giovedì 18 aprile 2013

La palestra scomparsa

Per chi non lo sapesse, fra meno di due mesi devo correre una versione molto corta della maratona. L'ho fatto per la lotta contro il cancro al seno, in uno di quei momenti in cui senti che devi fare qualcosa per l'umanità. E cosí ho iniziato un programma fitness tutto mio e sotto pressioni dell'amica sportiva, ho comprato un pacchetto di lezioni molto cheap per la palestra. E cosí, ben intenzionata, ieri sera mi appresto ad andare. L'amica sportiva mi aveva rassicurato "vedrai, é proprio dietro casa tua". Cosí ieri sera, vado a casa in fretta e furia, mi cambio e sono pronta a partire. Primo ostacolo: il coinquilino rompi che mi blocca sulle scale di casa. Inizia i suoi discorsi strampalati, mi attenaglia col suo alito, non mi lascia andare. Ma io iesco a svincolarmi e parto. E inizio a camminare. E camminare. E camminare. E la palestra non si vede. Incontro chi corre per il parco, mentre mi chiedo "ma quanto é grande questo parco che non ne vedo la fine?". Intanto, le lancette dell'orologio avanzano. E io sudo sempre di píú nella mia tenuta sportiva, corredata peró mio cappottino rosso (che cozza decisamente con lo stile sportivo o pseudotale di quello che c'é sotto). L'amica sportiva mi telefona e mi chiede allarmata "ma dove sei finita?". E io, ingenua come pochi, rispondo "sono al ponte, non penso mancherà tanto ad arrivare". Lei esita e la sua esitazione mi fa tremare. Capisco che sono molto lontana e inizia il panico. O meglio, inizio a correre in preda al panico. Si, io corro per il traffico di Londra (o meglio del sud di Londra, perché sono ormai ben lontana dal centro), rischiando di essere stesa dalla macchine e dagli autobus ogni tre secondi, col mio cappottino rosso e le scarpe da ginnastica. Corro per 20 minuti prima di arrivare rossa come un peperone e ansimante davanti alla porta della palestra (che non si apre, tanto per aggiungere un pizzico di sfortuna alla mia rocambolesca avventura). Riesco a introdurmi nell'androne della palestra (ho fatto pietà alla receptionist), ma non riesco neanche a parlare per il fiatone. L'amica sportiva esce dopo 5 minuti e mi guarda: ho le gocce di sudore sulla fronte, la maglietta peace and love (forse non proprio adatta alla palestra, ma quello che conta é il messaggio politico) ha cambiato colore, respiro come una donna in fase di espulsione da parto, non capisco chi sono e da dove vengo per lo sforzo. Lei, la sportiva, a momenti fresca come una rosa, mi guarda, sorride e mi dice (placidamente aggiungo): "non c'é bisogno, Fra, che paghi la palestra. Tu preferisci saltare la lezione e fare esercizio prima". Scoppia la risata generale (anche della receptionist, che non si sa come ha capito l'italiano)!
P.S. Se volete versare contributi per la ricerca contro il cancro al seno, lasciatemi un commento e io risponderó.

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