venerdì 22 marzo 2013

I don't have to leave anymore

Ogni mattina mi sveglio e mi dico "devo scrivere". Poi il giorno corre, le ore passano, finisco le mie serate a parlare con te ore e ore e sono troppo stanca per scrivere. Chiudo solo gli occhi e mi faccio cullare dalle tue parole. Peró vorrei raccontare, vorrei condividere quello che sento, quello che vedo. Lo stupore di perdersi ad Hammersmith, alla ricerca di un teatro che il buio della notte nasconde, fra le case popolari, le bande di ragazzini che vorresti tristemente non incontrare mai, lo spettacolo del tuo amico attore, in cui non riesci a smettere di ridere. Vorresti raccontare di com'é perdersi a Shoreditch, ancora una volta fra le case popolari, buie e tristi, per poi finire la serata a Lambeth, in un pub che ti sembra la fotocopia del tuo amato Bar Parallèle, mentre l'amica ti fa l'occhiolino e ti dice "Ti ho portato qui perché mi ricorda Bruxelles, isn't it?". Vorrei raccontare di tutte le volte che passo davanti a quell'albero vicino casa in fiore, che l'anno scorso mi ha dato tanta forza, facendomi sentire il vento del cambiamento. Quell'albero che tu mi hai indicato essere un albero di ciliegio. Tu, si, sempre e ancora tu. Vorrei raccontare anche di te, delle tue parole, dei tuoi occhi, dei tuoi momenti di esitazione, della tua voce. E poi anche di chi ritorna nei miei pensieri ogni tanto, a ricordarmi che il passato é passato, va chiuso, spedito, archiviato, anche se lotta con i ricordi sempre presenti. E io non so bene cosa fare o dove metterlo questo passato. Tu t'embrouille, oui, c'est vrai. Ma non importa, no. Quello che conta é quello che canticchio da giorni e che recita: I am yours now, so now I don't ever have to leave. What I have is right here, spend my nights and days before searching the world for what's right here. But I don't have to leave anymore.

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