giovedì 8 gennaio 2015

Je suis Charlie

Quando é successo, io non ho capito. Non ne avevo capito l'ampleur, come dicono i francesi. Conoscevo Charlie Hebdo. Come non si potrebbe. 
Poi, pian piano ho realizzato. Ho realizzato a Trafalgar Square, quando ho raggiunto la folla silenziosa. A Trafalgar Square. Tutti in silenzio, attoniti. Qualcuno cantava la Marsigliese. Altri brandivano penne. Noi avevamo un foglio con scritto "Je suis Charlie". Mi ha ricordato la sensazione che ho avuto dopo l'attentato a Nassyria. 19 soldati italiani uccisi. Qui 12 giornalisti. Il perché non c'é neanche da chiederselo. 
Ieri sera ti ho visto teso per la prima volta. Attonito. Irritato. Mi hai detto "non mi capacito". Io neanche. E mentre non riuscivamo a dormire parlavamo. Io ti chiedevo come si possa fare. Come si possa anche solo pensare di fare una cosa del genere. Cosa quelle persone hanno provato mentre fuggivano dopo quella barbaria. Cosa hanno provato mentre ammazzavano barbaramente 12 persone, chiamando alcune di loro per nome? 
Poi ho pensato a questo mondo. Al futuro che daró ai miei figli, se mai ne avró. E stamani, ancora attoniti, legati al filo di voce della radio francese, te l'ho chiesto di nuovo: "Quel future donnerons-nous à nos enfants, si nous en aurons?". Tu hai risposto con un sospiro. 
Charlie Hebdo c'est une histoire triste. C'est la stupeur devant quelque chose qui ne parait pas possible. C'est l'humanité en révolte. Devant une tuerie sans sens. 
Je suis Charlie, lo ripeto. Ma ieri, oggi, domani on est TOUS Charlie.

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