martedì 5 maggio 2015

Beograd o il lamento continuo

Bisogna dire che mi sono lamentata tanto. Ma mi chiedo se fosse solo per la città. Forse era un misto di sensazioni. Di ormoni anche. Perché noi siamo basicamente flussi di ormoni. Poi c'era qualcos'altro. C'erano ricordi scomodi di sogni mai realizzati e consapevolmente irrealizzabili. In parte miei, in parte della storia.
Ho visto una città strana. A tratti simile a tante altre città dell'Est. Con addosso la stessa solita malinconia. Quella che forse il sogno dell'utopia comunista ha lasciato sulla pelle di tutte queste città. Una città che con arte sa mescolare edifici di gloriosi passati con le macerie di pochissimi altri edifici che le bombe hanno intaccato e che sono rimasti lí, per modo di dire in piedi, a ricordare che il passato non é mai troppo tale, e sui quali ci si continua nonostante tutto a chiedere "perché?" tutto questo sia potuto succedere, senza riuscire a trovare risposta. 
Ho cercato il bello in quella città. L'ho trovato in alcune piccole cose. Nei nostri discorsi. In alcuni uomini alti e forti. Nella macerie e l'odore unico che le macerie o il trascurato mettono a disposizione. Sinceramente, é stata dura trovare il bello. Trovare quello che io considero bello. Ma c'é stato altro.
Ci sono stati i pensieri, le considerazioni. Mie personali sulla storia. Mie personali su me stessa. E quelle nostre, parte della nostra amicizia. Quel continuo scandagliare la nostra vita attraverso le nostre chiacchere e racconti. Come ad aiutare quella ricerca continua della veritá, del perché. Anche noi ci chiediamo perché ci succeda tutto questo e anche noi troviamo risposte parziali che ci fanno andare avanti. Ma andiamo avanti e questo é quello che conta. Sí, andiamo oltre.
Sono stata contenta di tornare. Non di lasciare te, si intenda. Ma sono stata contenta di ritornare alle mie sicurezze. Senza macerie. Senza odore di distruzione. Di sbagli umani. Di morti ingiuste e di sacrifici non richiesti. Sono stata addirittura contenta di ritornare alla mia normalità. Al mio English tea. A mes casseroles.  Col solito salmone, che sembra essere l'unico cibo che io riesco a mangiare in questo paese che mi ha reso sorprendentemente vegetariana (e solo in loco).
Mi restano sicuramente bei ricordi. Come sempre delle nostre chiaccherate. Anche della tua pazienza ai miei lamenti. Sicuramente delle risate e di me regina del fashion, segno che sono proprio messi male questi poverini in termini di ultime tendenze della moda. Ma soprattutto mi resta una sensazione strana. Sfumata. Come l'ultima foto che ho fatto prima di andare via. Cosí. Blurred, dicono gli inglesi. 
 

2 commenti:

ruskimo ha detto...

ci siamo scritte insieme. dicendoci il nostro stare.
tu hai parlato di sensazione sfumata, io di patina strana tra me e il mondo. penso sia un lavorio dentro dopo il nostro vederci. dopo il nostro rumore di scontri e di feste. dopo il rumore di questa città.
prenditi il silenzio. l'attimo presente da cui parte il futuro.
io ti aspetto.
sempre.

Francesca ha detto...

E il saperti lí ad aspettare é una sicurezza per me. E non é poco in questa vita.