, si mangia rigorosamente di domenica a pranzo (e gli avanzi si mangiano per giorni e giorni), con le patate e i carciofi bolliti. E' il piatto che si cucina quando viene qualcuno a pranzo o a cena, che riunisce tutta la famiglia, seduta attorno al tavolo con l'acquolina in bocca. Mi ricordo ancora il rumore della macchina macinacarne in cucina, quando ero piccola, segno chiaro ed evidente del polpettone in arrivo nelle nostre pance.
Oggi mi é successo questa simpatica cosa:
(Squillo del cellulare)
Ciaaaooo
Ciao, come sei sprintosa oggi!
Eh, sono contenta.
Ah, si, me l'hai scritto stamattina
Eh no, ora sono contenta per altro.
Per cosa?
Ho avuto una giornata produttiva al lavoro, cominciata male e finita bene.
Quindi io non c'entro?
No, non piú.
...
Pronto?
...
Oh, Mister Australia, ci sei?
Si, scusa, ci sono rimasto male.
Ma no, dai. Stasera ti cucino il polpettone.
Cosa?
Un piatto delizioso. E poi viene cucinato alle persone speciali.
Veramente?
Si si (e nella mia testa: credici credici!).
Ah, va bene. Beh, a dopo allora.
A dopo caro, col polpettone eh?
Ecco, il polpettone stavolta mi ha salvato. Si, ha messo a tacere lui, che ora tutto felice e contento, inizia ad avere l'acquolina. Ecco, il polpettone a casa mia serve anche a questo. A mettere a tacere le persone. Ad addolcire le pillole.A far credere ad un uomo che sei felice perché lo vedi stasera. Si, un po' lo sei, ma forse la tua giornata lavorativa é stata meglio. Ma questo non importa, per questo c'é il polpettone.  

mercoledì 7 novembre 2012

Crollare

Ci siamo visti per parlare di te, o forse di voi. L'ho fatto per amicizia, l'ho fatto perché ho capito al telefono la tua sofferenza. E poi, dopo tre ore in cui parlavi solo tu, qualcosa si é rotto. Non so cosa sia stato, forse una frase tua, forse un pensiero mio. Non ho capito cosa mi stesse succedendo e improvvisamente ho sentito i signhiozzi e ho visto le lacrime bagnare la tovaglietta di carta del ristorante. Come se avessi tolto le remore e mi fossi lasciata andare. Ho pianto, ho singhiozzato li' seduta al tavolo, senza fermarmi, senza riuscire a distinguere niente, tanto da avere la vista sfuocata. Ho pianto senza neanche guardare il mio interlocutore, con lo sguardo basso, perché piangevo su me stessa. Tu sei rimasto stupito, ho solo sentito la tua voce che ripeteva "mais qu'est-ce qu'il t'arrive, qu'est-ce que se passe?". Non so il perché l'ho fatto. O forse lo so ma lo voglio negare. So che sono giorni pesanti, so che sono giorni in cui penso al tuo comportamento nei miei confronti e non mi piace per niente. So che non riesco a vedermi in una nuova storia e mi sento a disagio. So che anche se il tempo passa, le ferite stentano a rimarginarsi. Danno l'impressione di essere cicatrizzate, ma quando meno me l'aspetto si riaprono. So che ci sono domande a cui non trovo risposta, so che non so se mi posso fidare di nuovo, perché ho sempre l'impressione di essere tradita, presa in giro, abbandonata. Chi mi dice che il mio aussie non veda un'altra, che non abbia le farfalle nello stomaco e che un bel giorno sparisca nel nulla come é successo tante altre volte. Chi mi assicura che non si innamorerà di un'altra forse perché non si é mai innamorato di me? Sono crollata per tutto questo. Sono crollata perché ho paura. Si, di soffrire, di credere di nuovo, di essere delusa. Che fare? Risposta non pervenuta, per l'ennesima volta. 

martedì 6 novembre 2012

Venceremos adelante

Io a scuola ho sofferto. Mi si escludeva come diceva quella canzone. Ero la secchiona, quella con gli occhiali come fondi di bottiglia. Quella che non aveva mai il ragazzo e nessuno la baciava e solo i so called sfigati mi venivano dietro. Io ho finito il liceo contando i giorni e le ore alla fine di quella sofferenza. Poi, sono andata all'università e sono ufficialmente nata. Si, sono diventata la vera Francesca. Non mi sono più nascosta dentro i maglioni di tre taglie più grandi, dietro gli occhialoni, dietro la timidezza. Sono fiorita. Mi sono affermata. Ho iniziato a piacere, ho iniziato ad avere amici e a costruire rapporti umani.
Ho sempre un fortissimo sentimento di rivalsa rispetto a quegli anni bui. Ho sempre la voglia di far vedere alla gente che ha conosciuto la vecchia Francesca quella che sono veramente. Ogni tanto spio i vecchi compagni di classe, tutti stronzi, tutti figli di buonadonna, su faccialibro, quasi per dirmi "Vedi che ora non ti possono più toccare né fare male". Li spio e più passa il tempo più li vedo diventare mogli, mariti, padri e madri. E stasera di fronte all'ennesima pancia che spunta da una foto profilo, mi sono chiesta se forse anche loro siano cambiati, siano diventati diversi, più veri, più attenti all'altro, più maturi. Ed ho concluso che forse si, forse sono cambiati. Ma io dovrei forse darmi una svegliata e iniziare anche io a pensare a diventare una compagna (visto che il termine moglie mi dà l'orticaria) e forse una madre. Si, cosi' potrei contrastare le forze del male. Di quel male che a 15 anni si chiama presa in giro, a 20 snobbismo e a 30 essere stronzi. Ma per ora finisco seduta nella mia cucina, con le cuffie, ad agitarmi sulla sedia mentre sento questa canzone: http://www.youtube.com/watch?v=JgCeyPuC75I. Questo é il mio modo per ora di cambiare, di vivere, di andare avanti. Niente pancie ripiene, niente vestiti bianchi, panna, da meringa. Solo me. Pas de choix pour l'instant o forse ça suffit pour l'instant. Meglio non porsi certe domande alle due di notte. Meglio dormire. E allora buonanotte.

Io Carrie, tu Miranda.

Ieri abbiamo fatto un gioco. Abbiamo giocato a Sex in the city, anche se io non ho mai sopportato quel telefilm. Abbiamo analizzato (per quanto si possano analizzare) i personaggi di donne dall'aspetto frivolo, ma che sotto sotto nascondono un cervello e una filosofia di vita maturata sul cosiddetto terreno (a forza di porte in faccia). Abbiamo pattuito che tu sei Miranda (con un pizzico di Samantha, anche se io stento a crederci) e io Carrie. E lí abbiamo riso abbondantemente pensando a chi possa essere il mio Mr Big. Ecco, io Mr Big non ce l'ho, o ne ho avuti troppi, tutti sbagliati, anzi sbagliatissimi, anche se del senno di poi sono piene le fosse. Ho anche detto che io i miei Mr Big pare me li vada a cercare all'Aldi o al Lidl, perché sono uno peggio dell'altro. 
Dopo questa ilare conversazione, mi telefona il mio attuale Mr Big e riporto di seguito la nostra conversazione o quello che sono piú o meno riuscita a decifrare dal suo terribile accento australe:
Ciao, cosa fai?
Stiro. 
Bene. Questo significa che stirerai le mie camicie in futuro?
Mai. L'ho fatto in passato e non lo rifaró mai piú.
(Suoni e parole incomprensibili). Ah, mia nipote é finita in ospedale oggi.
Ah sí?
Si, come me da piccolo.
Perché ci andavi spesso in ospedale?
Eh si. Sai sono rimasto attaccato alla corrente elettrica per un intero minuto da piccolo.
Eh?
Si, un minuto intero con le dita nella spina della corrente.
Ah.
Ah cosa?
Ah, ora capisco tante cose.
Cosa?
Perché delle volte sei cosi Rainman.
Ahah, si, forse é per quello. E ti diró di piú. Non mi é successo solo una volta!
Ecco si, io i miei Mr Big me li scelgo all'Aldi. Forse dovrei cominciare a frequentare piú spesso Harrods. troverei quella che si chiama in gergo "robba bbuona". O quasi.

lunedì 5 novembre 2012

Jaures

Jaures me l'hai fatta conoscere tu, una sera mentre tornavamo a casa in macchina dal lavoro. Per una volta non abbiamo cantato stupide canzoni, ma solo ascoltato in religioso silenzio Jaurès. Oggi é una giornata che non passa e Jaurès si addice a questa giornata. Oggi ho freddo, ma nel cuore. Oggi non passa perché ho di nuovo la terribile sensazione della valigia, dello scappare, senza sapere dove e come. Oggi é tornato il disordine mentale. E allora vado a correre stasera, e chi se ne frega dei fuochi, del freddo, del parco deserto. Io corro e non mi fermo, mi stanco, mi distruggo, mi anniento, anniento me stessa e i miei pensieri. Io non sono fatta per l'inverno. L'inverno mi abbatte, mi deprime, mi toglie le risorse. Cosi come un'ora e mezza di telefonata in piena notte a parlare del significato di we in inglese. Cosí come l'alito devastante di Fiatella e i suoi baci (fortunatamente sulla guancia) pari a quelli di lumaca. Cosí come le amiche che spariscono e che non puoi o sai aiutare. Oggi va come Jaurès. 15 heures le coeur en laisse. 15 ore con il cuore al guinzaglio, incatenato, bloccato, nel tentativo di azzittirlo e dimenticarlo.

Sweet baby

Sweet baby. Il titolo di una canzone. La mettevo su appena arrivavi, nella mia casa stanza, perché quello non era un monolocale, ma una stanza in cui c'era tutto. 15 metri quadri di vita, con tanto di bagno e cucina. In Rue Jonfosse, 39. La mettevo su quella canzone, preparavo un thé alla liquirizia per me, alla menta per te e appoggiavo la mia testa sulla tua spalla. E fantasticavamo sul futuro, sull'ultimo anno di studi, sulla tesi da scrivere, sul corso di italiano da fare per raggiungermi e creare una famiglia nostra. Erano gli inizi, ma sweet baby. Mi ricordo sempre quella volta che sei arrivato, era fine maggio, e ho fatto partire la radio. E sono scoppiata a piangere pensando che ci saremmo dovuti separare, perché io dovevo tornare a casa, finire gli studi, e tu avevi appena trovato un lavoro lí e non potevi andare via. Il sogno della casa stanza doveva finire, sweet baby, dovevamo aprire gli occhi.
Oggi é il tuo compleanno. Ti ho telefonato come sempre. Ti ho detto ridendo "je sais que tu dors là" e tu hai risposto "Bien sur, tu me connais, Petit Potam". Abbiamo scambiato due parole. Tu mi hai raccontato il tuo weekend con la tua nuova ragazza, l'ennesima, io il mio, da folle 32enne. Ci siamo detti "on se voit bientot à Bruxelles, hein?".
Non é cambiato niente, sweet baby. E' cambiato tutto, sweet baby. Non possiamo tornare indietro. Il male é fatto. Ma io penso sempre che sia stato qualcun'altro a rovinare la nostra storia. Non sono stata io, non sei stato tu. Tu sei stato il migliore. Tu mi hai fatto sentire amata. Tu mi hai sostenuta e mi hai fatto diventare quella che sono, sweet baby. So che io ho fatto lo stesso per te. E ora ci teniamo le briciole e i ricordi. E le parole della nostra canzone, sweet baby. Purtroppo é quello che ci resta.
"ummm sweet sweet baby
life is crazy
but there's one thang
I am sure of
that I'm your lady
always baby
and I love you now and ever".

venerdì 2 novembre 2012

Speechless

Eravamo cosí. Tu con i vermi in testa. Io con i codini. Io Lucy May, tu Iaia. Quella casa non c'é piú. Ma siamo rimaste noi. Era il tempo delle corse in bicicletta, dei letti a castello, delle paure inspiegabili, dei rospi che infestavano il giardino, dei tappi di bottiglia che segretamente collezionavo. In questa foto, non si vede una parte scura della nostra infanzia. Ma noi sappiamo che c'é. Io l'ho cancellata, l'ho scacciata, me ne sono allontanata. Ho cercato di accettarla in tutti i modi, ma i risultati sono stati scarsi. Tutte le volte che torno a casa, tutte le volte che guardo le foto dell'infanzia, tutte le volto che ricordo, sento l'amaro in bocca per colpa di quella macchia nera.
Ecco, ora ti chiedo una cosa sola e tu sola la puoi fare con me: lasciamola lí dove non si vede quella macchia scura. Lasciamo li' i brutti ricordi. Non servono, non ci fanno bene. Abbiamo una vita piena. Cancelliamo dalle foto, dai ricordi, dalle case in cui abbiamo vissuto quella patina che rovina tutto. Fallo con me.  

Hedda Gabler

Hedda Gabler mi é piaciuto. Ho addirittura capito quasi tutto. E tu eri anche particolarmente bello e sorridente. Si, proprio tu che mi hai stretto a te tutto il tempo. Tu che non hai mai lasciato andare la mia mano per un secondo. Tu hai evitato le tue frasi da Rainman per tutta la sera. Tu hai avvicinato delicatamente la tua bocca al mio orecchio per dirmi "sono cosi' contento di vederti".
Eppure io ho pensato ad un altro tutta la sera. E neanche a qualcuno di importante, ma ad una persona che é stata come una stella cadente nella mia vita. Un'apparizione, svanita in due appuntamenti. In due dates, come dicono qui. Ho passato il tempo a pensare di chiamarlo appena fossi rimasta sola. Ho pensato il tempo a ripensare al nostro primo appuntamento, al nostro primo bacio, a come le nostre mani si cercacano, si stringevano. Mentre la mia mano era stretta e accarezzata da quella di un altro uomo.
Hedda Gabler mi é piaciuto. Hedda Gabler non é niente rispetto a me. Hedda é una santa rispetto a me.  

giovedì 1 novembre 2012

La rabbia nera

Mi succede cosí, all'improvviso. Mi succede di essere tranquilla, serena, e poi mi sale la rabbia, cosí, improvvisamente. E' una rabbia nera, é una rabbia piena di rancore. Mi capita quando meno me l'aspetto, a volte quando sono sola, a volte quando sono in compagnia. E allora devo contare fino a dieci  per calmarmi, come facevo da piccola quando dicevo di fare le bollicine, mi devo ripetere nella mia testa "du calme, ma chère, il faut garder le calme". Chi mi conosce bene sa riconoscere questi momenti bui, nonostante i miei tentativi di nasconderli. Io cerco sempre di negare, di fingere che vada tutto bene, di non essere infastidita, arrabbiata, furiosa senza un  motivo in particolare, a parte la frustrazione. Si, la frustrazione che mi porto dietro, giorno dopo giorno. Quella da cui non mi libero. Mai.

lunedì 29 ottobre 2012

That don't impress me much

Vi ricordate che una decina di anni fa andava di moda quella canzone, nel cui video una bellissima e topissima cantante girava nel deserto foderata da una pelliccia di un feroce animale della savana? La suddetta topona si aggirava con arie da conquistartice e guardava con sdegno tutti gli uomini che si avvicinavano a lei ripetendo il ritornello della canzone, che recitava "That don't impress me much".  Ecco, con te io mi sento come quella cantante. Camminando su e giú per prati e boschi, ad un certo punto il mio cappottino rosso si é trasformato in una pelliccia di leone (o forse leonessa) e ho iniziato sdegnosamente a guardarti, con quello sguardo che significa appunto "nani, smettila, that don't impress me much". Ma tu, grande uomo col cervello pieno di neuroni che non si capisce pero' dove vadano a finire, hai continuato imperterrito a narrare le tue epiche gesta. Dunque, torniamo indietro. Dunque, fermiamoci. Dunque, riflettiamo. Io sono qui, accanto a te. Io ti stringo la mano. Io ti ascolto. Ma quale bisogno c'é di dire tutte queste cavolate? Vorrei il silenzio. Vorrei l'ascolto. Ecco si, that do impress me much. Anzi, non solo much, ma tantissimo.

venerdì 26 ottobre 2012

Facciamo un gioco

Senti, facciamo un gioco. Facciamo che per una volta taci. Facciamo che per una volta non dici neanche mezza parola e mi guardi e basta. Si, mi guardi dritta negli occhi. E poi facciamo che mi prendi fra le tue braccia e sempre in silenzio mi stringi. Non voglio altro. Solo questo. Voglio sentire il tuo odore sulla mia pelle, sui miei vestiti. Perché cavoli, questo é quello che vale, questo é quello che voglio. Lasciamo da parte tutto il marcio che c'é nelle nostre rispettive vite e prendiamo solo il bello di quello che c'é e ci potrebbe essere fra di noi. Dai, ci stai? 

mercoledì 24 ottobre 2012

Cose strane

Succedono cose strane in questi giorni. Succede che non siamo mai stati cosí vicini come in questi giorni. Succede anche che la sera tardi ci troviamo sul divano e ci mettiamo a ridere guardando i nostri capelli che si arricciano per l'umidità infernale. Si, il tempo é orribile. Stamattina, a colazione, ti ho detto "Questo é il tempo di Bruxelles, c'é qualcosa che non va" e tu col tuo solito bel sorriso mi hai detto "é un tentativo di non farti mancare Bruxelles, allora. Cerca di avere meno nostalgia e torna il sole". Succede anche che stamattina sono stata contenta di pensare che domani fosse già giovedí, cioé quello che é stato ribattezzato "The Australian Day", perché noi control freak ci incontriamo sempre lo stesso giorno, nello stesso posto, alla stessa ora. Succede anche che oggi ho scampato una situazione bucolica di questo tipo:
"E' lei che si occupa di agricultura nella sua organizzazione"
"Si"
"Bene, domani vorremmo farle una foto davanti all'entrata del suo lavoro con dieci mucche".
"..."
"E' per una campagna per la protezione delle mucche"
"..."
"Scusi, é viva?"
"Si, sono senza parole. Ma cosa c'entro io con le mucche?"
"Non si preoccupi, sono di pelouche".
E la mia laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche mi é servita per sfuggire alla foto e contraccambiarla con un incontro sul benessere delle mucche nelle stalle. L'ho sempre detto, si, l'ho sempre detto e pensato che le mie siano braccia strappate all'agricultura. Sarei una perfetta campesina, io. Si, ne sono sicura, anche fra le mucche di pelouche.

martedì 23 ottobre 2012

Happy anniversary, baby

Non mi sento bene oggi. Mi sento a terra. Mi sento senza forze. Ho guardato il calendario perché non riuscivo a capire che giorno fosse. Il 23 ottobre. Mi dice qualcosa, mi sono detta. Ah si, é il compleanno di quella compagna di classe stronza. Ma no, c'é qualcos'altro, ho pensato. Ma sono andata avanti, mi sono preparata, ti ho dato un bacio fraterno prima di andare al lavoro nella nostra cucina, augurandoti buona giornata. E poi mentre camminavo, ho capito. Oggi sarebbero stati tre anni. Oggi tre anni fa ero una donna felice e incosciente di quello che mi sarei dovuta aspettare. Oggi eravamo al Comptoir Florian, io e te, persi a guardarci negli occhi e sfiorarci le mani. Oggi sono un'altra persona. Mi hai distrutta per poi dover rinascere, piú grande, piú cosciente, piú disillusa, un po' piú triste.
Ecco perché oggi non mi sento bene. Il corpo non tradisce mai. Sa, anche quando noi non sappiamo. Si ricorda ancora meglio di noi dove sono le cicatrici che cerchiamo di nascondere agli altri e a noi stessi. Il mio corpo sa che se oggi tu fossi ancora accanto a me, non sarebbe un bel giorno. Sarebbe un giorno come quelli che abbiamo vissuto insieme. Grigio. A tratti nero. Happy anniversary, baby. E meno male che é finita.

lunedì 22 ottobre 2012

Harry e Sally vanno mano nella mano a quel paese

Sei tornata nella tua Londra, nei tuoi luoghi. Hai camminato due ore nel buio del parco. Erano mesi che non lo facevi. L'estate aveva portato via la malinconia, la tristezza e ti avevo riconfortato. Oggi sei ritornata in quei luoghi, dove un anno fa andavi per scomparire. Oggi non volevi scomparire, ma avevi bisogno della solitudine, quella estrema. Ti sei resa conto che ti piace camminare in quel buio, ti senti sicura, anche se forse di sicuro non c'é niente. Ti senti addirittura protetta.
Sei tornata a casa sfinita, stanchissima. C'era lui ad aspettarti sul divano. Non hai avuto bisogno di parlare. Sapeva. Ha parlato lui, ti ha detto "le cose ti si leggono in faccia" e ha dimostrato la sua delicatezza. Ti ha fatto ridere, fra un tortellino e l'altro. E poi vi siete detti buonanotte sulla porta delle rispettive camere, come al solito.
E sei finita a parlare al telefono di ragioni per le quali non vuoi un conto comune con un marito immaginario. Al telefono, si', con qualcuno che non classifichi neanche come aspirante marito. Mmm, ti sei detta, andiamo sempre meglio qui. Mmm, hai aggiunto a te stessa, é proprio vero che Harry e Sally oggi vanno mano nella mano a quel paese. E sai cosa? Forse non ci vanno solo oggi. Triste, ma vero. I film sono una cosa, la realtà un'altra. Per questo ti piace andare nel parco a camminare nel buio pesto. Perché li' la realtà non la vedi. Li' c'é, ma é nascosta, lontana, inoffensiva. Ed é bello crederci anche solo per due ore. 

And so it is...

E' cosí che inizia quella canzone che mi piace tanto. Quella canzone in cui il cantante sussurra, non canta. Quella canzone un po' triste, ma anche dolce. Non é stato un bel weekend. Stamani mi sono svegliata con le ossa rotte. Il motivo o motivi? Sempre gli stessi. Ora facciamo tabula rasa e si ricomincia da zero.
Basta col mal di stomaco, basta con lo stordimento, basta con i pensieri neri, basta con la tristezza, basta con tutto questo. Ora torniamo alle piccole balle quotidiane, ora torniamo alla fase di costruzione e non di decostruzione, ora torniamo a provare a credere in qualcuno, ora mi lascio andare ad un presunto nuovo sentimento. Cadere di nuovo non potrà fare piú male di quanto ha fatto le altre volte.
And so it is. No love, no glory, no hero in the sky. Ho tutto quello che voglio. Ecco cosa mi sono detta stamattina. Quello che ho lenisce il dolore delle ossa rotte. Non cadró, staró attenta a dove metteró i piedi. Non scivolero' piú. Mi faró intrappolare dall'amore, ma da quello vero, da quello sacro, da quello corrisposto, da quello che ti fa diventare una cosa sola con chi ti ama.
And so it is. And so it will be. 
http://www.youtube.com/watch?v=5YXVMCHG-Nk

sabato 20 ottobre 2012

La mattina dopo

Lo ammetto. Potevo evitare tutto. Potevo evitare quello che ho fatto. Ma sono scoppiata, non ne potevo più. Sono crollata. Ho sentito crack dentro di me. Ho tirato fuori tutta la frustrazione. Quella del lavoro. Quella della vita privata. Quella del mio passato. Quella della vita, di questa vita che ogni tanto mi pesa. Ecco, ieri hai visto come sono stata per mesi, in quei mesi bui in cui tu non ci sei stato, in cui io ti ho escluso e tu hai vissuto la tua meritatissima storia. Quei mesi in cui mi dovevo stordire per sorridere, in cui cercavo palliativi. E stamattina ho fatto la stessa cosa che ho fatto per mesi. Mi sono alzata e me ne sono andata, buttando le chiavi nella cassetta della posta.
Tu forse sei stato perfetto. Tu hai capito. Tu mi hai preparato un posto accanto a te, perché hai capito che non potevo farcela a camminare da sola. Non ci siamo sfiorati, ognuno nel suo mondo, ognuno col suo dolore. Quando ho aperto gli occhi, ti ho visto e ho capito che non é il mio posto quello, anche se vorrei. Non lo é e non lo sarà mai. Perché in certe cose bisogna sempre essere in due. E noi non lo siamo.
Ora se potessi, sparirei. Ora se potessi, farei la valigia. Ma non posso. Non so neanche cosa faro'. Se chiedero' scusa, se non parlero', se ti escludero' come ho già fatto, se verro' a bussare alla tua porta per dirti ho sbagliato tutto, azzeriamo tutto. So solo che oggi nelle sue braccia non cerchero' un palliativo. Non cerchero' quello che tu non mi hai mai dato. No, oggi saro' sincera. Oggi diro' non posso, aspetta. Oggi non mi buttero' via. Te lo prometto. Forse oggi per la prima volta ascoltero' i tuoi consigli. 

giovedì 18 ottobre 2012

La verità per favore sull'amore

Vuoi la verità? sono venuta da te e mi aspettavo qualcosa in cambio. Mi aspettavo che tu mi dicessi "vai, sei libera" (come se poi non me l'avessi già detto mesi fa). Avrei sperato in un'altra risposta, perché come mi hai detto tu a fine serata, la speranza non muore mai, ma come potevo immaginare, la risposta sperata non é arrivata. Non solo questo. Volevo provare a me stessa che potevo non farcela, potevo non provare piú niente ed essere distaccata. Ieri sera non sono stata la Francesca di sempre. Sono stata come un topo da laboratorio sotto osservazione. Il punto pero é che ero il topo e lo scienziato allo stesso tempo. Tu il tavolo del laboratorio o forse la gabbia che mi sono costruita in questi lunghi mesi. Mi ci sono messa da sola in gabbia e ieri sera ho aperto la porta, ma  non sono uscita.
C'é una strana teoria psicologica che dice che quando le persone sono state imprigionate per un lungo periodo, anche se il loro sequestratore apre la porta della loro gabbia, loro non escono. Lo stesso per gli uccellini, i canarini o come cavolo si chiamano. Ecco, io ieri sera ho aperto la porta della gabbia, ma sono rimasta dentro perché aspetto che qualcuno mi venga a prendere e mi porti via. L'amore per me é questo: é un essere passivo, é un uomo che mi prende e mi porta via. Forse é proprio qui il mio primo sbaglio.
Penso che usciro' da quella gabbia. Penso peró anche che ci ritorneró. La parola fine non esiste nel mio vocabolario, specialmente con te. Io sono quella delle never ending stories. Ma c'é una soluzione a tutto questo: o un uomo che mi prenda e mi porti via o una donna che ti prenda e ti porti via. Cosí mi ritroverei per la seconda volta di fronte al fait accompli, come é già successo. Resterei nella gabbia con la porta aperta, ma mancherebbe il laboratorio. Cosí mi sentirei di nuovo persa, ma alla fine, me ne farei una ragione.
Come sono complicata, come vivo male. Forse dovrei solo non pensare, non scrivere, respirare a mala pena. Sarebbe piú facile. Lasciarsi vivere, ecco cosa dovrei fare. Fuori e dentro dalla gabbia, che mi sono cotruita da sola. Devo dire che sono un'operoso topo da laboratorio. Ironia della sorte.  

Gli abbracci che allungano la vita

Pare che gli abbracci allunghino la vita. Mi sono svegliata e mentre facevo colazione, ho letto questa frase. Ho pensato "mmm, siamo messi bene allora, moriremo presto". Poi come al solito ho guardato fuori, ho visto il sole spuntare timido fra le nuvole e le nostre tende sporche. Ho cercato di non pensare ai tedeschi, alle Sottilette a momenti scadute, ai due report da scrivere oggi, ho pensato che a breve saresti apparso tu in cucina per fare due chiacchere, sempre e solo bello come il sole, ho inventato due scuse per motivarmi, per dirmi che la mia vita é bellissima e non mi manca niente e sono andata.  
Ma quanto sono brava a raccontarmi balle? Ma quanto sono brava a cercare di sopravvivere in una vita che non sento mia e che non mi piace per niente? Ma quanto saro' brava stasera a sorriderti e fare finta che tu sia quello giusto, anzi giustissimo, intelligentissimo e bellissimo?
Torniamo agli abbracci. Creati obiettivi de court terme, Francesca. Oggi, cerca di abbracciare. Cosi' la vita si allunga. Si, ma fai allungare la vita che vuoi tu. Non quella che vivi quotidianamente. Quella, a momenti, non é la tua. 

mercoledì 17 ottobre 2012

Senza ritorno né soluzione.

Sono in panico, perché mi ha chiesto di passare un weekend insieme, di andare via insieme. Non posso farcela. Ho dei dubbi su di lui, ho dei dubbi su di me di nuovo in una coppia. Non riesco ad immaginare il mio spazzolino accanto a quello di un altro in bagno. Sono rimasta ad Avenue de la Couronne, intrappolata lí dentro. Non so se sono capace di lasciarmi andare di nuovo, di ricredere di nuovo.
Eppure ci ho riprovato, quando sono arrivata qui, ma ero sola. L'altra persona non é mai salita su quel treno con me. Non ci sono stati spazzolini nel mio bagno, pigiami altrui nel mio letto, non ci sono state colazioni, non c'é stata comunione e condivisione come avrei voluto io.
Con un altro sarebbe diverso? Ci sarebbe solo una persona con la quale sarebbe diverso, ma é fuori portata. Non vuole niente del genere. E anche io mi sono stancata di sperare, non sono piú sicura di volermi fare cosi tanto male. Inizio a dubitare anche io sulla natura dei miei sentimenti su questa persona che forse mi sono convinta di amare per non affondare, per non accettare la disillusione. Sono parole pesanti quelle che scrivo. Ma so anche che la mia vita deve andare avanti. Uno spazzolino deve tornare ad accompagnare il mio in bagno. Voglio tornare ad addormentarmi abbracciata ad un uomo che mi ama, svegliarmi perché russa di notte o perché ha fatto un brutto sogno. Magari non ora, magari non con lui. Ma non posso restare bloccata in Avenue de la Couronne 1A. E no, li non ci vivo più.
 

martedì 16 ottobre 2012

La tua Bucharest

 
Il parco della storia rumena
 
 
Scene di vita quotidiana
 
 
Tentativi di analisi e comprensione
 
 
Il monumento ai caduti della rivoluzione


Emporio Armani in un palazzo che cade a pezzi, davanti a un altro in puro stile barocco 

Partir c'est un peu mourir

Sono tornata a Londra e per la prima volta dopo mesi é tornata la tristezza del ritorno. La tristezza é tornata nonostante l'amica che mi ha fatto sbragare dal ridere con i suoi racconti esileranti, nonostante il coinquilino che mi bacia e mi abbraccia appena arrivata e mi chiede con curiosità com'era la sua Bucharest, che peraltro non ha mai visto, nonostante l'altra amica che mi chiama per sapere come sto, nonostante il messaggio che anche se tardi alla fine arriva e dice "allora, sei tornata? ho voglia di vederti. Bisous", nonostante i nostri trenta minuti di conversazione quotidiana per dirsi come va, anche se poi tu non vuoi che te lo chieda. Ho aperto la valigia, ho sentito l'odore della mia Bruxelles, dei miei amici e dei loro bimbi, di quella telefonata di ieri in cui mi hai chiesto un po' sfacciatamente "ma tu ci pensi ancora a noi due?", ho sentito il calore degli abbracci che ho ricevuto, il rossore del mio viso di fronte alle provocazioni che mi hai lanciato, forse per testarmi, forse per fare cadere i miei paletti. Ho tolto dalla valigia i libri che ho comprato, dei miei autori preferiti, il mio thé des sources, la cioccolata per i coinquilini, gli spazzolini da denti di Hema, bianco e rosa per me, blu e nero per te che non ci sei più e che forse andresti rimpiazzato. E ho pensato che partire é sempre un po' morire, anche ora che mi sento a casa qui a Londra, anche se ora torno con l'ansia e la gioia di rivedere persone care che mi sono mancate e che voglio riabbracciare. Nonostante tutto questo, lasciare Bruxelles é sempre uno strappo. E' guardare la tua amica e dirle "tutti se ne vanno da Bruxelles" e rendersi conto che alla fine anche tu hai fatto la valigia e te ne sei andata. Ma tornare é sempre bello, c'é sempre una tazza di thé fumante che ti aspetta a Saint Gilles, un sorriso e una manina dolce che ti sfiora il viso a Hankar, i pomodori ripieni di Rue Van Aa, i colori di Rue Champs du Roi, gli abbracci di Rue de la Loi, le risate di Rue de Livourne. Tutto questo é sempre con me. Tutto questo é quella parte che non tolgo mai dalla mia valigia. Perché viene sempre con me. Perché é parte di me. E' quella parte che annulla il verbo "mourir". E' quella parte che ti fa sentire viva, vivissima, come non sei stata mai.