mercoledì 29 agosto 2012

Post vecchi, quasi pezzi di antiquariato, quasi storici: Il mio medico inglese

C'é sempre una prima volta per tutto. E cosi io, dopo sei mesi, ho sperimentato il medico inglese. Ieri, fresca come una rosa, torno da Bruxelles. Sul treno faccio una chiamata che non dovevo fare, mi innervosisco come pochi e inizio a sentirmi poco bene. Guarda caso, l'inglese vicino a me stranamente mi guarda e rimane cosí schifato che esprime i suoi sentimenti: "Are you sure, luv', to be ok?". "Not at all", rispondo io, e aggiungo: ma so che é colpa di lui, di quello con cui ero al telefono, mi sono innervosita ed ecco, mi sento male. Il problema peró é che nonostante gli esercizi di respirazione e la camomilla che corro a comprarmi al bar del treno, io sto sempre male. Scendo, guardo i cerchi olimpici, e mi sento peggio. Dai dai, ora vai a casa. Il tempo di arrivare in metro, di mettere il piede sulla piattaforma, e mi trasformo in diretta, su due piedi, in una riproduzione fedelissima della scena dell'esorcista. Faccio lo stesso per tutto il percorso in metro, a piedi verso casa e sulle scale della mia nobilissima Council House. Poi crollo distrutta, e direi anche abbandonata, nel letto e la mattina dopo ho la genialata di andare dal GP inglese, o meglio il medico.
La prima domanda che mi fa, penso "questo é scemo". Ti posso visitare da solo o devo chiamare lo chaperon? E io: prego? E lui: Ti fidi a farti visitare da me da solo? E io: ma veda lei, é lei il medico no? E poi gli spiego cosa mi é successo. Lui mi avverte: ora ti visito. E mi mette una mano sul polso. La lascia lí 10 secondi e mi dice "Done". Done cosa, scusi? Done, ti ho visitato. E io dentro di me: ma nel mio paese il mio medico di osculta, addirittura mi fa spogliare (wowowo). E poi arriva la sentenza in tre pezzi:
1. Sei chiaramente incinta (ah si, ma io non me ne sono neanche resa conto di aver concepito un figlio?)
2. E' un virus
3. Hai mangiato qualcosa di wrong
Di fronte alla mia faccia inebetita, della serie cosa sono venuta a farci qua, questo ha preso la laurea all'università dei Puffi, lui ritorna alla carica. Vuoi fare un test di gravidanza? perché per me sei incinta. Dunque, ho respirato. Ho pensato di tirargli un cazzottone e scappare. Ho pensato di gridargli in faccia "Sono una single triste e disperata". Ho pensato di fare la superiore "Non sarebbe un problema, sa. Il problema é concepirlo questo figlio". Alla fine, l'ho guardato: "Lei é cattolico?". "Si". "Bene, la conosce allora Maria, la madre di Gesú?". "Si". "Ecco, lo sa che ha concepito e partorito un figlio grazie allo Spirito Santo". "Si" (e intanto il suo occhio si perde mentre pensa "questa é pazza). "Io penso che di Maria ce ne sia una sola e io lo Spirito Santo non l'ho mai incontrato, ne tantomeno ci sono andata a letto". Il silenzio si instaura fra di noi. Mi alzo per andarmene. Lui mi guarda e sentenzia "senta, se proprio si vergogna, le do' il test e lo fa a casa, nel suo bagno".
La fine la potete immaginare. Non ho neanche salutato. Mi sono alzata e me ne sono andata. Io e il mio medico inglese. Io e il mondo dei Puffi. Cavoli., se lo sapevo, mi truccavo di blu. Il verde della mia faccia non si intonava col suo blu. Questo é certo. Piú certo delle sue diagnosi.

Guarda avanti

Ci sono sensazioni pesanti come una casa, che a stento porti sulle tue spalle e che ti piegano le gambe per lo sforzo. Ci sono frustrazioni covate per mesi, che nascondi sotto la sabbia dei pensieri e che te le ritrovi davanti all'improvviso. Ci sono lacrime secche e rotte che non vogliono uscire dai tuoi occhi, ma che senti cosí bene da poterne contornare col dito il loro perimetro. Ci sono vaffanculo sussurati sulle labbra appena ti giri, detti piú a te stessa che ad altri, accompagnati da propositi che non rispetterai mai. Ci sono sentimenti calpestati, infangati perché non sei tu quella giusta, perché sei troppo appariscente, frivola, infantile. Ci sono treni da perdere, scuse da inventare, cuori da nascondere.
E c'é una vita lí davanti a te, nuovi incontri da fare. Guarda avanti. E' sempre la solita balla, lo so, ma non hai altro. Guarda avanti. Passerà.  

Lapsus coinquilini

Morning.
Morning.
Ma quando vai via?
Domani mattina, ho il treno presto. Dai, magari stasera se non torno tardi, ci baciamo prima che parta.
(Sorriso) Hai detto ci baciamo, te ne sei resa conto?
(Panico) Eeeeeh? no, volevo dire, ci salutiamo.
Sei rossa come un peperone, sai. Certo, Freud avrebbe qualcosa da dire.
Mi sembra presto per parlare di filosofia. A dopo, a quando ci baceremo (strizzata di occhio!).

martedì 28 agosto 2012

Meno male che c'é Luppidou

Ecco, io oggi, scapperei. Mi alzerei di scatto dalla sedia e sfidando il mio sederone, la mia cellulite e le forze della gravità, nonché della natura, scapperei via. Perché? Perché non ne posso piú. Perché mi sono svegliata storta. Perché sono appena tornata da un viaggio e ho ancora il sapore della novità in bocca, che non si confà al grigio della mia vita quotidiana. Perché ho sempre questa terribile impressione di essere trasparente, nonostante la mia vistosissima maglietta verde. Perché oggi mi sento quelle che molto volgarmente si chiamano le palle piene. Di cosa? dei compromessi. Di chi non é pronto e non lo sarà mai. Di chi non mi chiama e non mi ama. Di chi invece mi tortura di messaggi che non voglio né leggere né ricevere.
Ecco, mentre penso tutto questo, apro una pagina web e mi appare Luppidou. Voi lo conoscete? io si. Io ho una nipote di anni 3+1/2 che quest'estate mi ha ufficialmente presentato Luppidou e la famiglia Pulcettini (o qualcosa del genere). Ce li siamo guardati quasi tutte le mattine e tutte le sere questi tipini. Lei spensierata e sorridente, io con i miei sogni, incubi e pensieri accanto. Ebbene, appena me lo sono visto lí sullo schermo, mi sono detta: suvvia, niente di grave, si sopravvive a tutto. Mi sono convinta, ho riaperto le mail e sono tornata a lavorare. Ma nonostante Luppidou e Pucettini, io se potessi scapperei. Scomparirei. Chissa se chi non chiama,chiamerebbe. Chissà se chi non ama, amerebbe. Chissà se chi mi tormenta di messaggi, smetterebbe. Chissà...meglio andare a calmarsi un attimo. Meglio andare a impilare le capsule Nespresso per colore nella scatola rossa...magari mi calmo, magari mi passa. Magari penso alla famiglia Pulcettini, alla ricerca di un cane tranquillo. Eh si, come me. Alla ricerca di una vita tranquilla. Piatta. Senza accellerate, senza tachicardie provocate da un cuore matto, senza emozioni, insomma senza amore.

Veloci conversazioni coinquiline mattutine

Mooorning!
Morning, ti sei vestita troppo, oggi fa caldo.
Ti chiamero' lo sguardo piú veloce del mondo.
Ahah.
Guarda se mi viene il mal di gola, poi é colpa tua.
Io il mal di gola ce l'ho perenne, cronico.
Anche io ero come te i primi tre mesi a Londra, poi é cambiato.
E cosa hai fatto?
Ho iniziato a baciare gente qua e là.
(Risata sonora) Devo iniziare anche io allora. Ma io in queste cose sono lento.
Ti devi lasciarti andare, darling.
Senti, vogliamo provare con te?
(Sguardo basso, mano che afferra la borsa, velocità da Willy il Coyote) Scusa, devo andare, é tardi.
Ma sono solo le 8.20.
Non importa, é meglio che vada...
Hey, chi é che si deve lasciare andare fra noi due?
(Risposta non pervenuta. Willy il Coyote era già lontano)!

P.S. Grazie al mio correttore di bozze che mi ha corretto Billy in Willy!


I Vichinghi


Visioni quasi reali


In un'isola molto vichinga di una città molto vichinga 


Altezze reali


Visioni portuali


Le due sorelle

 
Panorami vichinghi


Le casette degli operai di Kakan


Vieni a sederti con me


La vecchia città vichinga


Moschee in centro città


La vista da un'isola qualsiasi ma vichinga


Un ultimo sguardo prima di partire

E tutto questo guardandolo con i tuoi occhi!



venerdì 24 agosto 2012

Amare

Amare significa lasciare andare.
Amare significa osservare da lontano, in silenzio.
Amare significa non dare peso al proprio dolore, ma dare la priorità all'altro.
Amare significa capire che non posso vivere senza di te nella mia vita ed accettare il ruolo che tu vorrai impersonificare nella mia.
Amare significa perdonare.
Amare significa mettere a tacere il proprio cuore, a colpi di bastone, azzittirlo e dirgli "suvvia, vai avanti, c'é sicuramente altro da incontrare".
Amare significa scappare, preparare una valigia e mentire a se stessi dicendosi che lontano significa fuori dal mio cuore. 
Amare significa prepararsi a vedere l'altro felice con qualcuno che non sei tu.
Amare significa sostenere, a tutte le ore del giorno e della notte.
Amare significa provare a immaginare un altro ruolo per te nella mia vita. 
Amare significa dirsi respira, vedrai e agirai di conseguenza. 
E infine amare significa avere le lacrime secche negli occhi. Secche che non escono piú. Ma pesano, come una zavorra che ti porti dietro, giorno dopo giorno. Forse col caldo dell'amore, dell'affetto tuo o di qualcun'altro, finalmente si scioglieranno.   

giovedì 23 agosto 2012

Un altro pezzo della mia Londra

Quando torno a casa, non apri mai la porta della tua camera. Stasera, sei spuntato fuori, con i tuoi occhi come lucciole nella notte, dolci e grandi. Mi hai guardato, mi hai sorriso e abbiamo chiaccherato, li' ognuno sulla sua porta. Mi hai chiesto come stessi, ti sei preoccupato che tutto andasse bene, mi hai fatto due battute per farmi ridere. Io, io ti ho osservato come sempre, un po' attratta, un po' distante. Sai che mi piace saperti, li', nella stanza accanto alla mia, mi piace trovarti sveglio quando torno la sera, mi piace fare colazione con te al mattino, ognuno con gli occhi ancora chiusi, ognuno perso nel suo mondo. Mi fa sentire meno sola, mi fa imparare a capire qualcosa di più di me e di questa folle vita. E anche questa é Londra, la mia Londra. 

Conversazioni amichevoli da brevi e fugaci momenti di crisi

Fra, come stai?
Bene.
Fraaa, guarda che mi arrabbio?
Ti ho detto bene. Senti, é inutile stare lí a disquisire, meglio dire cosí, tanto sono tutte pure paranoie. La realtà é chiara ed evidente, c'é solo da fare un bel respiro e andare avanti.
La realtà?
Si, il lavoro che mi fa schifo, lui che non mi ama e non mi amerà mai, gli uomini che ho intorno sono tutti da una botta e via, anzi chiamiamoli pseudo-uomini, la casa sporca con i coinquilini scrocconi e abusivi, insomma tutto questo sono paranoie, amica mia.
...
Si, perché ho un buon lavoro, una famiglia alle spalle, degli amici, delle persone con cui uscire, degli uomini con cui andare a letto se ho voglia, con i quali non ho neanche l'obbligo di condividere piú di tre ore insieme, vari biglietti aerei in tasca e penso che it's enough.
Fra?
Eeeh.
Tu sei una donna adulta e sai cosa stai facendo della tua vita.
Piú o meno.
Abbi rispetto per te stessa e non ti far scaricare da nessuno.Non ti far scaricare per un'altra, non ti far usare da nessuno per one night standing, non ti far prendere in giro dai tedeschi o dal coinquilino furbo. Per il resto, ci sono io qui con te. E non ti giudico né ti critico per le tue scelte.
(Respiro profondo) Mi sei mancata, sai?
Sono tornata, Fra. Ma non sono mai andata via...
(E mi abbraccia e io fondo. Si fondo lí, sul marciapiede di Victoria. Ed é come se si portasse via un po' del mio fagotto di pensieri. Solo un po', peró. Sono gelosa, me lo tengo per me!)

La crisi lavorativa del settimo anno

Ma voi lavorate veramente?Io, ad essere sincera, no. Io sono in crisi, personale e lavorativa. Io al mattino mi tiro giú dal letto come se la Marmolada si staccasse dalle Alpi e andasse a farsi un giro in Pianura Padana, per giocare fra i toponi del Po. Mi trascino per le strade di Pimlico prima di andare a lavorare come un morto che si prepara al suo funerale. Al lavoro, sbuffo. Si', passo il tempo a sbuffare, a pensare, a sognare una vita e un mondo diverso (devo essere anche un po' altruista, reminescenze dell'educazione cattolicissima), a cercare di non lavorare. Il perché? non mi piace il mio lavoro, non mi piacciono gli inglesi, non mi piace l'energia e l'ambiente, per non parlare di quei pesantoni e piagnucoloni degli agricoltori. Non mi piacciono occhi da furetto e il neonazista, Sottilette/Madame Butterflies mi snerva con le sue richieste da "dai, portami la luna, qui sulla mia scrivania, per oggi alle due". Non mi piace fare blabla tutto il giorno, meglio andare a zappare dico irriverente, meglio cucinare tutto il giorno e stirare per una banda di 9 marmocchi. Ecco, penso tutto questo. E non lavoro. E poi c'é quel cavolo di muscolo in mezzo alle mie tette (non proprio in mezzo, ma naturalmente e ideologicamente a sinistra), che non tace un attimo e mi distrae. Mi dice "Scegli lui", mi dice "Go for a ride with him, just once", mi dice "Che cretino, peró", mi dice "Stai perdendo tempo"...e cosi mi perdo, mi perdo fra le strategie di comunicazione, le mail a cui rispondere, i report da scrivere, i coltelli dei tedeschi da scansare.
Questa é proprio una crisi. E' proprio la crisi del settimo anno (io non ho mai avuto storia da sette anni, ma ho sperimentato quella del terzo mese, del terzo anno, del non decolla proprio e non decollerà mai). Io sono sposata col lavoro da sette anni esatti...e ora voglio smettere. Ora voglio vivere. Non stare seduta in un rumorosissimo e scomodo open space. La vita, scusate, é fuori. L'azione é fuori di qui. E allora, non posso lavorare...devo andare lí, fuori.  

Questa sono io

Ecco, questa sono io. Non sono neanche le mie "so called" storie, questa sono io:
 
E' una storia da dimenticare
e' una storia da non raccontare
e' una storia un po' complicata
e' una storia sbagliata.

Comincio' con la luna sul posto
e fini' con un fiume d'inchiostro
e' una storia un poco scontata
e' una storia sbagliata.

Storia diversa per gente normale
storia comune per gente speciale
cos'altro vi serve da queste vite
ora che il cielo al centro le ha colpite
ora che il cielo ai bordi le ha scolpite.

E' una storia di periferia
e' una storia da una botta e via
e' una storia sconclusionata
una storia sbagliata.

Una spiaggia ai piedi del letto
stazione Termini ai piedi del cuore
una notte un po' concitata
una notte sbagliata.

Notte diversa per gente normale
notte comune per gente speciale
cos'altro ti serve da queste vite
ora che il cielo al centro le ha colpite
ora che il cielo ai bordi le ha scolpite.

E' una storia vestita di nero
e' una storia da basso impero
e' una storia mica male insabbiata
e' una storia sbagliata.

E' una storia da carabinieri
e' una storia per parrucchieri
e' una storia un po' sputtanata
o e' una storia sbagliata.

Storia diversa per gente normale
storia comune per gente speciale
cos'altro vi serve da queste vite
ora che il cielo al centro le ha colpite
ora che il cielo ai bordi le ha scolpite.

Per il segno che c'e' rimasto
non ripeterci quanto ti spiace
non ci chiedere piu' come e' andata
tanto lo sai che e' una storia sbagliata
tanto lo sai che e' una storia sbagliata.
 


mercoledì 22 agosto 2012

Insonne

Insonne per la rabbia. Insonne per il disgusto, contro te stessa e la tua cocciutaggine. Insonne per essersi fatta insultare dal primo arrivato e sentirsi in colpa per le cose che ti ha detto. E cavoli, aveva proprio ragione, questo non lo puoi negare. Anche un estraneo ti da' della cogliona e tu sai che non lo puoi confutare. Insonne per quel bagno perennemente sporco, perché sai, puoi anche essere bellissimo e affascinatissimo, ma devi comunque pulirlo. Insonne perché temi di essere solo una ruota di scorta. Insonne perché quello che hai intravisto, se hai visto bene e temi di averlo fatto, non ti é piaciuto per niente. Insonne per una telefonata che non doveva arrivare, per un messaggio da cancellare. Insonne per le inesistenti farfalle nella pancia, mentre tu le tue sono mesi che le metti a tacere a colpi di pugnale, dritto nel tuo stomaco. Insonne perché ti sembra di essere un'agenda ad appuntamenti, non una persona. Insonne perché avresti bisogno di una spalla su cui addormentarti, ma non la trovi e se la trovi, scappi via lontano. Insonne perché questo biglietto aereo ti fa aspettare ancora due giorni prima di portarti via lontano, tu, il tuo quadernino da tardona adolescenziale e qualche libro. Insonne per i tedeschi, sempre loro, che dalle retroguardie ti lanciano missili che neanche lo scudo spaziale americano potrebbe intercettare. Insonne, hai bisogno di una vacanza...pazienta, arriva presto!

Conversazioni coinquiline notturne

"Ma dove vai in piena notte?".
"Esco".
"Ma non sarà mica per quello che ti ho detto prima?".
"No, caro, esco e basta".
"E dove vai?".
"Da un'amico".
"Da quando si va a trovare gli amici alle 11 di sera?".
"Non sono affari tuoi, io ho una vita privata".
"Scusa. Senti, ma prima quando mi hai detto "se continua cosí, io me ne vado", scherzavi, vero?".
"Non scherzavo, ma sai che fino a novembre non me ne posso andare, per contratto".
"Beh, io spero anche dopo".
"E perché?".
"Perché io senza di te non ci voglio stare in questa casa".
(silenzio e imbarazzo).
(silenzio e sguardo basso).
"Dai, se lavi il bagno, resto!".
"Vado a lavarlo ora...e tu, non tornare tardi, mi raccomando!".

Citazioni: Tutto torna

Mi avevano detto che non concedersi é una forma di egoismo e crederlo forse é stato meglio. [...] Adesso so che nei metri quadri che non si rivelano c'é lo spazio necessario alla manovre del dubbio e cosi procedono un'infinità di rapporti, se non tutti. Finché una persona non sa riusciamo a perdonarla se non capisce, quando sa diventa imperdonabile.
(Giulia Carcasi, Tutto torna)  

La sindrome della cozza

La sindrome della cozza. Ecco, io non ne soffro direttamente, ma indirettamente. E' quella sindrome per la quale appena qualcuno si mostra leggermente interessato a te, tu rispondi attaccandoti morbosamente, come se fosse la tua unica ragione di vita. La tua vita non sembra avere senso senza la presenza dell'altro, tu vivi svegliandoti col pensiero dell'altro e addormentandoti col pensiero dell'altro. Tutto nella testa, poco o quasi niente nella realtà.
Nella mia vita, ho subito la sindrome della cozza. Ci sono state persone, che anche se temporaneamente, sembravano non poter vivere senza di me. O l'ho vissuta in prima persona, ma solo con me stessa, in una diatriba tutta interna e personale, nel mio cervello e nel mio cuore, legando la mia vita a quella di una persona che non voleva proprio fare parte della mia.
Che fare? Razionalizzare, decelebrare la realtà, cercare di analizzare la situazione e provare a prendere le distanze. La cozza non é bella. La cozza, se la devo dire tutta, puzza. La cozza va a male in fretta se non consumata in breve tempo e/o messa in frigorifero. Insomma, meglio starne lontano!

L'illusione dolce

Ci sono dei giorni cosi, in cui mi sveglio e sogno di essere lí, lí con te. Sogno di parlare, di fare colazione insieme, di avere una delle nostre botte di allegria, di salire in macchina e andare a farsi un giro in centro. E poi mi rendo conto che non puó essere cosí, a causa della distanza, a causa della mia scelta, a causa forse anche un po' del destino. E allora aspetto, e allora mi di dico passerà, e allora compro un biglietto aereo per sentirmi meno lontana, e allora guardo le foto che mi mandi e cerco di osservare attentamente tutti i particolari che vedo, come se azzerassero la distanza, come se fossi lí. E' un'illusione, lo so. Un'illusione dolce. Quella che mi fa andare avanti cosí, a distanza.

martedì 21 agosto 2012

Un nuovo diritto sacro

Dovrebbe esserci un diritto a mandare a quel paese la gente, senza nessuna consequenza. Un diritto sacro, a cui appellarsi quando non ne puoi proprio piú. Diresti "ma vai a farti fottere" cosi, brutalmente, a tante persone, in tante occasioni. E loro dovrebbero restare lí, calme, buone, pacifiche, ad ascoltarti. Al massimo, potrebbero chiedere scusa con aria sommessa. Ti sentiresti meglio. Ci sarebbe meno rabbia dentro di te. E invece rimani lí, in silenzio, deglutisci, fai finta di non aver sentito, ti dici "lascia stare, complica tutto mandare qualcuno a quel paese". Lo dici al lavoro, lo dici nella tua vita privata, lo dici con te stessa nel buio che non é mai buio della tua camera. E quel diritto sacro non te lo concedi, perché hai paura delle consequenze, hai paura di ferire, di fare male. Di far sentire l'altro cosi come ti senti tu. Ferita. Ferita e rabbiosa. Meglio tacere, meglio rimandare. Ci saranno tempi migliori. Al lavoro, nella vita privata, nella tua camera.

Adolescenza ritardata mattutina

Dunque (non si inizia mai una frase cosí, ma stavolta ci vuole quel dunque), mettiamo in ordine i fatti nella mia testa. Mi sono svegliata tardi. Ho avuto l'impressione che mi tirassero fuori da un buco nero, in cui ero sprofondata. Mi sono naturalmente svegliata di cattivo umore, come ogni mattina nelle ultime settimane. Sono scesa in cucina spettinata e assonnata. Tu eri già lí. Ho bofonchiato un morning, ho solo visto che ti stavi preparando i tuoi toast mattutini. E poi, cosí, dal nulla, hai fatto partire una freccia dritta al mio cuore e/o cervello: "Francesca, ma tu ci staresti con uno della mia età?". Ho smesso di respirare per trenta secondi. Il panico si é impadronito di me. "E ora cosa rispondo?", ho pensato. E perché sai, queste sono domande da fare con un po' di anticipo, in modo che io possa prepararmi due/tre risposte, una specie di Bignami della risposta da dare al tuo coinquilino bello come il sole, dal quale sei evidentemente attratta, ma che per vari motivi, devi tenere alla larga. La mia bocca si é aperta, cosi da farmi sembrare un'ebete, senza far uscire neanche un suono. E la palla é tornata nel tuo campo: "Forse é troppo presto per fare certe domande. Vai pure a farti la doccia, é già tardi". E io, tapina che sono, mi sono voltata e sono realmente finita in doccia, a dirmi "che stupida", "hai perso la tua chance", "meglio lui di chiunque altro" e cose di questo genere.
Se questa non é adolescenza ritardata, cos'é?

lunedì 20 agosto 2012

Una richiesta di aiuto

Ti rapisco. E tu ti lasci rapire.Perché sai che so e che ti rispetto.
C'é un errore grammaticale, ho pensato io di getto.
Poi ho respirato e l'ho riletto. So e ti rispetto. Poche parole, una freccia dritta al cuore.
Ho cercato di scansarla. Mi sono spostata per non farmi trafiggere direttamente al cuore.
Sai, non é questo il tempo per perdere la testa. Eh no, io devo mantenermi equilibrata. Io devo essere previdente. Io devo mettermi le ginocchiere, il casco, il salvagomiti prima di sfraccellarmi di nuovo a terra. Mi proteggo cosí tanto con te, mentre mi manco di rispetto da sola con gli altri.
Gli altri. Una parola che la dice tutta. Quali altri? so perfettamente che se guardassi bene chi sono gli altri, non vedrei niente. Il vuoto assoluto. Sono quelli che bacio nel buio delle strade di Londra. Sono quelli che mi mettono una mano sul seno senza neanche avermi chiesto il permesso. Sono quelli che non mi hanno scelta, né tantomeno rapita. Sono quelli che ti richiamano una volta e poi spariscono nel nulla.
Ho bisogno di andare via, mi sono detta. Ho bisogno di scappare, come al solito. Ho passato una mattinata a comprare biglietti aerei per calmare la mia ansia. Io faccio cosí. O scappo o mi metto la zavorra ai piedi per restare in situazioni spiacevoli e poco rispettose. E sbaglio comunque. 
Va bene, prova a rapirmi se ci riesci. Provo a non fare restistenza. Provo a lasciarmi andare un po', ma veramente poco, sai, devo stare attenta a non farmi male. Devo stare attenta a non farti entrare nel mio cuore. Lui é occupato con altro. Lui, il mio cuore, io lo condanno all'infelicità. E lo faccio da sola. 
Forse sto aprendo lentamente gli occhi. Forse la cecità era solo temporanea. Non so, so che devo preparare un valigia per sentirmi un po' meglio. Sai, quando scappo, mi passa.  
Forse devo solo capire che scappare e farsi rapire sono la stessa cosa. Mi aiuteresti a capirlo?

Le bugie del mattino

Inizio la mia giornata col tuo messaggio, che recita "Sei contenta di rivedermi?". Io lo guardo con un occhio chiuso e uno aperto e mi vedo metaforicamente ad un bivio. Vorrei rispondere la verità. Vorrei rispondere "No, non me ne frega niente, la mia testa, il mio corpo, il mio cuore non ti vogliono rivedere". E poi c'é la realtà, la solita voglia di andare avanti, di cercare di dimenticare, stordendosi. E allora dico una bugia, la scrivo, la concretizzo in tre caratteri e schiaccio invio. E' una bugia che mi lascia l'amaro in bocca, é una bugia obbligata, per andare avanti, per cercare di costruirmi una pantomima di vita mia, solo mia.
Scendo in cucina e arrivi tu. Come al solito, bello, profumato, con i tuoi occhi dolci. Ti avvicini da dietro e mi dici "mi piace il tuo profumo, lo sento già dalle scale". Mi giro con le mani piene di sapone, ti guardo, mi perdo un attimo e mi ritrovo ad un bivio, ancora una volta. Ti vorrei dire "anche a me piace il tuo, anche a me piace parlare con te, guardare i tuoi occhi, le tue mani perfette, il tuo sorriso dolce". E invece ti rispondo "E' la crema, me lo dicono tutti". Taglio corto, cosí. Perché ho già troppa carne al fuoco, perché ho paura, perché siamo diversi, perché sarebbe complicato solo a pensarlo. 
Esco per andare al lavoro e penso. A volte vorrei schiacciare off sul tasto del cervello, ma il mio, non é dotato di questa funzione. Penso e mi ripeto che non lo faró mai piú. Non accettero' mai piú compromessi, non mi umilieró mai piú come ho fatto. Ci penso e me ne convinco. Si, avro' rispetto per me stessa, lo prometto. Il tempo di arrivare al lavoro, ho già capito che non sarà cosi. Ecco, ancora una volta, é solo una bugia, che mi racconto per andare avanti, per non cedere, per credere che se voglio posso essere diversa. Peccato che la realtà sia un'altra. Peccato che il rispetto per me stessa, io, ancora non lo conosco. E questa non é una delle mie bugie, di quelle che mi racconto al mattino per convincermi che vivere, ne vale la pena.

domenica 19 agosto 2012

Il mare visto dagli inglesi




Sole, vento, tanta gente, forse troppa, molti gioiosi e gioiose e un tentativo di evadere da Londra, la routine, la tristezza e la vita di tutti i giorni.

venerdì 17 agosto 2012

Come ti vedo

Ho l'impressione di averti visto sempre andare via. La conosco bene la tua camminata, il tuo andamento, lento, quasi al rallentatore. La testa alta, che ciondola un po' e che non si gira mai a guardare cosa c'é dietro, cosa lasci indietro. Le spalle, larghe, che danno sicurezza, sulle quali ho sempre desiderato appoggiarmi. Se penso a te, é questa l'immagine che mi viene in mente piú spesso. Ti vedo nel buio della mia strada, ti vedo nella folla di Trafalgar in una giornata di sole autunnale, ti vedo girare al semaforo e tirare dritto, silenzioso, placidamente perso nei tuoi pensieri.  
Oggi, va bene cosí. Un tempo, mi faceva male. Oggi mi fermo a guardarti andare via, sento quasi la sensazione sulle dita, quella di qualcosa che per un attimo mi sfiora e poi mi abbandona. Per mesi ho avuto la voglia di correrti dietro, di afferrarti, di fermarti. Oggi so che devi andare per la tua strada. Non ti posso fermare. Quello che posso fare é solo accompagnarti, starti accanto, in silenzio a volte, cercando di non dare troppo fastidio.
Ti vorrei solo dare un consiglio: girati, la prossima volta. Girati e sorridi. Perché il sorriso é una delle cose piú belle che hai.

Citazioni: liberi tutti

Va bene Dio,
hai vinto tu,
sei sempre il migliore.
Ora peró
basta rimpiattino.
Giochiamo a qualcos'altro.
Vuoi?

La filosofia delle piccole cose

Ho vissuto in un tunnel nero, scuro, freddo per mesi. Mi svegliavo, lavoravo, uscivo, fingevo di divertirmi a testa bassa, senza mai guardare il cielo. Era una routine, un tentativo di stordirmi, di non pensare, di dimenticare. Mi sentivo sola, mi sentivo persa. Parlavo poco di come mi sentissi, ma camminavo in continuazione, di giorno, di notte. Cercavo il fiume, il Tamigi, perché mi rasserenava vederlo lí sotto i miei piedi, placido, sereno, imperturbabile. Ho pensato di farla finita talmente non vedevo la luce del sole, perché il buco nero che avevo in petto mi risucchiava, mi bloccava il cuore e lo stomaco, non mi faceva respirare. Perché ero ridotta cosí? per un insieme di cose, di sbagli, di frustrazioni accumulate nel tempo. 
E poi un giorno mi sono svegliata e qualcosa é cambiato. E' successo all'improvviso, non era previsto, tantomeno voluto o studiato a tavolino. Ho sentito di aver toccato il fondo, ho sentito che dovevo risalire. E lí, ho iniziato a credere nella filosofia delle piccole cose. Ogni mattina cercavo di trovare un incentivo ad andare avanti. Il sole che splendeva in cielo, il ragazzo di turno che mi spediva un messaggio carino, l'uscita divertente con le amiche, il biglietto aereo per una nuova città da vedere ed esplorare. 
Cosí sono uscita dal tunnel. Cosi ho ricominciato a sorridere, esitante all'inizio, fiera di farlo ora. Cosí ho sentito le persone care dirmi "stai meglio, si vede, sei di nuovo Francesca, quella di sempre, quella sorridente e solare". E' stata dura, e' stata durissima. Ho avuto delle ricadute, sono tornata nel tunnel a testa bassa, con le ginocchia rotte. Ma ora so che é finita. 
Ho pensato a tutto questo mentre tornavo ieri sera a casa e giocavo a campana fra i tabelloni della mia strada. Cammino sempre molto lentamente, mi gusto ogni passo, assaporo quanto ho vissuto nella giornata. E mi ripeto che la vita va vissuta per quella che é. Si cade, ci si rialza. Il cuore smette di battere e poi all'improvviso riparte. Il mio ora batte. Batte per me stessa. Batte per chi non mi vuole. Batte per i miei affetti, i miei amici, la mia famiglia. E io cammino di notte per le strade di Pimlico, a volte stanca ma serena, senza tornare nel tunnel. Chiuso, archiviato, sigillato.

giovedì 16 agosto 2012

La mia seconda anima

Tu sei la mia seconda anima, te lo dico sempre. Tu sei un cuore che batte, che é pieno di vita, di sentimenti, di amore da dare. Tu sei chi mi ha insegnato a dare prima di ricevere. Ora non stare male, ora lascia stare, lascia andare. Noi sappiamo com'é la vita, cosa significa tirarsi sú quando sei caduta e hai le ginocchia sbucciate, ancora piene di terra mista a sangue. E' per questo che siamo cosí. Noi sappiamo contare solo su noi stesse, perché non abbiamo avuto altra scelta. E questa scelta, l'abbiamo fatta nostra, coraggiosamente. Non piangere. Non essere triste. Sii sempre e solo te stessa. Quella che mi sorride con lo spacco fra i denti non curante del mondo e della sua meschinità. Te l'ho detto, tu sei la mia seconda anima, per questo, sei sempre con me. Anche quando non ti chiamo, anche quando mi allontano. Tu sei parte di me.

Mia ou la vie des rêves

Se mai ci sarai, sarai Mia. Non nel senso che sarai un mio possesso, ma nel senso che sarai solo di te stessa, non sarai alla mercé di nessuno. Io lo sono stata alla mercé di qualcuno, io sono una di quelle che dà tutto e fa cadere le difese troppo presto. Magari con te imparerei a cambiare, a essere strategica, calcolatrice, a giocare bene le mie carte. Non so se ci sarai, Mia. Più il tempo passa più mi convinco che non ci sarai, che non arriverai. Forse per la mia indecisione, forse la mia testardaggine o cecità mentale non ci farà mai incontrare. Forse, Mia, ho sbagliato tutto e sto continuando impeterrita a farlo, a vivere come un'adolescente in ritardo. Forse, se mai succederà, sarà per sbaglio, sarà per sbadatezza, sarà per stanchezza o per calcolo, uno di quei calcoli silenziosi che fai tra te e te in bagno, prima di tornare a baciare un ragazzo al pub. So solo che il vuoto inizia a sentirsi, a urlare silenziosamente, a occupare spazio e diventare ingombrante. Il vuoto di non avere una mano da stringere nei momenti bui, una spalla su cui addormentarsi, un numero da chiamare per dire "corri da me". Va bene cosi', ora, va bene cosi'. Per ora, Mia, tu resti solo un desiderio, quello di una vita canonica, normale, inesistente. C'est la vie, ça aussi c'est la vie. La vie des rêves. 

mercoledì 15 agosto 2012

La dura legge del gol

Ti svegli di pessimo umore. Ti dici "quasi quasi, mi do' per malata". Stavolta non sono gli ormoni, loro ti hanno lasciato tranquilla. Non hai voglia di andare a lavorare, di vedere quelle due facce dei neonazisti e i loro monologhi al vento. Sottilette ha dimostrato di non capire niente. Sai che non cambierà niente. Devi aspettare la fine di questo contratto, prenderti le mensilità che restano e mandare giù il rospo. Tu che volevi cambiare il mondo ti sei trasformata in un'impiegata pubblica, che scalda la sedia per 7.30 ore al giorno, non un minuto in più, ma forse qualche in meno. E poi c'é questa benedetta vita privata, che non decolla. C'é l'ennesimo date, se l'hai interpretato bene, l'ennesima illusione, l'ennesima preparazione pre-appuntamento che ti fa venire l'ansia da prestazione, a te, che sei una donna. Tu stasera gli vorresti dire "caro, io non sono innamorata di te, tu non lo sei di me, ma forse ci possiamo convincere per il futuro. Io ho 32 anni, tu 36, non siamo dei bambini. Poi scusa, hai mai sentito parlare di ottimizzazione del profitto? ottimizziamo e fingiamo di essere presi, presissimi, innamoratissimi, cosi' ci togliamo da questo carnaio, da questo giro di telefonate a cui non rispondere, di appuntamenti e baci da scansare. Ti concedo una vita, non ti rompero' per niente, cucinero' il tuo piatto preferito e mi faro' piacere la tua amica che mi rompe tanto. Non avro' mai mal di testa e ti diro' sempre di si'". E invece stasera finirai a mangiare la lasagna, piena di pomodoro che tu odi, e a sorridere alla sua amica che ti guarda in cagnesco, mentre ti sarai profumata, incremata, preparata all'uso.
Dai, vai a prepararti. Oggi neanche il tuo coinquilino e le sue battute sulle tue tette al vento passano. Ti guarda e ti dice "non va, eh?". Tu annuisci e fili sotto la doccia. Cosa vuoi fare, é la dura legge del gol, no? 

martedì 14 agosto 2012

Sui monti con Annette

Mi piacerebbe stare li'. Si, là sui monti con Annette. A correre dietro alle mucche, a cercare le stelle alpine, a bere la cioccolata calda nei rifugi dopo aver camminato per ore, a respirare l'aria pura e fredda, a bere l'acqua gelata delle fontanelle, a mettere i piedi nei torrenti, impetuosi e frizzanti, a cantare "John Browne" come quando eravamo bambine, ad emozionarsi di fronte al miracolo della natura, alla sua bellezza. 

What's your name, babe?

I try

Ci ho impiegato 30 minuti ad arrivare a casa. Le gambe erano di pietra. Non é colpa tua, tranquillo, ma solo mia. Sono io che ho voluto credere a qualcosa che non c'era. Sono io che mi sono convinta, mesi fa. Sono io che mi sono fatta male da sola. Tu non c'entri. Ho fatto tutto io. In quelle date io c'ero, io avrei potuto aprire gli occhi. Io non lo faro' mai più. Io ero impegnata a scrivere su un quadernino i battiti del mio cuore, come un'adolescente. Io staro' attenta la prossima volta, a non scottarmi, a non raccontarmi bugie, a non lasciarmi andare. Mentre torno a casa mi dico che il quadernino per ora lo mando in pensione e forse anche il blog, scrivero' solo degli uccelli che cantano in cielo. Mi dico che se trovo lui sveglio e bello come il sole a casa e mi fa ancora una battuta sulla mia canottiera scollata, lo invito a venire in camera mia e chiudo la porta a chiave. Mi dico che se domani gira bene, me ne frego delle regole, del numero degli appuntamenti e mi addormento su una nuova spalla, tanto per una notte non cambia niente. Mi dico che mi sono rotta di stare con me stessa e i miei pensieri e che stasera chiudo il cuore, lo mando in pensione, con i suoi battiti e i suoi sentimenti. Mi sono detta che questo é un attacco di adolescenza ritardata, l'amore é altro. Mi sono detta tutto questo, con rabbia, con rancore, contro me stessa e la mia cecità. E poi ho bevuto una camomilla e mi sono detta dormi e non ci pensare più. E' un ordine stavolta, Francesca. Non puoi scappare stavolta. Ricorda, quella canzone che ti piace tanto, si sbaglia. Si, proprio quella. Quella che recita:
I try to say goodbye and I choke
Try to walk away and I stumble
Though I try to hide it, it's clear
My world crumbles when you are not here.
Si sbaglia? si si, Francesca, si sbaglia. 

La sveglia del mattino

E' successo. Doveva forse succedere. Non é niente di grave, l'ho ripetuto tante volte e credo fermamente in quello che dico, é stato naturale, é stata un'evoluzione naturale. Non ci sono aspettative, non mi pongo domande, mi sento serena e spero che sia lo stesso per te. Ci sono rapporti umani cosi', nei quali non c'é bisogno di parole, né di spiegazioni, ma vanno solo vissuti. Nessuno ha usato nessuno, é stato l'ennesimo segno di affetto, dell'affetto su cui avete costruito questo rapporto. Io continuo a respirare serena e continuo a camminare, sempre in piedi, per la mia strada. Va bene, va benissimo cosi'. Vieni, continuiamo a camminare verso la felicità, la crescita, la vita.   

lunedì 13 agosto 2012

La pazzia

La pazzia esiste. Si, l'avevi già intravista, ma non ci avevi creduto. Pensavi di esserti sbagliata, miope nella realtà e nella fantasia. E invece oggi, per ben due volte, l'hai incontrata e hai dovuto ammettere, che era pazzia vera.
Quando ti trovi in queste situazioni, ti senti spiazzata. Ti sembra di risentire la voce di tua madre che da piccola ti invitava alla prudenza. Tutta la morale cattolica che hai ingurgitato nei primi 20 anni della tua vita rispunta a sorpresa e ti sculaccia metaforicamente, ricordandoti che non avresti dovuto fare, dire, pensare, sognare.
Che fare? osservare, dileguarsi, scappare. E' la scelta migliore!

Imbarazzanti conversazioni coinquiline mattutine

(Sorriso) "Mmm, ora si lavano i piatti cosí? mezza nuda, al mattino?"
(Sguardo basso sul lavello) "Non sapevo fossi a casa, le tue pantofole erano nella scarpiera, scusa. E poi non sono mezza nuda, questo é il mio pigiama".  
"Ecco sei diventata rossa, la cosa che preferisco di te. Ma questo abbigliamento lascivo non mi dispiace, sai?".
"Gli uomini vedono mezzo centimetro di pelle e iniziano a sognare, pfff". 
"Stasera ci sei?"
"Naturalmente no. Mi dispiace non abbiamo mai tempo per stare insieme e parlare un po'".
"Almeno ci vediamo cinque minuti al mattino e ci raccontiamo un po' di vita. E poi delle mattine me li condisci questi cinque minuti con delle belle visioni".
"Ah, don't shit where you eat!". 
"Sei bordeaux, raggiunto il mio obiettivo!Ciao, buona giornata e a domani...sempre con la solita canottiera trasparente, eh?".  
(Sorriso).

Citazioni: L'amore pensato

"L'uomo che amo si dibatte in un lago salato asciugato dal sole
e non prega ma danza silenziosa presenza agitata che
nessuna musica nota ci spiega perchè un suono è speranza
ma quest'uomo la nega e appigliandosi invano a un amore pensato
[annega]".

La mia Londra: parte 5



Ecco il mio ponte. Camminiamo li' sopra, io e te, sospesi sul Tamigi e sui pensieri. Mentre io lascio andare il buio di questi mesi e prendo te per la mano, per portarti via dal tuo buio, dalla tristezza, per accompagnarti verso la felicità o presunta tale che sia. Perché meriti altro. Meriti la luce. Meriti quelle mille luci che illuminano il ponte di fronte a noi.  


Elenchi: Pomeriggi studenteschi inglesi

Di questo pomeriggio ricordero': la mia mano che prende la tua, come un segnale, per dirti e dirmi fidati, lasciati andare. Il sole, il caldo, gli studenti che ridono a squarciagola. La sensazione spregiudicata della gioventù, sentirsi ancora come quando tutto era da scoprire e le disillusioni non avevano ancora bussato alla mia porta. Il tuo sapore, dolce, sulle mie labbra, i sorrisi complici, le mani che si cercano, si incrociano, si divorano. La sensazione di leggerezza, temporanea, forte, ancorata nel cuore. 

venerdì 10 agosto 2012

Ritratti


Devo dire che mi somiglia, l'ho pensato subito. Eh si, j'ai une grosse tete. Tu me le disais tout le temps, toi. Mi sono chiesta come mi vedi. Mi mancano gli occhiali (parte integrante di me), ma ho gli occhi diversi rispetto a quelli che disegni di solito, ben disegnati, pieni. Ho tanti capelli, le orecchie come due assi di legno e il sorriso. Mi hai disegnato sorridente. Lo prendo come un augurio per il futuro. Per il futuro che abbiamo da costruire oggi, nel nostro presente, insieme. Anche a distanza! 

Conversazioni coinquiline che generano il sorriso del mattino

"Sei stanca, stamanattina".
"Non é stata una settimana facile, al lavoro e nella mia vita privata".
"L'ho capito. A te, é facile capirti. Metti su quel sorriso stanco e triste che fa capire che non va".
(Sorriso triste e stanco) "Ma no, non sono triste, anzi. E' una bella settimana, ma impegnativa. E' come quando capisci che in quel momento la tua vita sta cambiando, tu stai finalmente capendo. Ecco, io sono alla svolta, sto lasciando alle mie spalle il buio, il grigio, il triste. E lo sto facendo veramente per una volta e sono cosciente di farlo. Sto lasciando il sorriso triste e stanco per uno pieno di gioia, gioia vera".
"Mmm, che bei discorsi di prima mattina, con gli occhi ancora chiusi, che facciamo!Dai, nel weekend ti riposi, dormi, vai a correre, esci con i tuoi date - mi devi poi aggiornare, eh?".
(Sorriso sereno e stanco) "Certo che ti aggiorno, tranquillo".
"Si, sai, tanto adesso siamo soli per un po', io e te".
(Sospiro lungo) "Eh si, siamo soli. E si dovrebbe usare bene questo tempo da soli!".
(Sorriso suo).
(Sorriso mio).
E la giornata comincia cosí.

Mano nella mano

E' stata una necessità prenderti la mano. E' stato per non perderti fra tanta gente. Ti ho preso la mano volontariamente pochissime volte, lo sai. Non l'ho fatto perché era cosi' intimo, era come mettermi a nudo con te, dirti ecco io sono qui per te. Al tempo era più facile dirlo a parole, che con i fatti.
Mentre camminavamo nella folla ho riflettuto a quella mano che stringevo. Era un po' come la nostra storia, come io e te. Io ti stringevo forte, per dirti sono qui. Le tue mani non mi stringevano, subivano la stretta. Erano altrove e questo lo sappiamo. Non é una colpa la tua, é un dato di fatto. Io lo accetto, non mi lamento, semplicemente lo constato.
Eppure in quei miei primi mesi in questa città, é stata la tua mano a guidarmi fra i miei pensieri, a darmi coraggio e forza per combattere le piccole sfide quotidiane. Mi é mancata quella mano quando ho dovuto guardare in faccia la realtà e lasciarla andare. Ho sognato che tornasse a prendermi e a guidarmi. Nel frattempo ho imparato a camminare da sola, a fare disastri da sola, a trovare soluzioni da sola.
La mia mano é li' ora per te. Non ti preoccupare, la puoi prendere. Non ti chiedo niente, solo di stare bene, di respirare, di non soffrire. Penso sia arrivato il mio turno di prenderla e portarla con me per le strade della vita, fino a quando non arriverà un'altra mano, quella dell'amore, che ti porterà verso la felicità. Anche la mia ti puo' guidare verso la felicità, ma non sarà lo stesso. La mia serve a lenire le ferite, a sfogarsi, a ridere due minuti, per cacciare i cattivi pensieri. Vieni, andiamo verso il cielo sereno. Lo faccio perché ti voglio bene, lo faccio perché mi hai cambiato la vita.  

giovedì 9 agosto 2012

Non é tempo per noi

Non siamo cambiati, io e te. Siamo sempre gli stessi, idealisti, sognatori, forse sfigati come si direbbe ora. Crediamo in un mondo diverso, non siamo contenti di quello attuale, ci lamentiamo della politica italiana e mondiale, vorremmo piú giustizia, piú equità. Oggi ho capito che ho sbagliato a non cercarti per tanto tempo. Oggi ho capito che ora che ti ho ritrovato, non ti lascio andare. Oggi ho capito che quando torno a casa ti chiamo e torniamo a parlare come sempre, per ore e ore.
Oggi ho sentito il dolce sapore degli affetti in bocca. Oggi ho sentito che l'amore o l'affetto che sia conta, sempre!

Quello che vedo con i tuoi occhi





mercoledì 8 agosto 2012

Citazioni

‎"Correre era l'unico modo che aveva per dimenticare. Lì non c'era scampo, così correva. Correva nel tentativo disperato di mettere più distanza possibile tra la propria testa e il proprio cuore...".  Correre mi ha salvato. Correre mi ha curato. Correre mi ha fatto capire che c'era ancora tanto da vivere. Ho corso con la zavorra sul cuore e man mano che correvo, si alleggeriva, la morsa si allentava, e io, esitante, tornavo a respirare, a credere, a sognare.

La mano sulla guancia

Siamo al cinema, in una sala buia, assorti in un film che non ha niente di bello. Tu allunghi la tua mano e la poggi delicatamente sulla mia. E' un contatto fisico dolce, delicato, é un modo di dire ci sono, sono qui accanto a te, é un modo di bussare teneramente alla porta della mia vita. Io prendo la tua mano e la poggio sulla mia guancia, come se mi desse una carezza, come se cercasse di abbracciarmi e la lascio lí.
Ironia della sorte, penso che lo vorrei fare a te. Penso che vorrei poggiare la mia mano sulla tua guancia, per darti una carezza, per dirti non ti preoccupare, stai sereno, non sei solo e non lo sarai. Non so come andrà a finire, lo vorrei sapere, vorrei saper rispondere alle tue domande, ai tuoi dubbi, ma non ho elementi. Vorrei avere il libro delle risposte con me, ma solo di quelle giuste, di quelle vincenti. Purtroppo, per ora, posso solo pensare di appoggiare la mia mano sulla tua guancia per provare a lenire un po' il dolore, la paura, l'incertezza, il panico.

martedì 7 agosto 2012

Autoconvincersi in amore

Perché gli uomini che non ti interessano ti mandano venti messaggi all'ora e quelli che desideri con tutta te stessa non ti hanno neanche in nota? Ecco, la mia giornata é iniziata con questa domanda. Eravamo seduti in cucina, tu con le tue fette di pane e burro di noccioline, io con i digestive inzuppati nel thé des sources. Mi hai sorriso senza rispondere, perché una risposta non c'é. Io ho aggiunto che penso, credo, sono convinta che ci convinciamo che siamo persi, innamorati, senza speranze, ma che se in realtà usassimo un pizzico di razionalità, capiremmo che non é poi cosí. La tua risposta ha risuonato fra le quattro pareti cosí: "mmm, I think so".
Stasera usciró con un altro. Uno dei tanti. Come al solito, dovró cercare di essere simpatica, di non addormentarmi, di non sbadigliare troppo. Quando ci saluteremo, lui probabilmente mi bacierà. E poi apparirà un cartello luminoso, con cento lampadine che emettono luce ad intermittenza, su cui ci sarà scritto: "Quando vi rivedrete? Risposta A: mai. Risposta B: fra 3 giorni. Risposta C: fra una settimana". Io molto probabilmente schiacceró la A. Il pubblico borbotterà, forse anche il sottoscritto. E me ne torneró a casa con le mie autoconvinzioni amorose. Perché io parlo bene, ma razzolo male. Malissimo.

lunedì 6 agosto 2012

Per-donare

Perdonare non é dimenticare, fare finta di niente, annullare. Perdonare é donare, é dire ti voglio nella mia vita, non ne uscire, stammi vicino. Perdonare é dirsi chi se ne frega del mio dolore, ci sono cose più importanti, ci sono persone e sentimenti che ti cambiano la vita, da non perdere per niente al mondo. Perdonare é cercare un contatto fisico anche minimo, per far sentire che la solitudine é solo un brutto ricordo. Perdonare é capire, ascoltare, accettare, deglutire solo quello che ha fatto male nel passato, tenendosi la dolcezza dei ricordi. Perdonare é dire é andata come é andata, l'importante é andare avanti, dimenticare il dolore e tornare a donare e a ricevere. 

Due minuti di conversazione telefonica settimanale

Sei bravissimo a dire frasi da non pronunciare neanche sotto tortura cinese o di qualsiasi altro paese dittatoriale. Frasi che fanno restare senza parole, che fanno sanguinare il cuore. Sei sempre stato cosí. Non so se sia maldestria o cattiveria, ma riesci sempre a deludermi ed innervosirmi. E' per questo che non telefono mai. E' per questo che ho ridotto i nostri contatti al minimo. E' per questo che dico "se puoi, non me lo passare, non mi va di parlargli". 
Ieri, in un minuto e venti secondi di conversazione telefonica, hai saputo ricordarmi che il mio contratto scadrà e mi ritroveró in mezzo ad una strada. Hai saputo ricordarmi la mia precarietà, i miei 32 anni, la mia assenza di stabilità. Hai concluso chiedendomi quelle che tu chiami "le mie novità sentimentali". Quella é stata la stoccata finale. Io ho risposto con la solita acidità, tu hai concluso con il solito sprezzante "sei sempre scortese". 
Forse sarà percezione mia, ma ogni volta le nostre conversazioni (che non sfiorano mai i due minuti, di persona o al telefono) sono un disastro. Non l'hai mai notato? non ti sei mai chiesto perché questa figlia é cosí scortese, arrabbiata, graffiante? Non ti sei mai chiesto perché noi due siamo bloccati in quella che é una relazione fra un padre, adulto, e una figlia, adolescente, anche se io sono una donna e tu un vecchio?
Per anni ho pensato che ti avrei fatto tutte queste domande sul tuo letto di morte. Ma sono stata cosí brava, che ho lasciato il mio paese, in modo che sia molto difficile essere presente in quel momento. Molto probabilmente io ti ritroveró già inscatolato in quattro assi di legno quando succederà. Poi chi lo sa, la vita non si puó mai prevedere. 
Eppure, sotto sotto, spero di poterci essere. E ti direi questo: sai, tu sei stato e sarai sempre il genitore con la G maiuscola. Tu sarai sempre il mio modello, eccessivamente idealizzato. Tu sarai sempre il mio grande amore, che mi ha dato tanto, ma mi ha anche calpestato. Tu sarai sempre quello che vedro' tutte le volte che mi guarderó allo specchio, perché ti assomiglio come una goccia d'acqua. Tu sarai sempre la causa dei miei fallimenti affettivi, della mia pancia vuota, perché cerco te in tutti gli uomini e mi ritrovo a collezionare storie da perdere, da scordare. Ma nonostante tutto questo, io ti voglio cosi tanto bene, da starci ancora male, da stare male al pensiero del tempo che abbiamo perso, dell'occasione andata, delle parole, dolci, affettuose, tenere che non ci siamo mai detti. E mentre te lo diró, so che non mi sentiró il cuore piccolo, stretto in una morsa, come me lo sento sempre in quei due minuti di conversazione telefonica settimanale. No, sarà un cuore pieno d'amore. Sarà il cuore di una figlia che saluta il padre e gli dice arrivederci. Senza rimorsi né rimpianti.     

domenica 5 agosto 2012

La mia Londra: parte IV



Momenti olimpici







Prêt à agir

Questa é una storia di sguardi, sorrisi e timidezza. Una storia iniziata a luglio dell'anno scorso, di fronte ad un'insalata e ad un mango a fettine, in una catena di sandwich come ce ne sono a centinaia qui. Per un anno, quasi tutti i giorni, ti ho guardato, osservato e sorriso. Tu hai fatto lo stesso. E' diventato un rituale il nostro, io mi mettevo sempre in coda alla tua cassa, anche se dovevo aspettare di più. I tuoi colleghi si guardavano e sorridevano di fronte alle nostre esitazioni, a quei sorrisi che volevano dire qualcosa di più, ma che immancabilmente si fermavano ad un "have a nice day". Una mattina di luglio ho preso il coraggio a due mani, prima di andare a lavoro sono venuta a trovarti, con la scusa di comprare il solito mango affettato. Mi sono detta che ti avrei chiesto di andarci a bere un caffé. Si, avrei trovato il coraggio che mi era mancato per tutti questi mesi, il coraggio per conoscerti meglio e farmi conoscere. Me ne sono fregata delle apparenze, delle figuracce, dei discorsi "no, é pur sempre solo un commesso, che avvenire vuoi che ti dia uno cosi'". Ma tu quella mattina  non c'eri e non ci sei stato neanche i giorni successivi. E quando ho chiesto rossa come un peperone dove fossi, la tua collega mi ha risposto che avevi trovato un lavoro, un lavoro vero, e che eri andato via. E ho capito. Ho capito che nella vita bisogna agire, non temere, non aspettare. La vita é un attimo, la vita non é fatta per gli incerti, ma per chi si prende quello che vuole, quello che desidera, quello che fa battere il cuore, anche solo per un sorriso scambiato alla casa, sopra un'insalata e un mango affettato. La vita é fatta per agire. Non per vedere i treni passare, mentre incerta resto seduta a guardare. 

La mia Londra parte III


Ecco, lo so, non é il Tower Bridge. Ma ti ho pensato li', in quel preciso momento e mi sei mancata. Ho pensato a te, ai nostri viaggi, ai thé e le fette di torte mangiate nelle città che abbiamo visitato, alle botte di allegria improvvise che ci prendono, al tuo sorriso pieno. L'anno prossimo si parte. L'anno prossimo si prepara una valigia per tre e si va via. Io, te e la tua appendice autocentrata. Perché abbiamo ancora tanto da vedere, da vivere, da assaporare, da gustare. E bisogna farlo insieme. Perché altrimenti io non mi sento completa, perché altrimenti io non me lo gusto.

sabato 4 agosto 2012

Italo-svedesi conversazioni coinquiline mattunine

"Buongiorno, come stai?"
"Bene e tu?"
"Bene. Senti, riflettevo che tu sei un'italiana strana".
(Momento di panico. Proprio di questo dobbiamo parlare, alle 9 del mattino di sabato?). "E perché?".
"Non cucini mai la pasta, non urli, non vai in chiesa, esci con troppi uomini e non parli mai di tua madre".
"Eh, ma te l'ho detto fin dal primo giorno, io sono italiana, ma anche un po' svedese nell'anima, insomma una Swedish Italian".
"Eh lo so, ho notato. Non ti fai mai toccare. Quando provo ad abbracciarti, sfuggi"
(Silenzio, occhi sbarrati, pensieri che dicono "ma io non capisco proprio niente"). "Eh, scusa, si vede che ero distratta. Sai, non devo essermene accorta. Che sbadata che sono! Ma se vuoi, ecco ora sono qua (pensiero non esplicitato: e non solo per un abbraccio!). Sono appena andata a correre, ho le gocce di sudore sulla faccia rossa, puzzo come trenta caproni, ma insomma, mi vado a dare una rinfrescata e torno a...braccia aperte".
Lui ride, io rido. E corro a farmi la doccia. Ma quando finisco, lui é già uscito!Dommage!

L'estetista

La mia estetista é diversa (come la banca della pubblicità). Quando la vedi, non le daresti due centesimi. Ti accoglie con i suoi capelli gialli (non biondi, ma sottolineo gialli), frisé come i peli sulle orecchie del mio purtroppo defunto cane, che pero' era un bichon havané frisé e aveva quindi tutto il diritto di averi i peli frisé, il fard rosa dei fantastici anni '80 concentrato solo sugli zigomi e l'immancabile chewin gum che spunta dal lato della bocca, perché come mi ha spiegato, soffre di alitosi e deve sempre masticarla, e lo fa cosi' finemente, che le vedi le tonsille e la bocca dello stomaco.
Entro e mi fa sdraiare e li' inizia il divertimento. La prima domanda é sempre la stessa. E' sempre "allora, (pausa mentre mi spalma la faccia con un qualsiasi unguento), hai trovato il tuo Mr Right?". Io non ho neanche il tempo di rispondere che lei é partita con la sua filippica "no, perché sai, io ho più di quarant'anni, ma non li dimostro, eh? e ne ho incontrati di uomini,io! comunque, non é che ne abbia molto più di quaranta di anni. Quindi certi uomini vanno evitati. Si, perché io facendo questo lavoro, mi sono tenuta bene, sai, e quindi quaranta non li faccio proprio. Gli uomini li devi fare penare, li devi trattare male, li devi lasciare in disparte. La lotta contro l'età é dura, é una lotta che va fatta sistematicamente, a colpi di creme, maschere e massaggi. Io per esempio non li richiamo mai il giorno dopo e loro impazziscono". Tace per un momento mentre cerca i dischetti da mettermi sugli occhi e io mi intrufolo per miracolo nella conversazione. "E loro ti richiamano?". "Mai - silenzio per tre secondi. Ma stasera esco con uno e mi sento che lui mi richiama". "E come lo sai?". "Perché sai ho quasi cinquant', cioé volevo dire quarant'anni. Io gli uomini ce li ho in pugno. Ma devo stare attenta con l'alitosi, li fa scappare. La prossima volta ti racconto, te lo prometto". Io sorrido e penso che l'alitosi é solo il minore dei problemi. Ma l'importante é crederci. A cinquant, ops, quarant'anni.

venerdì 3 agosto 2012

Trasparenze

Non sono riuscita a scrivere di cose serie questi giorni. Non ne avevo la testa, non ne avevo il diritto. Avevo bisogno di usare la scrittura come una valvola di sfogo, ma per scoppiare a ridere ed alleggerire la mia esistenza. Ora peró torno ad essere io, quella seria, quella pesante, quella un po' autocentrata (anche se non penso di esserlo poi cosí tanto).
Ieri ho pensato al concetto di trasparenza. Ho pensato che spessissimo ci sentiamo trasparenti agli occhi della gente. Noi ci siamo, lí, in carne ed ossa, anche con qualche chilo di troppo, ma chi hai davanti ti guarda, ma non ti vede. E' perso, concentrato nel suo mondo, fuori dalla tua portata.
Per anni e ancora oggi, mi sento trasparente agli occhi di mio padre. Anche quando mi chiama "Pucia", in realtà non mi vede. Sono stata trasparente davanti agli occhi di amici e amiche, troppo prese per fermarsi e chiedermi "ma tu come stai, realmente?", lasciando da parte i convenevoli. Sono stata trasparente davanti agli occhi di uomini che ho amato, con cui ho condiviso parte della mia vita. Lo sono stata ai loro occhi per egoismo, una partita di Champions League, malattia mentale, troppo alcool nelle vene, disinteresse o fine di un sentimento.
Sono trasparente davanti ai tuoi occhi ora. Lo so, lo vedo, lo sento. Eppure va bene cosí, perché capisco, perché accetto, perché tocco con le punta delle mie dita il mare in tempesta in cui navighi e capisco che devo stare lí, buona, ad ascoltare. Va bene cosí, non ti fare scrupoli, sono contenta cosí. Sono contenta di sapere che sono lí' davanti a te con le braccia spalancate, che servono a consolare, ad abbracciare, a perdonare, spero a farti sentire meglio. Stranamente, questo é il momento in cui ti sento e in cui mi stai piú vicino. Questo é il momento in cui ti voglio piú bene. Questo é il momento in cui il cuore batte, ma lo fa saggiamente. 

Comiche brevi conversazioni coinquiline mattutine

Ehi, avete vinto ieri?
Si (sguardo sognante, nonostante gli occhi impastati di sonno, forse piú perché lui bello come il sole é appena sceso in cucina che per la vittoria italiana).
Ti é piaciuto?
Eccome, mmm, dovevi vedere che uomini (sospiro), che atleti (sospiro), alti, muscolosi, forti (sospiro)...di quelli che ti abbracciano e non ti lasciano mai andare (sospiro).
Mmm. Mi hai sempre detto che non ti piacciono gli uomini muscolosi.
Si, é vero. Questi sono gli ormoni che mi fanno parlare.
(Sorrisino sulla bocca): Io vorrei una donna come te, ma dovrebbe avere meno diplomi e guadagnare di meno.
(Sorrisino sulla bocca): Senti, prendi la tua busta paga, io prendo la mia e ti faccio vedere non guadagno piú di te. Per i diplomi, mi tolgo due linee dal cv, va bene??
Lui scoppia ridere, io anche. E la giornata comincia cosí...

Il gruppone

La tua amica ci sa fare. La tua amica é simpatica. La tua amica, nel linguaggio dei giovani, é una forte. Cosi' quando uscite insieme, ti ritrovi davanti un fenomeno sociale che si chiama "il gruppone". Siete sempre tanti e c'é sempre qualcuno che non conosci. Ci sono sempre quaranta nomi da ricordare e scordare, trenta lingue diverse da parlare, venti storie personali e non da condividere. Il bello é che ti diverti, il bello é che tutto questo spesso ti ha aiutato ad andare avanti, ti ha fornito uomini usati come materiale per i tuoi date, spesso senza successo, senza futuro, e sorrisi.
Il gruppone é si' un fenomeno sociale di successo. Si', di successo personale. Di successo per scordarsi i problemi, finti o veri che siano, ridere e andare avanti a cuor leggero.  

giovedì 2 agosto 2012

Questo weekend

Questo weekend ti riposi. Dormi, cerchi di non svegliarti alle 5 del mattino come hai fatto durante tutta la settimana. Poi corri. Vai a Battersea a perdere il fiato e forse qualche grammo, con la musica nelle orecchie e i pensieri nella testa. Poi vai a London Bridge a fare una foto, per la tua seconda anima. Gliel'hai promessa. Quando ci andrai e ti farà un po' male,  ti pizzicherà il cuore, perché un anno fa eri alle stelle in quel posto e ora non sei proprio alle stalle, ma ci sei stata per un bel po'. Leggerai il tuo libro, immersa a sentire i battiti dell'autore che si mescolano ai tuoi. Speri che gli ormoni si calmino questo weekend, lasciando da parte pianti estemporanei e risse mattutine con il coinquilino che fa domande inappropriate. Andrai a teatro e ti farai prendere, immersa ad osservare tutto e tutti, come se per un attimo ti immedesimassi nella scena e diventassi parte della scenografia. Uscirai con le amiche per assicurarti qualche botta di allegria e qualche risata a crepapelle, di quelle che fanno venire le lacrime agli occhi. Lacrime di ilarità, non di sofferenza. Domenica te la prendi per te. Andrai a vedere la mostra di quell'artista che mette le pecore nel formaldeide. Ci andrai da sola, nessuno vuole venire con te. E tu la vuoi vedere, perché l'alternativa é prendere una pecora, metterla nel formaldeide e usarla come soprammobile chic nella tua sala condivisa. Senti che non farebbe una bella fine. E poi tornerai a casa a piedi, osservando la tua Londra. E tutto questo ti fa stare bene solo al pensiero.

mercoledì 1 agosto 2012

Ilari e filosofiche pause pranzo

Fra, che faccia hai?
Non sto bene, cara. Ho dormito male. Ho avuto una delle mie classiche notti londinesi.
Mmm (sguardo malizioso).
No, hai capito male, magari fosse stato quello.
Mr 45?
Mr 45 ieri mi ha mandato un messaggio con scritto grazie della bella nottata, Rita! Ho dato l'idea?
Ma non ha capito niente quest'uomo! come si possono fare certi errori a 45 anni?
Lascia stare. E tu?
E io non mi sento le butterflies nello stomaco e forse me le dovrei sentire.
Mmm (con bocca all'ingiú). Te le sei già sentite?
Si, per quello prima, si. Ma quando e come si diventa "fidanzati"?
Ma, non c'é una scaletta, per me lo si diventa quando c'é un progetto comune.
E quando si sta insieme?
Quando si ha l'esclusiva sull'altro, nel cuore e nel letto.
Mmm. Allora, cosa fai stasera?
Ho un date.
Un'altro? (occhi di fuori)...e ci vai vestita cosí?
Forse é un segno, no?
Mmm, mi sa che secondo i tuoi canoni internazionalmente decisi non starete insieme né diventerete fidanzati...
Io sorrido, tu sorridi. Poi basta uno sguardo per scoppiare a ridere. E mi scappa una risata isterica di serie A, contagiosa, che prende anche te. Siamo due donne, un po' alla frutta, un po' no. Due donne con due idee piú o meno chiare nella testa. Due donne stanche, che dormono poco, perché pensano, pensano sulla vita e un po' la vivono, un po' amano, un po' rimpiangono.
Con questa botta di allegria mi saluti. Con questa botta di allegria torno in ufficio e mi preparo al mio date. Senza maschere, senza trucco, solo me stessa. Ma con le lenti a contatto, per vedere un po' sfuocato. Delle volte aiuta. Delle volte addolcisce la realtà.  

Benvenuti vecchi e nuovi lettori

Ho scritto tanto in questi mesi. Ho scritto per guarire, ho scritto per non sentire la mancanza. Ho scritto per dimenticare, per fare la pace con me stessa. Ho scritto col sorriso sulla bocca, ho scritto con le lacrime che bagnano la tastiera del pc. I miei lettori sono aumentati. Ho dato accesso a nuove persone a questo angolo privato, a volte é successo per caso. La scrittura mi ha aiutato, ha aiutato le mie ferite a rimarginarsi.
Celebro questo percorso con una citazione da "Io sono di legno", di Giulia Carcasi: "Scrivere é qualcosa di intimo, piú intimo del sesso, quello che si fa uno incastrato nell'altro, si fa senza studiare il corpo che si ha di fronte, dentro. Scrivere é spogliarsi di fronte a qualcuno, lasciarsi guardare cosí, nudi e in piedi, pieni di difetti di carne. [...] Nella storia di ogni persona c'é una diga. Da una parte, l'acqua che cresce e scalcia ed é energia. Oltre lo sbarramento, la terraferma. Voi di me sapete la terraferma. E allora vi racconto l'acqua che non avete ancora visto". E' proprio vero. Questo é scrivere. Buona lettura.  

Le scarpe con i buchi

Oggi mi sono messa le scarpe con i buchi, quelle che piacciono a te. Ti ho pensato come tutte le mattine quando mi sveglio. Io che sono cosí lontana da te. Io che forse ho passato con te solo 1/8 della tua ancora piccola vita. Mi piacciono queste scarpe perché mi fanno pensare a te. Mi fanno pensare a quando me le metto e sono con te e tu mi dici, stupita, "ma zia, le tue scarpe hanno i buchi". O quando eri ancora un bebé e infilavi le tue ditina grassottelle in quei buchi come fossero un gioco.
Ieri parlando con te e la tua mamma al telefono ho detto "non capisco se tutto questo abbia un senso". Questo peregrinare, questa lontananza forzata, questa mia reticenza a tornare. Non ne so il perché, non capisco. Eppure il mio cuore batte quando parliamo al telefono, quando mi dici "dai, zia, vieni a vedere la mia nuova tenda in camera da letto" e non ti rendi conto che purtroppo io non posso uscire dal computer, che non c'é solo uno schermo di un computer a separarci, ma migliaia di chilometri e remore mie. Non torno, lo so, mi sento una codarda. Non torno perché voglio fare questa vita. Non torno perché ogni volta che torno, anche se non lo dico, anche se fingo, mi sento un po' morire ad andarmene. Il cuore mi si restringe, come se lo lavassi a 90 gradi in lavatrice. Non torno perché tornare significherebbe aprire gli scatoloni e avere una casa vera. Fissa. Non temporanea. Tutta mia. Senza condivisione con estranei, ma solo con te, che sei la mia famiglia, il mio passato, il mio presente e il mio futuro.
Tornero', vedrai, tornero'. Ho solo bisogno di tempo. Il tempo di consumare le scarpe con i buchi e comprarne, con te, un paio nuovo.