giovedì 20 novembre 2014

No good at goodbyes

Quelle strane situazioni in cui tu dici: vorrei, ma non posso. Vorrei tornare lí. Ma non posso. Vorrei tornare in un momento preciso. In una situazione di mente e cervello, cuore e stomaco liberi. Di spensieratezza (ma quando mai sono stata spensierata io? mi chiedo icnredula). 
Ho sofferto. Per poco meno di 48 ore. Ho sofferto perché ho capito che quella vita che io avevo non esiste piú. Non c'é. Siamo cresciuti. Siamo invecchiati. Ho visto le prime rughe intorno alla bocca della mia amica. Vedo anche le mie.
Ho visto il viso stanco dell'amico che sta salutando il padre. Ho visto la disperazione celata di chi ha visto una vita partire, senza poterla chiamare propriamente vita. Ho snetito il silenzio imbarazzante fra me e te. Sí, me e te. Noi. Quel silenzio che non c'é mai stato, neanche quando tu soffrivi perché io ti avevo lasciato via. Ho sentito il silenzio scelto per non ferire l'altro e per non dire troppo. 
If I could turn back time. Non sarei mai andata via. Ma le cose sarebbero cambiate comunque. Ne sono sicura. E io non sarei stata brava a dire arrivederci a quella parte di vita. Alla finta spensieratezza. Alle domenica nella casa soffitta a cucinare torte. Alle domeniche all'Union a fare gli aperitivi con i thé alla menta. 
A me stessa. Che non sono la stessa. Sono cambiata anche io. E non solo per le rughe. Le consapevolezze. La tristezza per quanto ho perso. Per la vita. 
Salut Bruxelles. Au revoir Bruxelles. Je ne sais pas si je serai à nouveau là. Parce que de temps en temps il faut savoir dire au revoir.
 

lunedì 17 novembre 2014

3 cose

Ho tonnellate di lavoro. Spalmate nella testa e sulla scrivania (tralasciando la mail). Ma stamani mi sono messa a bighellonare per tre minuti au un profilo instagram e poi da lí su un blog. Carino. E ho letto di questi posti intitolati "3 cose". 3 pensieri insomma. Ho pensato: ne scrivo uno anche io, visto che ho i pensieri sparsi male, incasinati, non meno dei miei capelli sulla testa in un giorno di novembre con l'umidità 300%.
Ed eccoli:
1. domani vado nella mia amata patria spirituale. E per la prima volta da quando me ne sono andata, ho un'agenda fitta di impegni. Di lavoro. Cosí tanti, che per trovare posto per vedere gli amici, c'é rimasto solo lo slot 21.30 - 24.00. Sigh. Non avrei mai pensato che sarebbe successo a me. Che il lavoro si prendesse la mia vita. Prima ero io che mi lamentavo con Lui perché lavorava troppo. Ora é Lui che al mattino mi dice: "ma torni tardi anche stasera?". Con tutte le considerazioni che ne vengono annesse (dobbiamo andare via da qui, devi essere piú assertive, noi una famiglia non ce la potremo mai fare, etc.) 
2. ieri ho sentito il maestro. Non sapevo neanche che lo chimassero cosí, ma mi sono trovata davanti De Gregori. Ero in prima fila senza neanche farlo apposta. Io ho comprato quello che ho trovato. E cosí ci siamo trovati io e Lui e De Gregori. E ho pianto di commozione. Ho pianto su Viva l'Italia, per il mio paese lontano, bistrattato, a pezzi. E ho pianto su quella famosa frase. "E ora le tue labbra puó spedirle ad un indirizzo nuovo, e la mia faccia sovrapporla a quella di chissá che altro. E guarda ho ancora quei 4 assi guarda bene di un colore solo...". Ho pianto per la commozione. Per quella frase che mi sono cantata dentro tante volte. Per tutte le delusioni. E non solo quelle di amore. E quella frase l'ho cantata girandomi e guardando Lui in faccia. Glielo avevo preannunciato. Paese mio, dove vai? Francesca mia, tieni duro, aggiungerei. 
3. sono giorni che penso di essere contornata da dolori. Dolori legati alla nascita e non solo. Alcuni legati al mettere al mondo un nuovo essere. Nello stesso giorno qualcuno perdeva una vita dentro di sé, che se ne andava in sordina, e qualcun'altro si faceva impiantare degli embrioni nel proprio utero. Due donne impaurite. Due donne distrutte in un certo senso. Lasciare andare una vita é la cosa piú difficile che ci sia. Forse peggio quando non l'hai conosciuta quella vita. Farsene impiantare una, nella speranza che resti con te, non é diverso. Ho solo detto "io non lo faró mai". Ma é facile dirlo. Si dicono tante cose, poi nel momento se ne fanno altre. Dolore. Puro dolore che ci circonda, che si nasconde dietro le pieghe dei nostri maglioni. Che qualcuno ci aiuti.