venerdì 11 gennaio 2013

Koali e canguri

Ho un amico. Un ex-compagno di università. Mi chiama qualche sera fa e mi chiede di vederci, per un drink, per festeggiare l'anno nuovo. Io tediata non poco dal mio presente accetto con entusiasmo. E usciamo. Ci troviamo a Piccadilly in una sera gelida come poche volte mi é capitato in questo paese. Camminiamo in giro per Soho, rischiando l'assideramento, ci prendiamo un drink e cominciamo a parlare. E parla parla, scopriamo che siamo affetti dalla stessa malattia: il koalismo. Il koalismo é una sindrome che ti fa attaccare ad una persona a cui non gliene frega proprio un bel niente di te e piú lui/lei ti scaccia, piú tu lo/la stritoli forte fra le tue zampette. E non la lasci andare, quando in realtà, non c'é mai proprio stata questa persona nella tua vita come la volevi tu, con conseguenze pesanti sulla tua stabilità psichica. Fra un arancino e un bicchiere di vino, arriviamo alla conclusione che essere koala non conviene. Non fa bene. Ti riduce l'autostima, già bassa, a valori inferiori allo zero. Allora, decidiamo che diventeremo canguri. Non nel senso che ci accolleremo la persona in questione in panza, ma nel senso che salteremo via veloci al primo segno di "non me ne frega niente di te, non ti chiamo, mi servi da dama di compagnia/amichetta per uscire e non stare solo". Muteremo da koala a canguro. Felici e contenti torniamo per le strade di Soho, sorridenti e spensierati e mezzi congelati girovaghiamo euforici.
Ecco, risolto il problema. Da koala a canguro. Anche se io avrei preferito degli animali non australiani. Ma per questa volta, si puo' fare!

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