domenica 19 maggio 2013

Il buco nella pancia

Ho tremato tutto il tempo. E non era per il freddo. Ho tremato perché ho capito che sto fuggendo, ancora una volta. Il problema é che non so da cosa. Stavolta non c'é un uomo nero, cattivo, stavolta non c'é niente di questo. Ma io fuggo. Fuggo per le strade di Londra, per quelle di Bruxelles, per quelle del mio paese. Fuggo, prendo treni, aerei, metropolitane e autobus notturni. Fuggo con un buco nero nella pancia. Si, la mia pancia é perforata. Ci puoi vedere attraverso. Una figata, vero? Fuggo e non piango. Sono mesi che non mi scende una lacrima. Forse da quella ultima sera che ho passato con te. Quando abbiamo finta di poter essere amici. Ed é finita per sempre. A South Kensigton. Da li', io non ho pianto più. Non ho pianto neanche davanti alla valigia di chi ha preso il tuo posto, anche se sentivo gli occhi pesanti. Si, perché io mi sono sempre ripetuta che nessuno prende il posto di nessuno, ma io non ho fatto altro in questi anni che sovrapporre facce. Ecco perché tremo. Ecco perché la signora davanti a me nella metro mi guarda e con dolcezza mi chiede: are you ok, luv? E io non rispondo nemmeno, le parole non le ho. Faccio un cenno con la testa, le sorrido e scendo. E torno a fuggire, a correre, senza piangere, mentre mi ripeto questa frase: ora le tue labbra puoi spedirle a un indirizzo nuovo e la mia faccia sovrapporla a quella di chissà chi altro. Lo farai o l'hai già fatto tu, io ci impieghero' ancora di meno. Triste, si, tristissimo. Come questo buco nella pancia. Enorme e triste.    

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