domenica 4 agosto 2013

Paris vaut bien une messe

Sono arrivata dopo un viaggio che mi é sembrato lunghissimo. Sono arrivata cercando un po' di Belgio, in un paese che con la mia seconda patria condivide solo la lingua. Sono arrivata e mi sono sentita spaesata, fino a quando non ho sentito la musichetta di SNCF, che mi ha ricordato dove fossi. E poi ho visto te, col sorriso sulle labbra. Poi ho chiuso gli occhi, dopo averti detto "Portami nella tua Parigi". E per 48 ore sono andata in giro guidata dalla tua mano, nei posti della tua giovinezza. Mi hai fatto vedere una Parigi diversa, abbiamo abbandonato il Frenglish e abbiamo finalmente parlato nella tua e anche un po' mia lingua. E abbiamo parlato tanto, quasi senza mai fermarsi. Abbiamo parlato ore e ore, raccontato, discusso. Tu mi hai fatto le tue rivelazioni scottanti (Eh si, ho votato UMP), io ti ho raccontato di Saint Eustache e quell'incontro aspettato e agognato per anni, quando ero ancora una ragazzina. Ci siamo trovati su un ponte sulla Senna al tramonto, che mi ha tolto il fiato, insieme al tuo abbraccio. E poi il cibo, la baguette che in Francia é più saporita, come dice Nadège, i croissant più burrosi e le colazioni al Pain Quotidien, perché la Belgique é sempre con me. E un uomo, piccolo e profumato, che inizia a parlare, a raccontare, ad aprirsi, di fronte alla sua città, di adozione e mi racconta pezzi di vita passata e digerita, ma sempre presente. Ecco, non ho visto il tempo passare. Ecco, é come se mi avessi sempre tenuto per mano, da quando mi sei venuto a prendere a Gare du Nord, a quando ti ho salutato all'Hotel de Ville. Si, un piccolo sogno, nella tua Parigi, col mio francese e un paio di mocassini. Ancora una volta mai viste scarpe più sexy. Anche a Paris, che vale sempre una messa!  

Nessun commento: