giovedì 31 ottobre 2013

Tornare e volare a terra

Sono tornata. Ho scritto trenta racconti nella mia testa in aereo. Ho ammirato Londra dal finestrino buio dell'aereo. Era cosi bella dall'alto. Ho riconosciuto un po' della mia Londra. Ho visto il Tamigi come un serpentone. Ho visto l'O2 dove sono stata qualche giorno fa. Ho riconosciuto il grande stadio del rugby. Sono arrivata a casa e ti ho trovato ad aspettarmi. Mi hai abbracciato a lungo. Io non ho capito il perché, ma sono rimasta in silenzio, in quell'abbraccio. Ognuno ha bisogno di affetto, ho pensato. Hai piagnucolato come fai sempre. Sulla vita. Io ho ascoltato, in silenzio. Ho sorriso, ho dato una carezza. Per tirarti su. 
Ho lavorato come una matta. Come sempre, di corsa. Mi sono innamorata da Pret a manger, ma mi é passata presto quando mi hai detto il tuo nome (ricordava brutti ricordi). Mi sono rinnamorata negli occhi del collega di Bruxelles, che mi ha salutato dicendo "vediamoci presto" (come se presto si potesse applicare fra due stati diversi). Ho scampato la serata a Ealing, perché il mio stomaco non é pronto. No, stasera voglio stare a casa. A stirare. A guardare un film. A sparare cavolate sul divano. A sentire i tuoi discorsi strampalati. Forse a prendermi i tuoi abbracci. A ricordarmi di quella vocina che ogni mattina mi ha detto "zia, mi sono svegliata. Non riesco a dormire. Posso venire nel tuo letto?". 
E quella vocina si infilava in quel minuscolo letto e parlava, raccontava. Raccontava di un mondo non diverso da quello in cui io per prima ho vissuto per anni. Negli anni dell'infanzia. Negli anni in cui non parlavo, ma avevo un tesoro dentro. Ora parlo. Ma il tesoro ce l'ho sempre. Lo esprimo a mio modo. A volte con i miei racconti. A volte a parole. A volte quando ballo, per ore, a Soho o ovunque capiti. 
Qualcosa é cambiato, ho pensato stamani. Si, qualcosa é cambiato. Ho qualche certezza in piú. Ce l'ho avuta quando ho visto le due braccia della mia capa sollevarsi, guardarmi e dirmi "We won, Francesca. We won for you". Ho respirato e sono tornata indietro, al mio posto. E ho volato. E ho detto, e va bene avro' quasi 40 anni quando sarà finita. E va bene, non so come faró a resistere. E va bene, voglio tornare nella mia Bruxelles. E va bene, accetto questo. Un segno del destino. Forse come tutta la mia vita. Un segno del destino dopo l'altro. E penso che voglio solo ballare, ballare, ballare. Sulla mia vita. Su Londra. Sul mio passato. Sul mio presente. Sul mio futuro. Cullata da tutto questo. Da tutto questo amore che mi hanno riversato addosso. E rido mentre penso che é vero, senza amore perfetto si vive lo stesso. Forse si vive anche meglio. O forse io di amori perfetti ne ho tanti. Si, proprio tanti. E tutti cosi' dolci. Come un abbraccio dopo un lungo viaggio. Uno prima di un lungo viaggio. E una stanza di 9 metri quadri che quando vuole, sa diventare una reggia. Come quel letto ad una piazza, che diventa un castello dove raccontarsi una vita. In fieri.

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