lunedì 7 gennaio 2013

Disons que ça va

Mentre camminavo per venire al lavoro, mi sentivo un peso sul cuore. Una specie di macigno, lí sullo sterno. Il solito, insomma. E la testa ingombra di pensieri. Troppi, uniti ai dubbi. Cercavo di ricordarmi cosa avessi risposto alla tua domanda un po' inaspettata, un po' non voluta, un po' imbarazzante, e non mi veniva niente in mente. Pensavo a te, alle tue lacrime, a te che oggi vai e ti siedi in un ufficio scomodo, a marchander come dicono i francesi la fine di un contratto che incrina un po' tutta la tua vita. Pensavo a te, come sempre, che ti prepari e vai a scuola, a giocare, perché sei ancora piccola e hai diritto ai tuoi sogni e al tuo mondo segreto (che io mi tengo tuttora stretto). Pensavo a chi forse é sotto il sole dei Caraibi, ma che a me non me ne dovrebbe fregare niente di come sta e cosa fa. La collega appena entrata in ufficio mi guarda e mi chiede "ça va?" e io rispondo "disons que ça va". Non ho voglia di parlare. Non ho voglia di lavorare. Vorrei solo tornare fra quelle due braccia. Ma chissà se le rivedró.

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