mercoledì 12 agosto 2015

La vita é ingiusta

Lei ripiegava il sacco a pelo. Aveva una grande valigia accanto. 
Io uscivo di casa con le mie scarpe da ginnastica nuove per andare in palestra. 
A destra c'era un uomo. Anche lui stava piegando il sacco a pelo.
Avevano dormito lí, davanti alla porta del mio palazzo. Coperti dalla tettoia. Per terra.
Uno sguardo veloce mi ha fatto capire che dovevano essere del Sud America. Ma mi sarei potuta sbagliare. 
Non erano drogati o alcolizzati, erano senza tetto. Erano poveri. Si vedeva. Forse migranti, quelli che questo paese non vuole.
Ho abbassato lo sguardo. Ho guardato le mie scarpe scintillanti. Ho pensato al mio benessere, che mi permette non solo di avere un tetto sulla testa, ma anche di pagarmi la palestra e altre cose.
Quando sono tornata dall'allenamento, non c'erano piú. 
Ti ho raccontato. Ti ho promesso che non mi lamenteró mai piú. Io che dico sempre "ma guarda in che posto viviamo". Lo dico quando troviamo le scale sporche, quando qualcuno ha fatto la pipí in ascensore, quando torno a casa la sera e mi guardo alle spalle, probabilmente inultimente. 
Non lo dico piú perché ho una casa. Un letto. Tutto.
Sono una migrante anche io, ma ho un passaporto e un permesso per rimanere qui. Ho un lavoro. 
Ho una dignità intatta. Non calpestata, bisfrattata, come chi ho visto stamattina davanti alla mia porta di casa. E non ha scelto di essere trattato cosí.
La vita é ingiusta, lo dico sempre. Oggi lo scrivo e lo voglio dire al mondo intero. 
La vita é ingiusta, ingiustissima.

martedì 4 agosto 2015

Le montagne fanno bene?

Le montagne fanno bene. Me lo dice sempre la mia amica. La proteggono. A me non so che effetto abbiano fatto queste montagne. Non erano proprio le mie ben conosciute ed esplorate Dolomiti. Erano delle montagne strane, con pochi alberi, tanti sassi, caldo torrido di giorno e freddo pungente di notte. 
Ripeto. Non so che effetto mi abbiano fatto. Ma sento non buono. 
Sono rimasta una giornata sola sul cucuzzolo della montagna. Io, le montagne e 4 tende da campeggio. Piú naturalmente le vettovaglie. Non mi sono praticamente mossa. Ho piantato lo sgabello in un punto e lí sono rimasta per ore. A guardare i monti, il cielo, i sassi. Perché questo c'é in Corsica. Non altro. 
Ho capito cosa significa essere veramente soli. Quando l'enorme cane bianco si é avvicinato a me, ho capito che non potevo fare niente. O mi mangiava o non lo faceva. Sono qui a scrivere, quindi mi ha risparmiata. Ma ho visto le mia braccia e le mie gambe nella sua bocca, oltre al pezzo di salame che mi era stato attribuito dalla spartizione piú che comunista del pranzo fra i campeggiatori. C'ero io, l'enorme cane bianco e il mio cuore che aveva smesso di battere, piú per stupore che per paura. Niente di piú. 
In tutti quei cieli che ho guardato lí fra le montagne, non ho mai pensato a te. Eppure io penso sempre a te. Mai. Pero non stavo in piedi. Mi girava la testa. In continuazione. Forse era perché tu mi avevi temporaneamente abbandonato. 
Ecco, le montagne a me forse non fanno bene. Ti cacciano via. Ti fanno sparire dalla mia testa. E io ho bisogno di guardare in alto e vedere i tuoi occhi. Per stare in piedi. Per sentirmi bene.