venerdì 31 gennaio 2014

Right to move

Non ne posso piú. Non mi sento piú a mio agio in quella casa. Mi sento come un topo che deve scappare dal gatto, dai gatti della casa. E sono tutti matti quei gatti. C'é il coinquilino che parla da solo. E da quando non ci parliamo piú, parla da solo sempre piú spesso. C'é il nano scatarrante, che mi urta solo a intravederlo. Stamani ero una larva appena sveglia. Mi sono trascinata in cucina strisciando. Mal di pancia lí, bello bello. Di quelli che non stai in piedi dritta. Mi rilasso e si placa, anche grazie all'utilizzo di sostanze chimiche stupende. Vado in doccia e sento suonare il campanello. E capisco. Lo scorso weekend mi avevo fatto parte delle sue manie schizzo. Mi ha detto: rischiamo di saltare in aria in bagno. Io: ah, si? e da quando? Mi spiega la sua teoria sulla luce del bagno che incendia tutta la casa a causa del vapore della doccia. E io, tra lo scettico e l'arrabbiato: scusa, vivo qui da quasi tre anni e solo ora perché tu, figlio della padrona di casa, sei venuto a vivere abusivamente da noi, facciamo i lavori in bagno, cosi non saltiamo in aria? Lui non gradisce, ma non fiata. 
E stamattina sono iniziati i lavori. Naturalmente senza nessun preavviso, naturalmente proprio la mattina in cui io ho impiegato 45 minuti per passare dallo stato di larva strisciante a quello di semidonna sofferente, in cui sono entrata in bagno alle 8.35 invece delle 7.30. Faccio in fretta nella doccia per non dare fastidio. Mi preparo e scendo in cucina. E lí, il nano scatarrante mi aspetta (mezzo nudo, cosi incrementiamo la produzione catarrosa). Eh, abbiamo dovuto aspettare te per far partire i lavori. Apro la bocca e scopro di essere Grisú. Sputo fuoco. Dico, ma mandare un'e-mail, no? hai troppo catarro in testa per pensarci? E lui si allontana. Ma quando io agguanto la maniglia della porta per uscire, lui mi striscia vicino "How is life treating you, Francesca?". La mia risposta naturale sarebbe: "mi vuoi lasciare in pace?", ma capisco che non si puó fare. Cosí rispondo: "anche se tu probabilmente non l'hai notato (sempre causa troppo catarro in testa), stamani sono in ritardo. Non sono stata bene per tua informazione. Scusami, devo andare". E faccio un sorriso finto come quelli del nano scatarrante. Ho imparato. Mi é forse scappata una fiammella da Grisú, ma non ho fatto danni.
La prima cosa che ho fatto appena arrivata al lavoro é stato aprire la pagina web di Right Move. Sorry, non ne posso veramente piú.

giovedì 30 gennaio 2014

Se mi sposo

Se mi sposo, mi metto la coroncina di fiori in testa (dovevo dire una scemata per sopravvivere a queste giornate convulse in cui ti chiedi se ha senso essere al mondo, venire al mondo e mettere al mondo). 
Tranquilli, io non mi sposero' mai. Chi é talmente pazzo da scegliermi per la vita (o quasi)? Forse devo recrutare una giovane recluta a scuola di mia nipote. E crescermelo. A mio modo. 

lunedì 27 gennaio 2014

Central Line Eastbound

Ho passato venti minuti in camera, sul letto, a sentire il rumore dei pensieri. Poi mi sono vestita ben calda, fuori faceva freddo, freddissimo. Ho controllato ancora una volta la strada, per essere sicura delle tempistiche. Ho controllato la Oyster e sono uscita per strada. Il freddo mi ha colpita, ma ho guardato i miei piedi andare. Camminare. Veloci, nella pioggia. Ho visto le immagini davanti ai miei occhi: il pub all'angolo, la casa delle suore, la creperie, il mio albero preferito, le ambulanze del veterinaio e poi Victoria Station, lí dove piace a me. E poi nel Tubo. C'era pochissima gente, dato il tempo da lupi. Ad Oxford Circus ho lasciato la linea blu per andare verso la rossa. Ho controllato la direzione e ho aspettato la mia. E mi sono detta che in mezzo anno sono passata da un estremo di quella linea all'altro. Prima andavo a Ovest. Ora a Est. Due persone diverse. Con in comune solo la lingua materna. Io sempre la stessa. Forse molto piú disillusa. Forse molto meno sognatrice. Anche se questo lui sogna, secondo me. Si si, di nascosto sogna. E io freno la mia testa e mi dico "aspetta, vedi come va. Magari ti scarica anche questo senza preavviso". Ma allo stesso tempo, la vita va vissuta, va goduta secondo per secondo, attimo per attimo. Sfioramento di mano dopo sfioramento. Abbraccio dopo abbraccio. Carezza dopo carezza.  Passettino dopo passettino. Perché di questo si tratta. 
La Central Line Westbound mi ha segnata. Mi ha un po' rovinata. In tre mesi ha fatto piú danni che in 30 anni. Eppure a Chancery Lane, sulla via del ritorno ho stretto un braccio, dato un bacio e detto "Courage". Forse era piú per me quel Courage. Courage abbandona i fantasmi, le paure. Il faut se laisser aller. Il faut y croire à nouveau, ça vaut la peine. Toujours. Da un estremo all'altro della stessa linea, rossa, come il sangue che ho perso. Come la passione che ho vissuto. Come l'amore che non ho trovato in te e che spero di trovare ora. Sulla Eastbound. 

giovedì 23 gennaio 2014

L'amour qui se donne à corps perdu

Lei mi ha detto: quel tipo é strano. E' sempre triste. 
Io ho annuito in silenzio. 
E ho tristemente pensato di sapere il perché di tutta quella tristezza. C'é un vuoto nella sua vita che non si puó riempire. Lui mi diceva "non me lo dimenticheró mai".
Io ho provato a riempire quel vuoto. Lui mi ha detto "no, grazie". Forse l'ha fatto anche perché sapeva che non si sarebbe riempito.
In ogni caso, io lo volevo riempire sempre in nome della stessa cosa. De l'amour qui se donne à corps perdu. 

mercoledì 15 gennaio 2014

La migliore frase del weekend

Lei vuole avere uno zio. Me lo ha detto tante volte. Lo zio si sposa con la zia e genera cugini. Questa é la sua idea. 
Ci siamo trovate in macchina da sole. Lei seduta dietro, legata sul suo siège enfant. Io davanti. 
Lei mi chiede: allora, zia, hai trovato un uomo da sposare?
Io: ma sai, sto frequentando qualcuno, ma é piú giovane di me. Quindi penso che il matrimonio sia lontano dai suoi pensieri. 
Lei si protende in avanti dal suo siège enfant e sgancia la bomba: zia, non ti sarai mica messa con un bambino? 
Inutile dirvi che ho riso per ore. Inutile dirvi che ci rido ancora.
Inutile, i bambini sono avanti. E non poco. E io no, non mi sono messa con un bambino. Quello ancora no. 

giovedì 9 gennaio 2014

Fai buon viaggio sereno

Ero già nervosa appena sveglia. Poi trovarmi il coinquilino fuori dal bagno ad aspettarmi, non ha aiutato. Ho reagito subito. Sempre per la storia che io non voglio che nessuno mi metta i piedi in testa. Specialmente questo qui, mi sono detta. Il nano scatarrante. Che mi si é imposto in casa, senza il mio volere.
Ero nervosa e sono nervosa. Ho trasmesso la mia so called mononucleosi al povero baby, che mi ha tenuto dolcemente fra le sue braccia. E poi il peggio é stata l'e-mail notturna. Quella mail. E va bene che sono stata io a chiederti di uscire, ma sei stato tu a menzionare la parola date. Non si trattava di un date, mio caro, per niente. No, solo di un incontro fra due persone che vogliono parlare. Sottolineo parlare. 
Non é bastato quanto hai combinato? Non é bastato farmi entrare in un castello dorato e poi cacciarmi via a pedate? Non é bastato scaricarmi a momenti per strada o in stazione, perché la tua freddezza parlava di piú delle parole che alla fine hai pronunciato? 
Era finita fra di noi mesi fa. Ieri sera, é finita per sempre. Anche la porta dell'amicizia o proviamo a essere amici. Il famoso salotto, quello mio, quello delle relazioni umane, le mie, ha chiuso la porta. E non sono stata io a chiuderla. L'hai chiusa tu. 
Vorrei solo sapere cosa ti aspettavi che facessi al pub o altrove. Pensavi ti sarei saltata addosso? che sarei scoppiata in lacrime supplicandoti di tornare? O hai solo pensato che fossi ancora innamorata di te e che mi avrebbe fatto male rivederti? In ogni caso, ce n'était pas nécessaire. Tu hai scelto, io mi adeguo. E cancello la tua faccia dai miei ricordi. Tengo quelli belli, per raccontarli un giorno sotto le coperte ad una giovane donna in fieri. I ricordi del cuore che batte, dei baci dolci, delle mani che si incrociano. Della gioia del vedersi, delle palpitazioni quando siamo stati distanti. I ricordi che ho con te, ma anche con altri. Insomma, i ricordi dell'innamoramento.
Fai buon viaggio sereno.

mercoledì 8 gennaio 2014

Là dove il mio cuore smette di battere

C'é un posto a Londra in cui il mio cuore smette di battere. Il respiro é spezzato. E' Southbank, specialmente di sera, specialmente sul ponte di Embankment. A Southbank c'é l'odore salmastro del mare. Ci sono gli artisti di strada che producono bolle di sapone enormi, spettacoli improvvisati, canzoni che ti rapiscono. Ci sono migliaia di persone che ad un certo punto spariscono e ti lasciano da sola a camminare per questa bellezza di posto. Ci sono i ragazzi con gli skate, che sembrano voler cambiare il mondo rotolando sulle due ruote. Ci sono le voci delle persone, che sanno tacere all'impovviso, per farti sentire il rumore delicato dello scorrere dell'acqua e quello rumoroso dei pensieri. Ci sono gli innamorati che si stringono, quasi fosse per la vita, cosi' come hai fatto tu con i tuoi uomini di passaggio. Ci sono le luci, che si specchiano nelle pozzanghere, ci sono gli edifici monumentali, vestiti di notte con luci colorate, ci sono i rumori lontani di una città che non smette mai di vivere, che non conosce calma. E c'é il mio cuore, che smette di battere, estasiato. 

Non dimenticare mai di respirare, mia cara

Lui ha risposto al mio invito. Come mi aspettavo. Forse piú per educazione che per altro, ma ha risposto. In ritardo, come sempre. Segno che il vedermi, non é proprio una priorità. Ma questo lo sapevo, lo sapevamo entrambi. Cosí rivedró le mani pelose, la ruga sotto l'occhio, le orecchie che si piegano, il sorriso perfetto. Il naso chiuso mi impedirà di risentire il suo odore. 
Non so se avró il coraggio di fare quelle domande scomode che mi porto dietro da mesi. Non sono appropriate, direbbero gli inglesi. O forse é meglio lasciare andare cosí, dimenticare le incertezze e costruire un nuovo rapporto, da zero. Vediamo. Per ora mi concentro su di me. Sul respiro. Sul fatto di non dimenticare di respirare. Neanche davanti alle mani pelose.

martedì 7 gennaio 2014

I propositi del nuovo anno

Va bene. Ho una tosse da non stare in piedi. Va bene. Ho due occhiaie che fanno paura, perché queste notti, alla fine ho dormito poco. Tornata tardi dal lavoro, il catch-up con qualche amico, le passeggiate nei parchi di Londra con chi ama la natura, le mozzarelle da mangiare alle 11 di sera col coinquilino napoletano, le mail a cui rispondere che giacciono nella casella postale come sassi sotto il Tamigi. E poi svegliarsi alle 5 del mattino e pensare ancora al lavoro, dicendosi "no no, questo non va bene!".E poi il principio di congiuntivite che arriva, con gli occhi che pizzicano e le mani che non riescono a stare ferme.
Nonostante tutto questo, ho il sorriso sulla bocca. Ho iniziato l'anno imponendomi di essere felice. E ho trovato la felicità nelle piccole cose. Nel cielo blu dopo la tempesta. Nelle nuvole so British (belle cicciotte). In alcuni passaggi del libro che sto leggendo. Nel nuovo disegno fatto da manine di infante a me caro da attaccare sulla parete bianco sporco della mia camera. Nel contare le lentiggini sul tuo viso. Nello sguardo corrugato del coinquilino al mattino, che dovrebbe suonare come buongiorno, che poi ti dice "dai, dammi un bacio che mi tiro su". Nell'idea di un viaggio con l'amica o in quella di andare a trovare qualcuno che combacia con te come una gemella. 
Ecco, questi sono i miei propositi del nuovo anno. E allora, Buon Anno!Perché il grigio va via se guardi bene...sotto le nuvole c'é sempre il sole!

sabato 4 gennaio 2014

Dingue

Je venais tout juste de rentrer à Londres. J'avais dormi qu'une nuit, si passer 4 heures dans le lit s'appelle dormir. A 5 heures du mat, j'ai ouvert les yeux. Même dans le noir, je me réveille, moi. J'ai ouvert les yeux et une phrase est monté à mes lèvres. Il faut que je lui propose d'aller marcher dans un parc. Que moi et lui et la vérité. Et alors, la première chose que j'ai fait c'était d'écrire. Un mail. Forget about love. Ce n'est pas de l'amour. Mais j'ai besoin de cette foutue vérité. Je ne veux pas poser des questions directes. Je vais seulement observer. Les petits mains. Le ride sous l'œil droit. La plie de la lèvre quand il boit. Observer pour avoir cette vérité, qu'il me doit. Même si je suis partie d'où j'étais. J'ai trouvé d'autres bisous. J'ai trouvé d'autres bras qui m'enlacent au petit matin.
C'est dingue. Face à tout ça, moi, je t'ai écrit. Et je t'ai demandé d'aller marcher dans un parc. Moi et toi. Et la vérité entrevue, perçue. Peut-être pas réelle. 

giovedì 2 gennaio 2014

Ce foutu d'Ealing

Le parcours de la Piccadilly depuis Heathrow je le connais par cœur, moi. Je peux fermer les yeux et le réciter. Arrêt après arrêt, comme une prière. Ce soir, j'ai attendu. J'ai attendu d'entendre ce nom. Ce nom d'endroit que je connais assez bien. J'ai attendu de reconnaître cette station, où je me suis retrouvée une nuit de fin août, en rentrant d'Oslo, avec une seule envie dans ma tête: ta peau. Je ressentais la fin, à ce moment précis. Mais je n'étais pas bien, j'étais perdue. 
La voix enregistrée a prononcé ce nom, ce foutu nom. Mon cœur s'est arrêté. Oui, encore. Oui, même s'il y a eu d'autre après. Même si j'ai trouvé d'autres peaux. Et alors, j'ai supplié je ne sais pas qui. J'ai demandé de me faire oublier, de ne plus arrêter mon cœur.
Enfin, Ealing n'est qu'un quartier de Londres. N'est ce pas?