martedì 26 febbraio 2013

La bacchetta magica

Tutto é iniziato in auto. "Zia, tieni, ti dó la mia bacchetta magica". Un pezzo di legno, un ramoscello che non so neanche dove hai recuperato, rotto e tendente al verdino. Io presa dal momento e dalla conversazione non ho dato importanza, ho ironizzato dicendo "Ecco, questi sono i regali di mia nipote" e te l'ho ridato, perché é la tua bacchetta magica ed é giusto che resti con te. 
Ieri torno in una Londra gelida, col cuore come al solito piccolo piccolo. Apro lo zaino, inizio a togliere tutto quello che trovo dentro ed ecco che spunta proprio quel legnetto. La tua bacchetta magica. E ho immaginato te, piccola piccola, che di nascosto me la infili nello zaino, cosí mi posso portare un pezzo di te via con me.
E mi é servito quel pezzo di te. L'ho stretto tutta la notte. L'ho stretto dopo che lui con i suoi occhi che mi scavano dentro mi ha detto che ha deciso di andare via, di lasciare l'Europa, perché deve fare il salto e sente di doverlo fare ora. L'ho stretto dopo che gli sono scoppiata a piangere davanti come una bambina, cercando di mantenere le distanze, ironizzando sulla mia sensibilità eccessiva, chiedendogli di restare almeno fino al mio compleanno. Lui, si lui, quello che mi fa stare cosí bene. Quello che per due volte mi ha ripetuto che la mia felicità deve dipendere solo da me. Quello che mi ha detto "so quanto hai vissuto, io capisco". Quello che ogni volta che mi guarda mi fa sciogliere, mi trasforma in Francesca in bacinella.
Ecco ora io la prossima volta che vedo lui e la sua felpa rossa prendo la tua bacchetta magica e provo a fare un incantesimo. A farlo restare con me, qui a Londra, anche in 10 metri quadri di stanza. Ma so che "amare" é lasciare andare. Amare é una parola grossa, da usare con parsimonia. Quindi é giusto che tu vada. Anche se resterai parte della mia tapisserie, dicono i francesi. E per questo, non c'é bisogno della bacchetta magica. E' già avvenuto e anche tu lo sai.  

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