martedì 12 agosto 2014

Lacrime di rabbia

Il titolo della mail diceva tutto. Gelava il sangue nelle vene. Parlava di un dolore. Cosi' come la prima frase, che recitava "Il 27 luglio é morta nostra figlia". Ieri il calendario segnava 11 agosto. Quindici giorni di silenzio. Di sofferenza, acuta ed estrema, per annunciare una morte.  Poche parole nell'email. Scarna, la definirei. Come se la morte di chi tu hai messo al mondo potesse essere definita diversamente. 
Mi sono chiesta perché avesse mandato quell'email. Mi sono chiesta perché annunciare quel dolore. Mi sono risposta che in quei momenti c'é bisogno di condivisione. Di far sapere al mondo cosa stai vivendo. Perché parlarne leggittima il dolore. Lo consacra. E alla fine, lo modera. Lo rende accettabile. Per quanto lo possa essere.
Poi sono tornata a casa. Non stavo bene. Il genitore buono ha telefonato. E mentre parlavamo, il genitore assente ha borbottato. "Non pago mica un euro a chiamata io". Non ha chiesto neanche come stessi. Non ha chiesto neanche se andasse tutto bene. E allora ho pensato a quel padre che ha perso sua figlia bambina. Che ha impiegato quindici giorni per gridare silenziosamente il suo dolore.
Ho provato rabbia. Una rabbia nera. Ho invocato il giorno del giudizio. Cosa dirai davanti al Signore? Cosa gli farai vedere? Sei fiero di quello che sei?
E ho pianto lacrime di rabbia. Lacrime di disgusto. Lacrime di ingiustizia. Ridate quella figlia a suo padre, vorrei dire, e toglietemi il mio. Perché non é giusto.
Ma forse non sta a me giudicare tutto questo. Io, per ora, mi tengo le mie lacrime di rabbia.

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