domenica 31 luglio 2011

L'abbraccio del perdono

E' una foto recente quella che guardo, ma mi riporta al passato. E' la foto di un abbraccio, che mi colpisce, che mi fa dire che é quasi un segno di perdono. Lo sfondo é conosciuto, anche troppo. Lui é sempre lui, come abbraccia lei, ha anche abbracciato me. Cio' che mi colpisce é la somiglianza fra me e lei. Lei é piccola, indifesa e felice. Felice di quelle attenzioni, non conscia della realtà, di quella realtà che ti fa male, che ti schiaffeggia e ti lascia il segno. Lei é felice per l'amore che riceve in quell'abbraccio, cosi' come lo ero io in tante altre foto che rappresentavano quell'abbraccio. Lei come me alla sua età non sa che la vita é dura, che la persona che ti é più vicina in quell'abbraccio ti puo' fare male, molto e che tu non sarai mai in grado di perdonarlo. Lei crede in quell'affetto cosi' come ci ho creduto io, ciecamente. Io non sapevo, non potevo sapere. Io ero troppo piccola per capire, per me quella persona era il mio mondo, non conoscevo il significato della meschinità, della cattiveria, della malattia chiamata follia. Ma sono passati tanti anni, troppi, lui non fa piu' paura. Anche se colpisce ancora silenziosamente, ora non é più l'uomo nero. E' un povero vecchio, con una vita fatta di sbagli, che aspetta l'ultimo dei suoi giorni. Non ci sono parole da dirsi, non ci sono più abbracci da scambiarsi, e se ci dovessero essere, sono finti, di circostanza. Quello della foto pero' é un abbraccio vero, quello fra una bambina, ingenua, cieca di affetto, e di un vecchio, che a suo modo le vuole bene, cosi' come lo ha voluto a me. Lei pero' é diversa da me, lei non é sola, neanche io lo sono stata, ma lei diversamente da me non é parte di un gioco perverso. Lei ha chi la ama e la salverà. Ma soprattutto lei é il veicolo del perdono. Lei ti perdona con quell'abbraccio, lo fa per me che non sono capace di farlo. E io non posso non ringraziarla di quell'innocente e inconsapevole perdono.

mercoledì 27 luglio 2011

Un bellissimo spreco di tempo

C'é stato un momento, poco dopo l'inizio della nostra storia, in cui ho pensato che si trattasse di un bellissimo spreco di tempo. Una parte di me aveva già capito, ma aveva voluto fingere che fosse addirittura "bellissimo". Oggi, che sono tornata libera, in tutti i sensi, dalla paura, dalla schiavitu', dalla violenza sottile e silenziosa, mi chiedo cosa mi resti di questa storia. La tensione, continua, silenziosa. La paura di dire una parola di troppo, anche se in realtà é solo una parola e neanche di troppo. Il silenzio, il mio, per evitare lo scontro. Gli insulti, spesso velati e nascosti, i tuoi. Quell'abbraccio notturno con cui ti stringevo quasi per contenere le cose brutte che c'erano dentro di te e prendere solo le belle. La tristezza quando ho capito di aver sbagliato ancora, di aver scelto ancora una volta la persona sbagliata, di non avere speranza, di non poter far finta che passerà, perché é solo un momento e poi torna tutto normale. Una cicatrice, nascosta bene, sottile ma profonda, che prova che non é stato un bellissimo spreco di tempo, ma solo una bruttissima esperienza.

sabato 23 luglio 2011

Great expectations

Sono la donna della valigia. L'ho fatta e sfatta, tante volte. Stavolta questa valigia, arancione e sporca, é stata particolarmente pesante. Dentro c'erano speranze, grandi, quasi immense, delusioni, strazianti, paure, incontrollabili, sogni, realizzabili. Ancora una volta ho preso questa valigia e ho cercato un nuovo sentiero.

Sono arrivata in un paese lontano e vicino e ho iniziato a lottare. E' stato logorante, ho sentito lo strappo dell'addio, ho fatto finta che fosse un arrivederci, ma dentro di me sapevo che non c'era ritorno. Ho più che altro sentito, provato e sofferto il peso delle scelte, la paura delle scelte. La mia é stata una scelta obbligata, cercata ma non voluta. Non avevo altra soluzione, ero schiava, sono libera. Ero schiava di una situazione, di una città, di una vita che mi ero consapevolmente scelta, di un uomo. E' incredibile come mi ci sia trovata, proprio io che ho sempre criticato mia madre. Ho accettato silenziosamente la violenza, ho sperato che fosse frutto di una circostanza, ho creduto che potesse essere frutto di una sbaglio, temporaneo, riparabile. Ho capito tutte quelle donne che finiscono sulla cronoca, maltrattate e picchiate. E per salvarmi, per lasciare la shciavitu' e tornare libera ho dovuto lasciare tutto quello per cui avevo lottato per anni.


La sensazione più strana della riacquisita libertà é la paura. Paura di sbagliare, di parlare, di amare, di non saper dire abbastanza grazie. E' la paura di chi ha vissuto 20 anni di dittatura e scopre che il dittatore, in una notte, é sparito, morto, decapitato. E' anche la paura della speranza, delle speranze. Di quelle che nonostante tutto, ti fanno rialzare e tornare a lottare.

lunedì 11 luglio 2011

I have to give birth

Pacchi ovunque. Frasi. Affetto. Tristezza. Paura. Stupore. Insonnia. Parole in tre lingue. Voglia di comunicare. Disordine mentale e fisico. Senso di inadeguatezza. Incapacità a pensare. Presa di coscienza di una pazzia annunciata. Lacrime. Gioie. Hand over note da preparare. La canzone sbagliata al momento sbagliato. Futuri neonati scomodi. Sbagli. Colpacci. Dimenticare. Ricordare. Telefonate perse. Telefonate a cui non rispondere. Uomini perfetti. Donne imperfette. Rivelazioni scottanti. Mobili da dare via. Mal di testa. Caramelle rancide. Rancori paterni. Amori materni. Occhiaie. Rughe nascenti. Parole in inglese capite. Parole in italiano sconosciute. Pronuncia esatta. Vocabolari. Cartine. Prenotazione. Treni. Aerei. Soldi. Panini. Mangiare disordinato. Una lista di amici. Una lista di amici da dimenticare. Una lista di sbagli. Una lista di amori inventati. Una vita di amori desiderati e mai avuti. Un paese da lasciare. Uno in cui dovei tornare. Un altro in cui andare. Confusione. Un uomo fissato. Uno matto. Uno cretino. Uno bello. Uno strano. Neanche uno normale.

Quinze jours à tuer, direbbero i francesi. Io aggiungo quindici giorni per rovinarsi. L'anima, il conto in banca, la stabilità mentale. Quindici giorni pesanti come un'ultima settimana di gravidanza, con le gambe gonfie, l'insonnia e la pancia che gratta. Peccato che io incinta non ci sia mai stata. Ma nonostante questo, I should give birth...forse solo per sopravvivere. Quindici giorni in una vita quanto valgono? Domanda senza risposta. Meglio concentrarsi sugli esercizi di respirazione.