giovedì 19 dicembre 2013

Les comparaisons pas trop loyales

Je me suis réveillé à 6h et quelques. J'avais encore ta saveur dans ma bouche. La saveur de tes bisous. 
Je n'ai pas bougé. Mais j'ai pensé. Je me suis dite: avec celui-là, c'était différent. J'avais le coeur qui n'arretais pas de battre. J'étais perdue. Avec toi, je suis plus calme. Je suis tranquille. J'ai encore les sequelles en moi de celui qui est arrivé, m'a pris une partie du coeur et est parti.
Mais c'est le passé. C'est fini. Pas oublié, mais en voie de disparition.
Oui, je sais. Il ne faut jamais faire de comparaisons. Mais je l'ai fait, my baby. Ce n'est pas dit que je la ferai tous les jours, cette comparaison. Non, c'est parce que c'est proche. C'est parce que je ne te connais pas.
Laisse-moi du temps. Donne-moi du temps. Pour t'apprecier. Pour connaitre ta peau. Avec ses taches de rousseur. Pour coller ma peau à la tienne.
Après ça, il n'y aura pas de comparaisons. Meme pas une petite!

mercoledì 18 dicembre 2013

Vigorsol a gogo

Devo scrivere. Si, devo scrivere che sono stata bene. Nonostante il mezzo pacchetto di chewin gum in bocca. Nonostante il mal di gola da mononucleosi che mi hai trasmesso tu, untore che non sei altro. Nonostante il bacio sulla guancia a Leicester Square, mentre io mi aspettavo un bacio da Via col Vento (come me ne avevi dati a tonnellate sabato notte - o forse eri ubriaco e quindi era tutto piú semplice). Nonostante la distanza rispettosa che hai mantenuto per tutta la cena (al massimo mi ha sfiorato la mano mentre agguantavi la bottiglia di vino). Sono stata bene. Sono stata benissimo. Lí a parlare, lí a raccontare, lí ad ascoltare. 
Sono stata ancora meglio quando usciti dal ristorante e mi hai chiesto di toglierti gli occhiali. Io ti ho guardata stupita, ma ho eseguito la tua richiesta. E lí siamo tornati ai baci da Via col Vento. Mi hai anche detto "scusa, ma io con gli occhiali miei che si scontrano con i tuoi, non riesco a baciarti". Diciamo che il cibo thailandese avrebbe probabilmente richiesto una vigorsol anche per te (io me ne ero infilate due in bocca di soppiatto prima di uscire), ma ho fatto finta di niente ed ho apprezzato la tua passionalità da giovinastro sotto i trent'anni. Ho apprezzato anche la tua volontà di andare come le lumache, lentamente. Va benissimo, my baby. 
Va benissimo tutto. Ma la prossima volta, evita di passarmi la mononucleosi. E mangia anche tu una vigorsol, dai! Te la passo io, sotto il tavolo. Cosí le nostre mani si incrociano di nuovo!

martedì 17 dicembre 2013

Forget me not

Non penso ci sia niente da aggiungere. Ma questa frase mi ha cambiato la giornata. Si, non ti scordare di me. Mai. E chi se lo dimentica uno come te!E una come me! (breve momento di gloria personale). 

La calculette et les fautes d'orthographe

Lui mi scrive un messaggio bellissimo. Di quelli da lacrime agli occhi. Di quelli che hai sempre sognato. Ma ci pianta un errore d'ortografia enorme. 
Ecco. Io ho letto. Ho gioito e ho avuto un brivido allo stesso momento. Ho capito che hai una calcolatrice in testa e che sai fare la radice quadrata di 87690 utilizzando solo la tua materia grigia, ma non mi puoi scivolare sugli errori di grammatica, che io, non madrelingua francese, noto. E poi ti posso scusare per tutto, posso trovare tutte le scuse del mondo (era stanco, ha bevuto prima di andare al lavoro, é un ingegnere e gli ingegneri non sanno scrivere, aveva il telefono impostato in lingua slovacca, ceca o polacca, ecc.), ma la libido mi passa. 
Ah, baby baby, ora capisco tante cose. Ora capisco perché Frenchie non mi scriveva mai in francese. Siete anche intelligenti, ma in grammatica, non ve la cavate proprio. Vabbé, vediamo se i baci alla francese mi fanno dimenticare gli errori d'ortografia. E apprezzare te e il tuo French touch.  

domenica 15 dicembre 2013

Angel ou la façon unique d'embrasser à la française

Rendez-vous à Angel. J'ai pensé c'était le meilleur choix. Surtout pour toi, qui arrive de loin. Qui arrive de la zone 4 à l'Est, dans une ville qui ne semble pas avoir des limites. Je me suis complètement trompée, mais ce n'est plus important. Oui, je pensais c'était proche de chez toi.
Tu étais à temps. Avec les lunettes cette fois. Je les ai vu et j'ai pensé "il m'embrassera pas". Les lunettes sont une protection, nous le savons, tous les deux. J'avais envie de marcher, afin que tu me prennes la main dans la tienne, comme tu avais fait la première fois. Mais aller boire était plus simple. Tous les deux, on était un peu sur le nerfs. Oui, deux adultes, qui ne savent pas encore gérer leur anxiétés. Des premiers rendez-vous, des choses laissées en suspense. Et alors, nous sommes allés nous cacher derrière un verre d'alcool chacun. Bien cachés, assis à une table commune, assis l'un loin de l'autre. Pour nous détendre, pour être nous mêmes.
Et petit à petit, les barrières sont tombées. L'une après l'autre. Tu m'as pris la main, tu t'es rapproché. Tu m'as dit "avec moi, il faut aller lentement". J'ai fait un signe de la tête, pour dire, oui, j'ai remarqué et de plus, je me suis déjà écrasée pleines de fois contre un mur, donc on va lentement, on va comme les tortues, mon chéri. On est sorti du pub main dans la main, on est arrivé dans le métro. Angel, disait le panneau. On s'est assis. Tu m'as prise dans tes bras. Et la magie s'est produite. J'ai ressenti la douceur, j'ai ressenti la chaleur. C'était un bisou comme seulement les français savent en donner. A la saveur de la tendresse, de l'incertitude, de la surprise.
J'ai ouvert les yeux et j'ai vu le panneau du métro. J'ai pensé: enfin, j'aurais de beaux souvenirs de cette station. De bisous à la française. Dans une gare qui s'appele Angel. Quoi de mieux?      

Ce foutu bisou à la française

Sono convinta che il Signore o chi per lui prima di mettere al mondo un petit français gli faccia un corso intensivo su come baciare una ragazza. Solo loro, i francesi, ti sanno dare questi baci che ti lasciano senza parole, senza fiato. Che ti fanno girare la testa. Sospiro. Il n'y a rien à faire. Vive la France! 

venerdì 13 dicembre 2013

Ponti di Londra e vino bianco

Senti, io vorrei un weekend fatto di ponti di Londra con le lucine colorate e vino bianco. Me lo puoi concedere?
Al mio fegato ci pensiamo dopo Natale...

martedì 10 dicembre 2013

Io e la mansardina

Tu mi hai detto: devo tornare a casa per costruire la mansardina, insieme a mio padre. Ho già disegnato il progetto, hai aggiunto. E io non mi ci sono vista in quella mansardina. Non mi sono neanche vista con un uomo che fa queste cose.
Dunque buon cielo sereno. Come ti ho detto quando ti ho salutato. Cosi' come ho fatto quando ho salutato tutti gli altri. Sembra quasi che nessuno possa essere speciale a questo mondo. Per i miei canoni. Per le mansardine in cui mi voglio vedere! Rilassata, sul divano.  

No phone, no Frenchie baby!

Una mia amica mi scrive questo: No phone, no Frenchie baby!
 
Io leggo e rido. Si, sono rimasta 5 lunghissimi giorni senza telefono. Si, completamente senza. E nel weekend sono uscita. Tanto. E ho conosciuto questo benedetto francese. Si. Un altro. Sembra che io li attiri. Carino, gentile, pulitino. Che mi abbraccia per salutarmi. Che mi chiede il numero con una delicatezza mai vista qui a Londra. Che mi spedisce messaggi teneri teneri. E che ha anche 29 anni. Si. Non cosí giovane, dai. Io ne ho solo 4 in piú. Ma quando lui mi ha chiesto quanti anni avessi, io ho all'improvviso preso le sue mani e gli ho detto: dai, andiamo a ballare. E cosí abbiamo saltato insieme sulle note di Girls Just Want To Have Fun. Mi ha anche accompagnato a prendere l'autobus notturno. E mi metteva un braccio intorno al collo come quando esci con un ragazzo al liceo. Ecco, un baby. 
Certo, non scordero' mai la faccia della gente quando ci ha visto andare via insieme. Mai la faccia di chi mi aveva presentato l'altro francese. Quello che chiamavano Frenchie. Che io chiamavo Frenchie con gli amici. Ma mai con lui. Era una faccia di sorpresa. Come per dire: come? un altro? E io avrei voluto rispondere, sí, mia cara, un altro. Il primo mi ha scaricato come un sacco di patate. Il primo non mi ha mai amato. Mi ha fatto vivere un sogno, che poi mi ha tolto. Per carità, chi non ha i sentimenti non li puó inventare. E allora, io, me ne prendo un altro, di francese. Tanto non dura. Tanto non la faró durare io. Come dice la canzone, le ragazze vogliono solo divertirsi. Vogliono andare fuori, vogliono ballare. 
Ho passato tre mesi a ballare. Ho passato tre mesi ad uscire tutte le sere. Ad incontrare persone, uomini, numeri di telefono. Per riempire un vuoto. Ho scritto tanto in questi tre mesi. Ho riflettuto tanto. E ho capito che voglio altro. Ma che per ora, mentre aspetto l'altro, mi voglio divertire un po' Ma non sulle spalle di Frenchie baby, sia chiaro. No, con lui saró dolce e delicata come i suoi abbracci. Parce que j'y tiens. Oui. A ne pas détruire les reves des autres.

lunedì 9 dicembre 2013

Un soupir de bonheur

C'est ton anniversaire aujourd'hui. Et moi je suis coincée au travail. Mon gsm m'a abandoné. Le chauffage est éteint et j'ai faim. Je me demande qu'est-ce que tu fais ce soir, toi! Je voudrais bien le feter dans tes bras, cet anniversaire.
Avant de partir du boulot, je repense à toi, encore une fois. A tes bras autour de moi. Je repense à ce weekend de folie. Trois jours de folie. Pour moi. Un weekend un peu italien, un peu français. Avec une envie, de partir, de faire la valise et aller ailleurs, en vacance. Au chaud. Au soleil. 
Un weekend alcolique. Un weekend passé sur un pont à regarder les trains et les étoiles. Et la Tamise, of course. Un weekend à errer avec toi dans les petits rues de la City, dans le noir, avec ton bras sur mes épaules. Un weekend à entendre les amis me dire "ben bon, celui-là, à moi, il ne m'a jamais plu" ou encore "fais attention à ne pas te blesser". Comme si on pouvait faire attention. Dire au coeur "bon là, tu arretes". Ah, la vie, quelle expérience. Ah, la vie, quel reve. Ah, la vie, quel cauchemar de temps en temps.
J'ai eu ma little romance. Oui, je l'ai eu. Et ce n'est jamais assez. Alors, reviens. Alors, comme je t'ai dit, rendez-vous au pont de Chelsea. Comme tu m'as dit: pour regarder les trains. 
Soupir. Oui, de bonheur. Enfin, ça fait du bien de temps en temps...

domenica 8 dicembre 2013

Mon pont de Chelsea

J'ai ouvert les yeux et j'ai vu le verre de vin sur ma table de nuit. J'ai ressenti également ce mal de tête que seulement la gueule de bois peut donner. J'ai soupiré.
J'ai passé une de mes meilleures soirée à Londres. Je te l'ai dit en te regardant dans les yeux. Moi, toi, beaucoup de vin blanc, quelques légumes pour mettre quelque chose dans l'estomac et le jeu était fait. Moi, toi et mon pont préfèré à Londres. Celui sur lequel je suis allée avec l'intention de me tuer une nuit d'avril quand rien n'allait. Celui sur lequel j'ai couru tant de weekends, avec les larmes qui coulaient, parce que je ne m'étais pas révoltée contre la violence de celui que j'aimais et je m'en voulais à mort. Je courais et je pleurais et je me purifiais de cette violence, de cette moi que j'avais détestée, de notre histoire tombée à l'eau. Et en courant, je me sentais renaitre, il y avait une nouvelle Francesca qui surgissait à chaque pas.   
Je t'ai dit: viens, on va sur la Tamise. Tu étais un peu perdu, mais tu m'as suivi. J'ai choisi les rues plus noires, afin qu'on ait des complices de ce moment de folie. Nous nous sommes retrouvés sur ce pont, avec ses milles lumières sur nous. Encore moi, toi, ton bras qui me serre, la tête en bas, qui regard la Tamise, qui s'en va vers la mer, silencieuse, nos mots, une cigarette à partager qui pend de nos lèvres.  
Je t'ai vu partir dans le noir. Je ne sais pas si je te reverrai. Tu rentres dans notre propre pays, où tu as ta vie, ton boulot-dodo, ta copine. Oui, elle aussi. Oui, elle que tu aimes. Tu m'as offert un rêve. Sur un pont de Londres. Sur mon pont de Chelsea.   
C'était bien. C'était super. C'était ce que je voulais. Bonne continuation, Monsieur. 

venerdì 6 dicembre 2013

Citation: Je voudrais etre morte

Il est venu me voir et il m'a mit une feuille sous le nez. Voilà ton poème, il m'a dit, avec un grand sourire.
J'ai lu à haute voix. J'ai souri à mon tour. 
Il est beau, ce mec, j'ai pensé. Il est beau du coeur. Chose qui est rare. 
Il y a fait les humanités comme moi. Il est dans la meme cage que moi, maintenant. La cage dorée, on l'appelle. Il a la meme frustration que moi. Des jours, nous la partageons.
En regardant La vie d'Adèle, j'ai repensé à mon adolescence. J'ai repensé à ce poème en grec ancien, que je recitais tout le temps. Il n'était pas gai. Pas du tout. Il disait "Je voudrais etre morte sans ton amour". C'était l'adolescence, je ne pouvais pas etre bien dans ma peau.  
Quand je l'ai vu, je lui ai demandé. Je savais qu'il savait. Il savait meme de la femme aux sandales multicouleurs. Des réfèrences d'une vie passée. Lointaine. Finie.
Après il m'a dit que j'étais belle avec ce t-shirt couleur de la mer. J'ai souri. J'ai dit: je suis en train de géler dans ce t-shirt. Mais il me plait. J'ai un RDV galant, c'est mon porte bonheur.  Tout le monde m'embrasse quand je porte ça.
Il a souri encore. "Gros souri lundi, alors?".
"Non, j'ai dit. Lundi, il sera déjà ailleurs. C'est la vie. Des fois, la vie choisit pour nous. Il y a des copines, il y a des avions, il y a une vie ailleurs. C'est qu'un moment. Une mensonge. Mais je veux y croire pour le temps d'une nuit. Demain, au revoir. Sans se dire je voudrais etre morte".

giovedì 5 dicembre 2013

Desirs

Si tu peux demain soir, quand tu me verras, embrasse-moi. J'oublierai ta copine, si tu veux. La pauvre.
Si tu peux, ce soir, fais-moi de l'espace dans tes bras. Comme tu fais toujours quand je rentre au soir, fatiguée.
S'il te plait, demande-moi pardon. Parce que tu le penses. Tu le crois. C'est ridicule de faire semblant de rien.
S'il te plait, dis-moi, j'ai deconné. Je ne veux pas que tu reviennes, mais ça me ferait plaisir d'entendre ces mots.
S'il te plait, toi, mon amie, ne pars pas. Continue cette aventure avec moi. Dans cette grande ville. Dans les moments de merde et la joie pure.
S'il te plait, ne me demande plus ce que tu sais déjà. Je suis claire avec toi, quand je te parle.
S'il te plait ne tombe pas amoureux. Je ne peux pas le faire. Je t'ai dit: Je me suis vacciné contre l'amour. Eloigne-toi si tu en veux. J'en ai donné de tonnes, je n'en ai plus.
S'il te plait amène-moi dans ce resto, fais-moi un sourire, fais-moi rever. Nous savons que le lendemain c'est fini. Les avions choisissent pour nous, certaines fois. Tant mieux, non?
S'il te plait fais-moi dormir une vie. Je suis tellement fatiguée. Et fais-moi rever. Que de belles choses.
 

Mon bonheur à moi

Elle m'a énervé. Je me suis dit: c'est trop. Elle. Avec sa vision banale de la vie. Elle avec sa vision limitée de la vie. Elle qui sait toujours poser la question qu'il ne faut pas poser au pire moment. Elle qui est capable de me rappeller les pires choses de ma vie, juste au moment ou' je suis bien, ou' je commence à me sentir héureuse. 
Oui, je sens le bonheur. Oui, le mien. Oui, je suis contente de rien. Un bisou sur mon cou avant d'aller bosser pendant que je fais la vaisselle du matin, un thé avec une amie, une pedicure avec une autre. De plans pour le fin de semaine, des fetes de Noel, des e-mails à échanger avec des pensées de vie, un ami retrouvé après trois longs mois de silence, auquel j'ai su écrire "Joyeux annif et stp reviens, tu me manques". Tout ça me donne du bonheur. 
Il y a des manques, C'est clair. Mais je fais avec. Il y a de peurs. C'est clair. Mais je fais avec. Ou pour l'instant. Rien n'est pour toujours, je l'ai toujours su. Ni le bonheur, ni la douleur. Rien. 
Et alors, toi, arrete. Arrete avec ton visage reluctant. Arrete avec tes piques. Arrete avec ton malheur, qui tu dois reverser sur les autres. Toi, tu es la source de ton malheur. Et de ton bonheur aussi. Je l'ai découvert ça ne fait pas longtemps. Et depuis, je suis contente. Je souris à moi et à la vie.

mercoledì 4 dicembre 2013

Je voudrais une vie comme la tienne

Il m'a dit: Je voudrais une vie comme la tienne. 
Je l'ai regardé et je suis restée en silence.
Tu veux quoi de ma vie? 
Le fait qu'elle est toujours en movement, toujours un peu folle. 
J'ai avalé. Comme si j'avalais un crapaud. Après je lui ai dit:
Veux-tu aller parler aux gens de choses que tu connais à peine, seulement parce que la personne qui devrait y aller ne veut pas y aller et elle est plus haut gradée et peut donc se décharger de ses responsabilités?  Veux-tu un colloc qui pleure en regardant Dirty Dancing? Veux-tu avoir l'habitude de diner avec une bouteille de vin, parce que tu es au travail ou encore une fois à un RDV galant avec quelqu'un qui tu as connu quelques jours auparavant et qui a une copine/femme qui l'attend à la maison, mais qui ne te l'a pas dit, et par contre il est en train d'essayer de te peloter les seins? Veux-tu travailler dans un contexte dans lequel tu dois ressembler à un homme, t'habiller comme lui, te comporter comme lui, parce que le machisme est un défis quotidien? Veux-tu etre célibataire, meme si tu as toujours pensé d'avoir un jours un mari et 6 enfants, parce qu'ici tu trouves seulement plein d'hommes pour se saouler, faire une partie de jambes à l'air, enregistrer un numéro sur ton portable et les revoir maximum trois fois avant de passer au suivant? Veux-tu travailler comme une folle en savant que ta carrière ne progresse pas, parce que tu es blocquée dans un système, dans lequel on ne peut pas avancer trop vite, parce qu'il y a une foutue grille à respecter? Et tu sais, moi je comptais avoir une carrière, parce qu'il parait que je ne peux pas avoir une famille!
Il n' a rien ajouté. Il a souri. Il a pris ma main. 
Je pense je lui ai fait de la peine. Je me suis faite de la peine. Je me suis dit "Putain, il faut changer tout ça". A partir de maintenant. A partir de maintenant je veux une autre vie. La mienne. Comme je la désire. Comme je la merite.  
 

lunedì 2 dicembre 2013

Un marché des peaux

Elle m'a dit "Il a une copine, Francesca". J'ai répondu "ah bon?". Ah bon, il ne me donnait pas cette impression qu'on s'est rencontré. Quand on s'est vu après, pour un tete à tete. Pas du tout. Justement, le contraire, cher Monsieur qui cache bien son jeu. Je savais qu'il partait. J'en était contente, ça m'arrangeait. Une semaine de reve, je me suis dite, sans expérences. Tout clair du début. Tout qui se termine avec un ticket d'avion. Sans regrets. Hier, cette phrase m'a fait faire marche arrière. J'accepte le reve, mais je ne veux pas le faire payer à quelqu'un d'autre. Je n'enlève personne à personne. Je reste là, en tout cas, il pars bientot, lui. 
Londres, encore une fois Londres. Un marché des peaux. Il me disait "tu as la peau toute douce". Ce n'était pas le premier qui me le disait. Je restais en silence. Je pensais dans ma tete "toi, tu as la peau qui sent la mer". Enfin, ça nous reste ça. Un échange des peaux. Une douce. Une salée. Rien de plus. Voilà, Londres!

venerdì 29 novembre 2013

Autocitazione triste


Noi non parliamo di noi o di cose serie, figurati. Sarebbe come aprire il vaso di Pandora. 
Meglio parlare di cavolate, fare battutine, perché mai parlare di noi e di quello che é successo e mandarci di traverso la cena, il pranzo e la colazione del giorno dopo?  
Triste, ma vero.

J'en ai marre

Aujourd'hui j'en ai marre. Oui. J'en ai marre de gens qui se cachent. Ils se cachent pour nier leur existence, les sentiments, les problèmes. Ils se cachent et il me laissent toute seule avec un sens de quelque chose qui ne part pas, qui ne va d'aucune coté. Je me retrouve toujours seule, moi, dans ma vie, dans mes relations d'amitié et de pseudo-amour. Seule à réflechir, à essayer de comprendre. A me fatiguer. Tu m'as fatigué. Je te l'ai dit. J'ai dit j'en ai marre. J'ai dit s'il te plait, sors de ton coin. Je l'ai dit à toi comme je l'ai dit à d'autres personnes. 
Aujourd'hui, j'en ai marre. Je vis cette journée comme ça. Sans cerveau. Sans me poser des questions sur les autres. Je pense à moi aujourd'hui. Je me cache aussi. Voyons si ça me fait du bien!

mercoledì 27 novembre 2013

Stay with me

Ero in un bagno di un locale di Piccadilly. Ero li' dentro chiusa, mi tenevo alle pareti perché mi girava tutto. Come al solito. Come spesso mi succede a Londra. E mentre mi aggrappavo alla parete per stare in piedi mi sono detta che sono stanca di vivere cosi'. Si, sono stanca di uscire, di conoscere, di parlare, di giocare sempre lo stesso gioco, di tornare a casa ripetendomi "cerca di camminare lungo la linea dritta dei tasselli di pavimentazione" per non dar a vedere che cammini storta. Sono stanca di tutto questo. Di questa agenda piena, delle presentazioni da fare al lavoro, dei meetings e di tutto questo. Io voglio solo una cosa. Io voglio solo un'idea. Un sogno. E lo sintetizzo cosi': stay with me.

Pensiero mattutino

Ci sono degli uomini che ti prendono per sfinimento. Ti cuociono in padella lentamente. Tu non ci vorresti proprio entrare nella padella, ma loro a forza di provarci, ti ci fanno entrare e ti ritrovi a rosolare fra i tuoi pensieri.
E questi uomini sono i più pericolosi. Non usano fiori, né regali, non bugie, ma occultamento della realtà e tu ci cadi. Ti senti scivolare come su un tobogan, mentre ti attacchi alle pareti dello scivolo per non caderci. Passi settimane a evitare baci che poi ti ritrovi a desiderare ardentemente.
Sbuffi e ti chiedi "ma perché? Perché io?". Una lenta condanna. Ecco cosa sono questi uomini!
P.S. Le mie statistiche personali mostrano che i fisici amano usare dropbox. Forse perché vedono la vita come un insieme di scatole, sospese nell'aria, nell'infinito universo.

martedì 26 novembre 2013

Scene da metropolitana

Signorina, si sente bene?
Si si.
Ne é sicura?
Si si.
Ma non sta in piedi ed é mattina!Non le é passata la sbornia?
Porto i tacchi.
Ah, non é di Londra, vero?
No.
Eh, le donne a Londra non perdono mai l'equilibrio per colpa dei tacchi.
Lo so, ma io altre ai tacchi ci metto anche i pensieri.
E le fanno perdere l'equilibrio?
Eh si, cos'é la vita se non un insieme di perdite di equilibrio?
E poi lei dice che si sente bene!

E sorride, mi fa l'occhiolino e se ne va!

lunedì 25 novembre 2013

Une soirée tranquille

Tu as un rendez-vous galant, Francesca? J'ai répondu avec une mensonge. Non, pas du tout. Je sors avec mes potes du cours de brésilien. Un mensonge, parce que je ne voulais pas te dire la vérité et t'entendre te dire "je le savais, tu ne peux pas arrêter". Il part, j'aurais voulu ajouter. Il s'en va, donc c'est une sortie tranquille, je n'ai rien à perdre.
Et c'était une bonne sortie. Une sortie un peu alcoolique, comme on peut faire que ici. La juste quantité d'alcool pour oublier, pour oublier les limites, pour laisser de coté les réticences, pour n'avoir honte de ce qu'on dit ou on fait. Une bonne soirée, rien de plus. Avec de la bonne musique aussi, ma musique à moi. Cette chanson qui rép§te I'm yours so I don't have to leave anymore, que je chantais à moi même dans les rues de Londres l'hiver passé. J'en ai fait de chemin depuis là.
Il y a une chose que j'ai dit à la fin: ne me tente pas. Oui, laisse-moi vivre cette soirée comme ça, en savant que tu pars dans une semaine, qu'il n'y a pas de demain ni d'aujourd'hui. Une soirée comme ça, un peu tendre, un peu naive. Sans demain. Tranquille!

Une belle soirée

Ho voluto vederti per rivedere le tue mani. Piccole e un po' pelose. Ho voluto rivederti per vedere la ruga sottile che hai sotto l'occhio destro. La guardavo e sfioravo sempre all'epoca, con i miei polpastrelli.
Ero agitata mentre andavo al pub. Non sapevo se fosse la scelta giusta. Ma l'ho voluta fare lo stesso. Avevo paura di farmi male, ma allo stesso tempo avevo la netta sensazione di doverlo fare. Quasi un obbligo morale. Un obbligo per me stessa. Ho perso tanto nella vita, mi sono detta. Non voglio perdere anche questo. Volevo risentire anche il tuo odore, anche se non mi ha mai abbandonato. Volevo rivedere tutto questo per valutarlo, per valutare la mia reazione, il mio cuore. Volevo dirmi "non ti sei sbagliata". Volevo dirmi "é una brava persona, non mi ha solo preso in giro". Volevo dirmi "non buttare via i ricordi, quelli belli, anche se pochi".
Non ti ho amato. No. Ma ho creduto in un progetto con te. Ne avevo bisogno. Ho scelto per non morire, dice una vecchia canzone italiana. Alla fine, tu hai scelto per me e mi hai scaricato, insieme a quel progetto. E io sono tornata in piedi come sempre. Ma a condizioni diverse. Molto disillusa. meno pronta a concedere. Stanca di giocare sull'asta dei corpi di Londra. Decisa a volere altro. A volere il niente se devo avere quello che Londra mi ha dato in questo mio tempo qui. 
E' stata una bella serata. Sono stata bene. Tu mi hai detto lo stesso. Avrei solo voluto che tu fossi piú sciolto, piú tranquillo. Io non mi rifarei mai avanti. Io non supererei mai quella sottile linea di rispetto che la fine di una storia traccia. Mai. Io vorrei solo una persona che mi guarda negli occhi e capisce. Come vorrei farlo io guardando nei tuoi. Ma per farlo bisogna voler capire, voler vedere. Vedere la realtà. Non quelle bugie che ci raccontiamo. Una persona che non mette distanze. Ecco cosa vorrei. Una persona che mi chiama per sapere come sto, perché gli interessa. Auguri a trovarla. Penso. Pour une fois, je voudrais que tu le fasses pour moi. Je ne demande que ça. De temps en temps. Sans obligations. Mais avec de l'affection. C'est ça qui compte dans la vie. Tu le sais.

Conseil du weekend

Quelqu'un m'a dit. Francesca, n'oublie pas ton coeur. Oui, mon coeur. Moi, j'ai respiré. J'ai pensé: il est parti ou' mon coeur? est-ce j'ai encore un coeur qui bat, qui est capable d'aimer? J'aurais voulu ajouter ça. Mais je suis restée en silence. Ce putain de silence qui me tue, ou qui essaie de le faire mais n'y arrive pas. Et non, je suis comme l'acier. On ne me coupe pas, on ne me plie pas. Il faut que j'y crois à ça!
Bonne chance!

venerdì 22 novembre 2013

Il weekend dell'amore

Oggi lavoro mezza giornata. Perché dopo mi dedico all'amore. In tutte le sue forme. Ecco, dall'amicizia a quello vero (provato forse una volta in vita mia). E mentre lascio l'ufficio ascolto questa: http://www.youtube.com/watch?v=vedIWzszUw4. Ancora e ancora. My little romance. Delle volte bisogna tornare a sognare. E lasciare gli incubi da parte. J'en ai droit, je pense!

mercoledì 20 novembre 2013

La cena dei farmacisti

Mi hanno invitata, come parte del mio lavoro. All'inizio ero dubbiosa. Non amo queste occasioni mondane, da vestito quasi da sera. Poi la mia capa ha insistito (é importante andare, mi ha ripetuto fino allo sfinimento) e cosí sono andata. Mi sono detta che avrei mangiato bene e bevuto champagne tutta la sera.
E cosí ieri sera dopo lavoro, mi lancio nel Tubo e mi dirigo verso la cena dei farmacisti. La organizzano a Mayfair, nella centralissima e chiccosissima Londra. Un quartiere bello, ma intrigato peggio di un labirinto. Io naturalmente sono in ritardo. Mi sono fermata a parlare con una collega al lavoro prima di uscire e sono uscita tardi, chiaro acte manqué che indica che non muoio proprio dalla voglia di andarci. Mi infilo nelle strade buie del centro, rischiarate dal bianco dei palazzi. Trovo la strada facilmente e inizio a contare i numeri civici, quando visibili. Ci siamo quasi, mi dico, quando vedo una freccia verso un palazzo con qualcosa scritto in un carattere minuscolo. Non mi fermo neanche, entro, penso dentro di me quante cene dei farmacisti ci saranno a Londra? 
Getto uno sguardo all'orologio mentre faccio la coda all'entrata e mi rendo conto che sono in ritardo. La ragazza all'accoglienza non trova il mio nome sulla lista degli invitati. Io mi spazientisco un po' e insisto che ho l'invito con me. Glielo faccio addirittura vedere e lei mi fa entrare e aggiunge "é fortunata, sono ancora all'aperitivo, la cena inizia fra 15 minuti". Arrivo nella sala del rinfresco, prendo un bicchiere di champagne al volo e inizio a bere. Mi guardo intorno. Mi si avvicina un uomo sulla sessantina (a queste cene non ci sono mai uomini belli e affascinanti) e inizia a parlare.
Cosa l'ha portata qui?
Mi occupo di salute, dico io (e vedo lui che mi guarda un po' perso). E lei?
Io sviluppo siti internet.
Ah, interessante. Per le aziende farmaceutiche?
Ehm, no, per tutti.
Ah. 
Ha votato per il miglior sito web dell'anno?
Sito web delle aziende farmaceutiche? 
No. Ma lei ha una fissazione con i farmacisti?
No, assolutamente. Ma scusi, siamo alla cena annuale dell'associazione dei farmacisti. 
Ehm, no, siamo alla cena annuale di coloro che sviluppano siti web, signorina. 
Eh?
La sua é la scusa migliore che abbia mai sentito per infiltrarsi ad un party senza essere stata invitata!

Morale: la cena dei farmacisti era next door. Per accedere alla sala si passava da un palco, su cui stavano facendo il discorso inaugurale. Sul palco c'ero io trafelata e il presidente dell'associazione dei farmacisti. Momenti di pura ilarità. Con tinte porpora sulle guance. Fortunatamente l'età media era 75 anni. Dormivano tutti, seduti nei tavoli splendidamente addobbati!

martedì 19 novembre 2013

I've got a secret

Ho un segreto. E non ci dormo bene. Non ho detto niente a nessuno e ho agito. So che se avessi parlato tutti mi avrebbero sconsigliato di farlo. Ma io sono adulta e decido da me. E cosí ho agito. So che questo segreto mi potrebbe fare male. So che mi sono esposta a qualcosa a cui forse non sono preparata. Ma la vita é anche questo. Rischiare. provare. Non l'ho fatto per amore. Non c'é mai stato. Non l'ho fatto per vendetta. Non sono il tipo. Ma avevo bisogno di farlo. Avevo bisogno di sentire una voce. Di riprendermi quello che ho perso. E' andato, sia chiaro. Ma io lo dovevo fare. Io dovevo fare i conti col passato. E cosí mi tengo il segreto. Aspettando di dirlo a chi dovrebbe condividerlo con me.

lunedì 18 novembre 2013

Vieni, ti presento la mia Londra


Vieni, ti presento la mia Londra!


Strani incontri da metropolitana


Mi gira la testa

 
 
Amori istantanei
 
 
Ristoranti medio-orientali


 
 Amici di famiglia alla Tate

 
Il tuo posto preferito

 
Sister senior and sister junior
 

Quello che ho perso

Ho guardato tutto il tempo le sue mani. Come stregata. Mi ricordavano quelle di qualcun'altro. Sottili come le sue. Pelose come le sue. Piccole come le sue. Ad un certo punto, mi ha guardato e mi ha chiesto se andasse tutto bene, perché mi vedeva persa. Ho risposto con un cenno della testa, ma avrei voluto dire sí, sono persa, sí, non so cosa mi sta succedendo. Poi ho riguardato quelle mani e ho parlato. Sono intervenuta nella conversazione. Ho parlato di energia nucleare come dovevo fare. Ma ho comunque guardato quelle mani anche in quel momento. 
Ci sono cose che perdi delle persone quando escono dalla tua vita e non ritrovi. La voce. Il profumo. La sensazione della loro pelle sotto i tuoi polpastrelli. Le loro mani. Io tutto questo l'ho perso. E non una volta sola.

sabato 16 novembre 2013

Post rubato

Grazie per avermi insegnato che cosa vuol dire la forza di volontà, la tenacia, la determinazione, il coraggio di andare e di lasciare, la forza di credere in un progetto di vita, in un ideale grande; grazie per aver dimostrato che i sogni non sono pericolosi e si possono inseguire e realizzare, che il sudore e la fatica non sono inutili, che l'impegno dà risultati a volte non immediati, ma seri e... concreti. Grazie perché sei un esempio di forza indescrivibile, perché cadi e ti rialzi, perché credi in quello che fai, perché vuoi rendere il mondo migliore, fin da quando eri piccola e già immaginavi...Grazie perché ho imparato con te ad essere orgogliosa, fiera, grata. Grazie perché mi hai insegnato che amare vuol dire rispettare, lasciare andare, mandare indietro le lacrime e sorridere perché i tuoi occhi dicono "io così sono felice". Grazie per avermi insegnato che l'amore conta, che annulla ogni distanza fisica e che nessun luogo è lontano...perché se desideri essere accanto a qualcuno che ami, non ci sei forse già?
Sempre fiera, fiera e orgogliosa di te, Sister!
 
 
La mia risposta é che io sono uno strumento. Si, di un progetto superiore. Non sono mai sola. C'é una mano che mi guida dall'alto. Che mi tira su quando cado. Che mi mette un materassino sotto per farmi meno male. Io voglio un mondo diverso. E devo iniziare dalla mia vita per vederlo realizzato. Questa vita é dura, é fredda, é sconsolata a volte. Ma fa crescere una consapevolezza, una visione della realtà che vale tutta la sofferenza, la lontananza, la stanchezza per una lotta continua. E chi mi é vicino mi ha aiutato a costruire tutto questo. Da quando avevo paura del buio da piccola, alle versioni corrette la sera, agli aerei presi in fretta e furia per impacchettare una vita e iniziarne una nuova. Grazie a te, sister, grazie a questa mano che veglia su di noi (chiamala dio, chiamala fato, chiamala qualcuno che é passato a miglior vita). 

venerdì 15 novembre 2013

Ufficiale

E' ufficiale. Resto qui. A questo punto devo rispettare quanto promesso a mia nipote (il personaggio piú interessante della famiglia): andremo al parco di Peppa Pig a sguazzare nelle pozzanghere e le faró conoscere la principessa Kate e il suo figlio George (che si chiama proprio come il fratello di Peppa Pig, guarda il caso), anche se non ho ancora capito molto bene come. Ma non importa ora. Ora festeggiamo. Se non avessi il mal di stomaco, mi berrei un bicchiere. Ma non posso. Sigh. 
P.S. Il primo pensiero quando ho visto la lettera é stato "cavoli, lascio Londra a 39 anni! Una vita andata!". Ma forse no, vero?

Bombe ou bobonne?

S'il fallait choisir entre bombe ou bobonne, moi, j'aurais du mal. Mon éducation m'amène à jouer la bobonne, mon instict parfois la bombe. 
Pfff. Pas facile. Pour l'instant, je reste au milieu! 

Lezioni di riproduzione umana in casa

Stai meglio?
Mica tanto.
Hai vomitato ancora?
No, quello ho smesso. 
Ma non é che sei incinta?
Ma secondo te! Ma poi viviamo insieme, lo sapresti, no?
Oddio, allora forse il padre sono io?
Oddio, sto male.
Ecco, vedi non ti é passata. 
No, non mi é passata e mi incrementa quando ti sento parlare cosí. Non si rimane incinta guardandosi negli occhi o sedendosi sullo stesso divano, lo sai? 
...
Un giorno o l'altro ti spiego come funzionano le donne, gli uomini, le donne e gli uomini insieme. Preparati. E' complicato. Non il lato tecnico, il lato filosofico. 
...
Vabbé, andiamo a lavorare, dai. 

giovedì 14 novembre 2013

Gaviscon a gogo

Ho passato un weekend ad invocare il Gaviscon. A sperare che apparisse. E che saziasse il mio mal di stomaco. Il mio buco nello stomaco. Per non rispondere a frasi come "tu cosa ne capisci di bambini? tu non hai mica figli". E io che dentro di me ripetevo come un karma "non é stata una scelta mia, sai. Non ci sono state le condizioni". Ma chi se ne frega della mia risposta. Chi si ferma ad ascoltarla? chi cerca di capirla?
Poi dopo due giorni di male, ho vomitato. Dopo non aver mangiato per 24 ore non avevo molto nello stomaco. Ho svuotato lo stomaco dell'assenza, del niente. Ho svuotato il secchio che avevo accanto al comodino, l'ho pulito, mi sono lavata la faccia. Mentre facevo tutto questo riflettevo sulla solitudine. Era notte, ma non era tardi. Nessuno dei miei coinquilini é uscito dalla sua stanza. Eppure i conati di vomito li senti. E a me andava bene cosi'. Era meglio cosi'. Stavo bene in quella solitudine atroce, con un secchio del mocio in mano, i capelli spettinati e una mano sullo stomaco sofferente, le lacrime che scendono sempre da quando sono bambina se mi capita di vomitare. Come se ci rimanessi male, senza sapere il perché.
C'é chi mi dice che l'ho scelta io questa vita. Io dico no, non é vero. E' stata quasi una scelta obbligata. Non ho potuto fare altro. Non mi sono mai voltata indietro. Non ho mai detto "torno". No, sarebbe stato da codardi. Non sarebbe stato logico, no? Eppure due giorni fa, ad un semaforo, attorcigliata ad altri milioni di londinesi nel caos e nello smog, io ho avuto il desiderio di casa. Il desiderio di patria. Della mia patria.
Ma le mie scarpe sono bagnate, rotte, cadono a pezzi. Sono libera, questo si. Ma non ho i mezzi per fare quello che voglio. Ci rifletto su questa cosa. Rifletteteci anche voi. Questo vale per i figli mai avuti, i ritorni mai avvenuti, gli amori sbagliati e finiti. Per ora c'é solo il Gaviscon. Da deglutire. Si, a gogo. Per far passare tutto questo. La tristezza, la scontentezza, l'arrabbiatura. E anche la delusione. Per lasciare il posto ad altro. O almeno cosi' spero.

martedì 12 novembre 2013

Il mio Dio

Oggi ho detto ad un'amica: se fossi mia madre, ti direi pregheró per lei, ma non lo sono.

Poi ho pensato al mio Dio. Si, a quello che prego. A mio modo. Con le mie parole. E mi sono fatta una risata. Il mio Dio é un tipo rilassato, cool direbbero gli inglesi. E penso fumi erba e strombazzi a destra e a manca. Sí, ve l'ho detto é cool. Ma c'é sempre quando lo invoco. Questo lo so. Questo é quello che conta. Non la forma. Ecco. Il mio Dio vive a Londra, forse. E beve una pinta quando si sveglia. Ma forse non importa. Lasciamolo libero di fare quel che vuole. Tanto c'é. E se questa non é un atto di fede!

La tristesse contente

Questo post sarà in francese, perché ispirato da una conversazione avuta con qualcuno d'Oltralpe. 

Je t'ai dit "Je suis d'une tristesse contente". Tu as souri, comme tu sais faire. Un petit souri blanc et poli. Bizairre qu'un souri puisse etre poli, non? Mais le tien est comme ça. Et tu as ajouté "ça c'est intéressant". Et après avec tes petits yeux, qui semblent toujours fermés, tu as dit: "Dis-moi plus". Et alors j'ai parlé. Je t'ai raconté, sans te donner les details. J'ai parlé de la fatigue, de mes cernes. J'ai parlé de mes soucis, le travail, la famille loin, mon papa qui ne va pas bien. Tout brievèment, je ne voulais pas dire plus. J'ai également parlé de mon déménagement ici, que a laissé une grosse cicatrice sur mon coeur, sur ma memoire, sur ma vie. Mais encore une fois, je n'en ai pas trop dit. Je ne voulais pas. Je voulais me contenter des sourires. Je voulais me contenter de ce bonheur. De ces longues conversations. Je voulais confier tout ça au passé. Le présent est autre chose. 
J'avais les larmes aux yeux. Mais ça, ça fait partie de la tristesse contente. C'est la vie, non? Et toi, tu as souri, une fois de plus, et fais signe avec la tete. Oui, c'est ça la tristesse contente.

giovedì 7 novembre 2013

Considerazione del giorno

Nessun mai come te. 
Ho detto tutto. Ma chi é questo te? eh, non é uno. 
Questo é il punto. Ci vorrebbe la centrifuga per le persone.
Potrebbe generare effetti interessanti. E felicità e amore a gogo. 

Amo citare

I feel so high when I touch your sky.
 
E io: Baby, solo a Londra si dicono queste cose. Potresti tornare ad essere una persona normale? Io a Babbo Natale non ci credo più. (Ho pensato che dirgli "che ti sei calato?" fosse politically incorrect. Meglio citare Babbo Natale e rimembrare i ricordi di infanzia, cancellati dalla coca a parer mio).


P.S. C'é un solo posto sicuro dove non incontrare questi tipi fortuiti, che ti vengono sempre e comunque a parlare: il divano di casa mia. La settimana prossima sto a casa. Seduta sul divano, tutte le sacrosante sere. 

mercoledì 6 novembre 2013

When I was a witch...


Autocitazione pomeridiana

La mia testa fa spinning in questi giorni. Il mio corpo decisamente no. I wish the contrary. 
(Il mio interlocutore ha riso. Io a momenti piangevo).

E ho aggiunto con un altro interlocutore: Ma tete marche très bien, mais ailleurs. Pas ici. Et je ne sais pas ou' ailleurs se situe. 

E ancora:

Veux-tu partir vivre en Afrique du Sud?
Pourquoi pas?
On pourrait avoir un lion comme gardien dans le jardin.
(Moi) Et du bonheur entre les murs. 

Scusate, mi fate scendere?

Non dormo, non ci riesco. E' tornata l'insonnia. Mi chiedo se se ne sia mai andata. Mi sveglio poco prima delle 5. Alla faccia della banda sugli occhi. Alla faccia dei tappi di cera. Alla faccia del mio motto "mi chiudo nel mio mondo ovattato e me ne frego". Il perché? Non é uno, sono tanti. Sono stressata. Per il lavoro. Per la situazione in casa. Per la famiglia lontana anche. Sono stressata per tutto quello che mi é successo in questi ultimi due mesi. Per queste relazioni umane cosí estremamente complicate. Per queste delusioni, che poi ora non sono neanche piú delusioni. Per le domande continue che pongo a me stessa e non a chi di dovere. Per chi ad un appuntamento non galante ha osato chiedermi come fosse il mio letto, aggiungendo "il mio é singolo, quindi se vogliamo concludere dobbiamo andare a casa tua". Io a casa mia ci sono andata subito, da sola, ripetendo fra me e me: "ma non era una birra fra amici?". Devo aver capito male.
Il problema é che ho capito tante cose male. Ho travisato intenzioni. O forse mi hanno fatto credere espressamente altro. E questa confusione mentale e fisica, non mi fa dormire. Mi dico "ho bisogno di una vacanza". Ma sono appena tornata. Strana la vita. Strane le relazioni umane. Strane le palle che ci raccontiamo, che mi racconti e che mi hanno raccontato. Come diceva qualcuno morto da tempo: scusate, mi fate scendere da questo treno chiamato vita? Mi é venuta la nausea. A me anche l'insonnia, aggiungo io!

martedì 5 novembre 2013

I have been loved

Ci sono giorni che iniziano male dal mattino. Iniziano male dalla posizione in cui ti sei svegliata nel letto, dal torcicollo che ti blocca. Iniziano male con l'acqua della doccia che é fredda e non si scalda. Iniziano male nonostante quell'ora che passi a parlare francese con questo omino che ti piace tanto, perché é delicato, dolce. Un'ora che alla fine diventa un'ora di sorrisi, di consigli di lettura e di film che ti passa sotto banco. Francesi, naturalmente. Iniziano male poi quando la capa sbaglia e ti fa fare una figuraccia. Inizia male quando leggi che il collo si blocca per gli amori repressi. Ah, ti dici, io ne ho una lunga fila di amori repressi. Inizia male quando ti arriva l'invito alla cena annuale dell'associazione dei farmacisti. E ti dici "Ma questi qua, proprio ora dovevano spuntare?". Non ti hanno mai considerata, mai scritto. E ora sono estremamente keen, come dicono loro, di offrirti una cena di gala. A te and your partner, aggiungono. Riguardi l'invito. Sospiri. Rispondi. Accetti il tuo destino. Ridi e pensi: sotto sotto sono stata amata. Si, dall'associazione dei farmacisti. Dall'associazione ripeto. Non da loro.

lunedì 4 novembre 2013

Eres una mujer complicada

Eres una mujer complicada. E no. Non lo sono, sai? Non mi sono alzata dal tavolo solo perché mi piaceva molto il burger che stavo mangiando. E lo volevo finire. Non ho neanche detto quello che volevo a parole. Non volevo rovinarmi la digestione. Ma ho tagliato corto. Devo tornare a casa presto, ho detto. Poi, tu mi hai mandato una mail nel tardo pomeriggio, perché ti eri perfettamente reso conto d'avoir merdé, come dicono i francesi. E lí, forse un po' codarda, forse un po' calcolatrice (a volte lo posso essere anche io) ho scritto le cose come stanno. Maybe, darling, I'm not so that much into you. Nos entendemos? creo que si. Si, ci capiamo. Io non sono quella donna. Io non voglio essere la tua donna, il tuo date, il tuo so called love, il tuo one night standing. No. Non con te, non con un altro (ma qui mi lascio un po' di libertà, perché potrei anche cambiare idea), non ora. Penso di aver dato abbastanza. Penso di meritare e volere altro. 
Io non sono complicata. Ma io se do', voglio ricevere. Io ho standard alti, io chiedo tanto. Ma do' anche tanto. Sono anni che cammino da sola. Ho avuto tanti uomini, li ho cambiati come le collane che indosso ogni giorno. Ho capito cosa significa la parola commitment, l'impegno. Ho capito cosa significa capire che non avremo un domani, nonostante tutto l'amore del mondo. Ho creduto in poche storie. Ho affittato una casa e scritto due nomi su un campanello come segno di un progetto a lungo termine e l'ho visto cadere a pezzi, minuto dopo minuto, quel progetto. E non solo. Ho cambiato paese per raggiungere un uomo che ho amato, sapendo in cuor mio che non sarebbe durata. Lo amavo, mi amava, ma non era abbastanza. L'ho lasciato per un altro. Me ne sono pentita, ma non sono tornata indietro. Ho capito che avevamo fatto il nostro tempo. Ho messo il prosciutto sui miei occhi con un altro uomo. Un'altra lunga storia. Ho pensato che si potesse convincere, lasciare andare. Non é mai successo. Mi ha portato a vedere una casa da comprare per me e per lui. Ha deciso di comprarla da solo. Ho capito cosa significa uscire di scena, cosí, in sordina. Mandare un messaggio chiaro ed evidente, anche se lo camuffi sotto chili di ovatta. Ricordo perfettamente il freddo che ho sentito sulla mia pelle in una stranamente calda sera di settembre, quando gli ho detto che quella storia non aveva senso, non aveva futuro. E ricordo soprattutto lui tremare, mentre mi diceva "je ne peux pas le faire ce que tu me demandes. C'est trop". 
Questo non significa essere complicati. Questo significa essere stanchi e cercare altro. Questo significa che non voglio piú perdere tempo. Nos entendemos, cariño? Temo sinceramente di no. Ma non importa. A volte certe cose bisogna farsele capire.

venerdì 1 novembre 2013

Buon weekend

Non penso ci sia da aggiungere altro. Con la famiglia Pig, non puó non essere un buon weekend. Peccato che io sia lontana!

giovedì 31 ottobre 2013

Citazioni da sveglia alle 5 del mattino

You'll be sorry where I'm gone.
E io aggiungo: Really?

Tornare e volare a terra

Sono tornata. Ho scritto trenta racconti nella mia testa in aereo. Ho ammirato Londra dal finestrino buio dell'aereo. Era cosi bella dall'alto. Ho riconosciuto un po' della mia Londra. Ho visto il Tamigi come un serpentone. Ho visto l'O2 dove sono stata qualche giorno fa. Ho riconosciuto il grande stadio del rugby. Sono arrivata a casa e ti ho trovato ad aspettarmi. Mi hai abbracciato a lungo. Io non ho capito il perché, ma sono rimasta in silenzio, in quell'abbraccio. Ognuno ha bisogno di affetto, ho pensato. Hai piagnucolato come fai sempre. Sulla vita. Io ho ascoltato, in silenzio. Ho sorriso, ho dato una carezza. Per tirarti su. 
Ho lavorato come una matta. Come sempre, di corsa. Mi sono innamorata da Pret a manger, ma mi é passata presto quando mi hai detto il tuo nome (ricordava brutti ricordi). Mi sono rinnamorata negli occhi del collega di Bruxelles, che mi ha salutato dicendo "vediamoci presto" (come se presto si potesse applicare fra due stati diversi). Ho scampato la serata a Ealing, perché il mio stomaco non é pronto. No, stasera voglio stare a casa. A stirare. A guardare un film. A sparare cavolate sul divano. A sentire i tuoi discorsi strampalati. Forse a prendermi i tuoi abbracci. A ricordarmi di quella vocina che ogni mattina mi ha detto "zia, mi sono svegliata. Non riesco a dormire. Posso venire nel tuo letto?". 
E quella vocina si infilava in quel minuscolo letto e parlava, raccontava. Raccontava di un mondo non diverso da quello in cui io per prima ho vissuto per anni. Negli anni dell'infanzia. Negli anni in cui non parlavo, ma avevo un tesoro dentro. Ora parlo. Ma il tesoro ce l'ho sempre. Lo esprimo a mio modo. A volte con i miei racconti. A volte a parole. A volte quando ballo, per ore, a Soho o ovunque capiti. 
Qualcosa é cambiato, ho pensato stamani. Si, qualcosa é cambiato. Ho qualche certezza in piú. Ce l'ho avuta quando ho visto le due braccia della mia capa sollevarsi, guardarmi e dirmi "We won, Francesca. We won for you". Ho respirato e sono tornata indietro, al mio posto. E ho volato. E ho detto, e va bene avro' quasi 40 anni quando sarà finita. E va bene, non so come faró a resistere. E va bene, voglio tornare nella mia Bruxelles. E va bene, accetto questo. Un segno del destino. Forse come tutta la mia vita. Un segno del destino dopo l'altro. E penso che voglio solo ballare, ballare, ballare. Sulla mia vita. Su Londra. Sul mio passato. Sul mio presente. Sul mio futuro. Cullata da tutto questo. Da tutto questo amore che mi hanno riversato addosso. E rido mentre penso che é vero, senza amore perfetto si vive lo stesso. Forse si vive anche meglio. O forse io di amori perfetti ne ho tanti. Si, proprio tanti. E tutti cosi' dolci. Come un abbraccio dopo un lungo viaggio. Uno prima di un lungo viaggio. E una stanza di 9 metri quadri che quando vuole, sa diventare una reggia. Come quel letto ad una piazza, che diventa un castello dove raccontarsi una vita. In fieri.

martedì 29 ottobre 2013

A la maison

 
Due mani. Più altre due. Due grandi. Due piccole. Due dolci e ancora acerbe. Due che hanno assaporato la vita, sfiorata, graffiata, difesa. Due mani separate dalla distanza, ma vicine. Due mani strette, che non si lasciano andare.
 
 

Due mani che hanno passato una vita insieme. Due mani che si sono incontrate e non lasciate più. Due mani che si sono allontanate, ma mai abbastanza da abbandonarsi. Due mani che si stringono ancora. Una dice all'altra "Ti ho scelto e non ti lascio andare". E anche "non ti preoccupare, ci sono io qui con te. Quando il momento arriverà non sarai mai solo". Come non lo sei stato mai. Encore une fois, l'amour, ce foutu amour qui se donne à corps perdu. Et qui oublie et pardonne.
 

 
Un amore cosi' grande. Io e Peppa. Eh si, ci sono amori cosi'. Meglio di quelli reali.
 
 
Ho sempre pensato si dicesse che la gourmandise. Ognuno fa quel che puo'. Oppure quello é solo il mio vizio. Oui, parce que je suis gourmande. De vie.  
 
 
 Letture quotidiane. E pensieri. Tanti. Paure. Tante.
 
 
Brevi momenti di patriottismo.
 
 
Sono felice.

 
Dai, zia, sorridi, ti faccio una foto.
 
 
 

domenica 27 ottobre 2013

La liste de mes envies

L'ho comprato a Lione questo libro. L'ho comprato appena arrivata. La mia amica ha detto "Devi leggere qualcosa di meno triste". E invece questo libro non è triste. E' una perfetta rappresentazione della vita. Del susseguirsi continuo di gioia e dolore. E si intitola "La liste de mes envies". L'ho comprato in un momento in cui tutte le mie voglie erano frustrate, castrate. Ho aspettato a leggerlo. E poi in un viaggio aereo, l'ho finito. Due ore con gli occhi spalancati sull'aereo, io che ora non sento neanche l'aereo rullare che già ronfo. L'ho bevuto, non letto. E ha avuto un gusto dolcissimo. Il gusto della speranza. Dell'accettazione del presente. E alla fine, c'è lo spazio per una lista di voglie. E io ho scritto la mia. In francese. Perché il francese è la lingua dei sentimenti per me. Dal dire Je t'aime al Va te faire inculer. Tutto insieme. Eccola:
 
Un monde meilleur
Une maman héureuse
Un papa qui s'en va doucement de la vie, sans souffrir un quart de ce qu'il m'a fait
Un boulot passionant
Avoir, enfin, la force et le courage d'écrire mon livre
Un amour pur et vrai (not so called loves anymore)
Une nièce splendide, que j'ai, qui ne doit pas souffrir dans sa vie
Du temps pour moi
Une maison à la campagne et une promenade
Des couteaux qui coupent mon pain mais ne font pas mal
Un amour retrouvé
Dex excuses
Des remerciements
Une main qui me prend et me conduit sur les routes de la vie
De souvenirs à ne pas oublier
La Foi. 

venerdì 25 ottobre 2013

Sapere quando andare


C'è stato un momento in cui ho capito, quando vivevo a Bruxelles che era tempo di cambiare. Il vento, quello di Mary Poppins, era cambiato. Era ottobre del 2009. Tu eri venuto a fare una merenda nella casa soffitta. Te l'avevo confidato. Tu avevi sollevato gli occhi al cielo e avevi detto che quella non era nient'altro che un'altra delle mie frasi sentenza.
Sono poi andata via. Ma a luglio del 2011. Col cuore en miettes. Il respiro spezzato. Il cuore in una morsa. Qualcun altro aveva dovuto decidere per me, io non ne trovavo la forza. No, la forza di prendere quella decisione. Di lasciare quella città in cui sono cresciuta, in cui je suis devenue, enfin, une femme.
Qualche giorno fa, mentre andavo al corso di sao sao bao, sono passata su un ponte. Sul Tamigi. Mi sono girata, come sempre, e ho visto questo. E ho capito che sono pronta a lasciare Londra. Sono pronta a rifare la mia valigia, perché il vento è cambiato. O meglio non è mai stato nella direzione che io volevo. Posso ripartire ora, con la mia valigia di ricordi, di sorrisi, di lacrime, di esperienze, da tenere per me e condividere, di consapevolezze acquisite. Oui, j'en ai acquis de celles-là. Ecco, moi, à la façon Mary Poppins, je peux m'en aller. In sordina però. Senza fare troppo rumore. Non ci saranno lacrime stavolta. No, ne ho versate non poche qui. Ho capito che la vita non è pianto, ma sfida. Giorno per giorno.

Un mese che non merito

Un mese della mia vita passato a lavorare come un matta. Un mese passato a non trovare tempo per respirare. Poco, pochissimo tempo. Solo correre da una parte all'altra. Fra un impegno di lavoro e uno mondano. Un mese passato anche a bere, a cenare con un bicchiere di vino, per sentire la testa leggera. Un mese passato a conoscere ancora, come sempre a Londra, nuove persone. A registrare numeri di telefono sul cellulare, a rispondere "yes, I would like to see you again" e poi negarsi, immancabilmente, perché la testa non c'é, figurati il cuore. Non c'é la voglia, non c'é lo spazio in memoria per un'altra storia. No. Un mese passato a capire che forse é tempo di tornare, a casa, quella vera o quella morale che si chiama Bruxelles. Un mese a dormire con la banda sugli occhi e i tappi nelle orecchie per estraniarsi da un mondo che puó far paura per la sua bruttezza e atrocità. Un mese a fare pazzie, come chiudersi in bagno ad una festa, ritornare a casa e scherzare sul bus notturno con gli amici, che ridono e dicono "oh my God, I had too many Diet Cokes", trovare un paio di occhiali da sole (che qui non servono) non miei sul mio comodino e non sapere a chi appartengano o a chi io li abbia rubati (ndr. non li ho rubati, pare mi siano stati regalati), ballare sempre e ovunque, tra la shabby chic Shoreditch e la gioiosa Soho. Sempre abbastanza triste. Come se mi avessero spento. Ma con alcuni momenti di bonheur, rari ma belli.
Ora ho fatto la valigia. Quella piccola. Quella con cui viaggio ora. Con un'idea nella mente. Portare tutto via. Non avere niente qui. Cosi non avró scuse quando finalmente, su un colpo di testa, me ne andró. Mi ci vedo. Uscire da casa. Buttare le chiavi nella cassetta della posta. Andare a Saint Pancras. E prendere un treno. In sordina. In silenzio. Senza Goodbye Party. Senza drammi. Senza arrivederci. Solo un oddio. Per sempre. Cosa ricorderó? Che per tre anni, I struggled day by day. At work and outside. Sono stata messa alla prova. Ora Dio, io mi sono stancata e penso di avere il diritto di scendere. Ecco, ora scendo. Vediamo quando sarà questo ora. Se domani, o fra qualche mese. Ma ci sarà. Lo so. E fra le mie labbra sussurreró "Va te faire inculer". Oui, va te faire inculer toi, et toi et toi. Et cette vie que je ne mèrite pas, que je n'ai pas mérité et qui m'est tombée dessous, qui m'a affaibli pour me donner la rage de me redresser. Non, moi je mèrite autre chose. Io merito il sole tutti i giorni. E un sorriso perenne sulla bocca. Si vede che sono modesta. Ma non penso, sapete. No, per niente. Je le mérite. Je le mérite bien.

giovedì 24 ottobre 2013

Faire son deuil

Quegli stronzi dei francesi direbbero "tu as fait ton deuil, ma chérie". Un amico direbbe "é un chiaro segno che sei tornata sul mercato dei corpi qui a Londra". Io l'ho preso come un atto taumaturgico. E ho ricominciato a pitturare di rosso le mie dita dei piedi. Come ho fatto per mesi, eccetto in quest'ultimo. Come per dire il lutto é finito. Come per augurarmelo.

mercoledì 23 ottobre 2013

Peppa Pig vince sempre

Peppa Pig vince tutti. Porta quasi via la tristezza, la stanchezza, la delusione, quella quotidiana. Fa sorridere, fa sorprendere.
Ti raccontero' una storia. Ti diro' di una favola che parla di un pelouche e di un pezzo di cuore lontano. Ti spieghero' che se vogliamo possiamo essere molto vicini. Basta il cuore, bastano i sentimenti. Noi, quelli li abbiamo. Noi viviamo nel mondo di Peppa Pig dei sentimenti. Ma quelli veri.